Nacque in un'antica famiglia veneziana di un certo prestigio, ma la morte del padre, Fantino, quando egli aveva solo due anni, rese, a quanto sembra, particolarmente precaria la vita per lui e per i suoi tre fratelli (Daniele, Angelo e Agostino), e questo spiegherebbe la sua notevole attività editoriale, in gran parte legata alla necessità di sopravvivere.
Non si conservano molti elementi biografici certi. Si sa che frequentò loStudio di Padova grazie al mecenatismo delle famiglieLoredan eCornaro,[2] e che sposò una teatrante, Polonia (probabilmente conosciuta in occasione delle rappresentazioni delle sue opere teatrali), da cui ebbe due figli: una femmina e un maschio di nome Marcello. È dibattuto se nutrisse o meno simpatie per lariforma protestante, che in quegli anni godeva di un certo consenso aVenezia, in particolare pressoGabriele Giolito, un editore con cui il Dolce collaborò a lungo e intensamente come traduttore, curatore e scrittore (a Venezia, oltre che con il Giolito, Dolce collaborò con numerose officine tipografiche, tra cui quella di Manuzio e dei fratelli Sessa). Il Dolce era in rapporti con lo scrittore e attivista del movimento riformatoreLucio Paolo Rosello e con il marcheseBonifacio d'Oria, fieramente luterano, entrambi condannati dalSant'Uffizio[3]. Anch'egli subì due processi presso il Sant'Uffizio (1558 e1565) - rispettivamente in quanto curatore deiDialogi di Secreti della Natura diPompeo della Barba e per aver usato ilDe statu religionis et reipublicae Carolo V Caesare, diJohannes Sleidanus, opera considerata eretica come quella di Della Barba -, ma ne uscì sempre assolto.
Dolce fu in contatto con i maggiori letterati dell'epoca ed ebbe legami con numerose accademie, tra queste l'Accademia dei Pastori Fratteggiani. Faceva parte, tra l'altro, del cenacolo diPietro Aretino. Si rese protagonista anche di polemiche interne agli ambienti culturali: le più celebri lo videro opposto rispettivamente al letterato beneventanoNiccolò Franco (colpevole di averlo messo in cattiva luce presso l'Aretino) e al viterbeseGirolamo Ruscelli, in relazione alle edizioni coeve delDecameron che i due eruditi diedero alle stampe nel medesimo anno (1552). Sono tratti di una personalità eccentrica che già aveva avuto modo di manifestarsi quando, nel 1537, era stato sorpreso a portare armi dopo mezzanotte, violando unaparte delConsiglio dei Dieci, e brevemente incarcerato.[4]
Benché le sue opere avessero un indubbio successo presso i contemporanei e quindi avessero un notevole smercio, sembra che questo non gli abbia mai procurato una vera ricchezza; quando morì, nel 1568, non lasciò alcun testamento. Venne sepolto nellachiesa di San Luca Evangelista.
Autentico poligrafo, la sua opera letteraria fu indefessa, al punto che in trentasei anni di attività si calcola abbia lavorato a 358 edizioni, anche se più di 250 non furono sue composizioni originali ma edizioni di testi altrui, traduzioni o traduzioni-edizioni. Nel centinaio di opere attribuitegli si calcolano comunque "29 testi storici, 25 opere linguistiche, 24 di argomento esoterico, 5 filosofiche e 1 religiosa" (Guidotti 2004:17-18), oltre a 19 opere teatrali (ivi: 54-55). Tra le sue traduzioni-rifacimenti è notevole l'adattamento in ottave delleMetamorfosiovidiane, che il Dolce pubblicò con il titoloLe Trasformazioni. Si segnala anche il rifacimento di due romanzi del ciclo deipalmerines (Palmerino ePrimaleone).[5]
Molti critici, pur elogiando la vastità del suo sapere e la ricchezza delle sue produzioni, gli rimproverano di non avere in definitiva mai raggiunto l'eccellenza in alcuno dei molteplici campi cui si applicò. La sua opera più conosciuta sono leOsservationi nella volgar lingua (1550), uno dei più importanti trattati di grammatica italiana del Cinquecento, di poco successivo alleProse della volgar lingua delBembo (1525), e a differenza di queste ultime, decisamente orientato a finalità divulgative e didattiche.
Dolce curò per Giolito l'edizione delDecameron (1552), delCanzonierepetrarchesco e dellaDivina Commedia, che fu il primo a definire "divina", nel frontespizio della pubblicazione (1555), mentre per Bindoni/Pasini lavorò all'edizione dell'Orlando Furioso.[6]
Fabritia, commedia (1549): interessante sia per brillantezza dei tipi, sia per l'acutezza e la profondità dell'intreccio, utilizzante elementi di influenzaplautini eterenziani.
Giocasta, tragedia (1549)
Libri delle osservationi nella volgar lingua (1550): in questa opera accosta le teorie ed i concetti delBembo sulla lingua volgare, contraddicendo invece quelle diDante.
L'Aretino oDialogo della pittura (1557): vi viene aspramente criticato ilGiudizio Universale diMichelangelo, tacciato di "sconvenienza", e per estensione viene criticato il mito michelangiolesco, contrapponendogli quello diRaffaello, ritenuto maggiormente "conveniente". Il dialogo nel suo complesso si configura come una critica serrata allapittura manieristica ed è il primo scritto in cui il termineManiera, assume carattere negativo: questa viene accusata di essere troppo oscura, di prediligere figure allungate e con una grandissima varietà di modi psicologici, e soprattutto di essere un'arte per élite culturali, che taglia fuori il popolo dei devoti; dobbiamo considerare che il dialogo venne scritto negli anni dellaControriforma, quando la gerarchia ecclesiastica chiedeva agli artisti immagini semplici, chiare e con un certo grado di realismo, atto a muovere a devozione le masse dei fedeli. Dolce difese l'impostazione classicista per l'ispirazione e la riproduzione della natura, un decoro di matrice letteraria e gli elementi armoniosi e statici del primoRinascimento.
Lodovico Dolce,I quattro libri delle Osservationi, edizione a cura di Paola Guidotti, Pescara, Libreria dell'Università Editrice, 2004
Lodovico Dolce,Terzetti per le «Sorti». Poesia oracolare nell'officina di Francesco Marcolini, edizione e commento a cura di Paolo Procaccioli (Ludica: collana di storia del gioco, 6), Treviso-Roma, Fondazione Benetton Studi Ricerche-Viella, 2006
Lodovico Dolce,Tieste, edizione e note a cura di Stefano Giazzon, Torino, RES, 2010 (ISBN 978-88-85323-58-2)
Lodovico Dolce,Marianna, edizione e note a cura di Susanna Villari, Torino, RES, 2011 (ISBN 978-88-85323-60-5)
Lodovico Dolce,Dialogo della instituzion delle donne, secondo li tre stati che cadono nella vita umana, a cura di Helena Sanson, Modern Humanities Research Association, Cambridge (UK), 2015 (ISBN 978-1-907322-24-2)
Lodovico Dolce,Fabritia, a cura di Chiara Trebaiocchi, Manziana (Roma), Vecchiarelli, 2015
Lodovico Dolce,Ecuba, a cura di Stefano Giazzon, Lavis (TN), La Finestra Editrice, 2023
G. Romei, «DOLCE, Lodovico». In:Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. XL, Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana, 1991
P. Montorfani,«Giocasta», un volgarizzamento euripideo di Lodovico Dolce, in «Aevum», 80 (2006), pp. 717–739.
M.W. Roskill,Dolce's Aretino and Venetian art theory of the Cinquecento,University of Toronto Press, Toronto 2000
S. Giazzon,Il Thyeste(1543) di Lodovico Dolce, inLa letteratura italiana a congresso. Bilanci e prospettive del decennale (1996-2006), Lecce, Pensa Multimedia, tomo II, pp. 325–333
S. Giazzon,Venezia in coturno. Lodovico Dolce tragediografo(1543-1557), Roma, Aracne, 2011 (ISBN 978-88-548-4464-3)
S. Giazzon,Ladictio tragica di Lodovico Dolce fra classicismo e manierismo, «Rivista di Letteratura teatrale», 4 (2011), pp. 29–59
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S. Giazzon,Petrarca in coturno: sul riuso di Rerum vulgarium fragmentae Triumphinelle prime tragedie di Lodovico Dolce, «Italianistica. Rivista di letteratura italiana», XLIII, 1 (2014), pp. 31–45ISSN 0391-3368 (WC ·ACNP)
S. Giazzon,La maschera dell’ambiguità. Sull’Ifigeniadi Lodovico Dolce, «Per Leggere», XXVI, 1 (2014), pp. 63–90ISSN 1593-4861 (WC ·ACNP)
S. Giazzon,Il Sacripantedi Lodovico Dolce: un poema manierista, «Esperienze Letterarie», XL, 4 (2015), pp. 29–61ISSN 2036-5012 (WC ·ACNP)
Per Lodovico Dolce. Miscellanea di studi. I,Passioni e competenze del letterato, a cura di Paolo Marini e Paolo Procaccioli, Manziana, Vecchiarelli, 2016
A. Chiarelli,Il ‘Palmerino’ e il ‘Primaleone’ di Lodovico Dolce: fenomenologia amorosa, formalizzazione della guerra e semantizzazione delle morti, inLa letteratura italiana e le arti, Atti del XX Congresso dell’ADI - Associazione degli Italianisti (Napoli, 7-10 settembre 2016), a cura di L. Battistini, V. Caputo, M. De Blasi, G. A. Liberti, P. Palomba, V. Panarella, A. Stabile, Roma, Adi editore, 2018ISBN 978-88-907905-5-3
A. Ballerini,"L’innocente langue e ragion cerca invano". Il mito attraverso lo sguardo degli sconfitti nelle tragedie 'riformate' di Lodovico Dolce, Firenze, Edizioni CLORI, 2021ISBN 979-1280410009
S. Giazzon,"Il poema è di chi traduce, non di chi compone":l'estensione del dominio della traduzione. Note su Lodovico Dolce traduttore di Virgilio e Ovidio, in «Italique. Poésie italienne de la Renaissance», XXV, Fondation Barbier-Mueller, Genève, Droz, 2022, pp. 211–239ISBN 978-2-600-06443-9