L'abitato di Maida sorge su una collina che si affaccia sullaPiana di Sant'Eufemia tra i fiumiJayari a ovest eCottola a est. Il territorio comunale comprende anche la frazione di minoranza etnica e linguistica albanese (arbëreshë) di Vena di Maida (Vjna inlingua arbëreshe), posta a 242 metri s.l.m.
Il territorio di Maida fu abitato dai tempi più remoti. Lo testimoniano le numerose grotte presenti nella zona, certamente abitate in epoche lontanissime e alcuni reperti scoperti nel litorale. Nel 1980, durante una campagna di scavi promossa dall'Università di Pisa, sono stati scoperti in località Casella manufatti in pietra risalenti alPaleolitico Inferiore, nel loro strato originario. Si tratta in maggioranza di choppers unifacciali e raschiatoi in scheggia. Altri manufatti dello stesso periodo, delPaleolitico Superiore e delNeolitico, sono stati rinvenuti perché portati in superficie dalle attività agricole. Si tratta di schegge corte e spesse in selce, quarzite e diaspro, per la maggior parte raschiatoi.[5][6]Dal II millennio a.C. in poi ci furono varie invasioni di popoli indoeuropei. Tra i tanti ricordiamo gliEnotri.Tra il VII e il VI secolo a.C. arrivarono iGreci, che, anche in questi luoghi, fondarono delle città.Alcuni scrittori (Vossio) sostengono che a Maida sorgesse l'antica Lametia, altri (Barrio) la identificano con Melania. In seguito troviamo iRomani e iLongobardi.
IBizantini scoprirono e nell'VIII secolo, fortificarono il borgo, che chiamaronoMaghida; tale nome sopravvive nel dialetto. NelX secolo la fortezza venne conquistata dagli Arabi, e divenne parte dell'Emirato diSquillace.[7] Successivamente troviamo iNormanni, gliSvevi e gliAngioini. Fu occupata nel1087 daMiera di Falluca, signore diRocca Falluca eCatanzaro durante il conflitto che oppose l'erede delGuiscardoRuggero Borsa al fratellastroBoemondo I d'Antiochia, ma a causa di questa conquista iFalluca persero i loro domini. Il trattato di pace del1089 fra Ruggero Borsa e Boemondo stabilì l'assegnazione di Maida e diCosenza a Boemondo in cambio diBari.[8] Durante uno dei suoi viaggi, il 23 maggio1223,Federico II si fermò a Maida. Egli istituì una grande riserva di caccia parzialmente ricadente nel territorio del feudo di Maida. In questo periodo Maida perse gradualmente l'uso della lingua greca.[7]Successivamente Carlo I d'Angiò assegnò il castello di Maida a Egidio di Santo Liceto. Egli non si fece ben volere dai maidesi tanto che, in assenza del feudatario, la popolazione insorse distruggendo parzialmente il castello. Dopo un'indagine durata due anni, Carlo d'Angiò fece punire i responsabili e ordinò la ricostruzione del castello. Durante tale ricostruzione il castello venne ampliato, comprendendo l'attuale Piazza Roma. Il castello venne dotato di granai, scoperti a metà degli anni novanta.[7] Successivamente il feudo passò nelle mani del figlio, Egidio junior, poi a Guglielmo di Santoliceto, e infine alla figlia di quest'ultimo, Luisa. Successivamente il feudo tornò alla Corona, che lo concesse alla reginaSancha.[7]Nel 1334Roberto d'Angiò assegna il feudo di Maida aGoffredo Marzano, dopo aver ottenuto, nel 1331, il castello dalla regina Sancha.
In questo periodo, fin dal 1385, ci fu una fuga, intensificatasi con il consolidamento del potere deiCaracciolo agli inizi del XVI secolo, verso i paesi limitrofi per sottrarsi alla dominazione feudale.[7]Nel 1400 appare già padrone del feudo Gualtiero Caracciolo detto il Viola. E la famiglia Caracciolo sarà a lungo, tranne brevi pause, padrona del feudo.Il 2 giugno 1459 i maidesi si rivoltarono contro il feudatario per ottenere sgravi fiscali, il generale Davalos sedò la rivolta.[7]Nella metà del XV secolo arrivano dei coloni albanesi che daranno origine all'abitato di Vena di Maida.Dopo la morte di Ottino Caracciolo il feudo divenne demanio regio per volere di reFerdinando I d'Aragona, che concesse a Maida dei benefici. Successivamente Ferdinando assegnò Maida al figlio Federico, che concesse nuovi statuti, detti Capitoli; essi concedevano ai maidesi il beneficio di commerciare con l'esenzione dalle tasse durante la domenica, negavano l'estradizione, gli abitanti potevano essere giudicati solo dalla magistratura del feudo. Veniva vietata qualsiasi forma di requisizione non indennizzata, se non effettuata dal principe, venivano abolite le corvé non indennizzate. Inoltre venne abolita la tassa di un terzo sul raccolto alla Corona, e altri privilegi che favorirono lo sviluppo di Maida.[7]
Nel 1496 sale sul trono napoletanoFederico d'Aragona che conferma a Maida tutti i privilegi goduti precedentemente e ne elargisce dei nuovi.I maidesi erano molto legati a questo re e diversi cittadini accorsero in sua difesa quando fu attaccato dal re di Francia e dagli spagnoli.Federico fu sconfitto e divenne viceréConsalvo di Cordova.Agli inizi del secolo 64 famiglie di nobili maidesi avrebbero appoggiato una causa, intentata dal comune di Maida, per esercitare una sorta di diritto di prelazione sul feudo, nel tentativo di scongiurare il dominio baronale dei Caracciolo. La causa sarebbe stata persa nel 1507, con gravi perdite finanziarie per il comune. Della causa esistono notizie storiche, ma non gli atti ufficiali, il che fa pensare a un falso.[7]Il periodo successivo fu difficile, caratterizzato da economia in crisi, diminuzione delle entrate e aumento delle tasse.Successivamente il feudo fu venduto ai Loffredo, ma i Caracciolo continuavano a vantare diritti, specialmente sulle terre di Maida eLacconia. La contesa venne risolta, tra il 1518 e il 1519, da re Carlo V a favore dei Loffredo.[7] A seguito di tali avvenimenti l'economia di Maida crollò.A rendere la situazione più grave furono le incursioni saracene: per proteggersi si costruirono, negli anni sessanta del Cinquecento, lungo la costa numerose torri di avvistamento, di esse sono ancora visibili i ruderi. Le torri erano abbastanza vicine da comunicare tra loro con messaggeri a cavallo di giorno e fuochi di segnalazione durante la notte; Maida non ebbe incursioni dai Saraceni. In questo periodo Maida ospitava un'università.[7] Nel 1561 il Feudo di Maida contava 979 fuochi (famiglie).[9] Il feudo divenne successivamente oggetto di diverse compravendite.Dopo le nozze di Dianora Caracciolo con Marcantonio Loffredo il feudo passò nelle mani di quest'ultima famiglia e fu elevato a principato.
Nel XVII secolo sono da rilevare i terremoti del 1638 e del 1659 ed il peggioramento della situazione economica, che misero in difficoltà i feudatari.Questi ultimi per migliorare l'economia fecero costruire canali irrigui, molini, acquedotti a Cortale, Jacurso e nei dintorni di Maida, ma le numerose tasse imposte resero molto tesi i rapporti con i cittadini, che uccisero, all'uscita di teatro, uno degli ultimi dei Loffredo: Marcantonio.Di positivo, in questo secolo, c'è un certo risveglio culturale con la presenza di un teatro e di un'Accademia, dettadegl'Inquieti, fondata daPietro Paladino, ex seguace diGiambattista Marino.
Nel dicembre del 1691 il feudo fu acquistato da Fabrizio Ruffo. Dopo la sua morte (1692) gli succedettero dapprima il nipote Francesco, poi il figlio di questi Carlo e, via via, altri eredi della famiglia, tra cui Ippolita.
Essa fu una buona feudataria, in quanto era cresciuta nella cittadina ed era legata affettivamente a Maida.
Per aiutare la gente, dopo ilterremoto del 1783, essa fece aprire una filanda, in cui dette lavoro a molti disoccupati, promosse l'istituzione di piccole concerie e cercò di venire incontro ai bisognosi.
Nel 1735 il reCarlo III, insediato a Napoli dal padreFilippo V fece una visita a Maida e andò a cacciare nel bosco dell'Ascrea.
Il terremoto del 1783 produsse molti danni: caddero a Maida il castello, l'ospedale di San Pietro, il teatro, le mura cittadine e varie chiese. I morti furono 95.
Il governo pensò di intervenire per aiutare la popolazione requisendo i beni della maggior parte delle case religiose e costituendo la Cassa Sacra. Pertanto Maida si vide spogliata dei numerosi conventi e privata dei redditi di quei beni.
Alla fine del Settecento si diffusero anche a Maida le idee illuministiche e giacobine. Il cardinale Fabrizio Ruffo, nel marzo 1799, si recò anche a Maida per reprimere il movimento giacobino. Egli impose tasse altissime ai nobili del luogo e riuscì a convincere molti cittadini a seguirlo nella sua spedizione napoletana.Vi furono anche maidesi che difesero la capitale della Repubblica Partenopea (Gregorio Vitale, Giuseppe Farao, Luigi Fabiani). Luigi Fabiani difese il Ponte della Maddalena. A Maida, il 23 agosto del 1806, fu riconosciuto da sanfedisti e ucciso nella contrada Pesipe.
In questi anni, tra la fine del Settecento e gli inizi dell'Ottocento, sorsero numerosi palazzi, alcuni dei quali, secondo alcune fonti, furono progettati da Sintes, allievo diVanvitelli.
Durante il periodo dellacontro-rivoluzione borbonica, il 16 luglio1806, il territorio di Maida fu teatro di unabattaglia tra francesi ed inglesi, risoltasi in favore di questi ultimi.[10]
I nomi "Maida Hill" e "Maida Vale" aLondra prendono origine da questa battaglia.
Il ritorno dei Francesi a Napoli segna la fine del sistema feudale.C'è una riforma amministrativa e Maida diventa capoluogo di un circondario che comprende tutti i territori dell'ex feudo.
Il 29 agosto del 1860 i maidesi assistettero al passaggio diGiuseppe Garibaldi: egli si affacciò dal balcone di palazzo Farao per annunciare "la disfatta di diecimila borbonici", come ricorda la lapide posta su quel palazzo, nel 1945 passato in eredità alla famiglia Ciriaco.Il primo Presidente del Consiglio Provinciale della Calabria Ultra 2a, nel 1861, è stato un maidese, Sebastiano Fabiani.[11] Dopo l'Unità d'Italia, Maida visse gli stessi problemi economici e politici degli altri paesi del Sud. È stato tuttavia uno dei primi comuni del Mezzogiorno d'Italia ad avere la condotta di acqua potabile, nel 1888. La terra era nelle mani di pochi latifondisti e l'unica risorsa era l'artigianato. Alla fine dell'Ottocento iniziò l'emigrazione che continuò per tutto il Novecento, con le uniche interruzioni durante la prima e seconda guerra mondiale e gli anni vicini.
Nel1903 il comune acquista e demolisce la chiesa di San Michele Arcangelo,[12] su quel terreno verrà edificato nel 1930 il monumento ai caduti.Durante il periodo fascista furono podestà di Maida Pietro Bilotta, dal 1927, e Nicola Votta, dal 1938, dopo essere stato commissario prefettizio nell'anno precedente.Nel1944, sindaco il generale Ferdinando Fabiani, venne istituita una "Scuola Ginnasiale" con il contributo di diversi cittadini.Nel1951 venne inaugurata l'agenzia della Cassa di Risparmio di Calabria e di Lucania.Nel1953 il paese subì la devastazione di un'alluvione, che innescò una nuova ondata di emigrazione.[5]
Lo stemma del comune di Maida è stato concesso con decreto del presidente della Repubblica del 2 agosto 1982.[13]
«Stemma d'oro, alla figura di donna vestita di bianco, crinita di nero, impugnante con la destra unaspada d'argento, postain palo, e con la sinistra un pane. Ornamenti esteriori di Comune. Motto:Maida che lo suo pan difende.[14]»
(D.P.R. 2 agosto 1982)
Il gonfalone è un drappo troncato di verde e di bianco.
Anticamente era una chiesa di rito greco, era punto di riferimento dei monaci basiliani, che vivevano nelle "Laure". Il titolo di "Cattolica" è proprio dovuto al fatto che i monaci la chiamavanokatholikon. La chiesa mantenne la pianta a croce greca, probabilmente fino al 1783, quando fu distrutta da un terremoto. I maidesi vollero ricostruire la chiesa nella configurazione attuale. La chiesa sorge ora su dei contrafforti ottenuti da un antico palazzo baronale.[15] Nei secoli XVII e XVIII Maida era residenza estiva delvescovo di Nicastro, la chiesa di Santa Maria Cattolica è riportata come cattedrale almeno dal 1565.[16]Fino al terremoto del 1905 la chiesa era dotata di una torre campanaria, definitivamente demolita nel 1930;[15] tale torre era originariamente usata per avvistamenti dal mare.[17]Contiene affreschi dipinti da Zimatore e Grillo, tra cui il Cristo Re, situato nel catino absidale, e i Quattro Evangelisti, situati ai quattro pennacchi della cupola. Sulle pareti iniziali delle due navate laterali si trovano due affreschi di Andrea Cefaly: "Gesù tra i dottori" e "Lasciate che i pargoli vengano a me".Il sagrato, che domina lapiana di Lamezia Terme, è caratterizzato da una pavimentazione in pietra e mattoni, scoperta e restaurata agli inizi degli anni 2000. Tale sagrato appoggia sulla sottostante chiesa di San Sebastiano.
Una lapide sulla facciata, sopra il portone, ricorda i restauri avvenuti nel 1638 su commissione di Marcantonio Loffredo. Sopra di essa vi è una nicchia contenente una statua del santo realizzata nel 1955.Contiene il quadro di San Nicola, si tratta di una trasposizione del XVII secolo dell'iconografia bizantina del santo.
Nel paese sono ancora presenti i ruderi dell'anticocastello. Esso era di forma quadrata con quattro torri agli angoli.[17] Di una delle torri orientali è ancora ben distinguibile il corpo, anche se parzialmente nascosto da costruzioni moderne. È stato sede di una prigione, di cui esistono ancora alcune celle e la scala in ardesia. Il castello è stato, negli anni cinquanta, circondato da costruzioni moderne, che in parte lo nascondono.[7] Il castello e Maida erano rifornite d'acqua attraverso un acquedotto, di cui fa parte l'arco di Sant'Antonio, restaurato negli anni novanta. Il paese era così attraversato da un corso d'acqua che alimentava un mulino con abbeveratoio all'entrata nord dell'abitato.
Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2022 la popolazione straniera residente era di 516 persone. Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano:
Ogni anno, il 2 aprile, si festeggia nei ruderi del convento dei Padri Minimi, la Ciciarata. Dopo la messa vengono distribuiti gratuitamente pasta e ceci ai fedeli, in ricordo della carità del santo patrono; la comunità di origine maidese adAmbler continua la tradizione[7] insieme ad altre comunità di emigrati nel mondo. Negli anni in cui il 2 aprile cade durante la settimana santa, la festa viene posticipata.
Insegna bilingue italiano/albanese a Vena di Maida
Del territorio di Maida fa parte la località Vena di Maida (Vjna inlingua arbëreshe), originariamente Calabritti.[7] Il 4 maggio del1831, col decreto istitutivo dei Comuni e dei Circondari, si stabiliva il Comune di Vena. Il 14 ottobre del1839 Vena era assegnata come frazione al Comune di Maida.[19]
Il paese fu fondato nel verso la fine delXV secolo da una comunità albanese (arbëreshë), venuta inCalabria, probabilmente, dopo la morte di Scanderbeg (1468), la caduta di Kruja (1478) e la caduta di Scutari (1479) quando si ebbe la quasi definitiva sottomissione dell’Albania all’Impero ottomano. Tra questi fuggiaschi albanesi è probabile che ci fossero molti di coloro che avevano combattuto contro gli ottomani e che meno degli altri si rassegnavano a vivere sotto questi padroni, oppure che temevano per la loro vita proprio per aver militato nelle truppe di Scanderbeg.[20] Secondo quanto sostenuto daGiovanni Fiore da Cropani, l’origine degli insediamenti albanesi di Calabria risale a qualche decennio dopo la morte di Scanderbeg, quando, con l’invasione dell’Albania da parte degli ottomani, molti albanesi fuggirono.[21]
Secondo lo storico Gaetano Boca, Vena di Maida sorse in località "Castiglione Calamizza", nelle vicinanze dell’omonimo casale. Con il tempo la nuova sede fu poi stabilita su un lembo del "Giardino del duca", tra le contrade "Katropé" e "Bari i zi".[22] Questi erano territori che, al momento dell’arrivo degli albanesi appartenevano alla famiglia Caracciolo.[23] I nuclei albanesi di Vena unitariamente a quelli insediati aZangarona vegliavano sulle mosse del conte Caracciolo e altri elementi dello stesso casato che avevano terre e castelli nei territori che vanno daGirifalco a Maida, aCuringa e in tutto il Lametino.[senza fonte]
Particolarmente noto per la magnificenza dei suoi costumi il paese fu visitato, nei secoli scorsi, da numerosi viaggiatori, tra cuiHenry Swinburne,Craufurd Tait Ramage,Rilliet eAlexandre Dumas.Quest'ultimo gli dedicò un intero capitolo nel suo "Viaggio in Calabria" e lo cita in "Luisa Sanfelice".Anche lo scrittore contemporaneoCarmine Abate, ispirandosi al libro di Dumas, situa nella località lo svolgimento del suo romanzo "Tra due mari". Tuttora abitata dai discendenti di soldati albanesi, si è perso da secoli ilrito greco-bizantino, ma è mantenuta lalingua albanese, tratto essenziale della minoranza etnica. Vi rimangono inoltre i costumi tradizionali albanesi, simili a quelli diCaraffa di Catanzaro, che vengono conservati da alcune famiglie e usati, anche se solo in rare occasioni. Nella frazione Vena si trovano due architetture religiose:
laChiesa Arcipretale di Sant'Andrea Apostolo (Klisha Kryepriftërore e Shën Ndreut): Si trova nella Piazza principale del paese e le sue fonti storiche risalgono alla metà del XVIII sec. Le notizie storiche si fermano all'episodio della visita del Vicario Apostolico della diocesi di Nicastro Paolino Pace risalente al 1769. La Chiesa è costituita da una navata centrale, in fondo alla quale è situato l’altare maggiore, sul quale si innalzano due colonne laterali che sostengono una nicchia, dove viene conservata la statua del PatronoSant'Andrea Apostolo. All’interno della chiesa vi sono altri due altari minori uno sul lato destro, contenente una nicchia, dove si trova la statua dell’Immacolata Concezione, e uno sul lato sinistro dove si trova la statua del Sacro Cuore. Più in fondo, sempre sul lato sinistro, quasi vicino all'altare maggiore, si trova una nicchia nella quale è situata la statua diSan Francesco di Paola. In una teca è contenuta la statua dellaMadonna di Bellacava risalente all'Ottocento. L’ultimo restauro della Chiesa risale al 1992; prima del restauro, sul fondo dell’abside, esisteva un affresco che raffigurava la Crocifissione di S.Andrea, opera del pittore Gioacchino Alemanna. All'esterno la chiesa si presenta con una facciata di stile del tardo Seicento costituita da un’alzata superiore, dove si trovano due nicchie vuote al centro delle quali si trova una finestra di forma rettangolare. Il Santo Patrono viene festeggiato in novembre.
ilSantuario della Madonna di Bellacava (Klisha Nderma e Belakavës): Si trova in località “Croce”. È una chiesetta a pianta di croce latina sormontata da una piccola cupola cui si accede tramite un portone ad arco. All’interno, si trova un'unica navata in fondo alla quale è situato l’altare maggiore in cui è custodita una copia della statua della Madonna poiché l'originale è alla chiesa parrocchiale. A questo Santuario sono legate diverse leggende popolari. La più nota narra che apparì in una cava ad un pastore, col desiderio di essere portata in paese, poiché la cava era fuori dal centro abitato, ma il pastore non le diede ascolto. Apparì poi nello stesso luogo a dei cacciatori esprimendo lo stesso desiderio e lo dissero al parroco. Quest'ultimo suonò le campane a festa, e la prima domenica di settembre arrivò la statua della Madonna nella chiesa di S. Andrea. Una notte, venne in sonno ad una donna del paese e la accompagnò fino alla località Croce, e le disse: "Tu 'cca m'ha costruiri 'a casa mia ca pua ti pagu" ("Tu qui devi costruire la mia casa 'ché poi ti pago). E la costruì. Poi apparve in sogno ad un'altra donna chiedendole di costruire una piccola edicola votiva nella "cava" (luogo dell'apparizione). Terminati i lavori di costruzione dell'edicola e della chiesa, era arrivato il momento di restaurare la statua, perciò i maidesi decisero di portarla a Maida per restaurarla, ma durante il tragitto divenne sempre più pesante, mentre per arrivare a Vena era sempre più leggera. Perciò venne restaurata a Vena. Questo fu segno che la Vergine non voleva lasciare il suo amato paese. Inoltre preservò Vena, durante laprima guerra mondiale e laseconda guerra mondiale, dalla distruzione che volevano effettuare i Tedeschi. All'improvviso si mise a piovere così forte e ci fu la nebbia con la quale non si poté vedere niente, perciò i Tedeschi non poterono entrare in paese e rinunciarono all'idea di distruggere Vena di Maida. Tutto merito della Santa Vergine secondo i venoti. Viene festeggiata la prima domenica dopo ferragosto.
In tutta la zona l'attività economica primaria è l'agricoltura; notevoli particolarmente glioliveti, gliagrumeti e le colture dikiwi; sono sorte alcune attività legate alturismo.
Un'attrazione è la veduta dall'alto delmonte Contessa (nel territorio diJacurso), dei due mari:Ionio eTirreno. Maida ha tre zone industriali e una moltitudine di attività: dal settore dell'arredamento (produzione), aidetersivi (produzione), all'industria alimentare e deitrasporti. In località Comuni Condomini, sorge il più grandecentro commerciale della Calabria, denominato "Due Mari".Negli ultimi anni sono stati realizzati un impianto eolico denominato “Piano Barone” per la produzione di energia, della potenza nominale di 96 MW, e le relative infrastrutture, ricadenti nei Comuni diSan Pietro a Maida e Maida.
La tradizione alimentare, nel paese, è molto viva: infatti permane l'uso di produrre in casa molti tipi di sott'oli, sott'aceti e insaccati, soprattutto di carne dimaiale. Prodotti tipici sono anche ilvino e l'olio.
^Il suo mandato si è interrotto il 26 gennaio 2007 a seguito delle dimissioni rassegnate dalla maggioranza dei consiglieri. Commissario prefettizio in carica: Aldo Calandriello
^Il suo mandato si è interrotto il 5 luglio 2024 a seguito delle dimissioni rassegnate dalla maggioranza dei consiglieri. Commissario prefettizio in carica: Costanza Pino
A. Dumas,Viaggio in Calabria, traduzione di Antonio Coltellaro -Rubbettino editore, 1996,ISBN 88-7284-445-2
A. Fabiani,La battaglia di Maida, nelCalabrese del 30 settembre 1846
R. Hopton,The Battle of Maida 1806 - Fifteen Minutes of Glory, Leo Cooper, 2002,ISBN 0-85052-845-3
Antonio F. Parisi,Il feudo di Maida, ed. Historica, Pinerolo 1958
Giancarlo Leone,Chiese di Maida, Calabria Letteraria Editrice, Soveria Mannelli, 2002, cod. 6.614(scheda), surubbettino.it.URL consultato il 19 dicembre 2022(archiviato dall'url originale il 19 giugno 2007).
Giuseppe Barone,Màida, Tipografia Emilio Naldi, Firenze, 1942
F. De Fiore,Monografia di Maida, Tipografia F. Bevilacqua, Nicastro, 1894 (collocazione CAL 945.781 DEF, Biblioteca Comunale "Pietro De Nava", Reggio Calabria)
Marcantonio Votta,Maida Personaggi e Storia, Tipografia Costanzo, Lamezia Terme, 1997
G. Ammendola,Il feudo calabrese di Maida fra riforme e restaurazione, Edizioni Polistampa, Firenze, 1997
G. Colistra,Maida chiese monumenti folclore, Tipolitografia Frama Sud S.p.A., Chiaravalle Centrale, 1985
R. Spadea (a cura di),Museo Archeologico Lametino, Edizioni ET, Milano, 2002
Associazione Pro-Loco - Maida, G. Colistra (a cura di), "Atti del Convegno di Studi 'Archivi e storia di Calabria: strutture, documentazione, prospettive' Maida- 27-28 giugno 1981", Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, 1987
Associazione Pro-Loco - Maida, G. Colistra (a cura di) "Aspetti e momenti della storia di Maida in Calabria", BATAL, Lamezia Terme, 1983
Giovanni Fiore da Cropani,Della Calabria Illustrata Opera Varia Istorica, Tomo 3, a cura di Ulderico Nisticò, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2001,ISBN978-88-49801-96-5.