Luisa Ferida, pseudonimo diLuisa Manfrini Farnet (Castel San Pietro Terme,18 marzo1914 –Milano,30 aprile1945), è stata un'attriceitaliana.
Fu una delle più note attrici delcinema italiano nel decennio 1935-1945 e fu la protagonista più pagata di tale periodo.[1][2] L'attrice era celebre comediva cinematografica e viene ricordata per la sua tragica morte.[3] Infatti, subito dopo laGuerra di liberazione italiana,conseguentemente a un processo sommario fatto da alcuni partigiani poiché accusata di partecipazione aicrimini di guerra e alletorture della cosiddetta "banda Koch", fatti per i quali fu poi ritenuta innocente nel dopoguerra (come provato dallaCorte d'appello di Milano). Fu fucilata con il convivente, l'attore e membro dellaX Flottiglia MASOsvaldo Valenti, Al momento dell’esecuzione Luisa Ferida era incinta, quando trovarono il cadavere in mano stringeva ancora la scarpina azzurra del figlioletto mancato qualche anno prima.[senza fonte]
Nacque aCastel San Pietro Terme, inprovincia di Bologna, il 18 marzo 1914. Iniziò la sua professione inteatro con le compagnie diRuggero Ruggeri ePaola Borboni, dopo esordì sul grande schermo con il filmFreccia d'oro (1935) diPiero Ballerini eCorrado D'Errico. Si mise in evidenza quasi subito, interpretando numerosi film di registi minori, che le dettero però visibilità e successo di pubblico; nel 1937 si fidanzò con ilproduttore cinematograficoFrancesco Salvi, che poi morì ditumore.[3][4] Fra il 1937 e il 1938 costituì una coppia cinematografica di successo conAmedeo Nazzari, col quale interpretòLa fossa degli angeli,I fratelli Castiglioni eIl conte di Bréchard.
Quando venne richiesta daAlessandro Blasetti per il filmUn'avventura di Salvator Rosa (1939), era già una giovane attrice conosciuta e apprezzata, ormai pronta per il salto di qualità. InUn'avventura di Salvator Rosa interpretò il ruolo della contadina Lucrezia, ponendosi all'attenzione della critica e del grande pubblico. Il film di Blasetti la proiettò rapidamente verso un orizzonte divistico di rilievo, permettendole di mettere in evidenza il suo temperamento grintoso e la sua recitazione asciutta e nervosa.
L'incontro tra l'attrice e il collegaOsvaldo Valenti, al quale l'artista si legò sentimentalmente, avvenne sul set del film diretto da Blasetti nel 1939 e coincise con il periodo di maggior successo della sua carriera. I registi più popolari dell'epoca iniziarono a offrirle ruoli sempre più importanti. Negli ultimi anni, la Ferida era apprezzata come attrice di grande sensibilità interpretativa e di notevole maturità espressiva:lo notò l'attriceElsa De Giorgi[assenza di fonti e non contestualizzata] durante la lavorazione del filmLa locandiera (1944) diLuigi Chiarini. Vanno ricordate le sue interpretazioni nei filmLa corona di ferro (1941) diAlessandro Blasetti,Fedora (1942) diCamillo Mastrocinque,Fari nella nebbia (1942) diGianni Franciolini, per il quale fu premiata come miglior attrice italiana del 1942,Gelosia (1942) diFerdinando Maria Poggioli eLa bella addormentata (1942) diLuigi Chiarini.
Durante la convivenza con il suo collega attore, l'attrice nel 1942 partorì il primogenito Kim Valenti, che morì aBologna cinque giorni dopo il parto perasfissia, poi nel 1944 non riuscì a partorire per un aborto spontaneo e nel 1945 era gravida per la terza volta quando fu trucidata dai partigiani.[5]
Durante ilregime fascista i due attori non si erano pubblicamente manifestati per le loro posizioni politiche efamosa era, negli ambienti mondani romani, l'imitazione che Valenti faceva delDuce, suscitando l'ilarità generale, inoltre mai l'attrice prese la tessera delPNF così come il suo convivente[senza fonte]. A seguito dell'Armistizio, la Ferida e Valenti furono tuttavia fra i pochi divi delcinema dei telefoni bianchi - come viene abitualmente chiamato il periodo della cinematografiafascista - ad aderire allaRepubblica Sociale Italiana.
Lasciarono cosìRoma eCinecittà per trasferirsi alCinevillaggio, il nuovo centro cinematografico dellaR.S.I. diVenezia, sorto per volere del ministroFerdinando Mezzasoma, diventandone due dei più noti esponenti. Qui, insieme a Valenti, giròFatto di cronaca (1944), film diretto daPiero Ballerini, che fu il suo ultimo lungometraggio. Dopo si stabilirono per qualche giorno aBologna, dove la Ferida, che aspettava un bambino, desiderava andare a trovare la madre. Mentre si trovavano all'albergo "Brues", ebbe unaborto spontaneo. Valenti espresse il proprio dolore, scrivendo a un amico: «Non voglio più sentir parlare di arte e di cinema, e non mi voglio più recare nella Spagna dove pur ho un contratto vantaggiosissimo. Io sento che il mio dovere sarebbe di fare qualcosa di positivo per questo pezzo di terra che ancora ci rimane.»[6]
Nella primavera del 1944, i due si spostarono aMilano, dopo che Valenti era entrato col grado di tenente nellaX Flottiglia MAS comandata dal principeJunio Valerio Borghese. Come ufficiale di collegamento della Decima MAS, Valenti ebbe contatti con la famigerata banda diPietro Koch, ma in tali rapporti, secondo molti storici, rimase estranea la Ferida, che era ricoverata in ospedale, dopo un incidente automobilistico, proprio in quel periodo incriminato;[5][7] infatti altri confermano che la frequentazione diVilla Triste da parte della Ferida, nonché la sua presunta complicità con i torturatori di partigiani, sarebbero solo calunnie prive di fondamento[8].
Un'altra testimonianza di Carlo Corbella, ex militare decorato per lacampagna italiana di Russia, riportò un episodio piuttosto equivoco, che non trova peraltro ulteriori riscontri, il cui valore sta principalmente nel sostenere che l'attrice soggiornò per diversi giorni nella famigerata "Villa Triste"[9], ma non partecipò alle sevizie sui partigiani mentre sempre Corbella accusò una delle amanti di Koch, lasoubrette Daisy Marchi nonché la segretaria del capo della "banda" Alba Giusti Cimini, della partecipazione alle torture sui partigiani; entrambe le donne citate, secondo questa tardiva testimonianza, si spacciavano, talvolta con i prigionieri, per la celebre Ferida, approfittando della penombra delle celle e della somiglianza fisica della Marchi con Luisa[10][11]; la Marchi e la Cimini mai subirono conseguenze per la loro collaborazione[12].
Natalia Ginzburg, nella sua celebre opera del 1963Lessico famigliare, asserì che fu proprio la Ferida a condurre l'interrogatorio della sua amica Lisetta Giua, partigiana e moglie diVittorio Foa, incarcerata aVilla Triste di Milano e riuscita fortunosamente a scappare dalle grinfie dei fascisti[13].
Nei giorni immediatamente successivi allacaduta della Repubblica Sociale Italiana, l'attrice pagò con la vita la sua notorietà associata alla relazione amorosa con Valenti, che era stato combattente fascista nella X Flottiglia MAS e probabile frequentatore diVilla Triste a Milano, sede della banda Koch. A 31 anni, il 30 aprile 1945, Luisa Ferida nel suo quarto mese digravidanza,[14] fu fucilata daipartigiani in via Poliziano a Milano assieme a Valenti, dopo un processo sommario nel quale fu accusata dicollaborazionismo e soprattutto di essere collegata alla banda Koch: un interrogatorio fu fatto in una cascina vicino a Milano tra il 21 e 22 aprile, dopo che l'attrice raggiunse Valenti, il quale si era spontaneamente consegnato ai partigiani in qualità diprigioniero di guerra.[5] Labara fu sepolta sotto una lapide, che riporta il suo nome e cognome ossia Luisa Manfrini, assieme al compagno di vita e lavoroOsvaldo Valenti, nel Campo X dettoCampo dell’Onore delCimitero Maggiore di Milano, noto anche comecimitero di Musocco; le salme della coppia, portate al cimitero dopo la benedizione di un prete, furono riconosciute da Nelly Valenti, sorella di Osvaldo: i cadaveri avevano al petto ancora i cartelli infamanti, che inneggiavano a una sommaria giustizia eseguita, su imitazione del trattamento riservato ai cadaveri dei partigiani uccisi dai fascisti.[5]
Responsabile dell'esecuzione tramite fucilazione fuGiuseppe Marozin,[15] nome di battagliaVero, capo delladivisione Pasubio, in seguito imputato di vari altri crimini, fra cui omicidi a danno di partigiani e civili.[16] Nel corso del procedimento penale a suo carico per quel crimine, Marozin ebbe a dichiarare: «La Ferida non aveva fatto niente, veramente niente. Ma era con Valenti. La rivoluzione travolge tutti».[17] Marozin sostenne anche, per discolparsi, che l'ordine di procedere all'esecuzione di Ferida e Valenti fosse venuto direttamente dalC.L.N.A.I. nella persona diSandro Pertini, dichiarando: «Quel giorno - 30 aprile 1945 - Pertini mi telefonò tre volte dicendomi: "Fucilali, e non perdere tempo!"».[17] Sempre secondo Marozin, Pertini si sarebbe rifiutato di leggere il memoriale difensivo che Valenti aveva scritto durante i giorni di prigionia, nel quale erano contenuti i nomi dei testimoni a difesa e dei tanti partigiani aiutati, che scagionavano i due attori da ogni accusa, ma la fucilazione della celebre coppia era ormai decisa in una rappresaglia simbolicamente punitiva.[5] Questa ricostruzione è invero controversa, in quanto manca un ordine scritto, riscontrato invece in altri casi, come a esempio la fucilazione diBenito Mussolini, seppur emesso a esecuzione avvenuta.[15]
Dalla casa milanese di Valenti e Ferida, qualche giorno dopo la loro fucilazione, venne sottratto un autentico tesoro, del quale lo stesso Marozin, nel dopoguerra, ammise il furto, ma sostenendo di non ricordare dove tali beni fossero finiti: «Una parte fu restituita, credo, alla madre della Ferida,[18] il resto andò a Milano».[19]
Neglianni cinquanta la madre dell'attrice, Luisa Pansini, fece domanda alMinistero del Tesoro per ottenere una pensione di guerra, poiché la figlia innocentemente trucidata era pure la sua unica fonte di sostentamento, essendo Luisa figlia unica. Pertanto si rese necessaria un'accurata inchiesta da parte deiCarabinieri di Milano per accertare le reali responsabilità di Luisa Manfrini "in arte" Ferida, al termine della quale si concluse che «la Manfrini dopo l'8 settembre 1943 si è mantenuta estranea alle vicende politiche dell'epoca e non si è macchiata di atti di terrorismo e di violenza in danno della popolazione italiana e del movimento partigiano». La madre di Luisa Ferida ottenne la pensione di guerra comprensiva di arretrati.[20]
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