Divenne nelXII secolo proprietà dellachiesa di Milano. Passò poi nelle mani di importanti famiglie nobili lombarde; insieme a Basiasco, Corno Giovine, Cornovecchio, Pizzighettone Maleo e Maccastorna costituì il territorio su cui la famiglia Vincemala (Vismara) esercitò ilmero et mixto imperio.
Nel 1448Francesco Sforza fece giungere daCremona con dei grossi carri diverse imbarcazioni per creare un ponte sull'Adda a Maccastorna[5].
Successivamente passò alla famigliaBevilacqua, che mantennero il maniero fino alXIX secolo.
Lo stemma comunale e il gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 10 aprile 1978.[6] Lo stemma è uno scudoinquartato: nel 1º unpavone in campo d'oro, nel 2º di rosso e nel 3º di verde pieno, nel 4º un castello diroccato di rosso su sfondo azzurro.
Il gonfalone è un drappo partito di giallo e di rosso.
Castello. Sorto fra i secoliXIII eXIV, è dunque l'edificio di maggior interesse. Esso conserva ancora il severo carattere difensivo, nonostante interventi avvenuti nei due secoli successivi.
Chiesa parrocchiale di San Giorgio. È probabilmente di origineduecentesca. Attualmente appare fortemente rimaneggiata dai restauri, avvenuti nel1912.
Maccastorna è il più piccolo comune della provincia di Lodi e l'11° tra icomuni meno popolati d'Italia (al 31 gennaio 2011), il meno popolato fra i comuni italiani situati in pianura.
È posto al centro di terreni molto fertili, grazie anche a una serie di bonifiche fatte durante glianni venti delXX secolo: basa perciò la propria economia sulla coltivazione dei campi, che consente stabile lavoro per la popolazione.
Importanti sono le colture dimais e prati, soprattutto in funzione dell'allevamento, da quello dei tori da carne a quello dei bovini da latte; sono presenti anche un'azienda suinicola e un allevamento di fagiani.
Dal1980 un ponte sull'Adda mette in comunicazione il territorio di Maccastorna con la sponda cremonese del fiume.
^Il toponimo è stato latinizzato come Macesturna inAntonii Bevilaquae Macesturnae comitis carmina, ad ... Bonifatium cardin. Bevilaquam eius filius, Ferrariae, apud Franciscum Sucium, 1620.