
Luciano Bianciardi (Grosseto,14 dicembre1922 –Milano,14 novembre1971) è stato unoscrittore,giornalista,traduttore,bibliotecario,attivista ecritico televisivoitaliano.
Contribuì significativamente al fermento culturaleitaliano nel dopoguerra, collaborando attivamente con varie case editrici, riviste e quotidiani. La sua operanarrativa è caratterizzata da punte di ribellione verso l'establishment culturale, a cui peraltro apparteneva, e da un'attenta analisi dei costumi sociali nell'Italia delboom economico, tanto che alla finzione narrativa si mescolano spesso brani saggistici che sfociano sovente nellasociologia.
La figura della madre non deve essere stata sempre positiva, se Bianciardi la ricorda anche con queste parole: «sono stato suo alunno, prima che figlio, per la bellezza di trentadue anni. È come avere una "maestra a vita", e le maestre a vita non sono comode»[1]. Adele Guidi, insegnante elementare, esigé infatti sempre dal figlio l'eccellenza negli studi, al punto da rendergli affannosi anche gli anni del liceo. Al contrario il padre, Atide Bianciardi, cassiere allaBanca Toscana, instaurò con lui un rapporto di parità, arrivando a chiamarlo "amico" fin da piccolo («e ogni volta ne ero orgoglioso»[2]).
Da bambino studiò violoncello[3], lingue straniere, ed era già un lettore accanito: a 8 anni (nel 1930) ricevette il libro che considerò sempre il suo preferito e che fu la fonte della sua passione per ilRisorgimento,I Mille diGiuseppe Bandi, storia dellaspedizione dei Mille raccontata dalla viva voce di ungaribaldino.
Frequentò il ginnasio e poi illiceo classico al Carducci-Ricasoli diGrosseto, vivendo però quegli anni di studio con notevole disagio, all'affannosa rincorsa del riconoscimento di "primo della classe", «senza peraltro capire niente di quello che studiavo. Laretorica imperversava anche nell'insegnamento dellaletteratura italiana».[4] Nel 1940, dopo la promozione alla terza liceo, tentò direttamente l'esame di maturità senza frequentare l'ultimo anno: lo passò in autunno, quando era ormai scoppiata laguerra, e a novembre si iscrisse allaFacoltà di Lettere e Filosofia di Pisa ed entrò nellaScuola Normale Superiore, dove continuò a studiare senza sosta.[2]
La sua breve esperienza universitaria nelLiberalsocialismo rimase una parentesi isolata:
(Luciano Bianciardi, da Cronologia a cura di Luciana Bianciardi, inLa Vita agra, Tascabili Bompiani, Milano, Bompiani, 2008.)
Alla fine del gennaio 1943 venne arruolato:
(Luciano Bianciardi, da Cronologia a cura di Luciana Bianciardi, inLa Vita agra, Tascabili Bompiani, Milano, Bompiani, 2008.)
OInfatti, dopo un rapido addestramento come allievo ufficiale, Bianciardi venne inviato in Puglia, dove fu testimone, il 22 luglio, di uno deibombardamenti di Foggia. Dopo l'armistizio di Cassibile si aggregò a un reparto britannico come interprete e risalì la penisola fino aForlì; quindi tornò a Grosseto nell'autunno 1944.[2]
A novembre partecipò al concorso riservato ai reduci per riprendere gli studi alla Normale, e nel febbraio del 1948 si laureò in Filosofia con una tesi suJohn Dewey.[2] Intanto nell'autunno del 1945 si era iscritto alPartito d'Azione: «mi pare però di poter dire che fu un altro tentativo di governo (l'ultimo?) della piccola borghesia intellettuale. Cadde per le contraddizioni interne e per l'incapacità ormai accertata del nostro ceto, privo di contatti con gli strati operai e quindi largamente disposto a tutti gli sterili intellettualismi ed alla costruzione gratuita di problemi astratti».[4] Quando il partito si sciolse nel 1947, provò una forte delusione, tanto da non iscriversi più ad alcuna organizzazione politica.
Sisposò con Adria Belardi ad aprile del 1948. A ottobre dell'anno successivo diventò padre per la prima volta, quando nacque il figlio Ettore:
((Luciano Bianciardi, da Cronologia a cura di Luciana Bianciardi, inLa Vita agra, Tascabili Bompiani, Milano, Bompiani, 2008.))
Fu professore di inglese in una scuola media, poi professore di storia e filosofia al liceo che aveva frequentato da giovane. Nel 1951 assunse la direzione dellaBiblioteca Chelliana di Grosseto, bombardata durante il conflitto e ulteriormente danneggiata dall'alluvione del 1944. In questa nuova veste lanciò il "Bibliobus", un furgone che portava i libri nella campagna, dove altrimenti non sarebbero mai arrivati. Si occupò anche di un cineclub, organizzò cicli di conferenze e dibattiti, partecipò conCarlo Cassola alla creazione del movimento diUnità Popolare e si schierò contro la "Legge truffa" del 1953. Cominciò un periodo di intense collaborazioni, inizialmente sulla stampa locale poi su testate più importanti, comeBelfagor eAvanti!, nel 1953 suIl Mondo, nel 1954 suIl Contemporaneo.
Insieme con l'attività dipubblicista, iniziò a interessarsi alle lotte operaie, e soprattutto ai minatori del grossetano. Con l'amico Cassola realizzò un'inchiesta per l'Avanti!,I minatori della Maremma, pubblicata in volume nel 1956 dall'editoreLaterza. L'inchiesta denunciò le dure condizioni di vita dei lavoratori e la povertà delle loro famiglie, che aveva conosciuto di persona, recandosi spesso con il suo Bibliobus nel paesino minerario diRibolla. Il rapporto con gli abitanti del paesino fu molto stretto e lo segnò profondamente quando il 4 maggio 1954 uno dei pozzi della miniera dilignite dellaMontecatini esplose uccidendo 43 lavoratori. Per Bianciardi la tragedia segnò la fine di questo periodo della sua vita: accettò infatti l'invito a trasferirsi a Milano in giugno per partecipare alla creazione di una nuova casa editrice, laFeltrinelli.[2]
Nel 1955, mentre cominciava a collaborare con altre testate (Nuovi Argomenti el'Unità), Bianciardi diventò padre per la seconda volta: nacque Luciana (anche lei figlia di Adria Belardi), che sarebbe stata la prefatrice di alcuni suoi volumi, impegnandosi per il riconoscimento del valore dell'opera del padre, spesso negata dalla critica. Sempre in quell'anno fu raggiunto a Milano dalla compagnaMaria Jatosti, e toccò con mano il mito del boom economico, del quale iniziò a constatare le contraddizioni.
L'anno successivo uscìI minatori della Maremma, l'inchiesta scritta in collaborazione con Cassola sui minatori diRibolla; intanto per Feltrinelli tradusse in pochi mesiIl flagello della svastica di Lord Russell di Liverpool, secondo titolo della neonata casa editrice.Il flagello della svastica fu la sua prima traduzione vera e propria: da questo momento tradurre divenne la sua professione. Trovò piacere, tra le tante pagine da tradurre, dal lavoro sugli scrittori statunitensi:Jack London,William Faulkner,John Steinbeck eHenry Miller. Di quest'ultimo tradusseTropico del Cancro eTropico del Capricorno.
Nel 1956 Bianciardi fu licenziato dalla Feltrinelli per scarso rendimento, ma i rapporti con il vecchio datore di lavoro restarono buoni. Nel 1957 uscì per FeltrinelliIl lavoro culturale, primoromanzo di Bianciardi, di ispirazione scopertamente autobiografica, nel quale si racconta con tenueironia la formazione di un giovane intellettuale di provincia tra il secondo dopoguerra e gli anni della ricostruzione.
Nel 1958 Bianciardi diventò padre per la terza volta: Marcello (figlio di Maria Jatosti) fu il nome del suo secondo figlio maschio.
Nel 1959 pubblicò perBompianiL'integrazione. Anche questa opera è di ispirazione autobiografica e tratta ironicamente del conflitto di un intellettuale di provincia con l'ambiente e i modi dell'industria editoriale milanese.
Nel 1960, dedicando come era sua abitudine solo il fine settimana alla suascrittura, si staccò dalla precedente vena pubblicando unromanzo storico di ambientazione risorgimentale:Da Quarto a Torino. Breve storia della spedizione dei Mille.[2] Questo fu il primo di una serie di romanzi in cui reinterpreta fatti e personaggi dell'Unità, contrapponendo agli eventi raccontati dalla storia la realtà concreta dei comportamenti degli uomini in carne e ossa, e ribalta nell'Ottocento alcune realtà dell'Italia a lui contemporanea.
Nel 1962 Bianciardi, continuando il filone iniziato conIl lavoro culturale, pubblicò perRizzoli il romanzo che rimane il suo capolavoro,La vita agra: in esso esprime la sua rabbia verso quel mondo e quella società che definiva "economicamente miracolose". Il romanzo narra la storia di un anarchico che voleva far saltare il palazzo dellaMontecatini.[2] Ottenne subito un successo amplissimo sia di critica che di pubblico (5 000 copie vendute in una decina di giorni) e rese in pochi mesi Bianciardi uno scrittore famoso.
Il romanzo si inserisce ne La “trilogia della rabbia” (“Il lavoro culturale”, “L’integrazione”, “La vita agra”): è il percorso di un irregolare, capace di vedere la diseducazione sentimentale prodotta dal miracolo economico. «Il protagonista della Vita agra non riesce ad essere un contestatore sessantottino ante litteram, perché è, anch’egli, un individualista, alla ricerca di un gesto esemplare e non di una coscienza collettiva[5]».
LaRai lo andò a intervistare a casa sua, a Milano, in via Domenichino 2; il regista televisivoLuigi Silori girò un servizio nel quale Bianciardi leggeva la pagina del romanzo che descriveva la sua uscita mattutina per il caffè e le sigarette, straniero in quella città, mentre scorrevano immagini dellaMilano degli anni sessanta, accompagnate dalla musica jazz diBenny Carter[6]. Il programma ispirò il registaCarlo Lizzani, che nel 1964 diresseUgo Tognazzi nellatrasposizione cinematografica del romanzo, alla cui sceneggiatura partecipò lo stesso Bianciardi che nel film appare in un brevecameo.
Nello stesso periodo e sempre per la Rai, Bianciardi fu intervistato daGiorgio Bocca come conoscitore della vita notturna milanese e degli ambienti frequentati dalla malavita: in particolare dello sferisterio dove si giocava apelota, citato anche nel romanzo. Il giro per promuovereLa vita agra lo prostrò moralmente: la meccanicità della sceneggiata che ogni volta doveva riprodurre per il pubblico finì per mortificarlo e Bianciardi si rifugiò quindi nuovamente nel lavoro di traduttore.
Rifiutò una collaborazione fissa alCorriere della Sera, ma accettò di scrivere perIl Giorno, sodalizio che durò fino al 1966. Nel 1966 pubblicò per ABC, settimanale sostenitore delle battaglie civili dell’epoca, sei “lezioni” a puntate per giovani senza talento e che aspirano a una carriera folgorante. Sei “stanze” provocatorie riunite in un volumetto dal titolo “Non leggete i libri, fateveli raccontare” pubblicato nel 2022. Poi la svolta definitiva: abbandonò il genere che gli aveva dato la fama e recuperò il Risorgimento con il romanzoLa battaglia soda, che uscì nel 1964 perRizzoli. Nello stesso anno si trasferì aSant'Anna di Rapallo, inprovincia di Genova, dove cominciò a chiudersi in sé stesso. Fermo nell'intento di non prendere più in mano il filone dell'"incazzato", si dedicò a un lavoro meno entusiasmante, come egli stesso ricorda: «Sto lavorando, ma per la pagnotta... devo ricominciare a lavorare perIl Giorno, che io speravo di evitare, per diversi motivi, collaboro aLe Ore, tutta roba che non mi piace molto, ma che altro vuoi fare? Leggo parecchio, la sera, un po' di tutto... E facciamoci coraggio».[4] Ampliò le sue collaborazioni con riviste non intellettuali:Kent,Executive,Playmen, ilGuerin Sportivo eABC, dove tenne una delle prime rubriche di critica televisiva,TeleBianciardi.
Nel frattempo, nel 1969, uscì perRizzoliAprire il fuoco, con il quale concluse la sua epopea dicritica sarcastica del mondo intellettuale in cui visse, in forma più matura e con un vago presentimento di conclusione. Dello stesso anno sonoDaghela avanti un passo! (pubblicato daBietti) eViaggio in Barberia (edito daEditrice dell'Automobile), quest'ultimo scritto quando l'alcol era già entrato a far parte della sua vita. TradusseIl piccolo grande uomo diThomas Berger (1964), che Rizzoli pubblicò nel 1971.
Nel 1970 tornò a Milano, ma la sua dipendenza dall'alcol, ormai grave, lo spense prematuramente a 49 anni non ancora compiuti, il 14 novembre 1971.
Nel 1972 esce postuma la sua ultima opera,Garibaldi (Arnoldo Mondadori Editore), avvincente biografia del condottiero italiano.
Dopo un periodo di oblio pressoché totale, nel 1993 la biografia diPino Corrias,Vita agra di un anarchico, edita daBaldini & Castoldi, ne riportò in auge l'opera.
Un secondo tentativo critico per salvare l'autore grossetano dall'oblio fu condotto daISBN Edizioni e daExCogita (la casa editrice fondata da Luciana Bianciardi, figlia dello scrittore) con la pubblicazione, nel dicembre 2005, del primo volume della sua opera omnia intitolata emblematicamenteL'Antimeridiano, in polemica con la rinomata collana "I Meridiani" diMondadori, che propone raccolte dei maggiori autori della letteratura di tutti i tempi. Nel gennaio 2008 un secondo volume raccolse l'intera sua produzione giornalistica.
Ilfondo Bianciardi Luciano è costituito da materiale documentario ed è una raccolta interamente realizzata dalla Fondazione omonima, nata nel 1993 a Grosseto. I libri e le riviste sono stati in gran parte acquistati ricorrendo al mercato antiquario, in piccola misura sono donazioni di parenti, amici, conoscenti e appassionati dell'autore. Del fondo fanno parte anche una piccola serie di materiali fotografici e numerosi materiali audiovisivi.[8]
I numerosi racconti di Bianciardi, scritti in un periodo che va dal 1956 fino alla morte e pubblicati su varie riviste e giornali, sono stati raccolti dopo la morte dell'autore ed editi secondo una scelta editoriale prima da Rizzoli, con il titoloIl peripatetico e altre storie (1976), e poi daBompiani con il titoloLa solita zuppa e altre storie (1994). I racconti completi, in ordine cronologico di stesura, sono stati pubblicati per la prima volta nel 2005 daIsbn Edizioni ed ExCogita nel volumeL'Antimeridiano. Nel 2017 un racconto di Bianciardi è comparso nel volumeMeccanoscritto, del Collettivo MetalMente,Wu Ming 2 e Ivan Brentari (Edizioni Alegre). Una versione non censurata del raccontoLa solita zuppa è uscita nel 2022 per ExCogita con il titoloImputati tutti. «La solita zuppa»: Luciano Bianciardi a processo.[9]
I diari giovanili scritti tra il 1939 e il 1946 sono rimasti inediti fino al 2005, quando gli eredi Luciana ed Ettore Bianciardi ne hanno concesso la pubblicazione, e sono stati inseriti nel primo volume dell'opera omniaL'Antimeridiano. Soltanto i tre braniQuello strano viaggio (storia quasi metafisica),Parliamo ancora di me eIncontro in tre tempi erano stati inseriti nella raccolta di racconti del 1994 di Bompiani,La solita zuppa e altre storie, pur non essendo dei veri e propri racconti.
La lista che segue elenca tutte le edizioni delle opere di Bianciardi tradotte in altre lingue.
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