Mario Monicelli nacque aRoma il 16 maggio del 1915 in una famiglia originaria diOstiglia (inProvincia di Mantova).[5] Per lungo tempo, si è ritenuto che la sua città natale fosseViareggio, finché il critico cinematograficoSteve Della Casa, compiendo delle ricerche per la stesura del volumeL'armata Brancaleone - Quando la commedia riscrive la storia e per il Dizionario Biografico Treccani, riportò alla luce il fatto di come Monicelli fosse, in realtà, nato a Roma, più precisamente nel rione diCampo Marzio[6] in via della Croce.[1] Sempre secondo Della Casa, pare che Monicelli stesso alimentasse l'equivoco per una sorta di forte affezione verso la città toscana. Il luogo di nascita di Monicelli è stato confermato daLuca Lunardini, sindaco di Viareggio, che ha dichiarato in proposito: "È vero: Mario Monicelli non è nato fisicamente a Viareggio, non risulta iscritto alla nostra anagrafe", aggiungendo come "Da un punto di vista fisico, materiale, Monicelli non nacque a Viareggio ma a Roma; ma amava talmente tanto Viareggio che considerava questa città il luogo in cui era nata la sua anima, quindi lui stesso. E perciò elesse Viareggio a sua città natale, come riportano tutte le enciclopedie e le biografie sulla base della testimonianza diretta raccontata dall'interessato".[7] Un'ulteriore conferma è arrivata daChiara Rapaccini, ultima compagna del regista, che ha confermato in un'intervista come il tutto non fosse altro che "una beffa intenzionale di Mario, più semplicemente qualcuno, all'inizio, aveva scritto che era di Viareggio e lui si è divertito a lasciar correre, anche perché il suo rapporto con Viareggio era fortissimo", aggiungendo che Roma, come corretto luogo di nascita del regista, fosse riportato anche sul suo passaporto.[8]
Suo padre,Tomaso Monicelli, era ungiornalista, direttore deil Resto del Carlino e dell'Avanti! (successore diBenito Mussolini nel 1914 in tale ruolo), nonché critico teatrale edrammaturgo.[9] Mise fine alla sua vita nel 1946, dopo alcuni fallimenti editoriali, sentendosi isolato dal regime fascista, che aveva osato criticare nei suoi articoli. La madre, Maria Carreri, era una donna molto intelligente, sebbene di pochi studi.[6] Mario aveva tre fratelli:Giorgio fu untraduttore ededitore,Furio fu unoscrittore, e raggiunse un buon successo all'epoca con il romanzoIl gesuita perfetto, mentreMino, fu giornalista, scrittore e sceneggiatore.[10][11] Monicelli era inoltre imparentato con la famiglia Mondadori: la sorella del padre, Andreina, era la moglie diArnoldo Mondadori e lo stesso Monicelli racconta di essere stato per molti anni buon amico diAlberto eGiorgio Mondadori.[9]
Monicelli trascorse dunque la sua infanzia a Roma, dove frequentò le scuole elementari.[9] Successivamente, si trasferì con la famiglia aViareggio ma frequentò il ginnasio e due anni diliceo classico aPrato, alConvitto Nazionale Francesco Cicognini[12]; si stabilì poi aMilano, dove finì il liceo e iniziò gli studiuniversitari.[5] Nel capoluogo lombardo, Monicelli frequentòRiccardo Freda,Remo Cantoni,Alberto Lattuada,Alberto Mondadori eVittorio Sereni; insieme fondarono, con l'appoggio dello stesso editore Mondadori, il giornaleCamminare, in cui Monicelli si occupava dicritica cinematografica.[13] Monicelli raccontò di come, nelle sue critiche, si accanisse molto sui film italiani, mentre, di contro, esaltasse i film americani e francesi, che amava molto, affermando che forse lo faceva per una sua velata forma di antifascismo.[14]Camminare non durò molto poiché ilMinistero della Cultura Popolare lo soppresse perché considerato di sinistra.[15]
In seguito, Monicelli fece ritorno inToscana, dove completò gli studi universitari laureandosi inlettere presso la Facoltà di Lettere e filosofia dell'Università di Pisa.[5] Interessato al mondo della celluloide, rimandò continuamente il momento di laurearsi fino alla chiamata alle armi, appena dopo la quale fu laureato poiché, come lo stesso Monicelli affermò, "bastava presentarsi alla laurea vestiti da militari e non occorreva né tesi né altro [...] Così è stata la mia laurea, non so nemmeno se è valida".[13] Nel 1934 girò il suo "primo esperimento cinematografico", ovvero ilcortometraggioCuore rivelatore, ispirato all'omonima opera diEdgar Allan Poe,[5] realizzato insieme ad Alberto Mondadori e Alberto Lattuada, con quest'ultimo in ruolo di scenografo poiché allora studente diarchitettura.[15] I tre lo inviarono aiLittoriali sperando invano che venisse poi proiettato nei Cineguf; il film venne bollato come esempio di "cinema paranoico".
L'anno seguente Monicelli fu collaboratore artistico di Alberto Mondadori nel suo primolungometraggio,I ragazzi di via Pal (1935), tratto dall'omonimo romanzo dell'unghereseFerenc Molnár,[5] realizzato anch'esso nell'ambito del Cineguf milanese.[16] Il film fu inviato aVenezia alla Mostra per le pellicole a passo ridotto, parallela allaMostra Internazionale d'arte cinematografica;I ragazzi della via Pal fece guadagnare ai suoi realizzatori il primo premio e l'opportunità di lavorare nella produzione di un film professionale.[17] Monicelli quindi poté saltare le varie fasi di formazione professionale e fu inviato, assieme a Mondadori, a lavorare come "ciacchista" nella produzione del film diGustav MachatýBallerine, che si svolse aTirrenia.
Si accostò al mondo delcinema grazie all'amicizia conGiacomo Forzano,[18] figlio del commediografoGiovacchino Forzano, fondatore a Tirrenia di moderni studios cinematografici sotto il nome diPisorno, curiosa fusione dei nomi delle due città, eterne rivali,Pisa eLivorno, cheMussolini progettava di compiere. In questi anni, in Monicelli si andò delineando quel particolare spirito toscano che sarà determinante per la poetica cinematografica delle commedie del regista (molti scherzi della trilogia diAmici miei sono episodi che fanno realmente parte della sua giovinezza).
Sotto lo pseudonimo diMichele Badiek[21] nel 1937 diresse il film amatorialePioggia d'estate.[5] Il film, in cui Monicelli ebbe il ruolo di regista, sceneggiatore e soggettista, vide la partecipazione diErmete Zacconi e parte della sua famiglia, dell'apporto di molti amici e molti concittadini.[22] Egli affermò che questa esperienza fu importante per la sua formazione poiché imparò a "scrivere per il cinema, a girare, a trattare con gli attori [...] E, soprattutto, a constatare, quando poi lo rivedevo in proiezione, che quello che mettevo in scena ogni giorno non corrispondeva se non in minimissima parte alle mie aspettative".[22] Nel frattempo fu anche il segretario dell'attrice spagnolaMaría Mercader, futura moglie diVittorio De Sica.[23] Nel libro dedicato a Monicelli dalla fondazione "Pesaro Nuovo Cinema Onlus", si afferma nella biografia del regista che, dopo la laurea conseguita a Pisa nel 1941, Monicelli venne inviato l'anno seguente aNapoli per essere imbarcato per l'Africa; Monicelli riuscì però a rimandare l'imbarco finché l'8 settembre non gettò l'uniforme e scappò a Roma, dove rimase nascosto.[24]
Nell'opera semi-autobiograficaL'arte della commedia, Monicelli raccontò che rimase nell'esercito arruolato nella cavalleria dal 1940 al 1943, cercando di evitare il trasferimento, temendo di essere inviato prima inRussia poi inAfrica, finché l'esercito non si disfece; a quel punto scappò a Roma.[25] Rimase nascosto nella capitale fino all'estate del 1944.[24] A Roma frequentò l'Osteria Fratelli Menghi, noto punto di ritrovo per pittori, registi, sceneggiatori, scrittori e poeti tra gliAnni Quaranta e gliAnni Settanta.
L'esordio ufficiale: il lavoro in proprio e i successi
Monicelli con Totò durante una pausa sul set deI soliti ignoti (1958)
Nel 1945 Monicelli fu aiuto-regista nel primo film diPietro Germi,Il testimone.[26] InL'arte della commedia, Monicelli raccontò che tra lui e Germi si instaurò un profondo legame; egli affermò: "Credo di essere stato uno dei pochissimi amici con cui aveva davvero confidenza".[27] Ad esempio di questo legame Monicelli raccontò di due episodi. Quando Germi entrò in un periodo di crisi dopo la morte della moglie, chiamò Monicelli per dirigere il film che stava preparando (Signore & signori, del 1966), dicendogli che lui non poteva più dirigerlo; a Monicelli piacque molto, ma comunque si rifiutò e incoraggiò Germi a fare il suo film. L'altro esempio è quando Germi, impossibilitato a fareAmici miei per problemi di salute, chiamò Monicelli per dirigerlo.
p. Nel 1946 Monicelli fu scelto, insieme aSteno, da Riccardo Freda per realizzare la sceneggiatura diAquila nera.[25] Il film ebbe molto successo e la coppia Monicelli-Steno fu chiamata per scrivere alcune gag e battute per il filmCome persi la guerra diCarlo Borghesio, e prodotto daLuigi Rovere; da quel film, Monicelli e Steno formarono una coppia di sceneggiatori.[28] La collaborazione con Steno, che durerà fino al periodo tra 1952 e 1953, produrrà alcune delle commedie più interessanti deldopoguerra; tra queste vi èGuardie e ladri (1951) con Totò, film che alFestival di Cannes conquistò il premio alla miglior sceneggiatura.[24] InL'arte della commedia, Monicelli affermò che il sodalizio tra i due si interruppe esattamente durante la realizzazione dei filmLe infedeli eTotò e le donne.[29] Entrambi i film dovevano essere sceneggiati e girati a quattro mani da Steno e Monicelli, ma in realtà quest'ultimo si occupò solamente deLe infedeli poiché si era stancato di fare solo film comici; Steno si occupò invece diTotò e le donne. Tutto questo avvenne senza che i produttori lo venissero a sapere perché altrimenti, racconta Monicelli, non avrebbero dato fiducia alla coppia di registi.
I soliti ignoti, del quale Monicelli fu anche sceneggiatore assieme adAge & Scarpelli e aSuso Cecchi D'Amico, rovesciò per la prima volta la dialettica diGuardie e ladri con la quale lo stesso Monicelli (insieme a Steno che lo affiancò alla regia) aveva impostato fin dal 1951 la rappresentazione del rapporto tra autorità e libertà, tra giustizia togata e semplice sopravvivenza delle classi più umili. Quattro anni dopo, Monicelli ribaltò i ruoli: inTotò e Carolina (1955) Totò non è più un ladruncolo ma un poliziotto, e la censura dell'epoca non prese affatto bene l'ironia intorno alle forze dell'ordine: il film subì pesanti e talvolta inspiegabili tagli, e benché in tempi recenti ne sia stata restaurata la copia originale, continua a essere trasmesso nella versione "epurata" e inquinata da un demenziale titolo di testa imposto dalla censura di allora, francamente insultante anche solo nei confronti del livello attoriale di Totò.
ConI soliti ignoti Monicelli abbandonò quindi la dialettica antagonista tra tutori e trasgressori della legge, rappresentando esclusivamente il lato mite, confusionario e frustrato di un manipolo di aspiranti ladri votati all'insuccesso.La grande guerra, lontano dagli stereotipi classici della commedia, passa da un estremo all'altro del registro tragicomico affrontando un argomento doloroso e complesso come la tragedia dellaprima guerra mondiale, ed è impreziosito dalle memorabili interpretazioni diAlberto Sordi eVittorio Gassman.I compagni, film sulla storia del sindacalismo e, ancor prima, sulla fratellanza tra operai delle fabbriche, è poco noto al grande pubblico ma molto apprezzato dalla critica (con Marcello Mastroianni, Renato Salvatori e Annie Girardot).
Negli anni sessanta Monicelli si dedicò anche a film a episodi:Boccaccio '70 (1962),Alta infedeltà (1964) eCapriccio all'italiana (1968), anche se l'episodio da lui diretto inBoccaccio '70 fu tagliato dal produttoreCarlo Ponti, scatenando la protesta dei registi italiani che decisero quasi tutti di boicottare ilFestival di Cannes del 1962, che avrebbe dovuto essere inaugurato appunto da questo film.[31] NeL'armata Brancaleone (1966) e, con minor efficacia, nel seguito intitolatoBrancaleone alle crociate (1970), Monicelli mise in scena un singolareMedioevo tragicomico, costellato dall'uso di un'inedita lingua maccheronica divenuta memorabile nel cinema italiano. Il film del 1966 venne anche selezionato per il festival di Cannes.[30]
Il film successivo, girato nel pieno deglianni di piombo, ne esprime il dramma ispirandosi a un'opera dello scrittoreVincenzo Cerami:Un borghese piccolo piccolo (1977) è un'opera interamente e profondamente drammatica, estranea alle suggestioni tragicomiche delle opere precedenti e successive comeIl marchese del Grillo (1981), che pure si avvale di un'ottima interpretazione dello stesso Sordi.Il marchese del Grillo gli fece vincere l'Orso d'argento per il miglior regista al festival di Berlino del 1982.[30] Negli anni ottanta e novanta, lo sguardo del regista cambiò ancora: dal maschilismo diAmici miei si passa all'esaltazione della donna contenuta nell'operaSperiamo che sia femmina (1986), con cui tornò a ricevere ampi consensi di critica e pubblico.[30] Il successivoParenti serpenti (1991) presentò nuovamente una caustica rappresentazione del modello familiare attraverso la problematicità dei rapporti tra generazioni, culminante in un finale addirittura tragico e scioccante. Nel 1994 uscì nelle sale il grottescoCari fottutissimi amici, che vide come protagonista l'attore genovesePaolo Villaggio. La pellicola, presentata al Festival di Berlino nello stesso anno, si aggiudicò un Orso d'argento, nella sezionemenzione speciale.[32]
È da considerarsi probabilmente il regista che meglio di tutti ha interpretato lo stile e i contenuti del genere dellacommedia all'italiana. Il suo attore di riferimento è stato Alberto Sordi, da lui trasformato in attore drammatico inLa grande guerra eUn borghese piccolo piccolo, ma ebbe anche il merito di scoprire le grandi capacità comiche di due attori nati artisticamente come drammatici,[33] Vittorio Gassman neiSoliti ignoti eMonica Vitti nellaRagazza con la pistola. Il sorriso amaro che accompagna sempre le vicende narrate, l'ironia con cui ama tratteggiare le storie di simpatici perdenti, caratterizzano da sempre la sua opera. Forse non è un caso che molti critici considerinoI soliti ignoti il primo vero film della commedia all'italiana, eUn borghese piccolo piccolo l'opera che, con la sua drammaticità, chiude idealmente questo genere cinematografico.
Lapide commemorativa in via dei Serpenti 29 a Roma
Con l'avanzare dell'età, Monicelli diminuì gradualmente la sua attività ma senza mai fermarsi, grazie ad una forma fisica e mentale sempre buona. A dimostrazione di questo, a 91 anni tornò al cinema con un nuovo film,Le rose del deserto (2006). In occasione della sua uscita, in un'intervista aGigi Marzullo, confidò di non aver alcuna paura della morte, ma di temere moltissimo il momento in cui avrebbe smesso di lavorare, perché si sarebbe annoiato moltissimo. Nel 2006 partecipa anche al documentario dedicato ad Adolfo Celi, con la regia del figlio Leonardo Celi,Adolfo Celi, un uomo per due culture, dove nel ruolo di se stesso racconta il rapporto artistico con Adolfo. In un'intervista del 2008 dichiarò di aver abbandonato definitivamente l'attività registica con il cortometraggio documentaristicoVicino al Colosseo... c'è Monti. Nonostante ciò, nel 2010 realizzòLa nuova armata Brancaleone, un cortometraggio di protesta contro i tagli alla cultura e all'istruzione del governo, con la collaborazione del compositoreStefano Lentini, diMimmo Calopresti in veste di sceneggiatore e di Renzo Rossellini come produttore. Il corto venne presentato durante l'Open Day alCine-Tv Rossellini di Roma il 3 giugno 2010, dove furono presenti diversi giornalisti e politici, e oltre ai professori e ai ragazzi vi partecipò anche lo stesso Monicelli. Nello stesso anno prese parte alla realizzazione del cortometraggioL'ultima zingarata, omaggio al suoAmici miei, in cui reinterpretò il ruolo del professor Sassaroli.
A partire dal 2009, ilBif&st diBari assegna un Premio intitolato a Mario Monicelli per la migliore regia tra i film del festival.
Ormai minato da uncancro alla prostata in fase terminale, la sera del 29 novembre 2010, verso le ore 21, Monicelli, a 95 anni, decise di togliersi la vita gettandosi dalla finestra della stanza che occupava nel reparto di urologia, al quinto piano dell'ospedale San Giovanni-Addolorata, dove era ricoverato.[34] Dopo le commemorazioni civili tenutesi nella sua casa romana alRione Monti e presso laCasa del cinema, il suo corpo venne cremato.
«Ho capito il suo gesto. Era stato tagliato fuori ingiustamente dal suo lavoro, anche a guerra finita, e sentiva di non avere più niente da fare qua. La vita non è sempre degna di essere vissuta; se smette di essere vera e dignitosa non ne vale la pena. Il cadavere di mio padre l'ho trovato io. Verso le sei del mattino ho sentito un colpo di rivoltella, mi sono alzato e ho forzato la porta del bagno. Tra l'altro un bagno molto modesto.[35]»
Il 19 aprile 1988, poco dopo la fine delle riprese deI picari, Monicelli ebbe un grave incidente stradale nei pressi diBracciano.[36] Il regista subì la frattura di entrambi i femori, del bacino, degli avambracci e delle costole, e fu costretto a interrompere le sue attività per diversi mesi.[37]
La sua ultima compagna è stataChiara Rapaccini, conosciuta quando lui aveva 59 anni e lei 19. Hanno avuto una figlia, Rosa, quando lei ne aveva 34 e lui 74. Nel 2007 dichiarava di vivere da solo, di non sentire la lontananza di figli e nipoti (pur avendoli), di essere da qualche anno un elettore diRifondazione Comunista e di avere pianto l'ultima volta alla morte del padre[38], mentre in un'intervista svelava, in particolare, il motivo per cui viveva da solo a 92 anni:
«Per rimanere vivo il più a lungo possibile. L'amore delle donne, parenti, figlie, mogli, amanti, è molto pericoloso. La donna è infermiera nell'animo, e, se ha vicino un vecchio, è sempre pronta ad interpretare ogni suo desiderio, a correre a portargli quello di cui ha bisogno. Così piano piano questo vecchio non fa più niente, rimane in poltrona, non si muove più e diventa un vecchio rincoglionito. Se invece il vecchio è costretto a farsi le cose da solo, rifarsi il letto, uscire, accendere dei fornelli, qualche volta bruciarsi, va avanti dieci anni di più.[35]»
Il 5 dicembre 2009, parlò dal palco delNo Berlusconi Day e di fronte ad una piazza gremita pronunciò parole molto dure contro il governo e l'intera classe dirigente. Il 27 febbraio 2010, intervenne ancora una volta a sorpresa durante la manifestazione organizzata dalPopolo Viola contro ilLegittimo impedimento. Il 25 marzo 2010, partecipò all'eventoRaiperunanotte con un'intervista, nella quale assunse posizioni molto critiche e cupe nei confronti della società contemporanea:
«La speranza è una trappola, è una brutta parola, non si deve dire. La speranza è una trappola inventata dai padroni, di quelli che ti dicono "State buoni, state zitti, pregate che avrete il vostro riscatto, la vostra ricompensa nell'aldilà, perciò adesso state buoni, tornate a casa." [...] Mai avere la speranza, la speranza è una trappola, è una cosa infame inventata da chi comanda.»
«Quello che in Italia non c'è mai stato, è una bella botta, una bella rivoluzione, rivoluzione che non c'è mai stata in Italia... c'è statain Inghilterra, c'è statain Francia, c'è statain Russia, c'è statain Germania. Dappertutto meno che in Italia. Quindi ci vuole qualche cosa che riscatti veramente questo popolo che è sempre stato sottoposto, sono 300 anni che è schiavo di tutti.[39]»
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