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Sposatisi nel1933, due anni dopo nasceva la loro prima figlia, Anna (1935). Nella primavera del1940 i Fini, avendo capito che l'Italia stava per dichiarare guerra alla Francia, decisero di lasciareParigi e presero casa aMilano per rifugiare aCremeno, dove Massimo Fini nacque nel 1943 e poi tornare a Milano finita la guerra.
Massimo Fini frequenta illiceo ginnasio Giosuè Carducci, lo stesso frequentato daClaudio Martelli (che gli fu compagno di banco).[4] Alliceo Berchet (un altro dei licei da lui frequentati) ha come insegnante di religione donLuigi Giussani.[5] Nel1960 muore il padre Benso.[4] Massimo Fini s'iscrive all'Università Statale di Milano, dove si laurea a pieni voti ingiurisprudenza.[6]Dopo la laurea, conseguita nel febbraio1968, è assunto allaPirelli. Lavora all'ufficio "Stampa e Propaganda" comecopywriter e pubblicitario per un anno e mezzo, poi si licenzia.[7] Successivamente inizia una fortunata carriera giornalistica.
Nel1983 è tra i pochi giornalisti che si schierano subito in difesa diEnzo Tortora, accusato ingiustamente di associazione camorristica.[14]Nel1985 rientra all'Europeo come inviato ed editorialista e vi tiene per dieci anni la principale rubrica. Ha collaborato anche conLa Domenica del Corriere (1984-1986). È stato editorialista di punta deL'Indipendente[13] dei primi anni novanta ed ha partecipato alla rifondazione delBorghese (1996).[7] Lavora anche perIl Gazzettino di Venezia.[13] Dall'ottobre2008 al 2016 Fini dirige (con la collaborazione di Valerio Lo Monaco) il mensileLa voce del ribelle, che vede, tra gli altri, le collaborazioni diMarco Travaglio e diGiuseppe Carlotti; nel 2016 lascia la direzione della rivista e cessa ogni collaborazione con essa.[15]
Collabora con il quotidianoIl Fatto sin dalla fondazione (23 settembre2009).[7]
Nel marzo 2015 ha annunciato il ritiro dall'attività giornalistica e di scrittura, essendo diventatoipovedente a causa di una malattia agli occhi - unglaucoma di cui soffre da più di vent'anni[16][17][18] - ma ha anche dichiarato la sua disponibilità a partecipare a dibattiti, conferenze, convegni e programmi televisivi.[19] Contestualmente annuncia la fine della sua collaborazione conIl Gazzettino edIl Fatto Quotidiano.[16] In seguito a numerose ed insistenti richieste da parte del direttore Marco Travaglio, riprende a scrivere sulFatto; non riprende invece la collaborazione colGazzettino, in quanto la malattia non gli consente di reggere la collaborazione con due giornali.[20]
In un'intervista aLa Verità del 14 ottobre 2018 annuncia nuovamente l'intenzione di smettere di scrivere,[21] dopo aver parlato ancora di ideale rivolta, citando metaforicamente come esempioIl bombarolo diDe André.[22]
La Voce del Ribelle cessa la pubblicazioni nel luglio 2018.[23]
Massimo Fini nel 1985 pubblica il suo primo saggio,La ragione aveva torto?, edito da Camunia. Da quel momento Fini, conosciuto come giornalista di cronaca ed editorialista assume una posizione critica verso alcune delle ideologie principali del mondo moderno, come l'industrialismo, l'ottimismo, l'attenzione spasmodica nei confronti della crescita economica fino a giungere alj'accuse contro lademocrazia rappresentativa (Sudditi. Manifesto contro la democrazia, 2004). Tutta l'opera saggistica di Fini si fonda sulla critica verso caratteristiche del mondo moderno e della globalizzazione, a sua opinione figli del pensieroliberale e anche delmarxismo.
Egli ritiene che i concetti di destra e sinistra siano obsoleti, vecchi di due secoli in cui le trasformazioni sociali e culturali hanno reso inutilizzabili queste divisioni, anche alla luce di una sempre maggiore somiglianza programmatica tra le diverse forze politiche. Fini pensa che la dicotomia che sta emergendo con sempre più forza e che esploderà drammaticamente nel futuro sia quella tra coloro che, figli del pensiero liberale, vogliono imporre un'unica visione del mondo che unifichi il tutto in principi (culturali, giuridici ed economici) universali e chi, invece, vuole difendere i propri valori e la propria diversità seppur in contrasto con il cosiddetto pensiero unico, democratico e liberista, incarnato dalcapitalismo, dopo la fine delcomunismo. Fini ha come uno dei suoi massimi principi quello dell'autodeterminazione dei popoli, sotto attacco, a suo giudizio, da coloro che sotto varie forme (partendo da certe forme di cooperazione internazionale fino alle «guerre umanitarie») vogliono imporre lo stile di vita occidentale.
L'opera di Fini, soprattutto nella sua trilogiaLa ragione aveva torto?,Elogio della guerra eIl denaro, «sterco del demonio», presenta costantemente una comparazione tra il mondo nato dalleRivoluzioni Industriale eFrancese e quellomedievale e dell'ancien régime (in particolare la forma di stato che egli ritiene migliore, ilLibero comune), ponendosi l'obiettivo di evidenziare come il mondo moderno abbia smarrito tanti elementi, materiali e spirituali, che davano a quelle società caratteri di equilibrio sociale e stabilità. Ritiene che il mondo moderno abbia interiorizzato gli aspetti peggiori dell'illuminismo (l'universalismo e l'ideologia della crescita), rifiutando quelli migliori, come lalibertà di espressione[28] o lademocrazia diretta, a suo avviso realizzabile in ambiti molto limitati.[29]
Massimo Fini ha dichiarato in alcune occasioni di sentirsi unanarchico individualista («da anarchico-individualista qual sono non mi piacciono le appartenenze appioppate dall'alto, culturali o razziali che siano. Io appartengo solo a me stesso»).[30] Accusato da alcuni ambienti disinistra di essere vicino alle posizioni dell'estremadestra sociale, Fini fa suo il principio delRelativismo culturale[31] e costruisce una sintesi di concetti elaborati da intellettuali di diversa matrice politica, citando spesso pensatori comeAlain De Benoist (il fondatore dellaNuova Destra),[32] il filosofoJulius Evola,[33][34]Friedrich Nietzsche,[31][34][35]Serge Latouche,Danilo Zolo e l'illuminista atipico epreromanticoJean-Jacques Rousseau.[29][36][37][38] Il pensiero di Fini si avvicina per alcune caratteristiche a quello deglianarco-individualisti eanarco-primitivisti, nonché di alcunilibertari statunitensiisolazionisti (es.Ron Paul) che vorrebbero ridurre lo Stato ai minimi termini, fino in pratica ad abolirlo. Ma rispetto a questi ultimi «se ne differenzia radicalmente perché il suo punto di arrivo non è la libertà economica (c'è anche quella nella sua filosofia) ma piuttosto il benessere esistenziale».[39] Forte in Fini è inoltre la critica alla concezione neoliberista dellaglobalizzazione che, a suo parere, crea un eccessivo livellamento sociale: secondo Fini, l'era globalizzata e quella da lui definita "civiltà della tecnica" hanno creato un meccanismo cheha subordinato l’uomo ai propri fini massificandolo[non chiaro], omologandolo e togliendogli quindi identità e soggettività.[40]
Fini ha espresso anche posizioni, spesso considerate provocatorie ed estremamenteparadossali, contro molti e diversi aspetti della cosiddetta "modernità"; ha scritto numerosi articoli, caratterizzati da idee controcorrente e anticonformiste, su disparati argomenti.[41]
Una polemica accesa ha riguardato il libroIl Mullah Omar (2011), biografia del leadertalebano dell'Afghanistan,Mohammed Omar. L'opera è stata molto criticata per opinioni definite antioccidentali emaschiliste, tanto da ricevere anche una denuncia da parte di alcune giornaliste.[42][43] Fini ha dichiarato di non essere un simpatizzante dell'Islam radicale e dei talebani, ma di ammirare moltissimo le qualità di coraggio e lealtà che animerebbero le società tribali e "pre-politiche" come quella da cui proviene Omar, l'etniapashtun.[44]
Tesi simili, paragonate all'Occidente che egli ritiene privo di valori, ha dichiarato riguardo alloStato Islamico (che afferma però essere una creazione degli occidentali[45]), criticando però il trattamento disumano dei prigionieri ed esprimendo preoccupazione per il "vuoto occidentale".[46] Contemporaneamente ha anche difeso i nemici dell'ISIS, cioè il governo diBashar al-Assad.[47] In queste prese di posizione è presente, come in Nietzsche e inMachiavelli, l'ammirazione per la personalità vigorosa e portatrice di valori, al di là del giudizio morale che se ne possa dare:
«Vorrei essere un talebano, unkamikaze, un afghano, un boat people, un affamato delDarfur, un ebreo torturato dai suoi aguzzini, unbolscevico, un fascista, un nazista. Perché più dell’orrore mi fa orrore il nulla.[48]»
Nell'agosto 2015 Fini cerca di pubblicare un necrologio a pagamento sulCorriere della Sera nel quale esprime parole di elogio e di ammirazione perMohammed Omar, ex leader dei Talebani, ma il quotidiano rifiuta di pubblicarlo. L'avvenimento viene denunciato da Fini stesso in un articolo suIl Fatto Quotidiano, dove il giornalista stigmatizza il rifiuto come "censura".[76] Il 28 aprile 2022 Fini pubblica suIl Fatto Quotidiano un articolo in cui esprime ammirazione per i miliziani che combatterono dal 1943 al 1945 per laRepubblica Sociale Italiana, affermando inoltre che "gli occupanti in Italia non erano i tedeschi, ma gli Alleati. E l'esercito tedesco, a parte alcune azioni efferate, veri crimini di guerra, a opera dei reparti speciali come leSS (Marzabotto eSant’Anna di Stazzema in testa), in Italia si comportò con correttezza".[77] L'articolo provoca dure critiche dallaComunità ebraica di Roma, che accusa Fini di negazionismo.[78]
Un'altra passione di Fini è la ricerca storica e biografica su personaggi considerati negativamente dalla storiografia ufficiale, ad esempio quella effettuata suNerone[79] eCatilina,[80] a suo parere completamente calunniati e distorti dalla storiografia antica di parte avversa[81] e trattati in:Catilina. Ritratto di un uomo in rivolta eNerone. Duemila anni di calunnie. Ha scritto inoltre la propria autobiografia e le biografie diNietzsche e del già citatomullah Omar.
Il suoNerone. Duemila anni di calunnie ha ispiratoEdoardo Sylos Labini eAngelo Crespi, che nel 2014 hanno prodotto uno spettacolo teatrale sull'imperatore romano.
Cyrano[82] è anche il nome di un programma televisivo, di cui Massimo Fini è coautore, che sarebbe dovuto andare in onda per quindici puntate su Rai2 a partire dal 30 settembre 2003. Il giorno prima del debutto il programma è stato bloccato dal direttoreAntonio Marano perché, a suo dire (l'affermazione fu segretamente registrata dallo stesso giornalista), la persona di Massimo Fini non era gradita ad un personaggio molto influente della politica, come riportato anche daPeter Gomez eMarco Travaglio;[83] secondo quanto poi detto da Fini, che riferì di "influenze berlusconiane" a detta di Marano, si trattava in realtà del giornalistaAntonio Socci (il quale aveva sostituito temporaneamente in RaiMichele Santoro dopo il cosiddettoeditto bulgaro), che avrebbe fatto pressioni suSilvio Berlusconi, perché quest'ultimo facesse valere la sua influenza e bloccasse il programma.[84] In seguito a questo episodioAntonio Marano, nel novembre 2012, viene condannato in primo grado a un anno e mezzo di reclusione perfalsa testimonianza.[85]
Nel2005 Fini ha fondato un movimento politico-culturale denominatoMovimento Zero, che è identificato con l'acronimo M.Z. o la sigla M-0. Il movimento dichiara di non riconoscersi in nessuna collocazione politica tradizionale, disconosce le vecchie e inservibili categorie di Destra e Sinistra quindi si propone al di là di esse, pur riconoscendosi anche nelle posizioni diAlain de Benoist, noto intellettuale francese fondatore dellaNuova Destra.
L'attività di MZ, sospesa momentaneamente per motivi operativi nell'ottobre2006, è ripresa nel gennaio2007. A ottobre 2007 si è costituito il primoDirettivo Nazionale.
Nel2007 MZ aveva annunciato la propria volontà di partecipare alla manifestazione contro la visita diGeorge W. Bush aRoma: però, appena arrivati nella piazza dalla quale sarebbe dovuto partire il corteo, i militanti del movimento furono prima minacciati da un gruppo di appartenenti all'estrema sinistra, che li definivafascisti. Successivamente vennero identificati dallapolizia e costretti a lasciare la manifestazione. Tali fatti furono oggetto di un'interrogazione parlamentare presentata da due deputati dellaLega Nord.
Il movimento ha stilato unManifesto dell'antimodernità.
Fini ha espresso anche un moderato apprezzamento per alcune posizioni delMovimento 5 Stelle diBeppe Grillo, e ha partecipato al primoV-Day.[86][87][88]In un articolo sul Fatto Quotidiano del 27 aprile 2013 e in interventi successivi ha però fortemente criticato la candidatura diStefano Rodotà (definito "radical chic") alla Presidenza della Repubblica da parte del M5S, sostenendo che i grillini avrebbero dovuto convergere suRomano Prodi per eliminare Berlusconi dalla scena politica, specificando comunque come il passo successivo dovesse essere quello di eliminare anche ilPartito Democratico.[89]
Il conformista. Contro l'anticonformismo di massa, opinioni che fanno scandalo, Milano, Mondadori, 1990,ISBN 88-04-33189-5.
Il denaro, "sterco del demonio", Venezia, Marsilio, 1998.
Dizionario erotico. Manuale contro la donna a favore della femmina, Venezia, Marsilio, 2000.
Il vizio oscuro dell'Occidente. Manifesto dell'antimodernità, Venezia, Marsilio, 2003.
Sudditi. Manifesto contro la democrazia, Venezia, Marsilio, 2004.
Massimo Fini è Cyrano. Contro tutti i luoghi comuni, con Eduardo Fiorillo e Francesca Roveda, Collana Gli specchi, Venezia, Marsilio, 2005,ISBN 978-88-317-8691-1.
Il Ribelle dalla A alla Z, Collana I nodi, Venezia, Marsilio, 2006,ISBN 978-88-3178-921-9.
Senz'anima. Italia 1980-2010, Collana Reverse, Milano, Chiarelettere, 2010,ISBN 978-88-619-0107-0.
La guerra democratica, Collana Reverse, Milano, Chiarelettere, 2012,ISBN 978-88-619-0299-2.
Storia reazionaria del calcio. I cambiamenti della società vissuti attraverso il mondo del pallone, con Giancarlo Padovan, Collana Cartabianca, Venezia, Marsilio, 2019,ISBN 978-88-297-0094-3.
Il giornalismo fatto in pezzi, Collana Gli specchi, Venezia, Marsilio, 2021,ISBN978-88-297-1075-1.
La modernità di un antimoderno. Tutto il pensiero di un ribelle, Venezia, Marsilio, 2016. [comprende:La Ragione aveva Torto?,Elogio della guerra,Il denaro, "sterco del demonio",Il vizio oscuro dell'Occidente, Sudditi,Il Ribelle dalla A alla Z]
«Se non esiste una morale universale, né tantomeno la certezza di un Dio, ciò significa che il «relativista» è necessariamente un amorale o, peggio, un immorale come sembra pensarePapa Ratzinger, confondendo peraltro il relativismo culturale col relativismo morale? Per nulla. Il fatto che rispetti i valori di culture diverse dalla sua, anche quando gli paiono aberranti, e finché rimangono all'interno di quelle culture e non pretendono di prevaricarne altre, non vuol dire che non ne abbia dei propri. Possono essere quelli dominanti nella società cui appartiene oppure, se questi valori non lo convincono, non lo riguardano, non sono i suoi, li sente eterodiretti o ipocriti o fasulli, si apre allora per lui la strada tracciata da Nietzsche inAl di là del bene e del male: si creerà da sé la propria tavola di valori. Ma questa posizione lungi dall'essere un cinico disimpegno o un'autorizzazione a fare ciò che più ci pare e piace è, al contrario, una tremenda e prometeica assunzione di responsabilità. Perché costui — e non la famiglia, la società, i vicini, le cattive compagnie o «n'imporre que» — è individualmente e totalmente responsabile dei propri atti e se ne assume tutte le conseguenze davanti alla comunità in cui vive, senza esitazioni, senza piagnucolamenti, senza autocommiserazioni e autogiustificazioni. Senza scuse. Senza sconti, perché quello che ha assunto è un impegno con se stesso e verso se stesso. Questo tipo d'uomo è il Ribelle. In tale ottica anche un criminale può essere un uomo morale, se rimane fedele ai codici che si è dato. Immorali sono invece queibonshommes, quelle brave persone, quei puri gigli di campo che affettano pubblicamente di onorare i valori comuni alla loro società (magari considerandoli "universali"), cui sono soliti obbligare gli altri, scandalizzandosi e indignandosi se non lo fanno, e che poi li tradiscono quotidianamente sottobanco.»
^Peter Gomez, Marco Travaglio.Regime. Biagi, Santoro, Massimo Fini, Freccero, Luttazzi, Sabina Guzzanti, Paolo Rossi, tg, gr e giornali: storie di censure e bugie nell'Italia di Berlusconi. Postfazione di Beppe Grillo. Milano, BUR Biblioteca Universale Rizzoli, 2004.ISBN 88-17-00246-1.