l'Adriatico nel Pliocene (figura 1) e nel Pleistocene (figura 2)
L'estensione del mare Adriatico è notevolmente cambiata nelle ere storiche, con incrementi e riduzioni importanti. Nel Pliocene era molto più vasto ed arrivava sotto leAlpi includendo tutta l'attuale pianura padana, mentre nell'ultima glaciazione, avvenuta circa 20000 anni fa, era ridotto a quasi la metà dell'attuale superficie, con ilfiume Po che sfociava quasi all'altezza diAncona. Attualmente registra una ridotta riduzione di superficie a causa del continuo incremento territoriale del delta del Po.
La maggioranza degli storici concorda che il nome Adriatico derivi dalla città diAdria, giàveneta edetrusca, quindi coloniasiracusana, che per i greci era considerata l'estremità settentrionale dell'Adriatico[1], il cui nome verrebbe così a significare "mare che termina ad Adria". Adria era allora terminale di importanti vie carovaniere che scendevano dalBaltico, attraverso ilBrennero, e dalMar Nero attraverso ilDanubio e laDrava, mettendo in comunicazione commerciale l'area mediterranea con tali regioni e permettendo gli scambi diambra,stagno eargento. Un canale artificiale (laFilistina) collegava già allora Adria con lalaguna di Venezia e da lì permetteva di risalire tramite protetta navigazione endo-lagunare fino alle risorgive delTimavo (caput Adriae).[1]
IGreci diedero quindi il nome diAdrias Kolpos (golfo di Adria) inizialmente alla parte settentrionale del mare (dalla foce del fiumePo al golfo delQuarnaro), poi gradualmente il nome venne esteso per tutta la sua lunghezza, dalcaput Adriae fino alcanale d'Otranto.[1] Quando i Romani conquistarono il Nord Italia alla fine delIII secolo a.C., il nome si era già consolidato. Lo storico longobardoPaolo Diacono riporta tuttavia che il nome del mare Adriatico derivi da quello dellacittà abruzzese diAtri (anticamente Hadria e poi Hatria), che per i Romani era punto di arrivo di uno dei principali itinerari traRoma e l'Adriatico.[2]
Altre fonti testimoniano invece un’origine siculo-illirica e così anche il nome di persona che ne è derivato, Adriano: entrambi i nomi hanno la comune origine dal Dio Adranòs, in lingua sicula Hatranus.[3][4] SecondoVarrone (116-27 a.C.), la parola Adria deriverebbe dall'etruscoatrium, giorno/luce/est, ad indicare la posizione ad oriente del mare e della città di Adria, abitata dagliAtriates Tusci (etruschi orientali - civiltàpost-villanoviana con centro aFelsina), rispetto all'Etruria.[5]
Il nome del mare Adriatico conserva la stessa radice etimologica in tutte le lingue dei popoli che vi si affacciano:Jadransko morje inslovenoJadransko more/Јадранско море incroato,bosniaco emontenegrino[6] (secondo alcuni tale parola farebbe invece riferimento al nome latino della città diZara,Iadera, ma ciò non è possibile secondo l'evoluzione fonologica) eDeti Adriatik inalbanese.
I primi navigatori a frequentare l'Adriatico furono iMicenei. Questa antica frequentazione è testimoniata dai ritrovamenti di reperti micenei, che in questo mare sono tipici solo di un numero limitato di siti, elencati di seguito[7].
Come si può notare effettuando un confronto tra i siti dei ritrovamenti micenei e i luoghi di culto di Diomede, essi a volte coincidono; questa coincidenza non è certo casuale, ma mostra che tale culto è stato diffuso proprio dai navigatori provenienti dalla Grecia, in un'epoca di poco più tarda rispetto allaGuerra di Troia, ossia intorno al XIII secolo a.C., al tempo della diaspora micenea (tardo elladico)[10].
Il culto di Diomede potrebbe poi essere stato rivitalizzato in occasione della politica adriatica del tiranno siracusanoDionisio il grande. Nel IV secolo a.C. infatti, egli valorizzò l'antico culto greco dell'eroe argivo per giustificare culturalmente la propria azione colonizzatrice di fronte alle popolazioni autoctone dell'Adriatico[10]. Lo stesso fenomeno si è verificato in tutte le aree adriatiche interessate dalla politica di Dionisio il grande di Siracusa e di suo figlio[11].
I Greci, come tutti i popoli antichi, praticavano la navigazione dicabotaggio ed affrontavano il mare aperto solo quando non era possibile altrimenti, scegliendo in questo caso le rotte più brevi. Le rotte di cabotaggio erano stabilite in base alla necessità di potersi riparare, durante la notte o in caso di burrasca, in porti o insenature naturali localizzate a circa un giorno di navigazione l'una dall'altra.
Gli studi meno recenti ipotizzavano che i Greci percorressero un'unica rotta per risalire l'Adriatico: quella orientale, che permetteva di navigare lungo coste ricche di ripari naturali per le proprie navi. Tale rotta seguiva quindi le costedalmate sino alla moderna città diZara, per poi proseguire verso nord oppure attraversare il mare puntando verso il promontorio delCònero e dirigersi infine verso l'Adriatico settentrionale[12]. Gli studi più recenti ipotizzano anche una rotta di risalita dell'Adriatico lungo la costa occidentale, quella italiana, utilizzata principalmente dai navigatori provenienti dallaMagna Grecia diretti verso gli scali padani. Questa rotta occidentale fu probabilmente seguita anche dai navigatori rodii nel IX ed VIII secolo a.C., prima dell'apertura di quella orientale[13]. Data la mancanza di porti naturali, come ripari occasionali erano utilizzate le foci dei fiumi, senza impiantare empori stabili. L'area delpromontorio del Cònero, e quindi Ancona, era il punto di congiunzione tra le due rotte[14].
Le rotte più antiche evitavano così ogni attraversamento di mare aperto, ed erano esclusivamente di cabotaggio, lungo le coste italiane o quelle dalmate. In quest'ultimo caso, la rotta partiva daKòrkyra (l'odiernaCorfù) e seguiva tutta l'articolatissima costa dalmata, raggiungendo la costa settentrionale dell'Adriatico per poi riscendere lungo quella occidentale.
Entrambe le rotte, quella italiana e quella dalmata, risultavano problematiche, ma per fattori diversi. La costa adriatica occidentale, da Brindisi al Cònero, era considerata dai popoli antichi sfavorevole per la navigazione a causa dell'assenza di porti naturali:Tito Livio parla diimportuosa Italiae litora[15] eStrabone definisce i litorali adriatici occidentalialímenoi (ἀλίμενοι), ossia "importuosi"[16]. La costa orientale dell'Adriatico, disseminata di ripari per le navi, presentava però un altro problema: le tante insenature naturali erano rifugio dipirati[13], che attaccavano puntualmente le navi di passaggio. Di pirati nell'Adriatico si hanno notizie già a partire dall'VIII secolo a.C.[13]. Naturalmente, se esisteva la pirateria, ciò comporta che esistesse anche un traffico di navi da depredare; dal V secolo, inoltre, vennero organizzate alcune spedizioni per contrastare i pirati illirici[17]. Tra queste, si ricordano quelle deirodii, nell'ambito di una vera e propriaguerra da corsa[13].
L'attraversamento dell'Adriatico in corrispondenza delCònero era scelto perché questo promontorio si spinge verso la costa dalmata, rendendo più breve l'attraversamento del mare e assumendo anche la funzione di traguardo visivo per i navigatori provenienti da est. Nella rotta di ritorno, invece, il traguardo visivo era garantito dalla visibilità delmonte Drago, suimonti Velèbiti. In questo modo il tratto di mare aperto senza visibilità della costa era ridotto al minimo. Inoltre il porto naturale di Ancona, a ridosso del Cònero, si trova a metà della costa adriatica occidentale, quasi del tutto importuosa, e dunque rappresentava l'unico luogo ove poter riparare le navi dalle onde, dallebocche del Po sino aBrindisi[18].
I Greci diretti verso i fiorenti mercati della Pianura Padana, dunque, anche dopo l'epoca micenea, hanno sempre risalito l'Adriatico lungo la costa dalmata, per poi attraversare il mare traZara e ilCònero, raggiungendo infine gli scali padani.
Gli storici hanno provato ad elencare i porti naturali e gli empori utilizzati dai Greci lungo la rotta verso l'Adriatico settentrionale; in alcuni casi, come in quello di Ancona, l'ipotesi è suffragata da ritrovamenti archeologici e dal fatto che in epoca successiva sono stati sedi di colonie greche. Nella costa orientale adriatica essi erano:Orikos,Apollonia,Epidamnos, Vardenis (nei pressi diScutari),Buthoe,Lissos[19],Epidayron,Melitta,Kòrkyra Melaina, la foce delNaron,Pharos,Issa,Elaphussa,Idassa,Enona[20]. Seguiva poi l'attraversamento dell'Adriatico. Nella costa italiana gli empori e i ripari erano invece:Numana[21],Ankón, l'attualeSanta Marina di Focara, la foce dellaMarecchia,Spina,Adría[22].
La rotta occidentale fu probabilmente seguita anche dai navigatori rodii nel IX ed VIII secolo a.C., prima dell'apertura di quella orientale con attraversamento all'altezza del Cònero[23]. Data la mancanza di porti naturali, come ripari occasionali sarebbero state utilizzate le foci dei fiumi, senza impiantare empori stabili. L'area delpromontorio del Cònero, e quindi Ancona, era il punto di congiunzione tra le due rotte[24].
Prima del IV sec. a.C. esistevano nell'Adriatico tre colonie greche, tutte nel settore meridionale: la colonia della città del PeloponnesoEpidauro Epydayron (Ragusa Vecchia), e le due colonie mistecorinzio-corciresi di Epidamnos (Durazzo) edApollonia.
Intorno alla metà del IV sec. a.C.Dionisio I di Siracusa promosse un'intensa colonizzazione dell'Adriatico. In Italia fondò infattiAnkón (attualeAncona, colonia popolata con esuli politici[25]), edAdrìa (attualeAdria); in Dalmazia fondòIssa (attualeLissa) e in AlbaniaLissos (attualeAlessio).
Dionisio inoltre favorì la fondazione, da parte dei cittadini diParo, della colonia diPharos (attualeCittavecchia), nell'isola di Lesina, ove è ricordata anche l'esistenza diDimos (l'attualecittà di Lesina)[26].
La colonia siracusana di Issa a sua volta fondòTragyrion (attualeTraù),Korkyra Melaina (attualeCurzola) edEpetion (attuale Stobreč, sobborgo diSpalato) ed utilizzava l'emporio greco diSalona[27].
Con questo programma di colonizzazione Dionisio riuscì ad assicurarsi un controllo totale sulle rotte adriatiche che portavano il grano padano verso la madrepatria greca.
Le coste del mare Adriatico sono teatro di racconti di storie passate di grande fascino, anche se per alcune di queste non esistono testimonianze documentate e certe. Una delle leggende più conosciute riguardanti l'Adriatico è quella degliArgonauti.[28][29] Una versione del mito, forse la più antica, narra della storia dei sudditi del re diColchideEete. Partiti all'inseguimento diGiasone eMedea che si erano impossessati delVello d'oro, si sarebbero fermati sulle coste dell'Adriatico[30] per paura di dover comunicare al sovrano il fallimento della loro missione e la morte di suo figlio Apsirto. Questi era stato ucciso e fatto a pezzi dalla sorellaMedea e quindi le sue membra trasformate nell'arcipelago da lui detto delle Apsirtidi, oggiCherso (Cres) e le isolette circostanti. Qui i Colchidi avrebbero preso dimora per poi in seguito fondarePola. Sempre nelQuarnaro l'isola diLussino sarebbe stataEea, la primitiva sede diCirce[31], quindi visitata anche daUlisse e dai suoi compagni.
Leggenda delle Isole Brioni
Sempre dall'altra parte dell'Adriatico, lungo le coste della penisola dell'Istria, si racconta la storia dell'arcipelago delleisole Brioni, dove sono stati ritrovati resti dei dinosauri che hanno abitato queste terre 150 milioni di anni fa. Secondo laleggenda, questo arcipelago nacque per mano degli angeli: le isole sarebbero infatti alcuni pezzi di Paradiso che il Diavolo aveva sparpagliato[senza fonte].
Secondo il mito greco, l'eroeDiomede, dopo aver lasciato per sempre la città di cui era re,Argo, navigò con i suoi compagni d'arme in tutto l'Adriatico, fermandosi ove ci fosse un porto e insegnando agli abitanti l'arte della navigazione.[28][29] NellaVenezia Giulia la sua figura si fuse con quella delSignore degli Animali. Successivamente diventò un fondatore di città (molte inPuglia, ma ancheBenevento eVasto). Per questi motivi il suo culto era diffuso alle foci delTimavo, aCapo Promontore, adAncona, aCapo San Niccolò e alleIsole Tremiti.[28][29] In tutti i luoghi ricordati dalla tradizione come tappe dei viaggi di Diomede, l'archeologia ha ritrovato repertimicenei, consentendo di collegare il mito di Diomede alla navigazione micenea.[28][29]
Mito di Antenore
Altro eroe greco che navigò nell'Adriatico fu, secondo il mito,Antenore, ricordato dalla tradizione come fondatore diPadova.[28][29]
Anche i viaggi di Ulisse possono essere ricondotti al mare Adriatico. Fin dall'antichità, infatti, ci sono stati studiosi che hanno ambientato tutte le tappe del viaggio di Ulisse narrato nell'Odissea in luoghi adriatici anziché tirrenici, com'è consuetudine. Il fatto cheOmero non abbia mai incluso riferimenti specifici parlando di luoghi, autorizzò fin dall'antichità ad ambientare il mito di Ulisse in vari luoghi del Mediterraneo: ogni popolazione rivierasca che veniva a conoscenza delle avventure di Ulisse le immaginava in luoghi che conosceva. L'ambientazione tirrenica divenne la più diffusa solo a partire dalla romanizzazione d'Italia.[28][29][32][33]
Lungo le coste dell'Adriatico avrebbero poi navigato anche iPelasgi. Naturalmente non ci sono notizie certe al riguardo, ma ad esempioSilio Italicoracconta[senza fonte] la risalita di questa popolazione di navigatori lungo la costa e il loro insediamento sul colle dell'Annunziata (conosciuto anche con il nome di “colle Pelasgico”) adAscoli Piceno, nelleMarche. Un po' più a nord, nel ravennate, ancheStraboneidentifica[senza fonte] alcune colonie pelasgiche, accostandole a quelle diCaere (Cerveteri) e diPyrgi lungo ilTirreno.
Anche alcuni toponimi possono ricordare questa frequentazione come il "Monte Pelago" uno dei colli di Ancona che alcuni studiosi locali collegano questo luogo alle antiche frequentazioni del promontorio del Conero
Lungo circa800 km e largo mediamente150 km, ricoprendo una superficie di132000km², la profondità del suobacino in talune zone raggiunge i300 m nella parte settentrionale (inferiore a quella dei tre grandi laghi prealpini) e raggiunge i1.222 m più asud, lungo la direttrice daBari allebocche di Cattaro, mentre lasalinità media è del 3,8%, con forti differenze tra il nord, meno salino, e il sud.
L'ampiezza dimarea è abbastanza contenuta (circa 30 cm al sud e non oltre i 90 nelle estremità settentrionali): ciò ha permesso sin dall'antichità la nascita, lungo la bassa costa settentrionale, dicentri abitati comeAquileia,Chioggia,Grado,Venezia, famosa in tutto il mondo per il fenomeno dell'acqua alta che periodicamente ne sommerge di qualche decina di centimetri molte aree, eRavenna.
Il mare Adriatico è collegato almar Ionio tramite ilCanale d'Otranto, ma il confine esatto tra i due mari è stabilito diversamente a seconda delle varie convenzioni.
Secondo la convenzione dell'Organizzazione idrografica internazionale, seguita negliAvvisi ai naviganti (portolani,fari e fanali,Navarea III), il limite convenzionale fra costa ionica e costa adriatica è posto aSanta Maria di Leuca (punta Mèliso, lungo ilmeridiano 18°22' E) (linea rossa in figura). Il limite meridionale dell'Adriatico corre poi, secondo questa convenzione, lungo la linea immaginaria che va da punta Mèliso a capo Cefalo (39°45′07.31″N 19°37′45.5″E39°45′07.31″N,19°37′45.5″E) sull'isola diCorfù.[34] In questo modo, la costa settentrionale dell'isola di Corfù e leisole Diapontie sarebbero bagnate dal mar Adriatico.
Un'altra convenzione pone la linea di demarcazione lungo lo stretto di mare fraCapo d'Otranto, nelSalento, eCapo Linguetta inAlbania (linea gialla in figura). La linea di demarcazione viene spostata più a sud da altre convenzioni nautiche, che per esigenze di semplicità seguono le linee deiparalleli e deimeridiani. In particolare, ai fini meteorologici (Meteomar) e delleInformazioni nautiche degli avvisi ai naviganti, il limite marittimo tra Adriatico meridionale e Ionio settentrionale è dato dal 40º parallelo nord (linea arancione in figura): sulla costa italiana corrisponde a punta Mucurune nei pressi diCastro.40°00′00″N 18°25′48″E40°00′00″N,18°25′48″E
Questo settore, compreso traPola e ilcanale d'Otranto, si presenta generalmente basso e sabbioso, eccetto che in corrispondenza della penisolaIstriana, della costa triestina, del promontorio delGargano, del promontorio delConero e del promontorio delSan Bartolo. TraGrado e ildelta del Po è orlato di lagune.
Le principali articolazioni nel settore, da nord-est procedendo verso ovest e poi verso sud sono le seguenti.
Golfo di Venezia, il maggiore, su cui si affacciano il Veneto, il Friuli-Venezia Giulia, la Slovenia e l'Istria croata. Comprende al suo interno il Golfo di Trieste.
In territorio italiano, le uniche isole da ricordare sono leTremiti, al largo del Gargano; in territorio croato si segnalano invece leisole Brioni.
Costa orientale
La costa orientale, traPola e ilCanale d'Otranto, è prevalentemente rocciosa ed è articolatissima. I principali canali, golfi, penisole e promontori sono i seguenti.
Istria, la penisola maggiore, divisa tra Slovenia, Croazia e, per una minima parte, Italia.
Nel periodo pre-classico, l'Adriatico era considerato un'articolazione delloIonio; venne considerato un mare a sé stante a partire dalperiodo repubblicano romano. NelMedioevo e nell'Età Moderna, iVeneziani, che comprendevano nel proprio dominio laDalmazia e alcuni portipugliesi, chiamavano l'intero Adriatico con il nome digolfo di Venezia. Dal momento che laSerenissima era una delle maggiori potenze d'Europa, tale denominazione si diffuse molto, senza però soppiantare mai completamente il nome originale, al quale rimasero fedeli i pochi porti adriatici cheVenezia non riuscì a sottomettere. Nei codici marittimi veneziani era addirittura chiamatoil nostro canal, quasi fosse la continuazione delCanal Grande.
Sono elencati solo i porti che all'anno hanno più di un milione di tonnellate di traffico merci o che servono più di un milione di viaggiatori. Il transito di meno di200 000 viaggiatori non è riportato.
Fonte per i dati sui porti italiani:Istituto nazionale di statistica (dati del 2010, porti italiani); i dati sul porto di Ancona[37] comprendono quelli dei terminali di Ancona e diFalconara Marittima, che formano un complesso unico e condividono un'unica capitaneria di porto.
Fonte per i dati sui porti croati: (dati 2008); i dati sul porto di Fiume includono anche quelli dei terminali diBuccari,Bršica eCastelmuschio; i dati sul porto di Ploče includono anche quelli del terminale diMetković
I dati sui porti albanesi sono tratti dalla Camera di Commercio ed Industria di Durazzo - Albania (dati del 2007)
I dati sul porto di Capodistria (dati 2011 Porto di Capodistria) sono tratti dal sito inSloveno:[38]
Oltre ai porti principali, tutti riportati in tabella, si segnalano anche i seguenti.
Negli anni novanta, specie nei mesi estivi, il Mar Adriatico è stato interessato dal fenomeno dellamucillagine nelle acque superficiali e costiere che ha comportato in alcuni casi, a scopo precauzionale/preventivo, il divieto dibalneazione in diverse sue spiagge e litorali. Sul finire degli anni novanta e per alcuni anni deglianni 2000 fenomeni dierosione di alcuni litorali da parte delle acque marine, specie in occasioni di fortimareggiate hanno intaccato fortemente diversi tratti costieri sabbiosi comportandone una lenta e progressiva riduzione in termini di ampiezza[39][40].
^abcLorenzo Braccesi,Grecità adriatica, edito da L'Erma di Bretschneider, 2001 (la citazione è consultabile suGoogle ricerca libri apagina 12)
^Paolo Diacono,Historia Langobardorum, libro secondo, cap. 19, "Post Flamminiam duodecima Picenus occurrit, habens ab austro Appenninos montes, ex altera vero parte Adriaticum mare. Haec usque ad fluvium Piscariam pertendit. In qua sunt civitates Firmus, Asculus et Pinnis et iam vetustate consumpta Adria, quae Adriatico pelago nomen dedit." (la citazione è consultabile suIntratext a[1])
^Petar Skok,Etimologijški rječnik hrvatskoga ili srpskoga jezika, 1971
^ab* Lorenzo Braccesi, Mario Luni,I Greci in Adriatico, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2004 (pagine 40 e 120).ISBN 9788882652661
Per Pelagosa: Anna Margherita Jasink, Grazia Tucci, Luca Bombardieri,MUSINT: le collezioni archeologiche egee e cipriote in Toscana: ricerche ed..., Firenze University Press, 2011 (pagina 216).
Per il culto di Diomede a Pola: MUsti, 1980; Aigner Foresti 2002; Vanotti 2002.
^Per l'ipotesi d'identificazione delleIsole Diomedee con l'insieme delle isole Tremiti e diPelagosa, vedi Marco Santucci,L'Adriatico meridionale, inFileni-Jasink-Santucci 2011, pp. 213-221 e in particolare pp. 216-217.
^abPer tutto il capitolo: Lorenzo Braccesi,Hellenikos kolpos, supplemento aGrecità adriatica, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2001 (capitolo IX su Ankon, capitolo X, sul culto di Diomede ed Afrodite in Adriatico).ISBN 9788882651534
^Per il rapporto tra Dionisio I e il culto di Diomede si veda inoltre:
Alessandra Coppola,Siracusa e il Diomede Adriatico, inPrometheus nº 14, 1988 (pagine 221-226);
Lorenzo Braccesi,Grecità di frontiera: i percorsi occidentali della leggenda, Esedra, 1994 (pagine 85 e seguenti);
Attilio Mastrocinque,Da Cnido a Corcira Melaina: uno studio sulle fondazioni greche in Adriatico, Università degli studi di Trento, 1988
^Lorenzo Braccesi,Grecità adriatica: un capitolo della colonizzazione greca in Occidente, II edizione, Bologna, Pàtron, 1977.
Mario Luni,Itinerari transappenninici e scali marittimi, Roma, De Luca, 1999,ISBN978-88-8016-355-8.
Anna Margherita Jasink, Grazia Tucci, Luca Bombardieri,Diomede nel medio Adriatico, inMUSINT, Firenze University Press, 2011, pp. 234-235,ISBN9788866550839.URL consultato il 27 giugno 2020(archiviato il 28 giugno 2020).
^Alla foce delDrilon, importante fiume il cui corso era risalito dalle antiche imbarcazioni per raggiungere l'Illiria interna.
^I toponimi elecati sono quelli antichi. Si fornisce un elenco dei corrispettivi moderni (quando esistenti); i casi rimanenti sono oggi aree archeologiche. Epidamnos: attuale Durazzo; Buthoe: attuale Budua; Lissos: attuale Alessio; Epidayron: attuale Ragusa Vecchia; Melitta: attuale Meleda; Korkyra Melaina: attuale Curzola; fiume Naron: attuale Narenta; Pharos: attuale Cittavecchia di Lesina; Issa: attuale Lissa;Elaphussa: attuale Brazza; Idassa: attuale Zara; Enona: attuale Nona.
^Il nome "Numana" è secondo una delle varie ipotesi, di origine greca e significherebbe “la giusta” (da nomos, legge). Si veda: Giovanni Marinelli,Il linguaggio Numanese nel Novecento: Dizionario, modi di dire. Origine ed evoluzione delle parole, 2010.
^Lorenzo Braccesi,Grecità adriatica: un capitolo della colonizzazione greca in Occidente, Pàtron, 1977 (pagine 75-78).
^Lorenzo Braccesi,Grecità adriatica': un capitolo della colonizzazione greca in Occidente, Pàtron, 1977.
^Tutti gli studi sulle rotte di navigazione adriatiche in età antica successivi al 1990 esprimono quest'ipotesi. Tra gli altri autori, si ricorda: Mario Luni,Itinerari transappenninici e scali marittimi inPiceni popolo d'Europa, Roma, De Luca, 1999. (pagina 144).ISBN 978-88-8016-355-8.
^Poche fonti (basate su: Novak,Strena Buliciana, Spalato-Zagabria 1924 - pagina 665 e seguenti) citano questa colonia, perché la sua esistenza è basata solo su un'abbreviazione presente in una moneta, di interpretazione dubbia. Tra le fonti che ne sostengono l'esistenza:Croazia. Zagabria e le città d'arte. Istria, Dalmazia e le isole. I grandi parchi nazionali, del Touring Club Italiano (capitoloL'isola di Lesina). Tra le fonti che la negano: Lorenzo Braccesi,Grecità Adriatica: un capitolo della colonizzazione greca in Occidente, Pàtron, 1977; (pagina 336, nota 72).
Lorenzo Braccesi,Grecità Adriatica: un capitolo della colonizzazione greca in Occidente, Pàtron, 1977; (capitoliAncona (e Numana),Issa e Lissos,Pharos: colonia paria,Issa e Pharos, ultime vicende dei Greci in Adriatico; solo per le colonie di Issa: pagine 309 e 320)
Bulletin d'archéologie et d'histoire dalmate - Edizione 68 - Pagina 126 (tranne che per la colonia di Dimos).
^abcdefLorenzo Braccesi,Grecità adriatica, R. Pàtron, 1971
^abcdefLorenzo Braccesi, Mario Luni, Università di Padova. Dipartimento di scienze dell'antichitàI greci in Adriatico, L'Erma di bretschneider
^Vedi articoloIn Adriatico alla ricerca di Ulisse, nella rivistaArcheo De Agostini Rizzoli periodici (anno XVII, numero 8, 198, agosto 2001), che riporta tutte le fonti primarie, e la paginaCopia archiviata, suvedettamediterraneo.it.URL consultato il 22 febbraio 2012(archiviato dall'url originale il 15 ottobre 2013).
Claudio Zaccaria (a cura di),Strutture portuali e rotte marittime nell'Adriatico di età romana, Atti della XXIX Settimana di Studi Aquileiesi, 20-23 maggio 1998, Trieste, Centro di Antichità Altoadriatiche, 2001.
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