IlManifesto futurista della Ceramica e Aereoceramica[1] fu pubblicato il 7 settembre1938 sullaGazzetta del Popolo, a firma diFilippo Tommaso Marinetti, fondatore delmovimento futurista e diTullio d'Albisola, ceramista futurista già noto come tale dal1925.
La pubblicazione delmanifesto faceva seguito a dibattiti sull'avvenire dell'arte tenutisi poco tempo prima, sia in occasione dellamostra di aereopittura ospitata da La Gazzetta, sia allaBiennale di Venezia.
Dopo una premessa sui significativi riconoscimenti ottenuti dall'avanguardiaitaliana in patria e all'estero, il manifesto invita a "rallegrarsi" esaminando «lo sviluppo novatore dellaceramica», che nellessico del movimento prende il nome di "aereoceramica", a maggior lustro del primato italiano nel settore: i futuristi infatti «valutano la risplendente maiolica classica italiana primato mondiale indiscusso». L'interessamento del movimento a questa forma espressiva si concretizzava nel manifesto «non per imitare ma per dimenticare e superare e rovesciare idee e tecniche di ogni segreto ceramico» secondo il modo di sperimentazione di Tullio d'Albisola, che «porta nella ceramica l'estetica della macchina coi suoi ritmi dominanti». Oppure secondo la "scuola" diAltare.[2] Il manifesto ricorda inoltreFillia, dal quale nel1932 «forme sferiche e cubiche furono poste in alto sostenute da basi snelle e dinamiche combinando costruttività plastica con forme librate rotativamente ottenendo l'originalissima nuovissima ceramica prodigio».
Su queste basi i futuristi reclamavano per la ceramica:
Ciò avrebbe dovuto tradursi nella produzione di opere che applicassero attraverso la "ceramica tattile" la via deltattilismo indicata da Marinetti con "Benedetta".[4]
Si proponeva poi la trasposizione in ceramica disimultaneità ceramiche di stati d'animo contrastanti o armonizzanti, per mezzo di «linee-forza toni privi diverismo forme e colori non narrativi né descrittivi ma suggestivi».[5]
Fra ciò che i futuristi intendevano poi "fare", c'erano anche «strade e piazze d'oroceramico - terrazze e fontane di indacoceramico» e, come evoluzione pratica di questo punto, «cieli di ceramica irrigati d'acque fresche e grondanti profumi fiori e sole da vendere o regalare alle funebri gelate fangose città nordiche». Il manifesto portava a questo riguardo l'esempio del «cielo tipo CAPRI», un prodotto definito potenzialmente adatto adOstenda, nonché un «mare tipo PORTOFINO» ipotizzato ideale perCalais eFolkstone.[6]
Il manifesto si chiude con citazioni diBoccioni[7] e diMussolini.
Le possibilità espressive del materiale ceramico, usato tal quale o come tesseramusiva, furono individuate come adatte allapoetica del movimento futurista da ben prima della redazione del manifesto.
Ampiamente celebrata nel manifesto, la località ligure diAlbissola (Albisola gioielleria imperiale[8]) costituì effettivamente il centro principale di ceramica futurista[9]. Qui aveva sede laManifattura Mazzotti[10] in cui era cresciuto artisticamente Tullio d'Albisola insieme con suo fratelloTorido d'Albisola[11], i quali altri non erano che i figli del Mazzotti stesso e che misero l'officina a disposizione degli altri artisti aderenti al Movimento per la realizzazione delle loro opere. Vi passarono fra gli altriBruno Munari,Lucio Fontana, Fancello, Strada,Nicolaj Dijulgheroff[12]; la Manifattura oggi ospita unmuseo in cui sono raccolte alcune di queste creazioni.[13] Al di là della notorietà raggiunta dai fratelli Mazzotti, Albisola era già uno dei centri più importanti per le lavorazioni ceramiche, caratterizzandosi per un fiorente artigianato nello stile detto "Antico Savona"[14]
Oltre ad Albisola, l'intervento futurista sulla ceramica si sviluppò anche ad Altare, altro sito del Savonese noto per una tradizioneartigiana diarte vetraria risalente alXII secolo, in cui operarono fra gli altriEnrico Bordoni,Oreste Saroldi eIsidoro Bormioli.