Ilmaragià[1][2], meno comunementemaragia[1] (in sanscritoमहाराज,mahārāja,AFI:[mɐɦaːˈraːɟɐ],lett. "grandere"), è l'antico titolo utilizzato per i sovraniindiani. L'equivalente femminile èMaharani (oMarani,Maharanee,Maranee,Mahārājñī), titolo riservato alla moglie di un maragià o a una donna al vertice dello Stato. La vedova di un maragià è conosciuta comeRajamata[3].
Il termine deriva dalsanscritomahārajā, composto damahat (महत्), «grande», erājan (राजन्), «re». Entrambi i termini hanno origineindoeuropea:mahat (महत्) deriva dalproto-indoeuropeo *meĝḥ₂, da cui derivano anche ilgreco anticomégas (μέγας) e illatinomagnus, entrambi dello stesso significato;rājan (राजन्) è imparentato con il latinorex, all'accusativorēgem «re»[4][5]. Il termine è statoacquisito in molte lingue indiane, non necessariamente indoeuropee, come ad esempio intamil.
Si pensa che i primi a fregiarsi del titolo siano stati tra l'VIII e il IX secolo i sovrani buddhisti della dinastiaSailendra diGiava[6], dove si era diffusa la cultura indiana già da qualche secolo. In seguito i maharaja Sailendra furono espulsi da Giava e continuarono a regnare aSrivijaya, regno basato sullapenisola malese e aSumatra.
In India il termine in origine fu attribuito soltanto ai re che controllavano grandi regioni, ma dalMedioevo venne usato anche dai sovrani di piccoli territori, che si proclamavano discendenti degli antichi maharaja. In un secondo tempo si diffuse l'usanza dei grandi signori feudali di fregiarsi di tale titolo per dimostrare la propria autonomia dalla famiglia regnante. Il termine veniva ancora adottato dai nobili indiani anche sotto ladominazione britannica (dettaRaj britannico), seppur con un valore puramente sociale vista la perdita del potere politico.
Il rajā celebrava ilrajāsūya, un rito diconsacrazione del sovrano che, fra l'altro, gli ricordava che anche se egli fosse diventato il re più potente e la sua ascesa inarrestabile,Mṛtyu, il dio della morte, era sempre presente e doveva essere propiziato; era necessario posticipare al massimo l'«ultimo scalino», mantenere la regalità con preghiere, incantesimi e consegnare al re l'amuleto di legno diPalāśa –Butea monosperma – come quello che un tempo apparteneva agli dei, per assicurargli la lealtà dei vassalli e dei sudditi[9].
^(EN) Sultan Suluk Negara,The Maharlika Sulu Sultanate sovereign State, suMaharlika Sultanate of Sulu and North Borneo, and Territories as by Consanguinity.URL consultato il 25 settembre 2015.
^ Vanna Scolari Ghiringhelli,L'ultimo scalino, inLa Tigre di Carta, Corte dei Miracoli, 24 ottobre 2015,ISSN 2421-1214 (WC ·ACNP).URL consultato il 10 giugno 2016.