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Lingua napoletana

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Disambiguazione – Se stai cercando il complesso dialettale, vediDialetti italiani meridionali.
Disambiguazione – Se stai cercando il vernacolo tipico dell'area metropolitana di Napoli, vediDialetto napoletano.
Napoletano
Napulitano[1]
Parlato inItalia meridionale, anticamenteRegno di Napoli (poiRegno delle Due Sicilie) e comunità di emigranti
Parlanti
Totale7 500 000[2]
Altre informazioni
ScritturaAlfabeto latino
TipoSVOflessiva -accusativa (ordine semilibero)
Tassonomia
FilogenesiLingue indoeuropee
 Italiche
  Romanze
   Italo-occidentali
    Italo-dalmate
     Italo-romanze
      Napoletano
Statuto ufficiale
Ufficiale inRegno di Napoli
(dal1442 al1501)[3]
Codici di classificazione
ISO 639-2nap
ISO 639-3nap (EN)
Glottologneap1235 (EN)
Estratto in lingua
Dichiarazione universale dei diritti umani, art. 1
Tutte 'e cristiane nasceno libbere e pare pe dignità e diritti; teneno cerevella e cuscienza e hann'a faticà auno cu n'ato cu nu spireto 'e fratellanza.
Manuale

Lalingua napoletana (anticamente dettalingua napolitana)[4] è unalingua romanza — appartenente al gruppoitalo-dalmata — attestata fin dalMedioevo nell'Italia meridionale.

Storia

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La lingua napoletana trae le proprie origini da un insieme più o meno omogeneo di antichidialetti italo-meridionali, noti in epocaalto-medievale con il nome collettivo divolgare pugliese;[5] tale denominazione storica derivava dalducato di Puglia e Calabria (comprendente in realtà vaste porzioni dell'Italia meridionale) che, inepoca normanna, gravitava suSalerno, non a caso definita "la capitale della Puglia"[6] in quanto sede principesca nell'ambito delregno di Sicilia.

Tuttavia, a partire dalXIII secolo, la parte peninsulare dell'Italia meridionale ebbe quale centro propulsore la città diNapoli, capitale dell'omonimo regno per oltre mezzo millennio (fino alXIX secolo), sicché, sotto il profilo linguistico, all'interno dell'area di diffusione delvolgare pugliese divenne via via più preponderante l'influsso della variante partenopea, che in origine doveva sostanzialmente coincidere con una forma antica deldialetto napoletano propriamente detto; quest'ultimo, alla stregua degli altri dialetti meridionali appartenenti al medesimocontinuum dialettale, avrebbe poi continuato ad evolversi per proprio conto nel corso dei secoli senza alcuna standardizzazione di base (analogamente a quanto avvenuto al dialetto fiorentino in rapporto alla lingua italiana, che pure trae origine da una sua forma antica).[7]

La rilevanza delpugliese "napoletano" andò affermandosi soprattutto a partire dal1442, quando, per volontà di reAlfonso V d'Aragona eI di Napoli,[8] il suddetto idioma, nella sua forma letteraria (strutturalmente distante dell'odiernovernacolo napoletano, presentando molteplici affinità col toscano e un cospicuo numero dilatinismi,[9] nonché, in minor misura, alcuni desueti prestiti lessicali diadstrato da altre continuità romanze),[10] andò a costituire lalingua ufficiale della cancelleria del regno alternandosi in tale ruolo con ilvolgare toscano[11] e sostituendo in alcuni contesti illatino,[3] pur conservando tale funzione per un periodo relativamente breve: fino al1501, quando, per volere degli stessi letterati locali dell'Accademia Pontaniana, venne progressivamente sostituito — e dal1554, per volontà diGirolamo Seripando, in modo definitivo — dal suddetto volgare toscano, ossia dall'italiano standard che, proprio dalXVI secolo, e in concomitanza con la trasformazione inviceregno del reame di Napoli, è usato come lingua ufficiale e amministrativa di tutti gliStati italiani preunitari[12] (con l'eccezione della parte insulare delRegno di Sardegna, ove l'italiano standard assunse tale posizione a partire dalXVIII secolo) e, successivamente, dell'Italia stessa.[13]

Anche dal XVIII secolo in poi, e in un contesto di già riacquistata autonomia e indipendenza politica delRegno di Napoli (divenuto a seguireRegno delle Due Sicilie), la lingua napoletana continuò a non godere di alcunostatus di ufficialità, dato che la funzione di lingua ufficiale e amministrativa del regno era ormai, già da tempo, svolta dalla lingua italiana; ciò nonostante, il prestigio storico-letterario e culturale della lingua napoletana sopravviverà assai più a lungo, andando ben oltre ilRisorgimento e l'unità d'Italia e, sotto molti aspetti, giungendo anche in epoca contemporanea.[14]

Alcuni studiosi moderni mettono però in dubbio l'esistenza di una "lingua napoletana" sovraregionale che accomunerebbe gran parte dell'Italia meridionale sia sul piano storico-linguistico, che su quello storico-politico e culturale e identitario,[15][16] pur riconoscendo alla città di Napoli un'influenza o contaminazione esercitata sui dialetti meridionali.[17]

Fonetica e ortografia

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Vocalismo

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AnterioreCentralePosteriore
Altaiu
Medio-altaeəo
Medio-bassaɛɔ
Bassaaɑ

Consonantismo

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BilabialiLabio-
dentali
Dentali/
Alveolari
Post-
alveolari
PalataliVelari
Nasalimnɲŋ (n)
Occlusivepbtdc ɟk ɡ
Affricated͡z (z)t͡ʃ d͡ʒ
Fricativefvs (s)ʃ (s)ɣ (gh)
Vibranter
Lateralilʎ
Approssimantejw

Ortografia

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LetteraIPAPronuncia
aa~ɑ

/ə/

a è solitamenteaperta, pronunciata a volte come laa nell'inglesefather.

quando è in finale di parola e non accentata, è pronunciata come unoscevà

eɛ,e

/ə/

accentata si pronuncia sia come laè che come laé italiane.

senza accento si pronuncia come uno scevà

oɔ,o

/ə/

accentata si pronuncia sia come laò che come laó italiane.

senza accento si pronuncia come uno scevà

ii,/j/come in italiano
uu,/w/come in italiano
LetteraIPAPronuncia
p/p/[b]si pronuncia come in italiano

è unab dopo lam

b/b/si pronuncia come in italiano, sempregeminata davanti a una vocale
t/t/[d]si pronuncia come in italiano

è unad dopo lan

d/d/si pronuncia come in italiano
c/k/[ɡ];/tʃ/[d͡ʒ]si pronuncia come in italiano

è unag dopo lan

g/ɡ/;/d͡ʒ/si pronuncia come in italiano, sempregeminata davanti a una vocale
f/f/si pronuncia come in italiano
v/v/si pronuncia come in italiano
s/s/[d͡z];/z/ -

/ʃ/;/ʒ/[18]

si pronuncia come in italiano ma sempre sorda, anche prima delle consonanti sonore/n r l/; [è unaz sonora dopo lan]

si pronuncia come las inrosa se è prima dellad

si pronuncia come lasc inscettro se è prima delle consonanti sorde (tranne/t/)

si pronuncia come lage ingarage se è prima delle consonanti sonore (tranne/n d r l/) comem,b,g,v

z/ts/[d͡z];/d͡z/si pronuncia come in italiano (zucchero)

non è mai però sorda dopo lan

si pronuncia come in italiano (zebra)

j/j/come unai semiconsonante
l/l/si pronuncia come in italiano
m/m/si pronuncia come in italiano
n/n/si pronuncia come in italiano
r/r/si pronuncia come in italiano
q/k/

[ɡ]

si pronuncia come in italiano
h-si pronuncia come in italiano
x/k(ə)s/si pronuncia come in italiano; a volte tra i suonic es c'è unoscevà
LetteraIPAPronuncia
gnɲsi pronuncia come in italiano
gl(i)ʎsi pronuncia come in italiano; a volte più simile ad unai fricativa
scʃsi pronuncia come in italiano

La pronuncia delle [s]

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[s]/b//v//ɡ//dʒ//d/
/ʒ//z/
/p//f//k//tʃ//t/
/ʃ//s/
/m//n/
/ʒ//s/
/r/
/s/
/l/
/s/

Letteratura

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Le prime attestazioni letterarie in lingua napoletana propriamente detta risalgono alla fine delXIII secolo; tuttavia tracce scritte di un idiomavolgare parlato nell'area emergono, sia pur in un ambito più vasto rispetto a quello strettamente metropolitano, fin dalla seconda metà delX secolo.[19]

Placiti cassinesi

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Lo stesso argomento in dettaglio:Placiti cassinesi.
«Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte sancti Benedicti.»

(Capua, marzo 960)

«Sao cco kelle terre, per kelle fini que tebe monstrai, Pergoaldi foro, que ki contene, et trenta anni le possette.»

(Sessa, marzo 963)

Evangelizzazione deicassinati per opera diSan Benedetto.
«Kella terra, per kelle fini que bobe mostrai, sancte Marie è, et trenta anni la posset parte sancte Marie.»

(Teano, luglio 963)

«Sao cco kelle terre, per kelle fini que tebe mostrai, trenta anni le possette parte sancte Marie.»

(Teano, ottobre 963)

Montecassino

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Alle esperienze letterarie dell'Italia meridionale furono sensibili i monaci diMontecassino, centro di un'importante comunità di intellettuali nel Medioevo italiano. L'interesse letterario dei cassinensi, indirizzato prevalentemente a rafforzare l'esperienza della fede e della conoscenza diDio, fu sollecitato da sempre secondo l'insegnamento lasciato daSan Benedetto nella regola da lui redatta. Risalgono all'XI e alXII secolo dei manoscritti in volgare, di cui restano pochi frammenti, conservati nella biblioteca del monastero. È possibile distinguere in questa produzione una varietà di genere e stile insolita rispetto al contestonapolitano, che fu eguagliata solo con poeti toscani delXIII-XIV secolo e i successivi, tra cuiDante, in cui un complesso simbolismo religioso è sostenuto da gradevoli forme liriche, inEo, sinjuri, s'eo fabello, o anzi in rime di gran pregio stilistico riesce a trapassare un realismo, di chiara ispirazionecristiana, che nella poesia medievale, ma anche nei classici, raramente fu espresso:[20][21]

(napoletano)
«…te portai nullu meu ventre
quando te beio [mo]ro presente
nillu teu regnu agi me a mmente.»
(italiano)
«[me che] nel mio ventre ti portai
perciò così ti vedo e muoio
or Tu ricordami nel tuo Regno»

Il pianto della Vergine Maria»[22])

La «scuola siciliana»

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Le opere prodotte da un gruppo di poeti delMezzogiorno, nelXIII secolo, rappresentano l'inizio della letteratura volgare italiana. I loro testi sono assemblati per le tematiche simili, nonché per il sublime lirismo che li caratterizza, e vengono definiti espressione di una corrente letteraria detta «scuola siciliana». Sono le poesie diGiacomo da Lentini,Rinaldo d'Aquino,Pier della Vigna,Giacomino Pugliese eGuido delle Colonne. DallaStoria della letteratura italiana diFrancesco De Sanctis però, che inizia con un'analisi sulla produzione degli scrittori federiciani, costoro sono trattati come il prodotto di un terreno artistico italiano uniforme su cui sarebbe maturata poi la letteratura italiana vera e propria. Inoltre, tanto coloro che adottarono ilvolgare pugliese quanto quelli che adottarono ilvolgare siciliano sono chiamatisiciliani, perché con tale accezione si connotavano nel duecento, secondo il De Sanctis, coloro che provenivano dalRegno di Sicilia.

Federico II di Svevia ritratto con il falco (dalDe arte venandi cum avibus).
«Per la vertute de la calamita

como lo ferro at[i]ra no si vede,
ma sì lo tira signorevolmente;

e questa cosa a credere mi 'nvita
ch'amore sia; e dàmi grande fede
che tuttor sia creduto fra la gente»

(Pier della Vigna)

Gli autori siciliani costituirono un'importante svolta poetica rispetto alla tradizione provenzale, a cui si ispirarono, per aver sublimato ulteriormente le strutture simboliche dei trobadori, estraniando le tematiche cortesi dai motivi politici e religiosi che invece colorivano la poesia occitana.[23] I toscani però, che spesso copiarono i modelli siciliani, poterono evolvere ulteriormente l'esperienza meridionale, privilegiati dalla familiarità con la realtà cittadina e comunale, dove l'identità culturale era fortemente condizionata dall'appartenenza a fazioni politiche o dalla connivenza con corporazioni economiche: così la poesia italiana si arricchì di tutte le innovazioni tematiche e spirituali proprie dei primi ambienti borghesi. D'altra parte la poesia meridionale finì con il cristallizzarsi entro alcuni stereotipi, perché i letterati delRegno di Sicilia erano fortemente condizionati dal sistema centralista e burocratico dello stato unitario, secondo la critica idealista.

Più recentemente alcuni autori[24][25] stanno mettendo in luce differenze specifiche, rifiutando di considerare lo «stilnovismo» come l'esito o un superamento della poesia meridionale: i rimatori involgare pugliese sarebbero infatti ispirati da unaweltanschauung diversa da quella degli artisti toscani dei liberi comuni, e non riducibile ad una sorta di fase primitiva della poetica toscana, caratterizzata principalmente da tematiche cortigiane interpretate secondo i modelli culturali ghibellini, come l'idea di un'unità dellaChiesa, indipendente dalle nazionalità, che sostiene l'unità dell'Impero; come la propaganda per la centralità del potere laico, da cui deve dipendere quello religioso, le politiche sociali e finanziarie; come la volgarizzazione del progetto di ricostruzione di un unico stato cristiano sotto undiritto e un sovrano comune; così coloro che scrissero in siciliano invece fecero propria la tradizione popolare dellaSicilia che esprimeva in contrasti amorosi le continue lotte fra fazioni e gruppi politici che per secoli hanno spaccato l'isola, oraaraba, oranormanna, oraortodossa, oracattolica, con il trionfo finale della civiltà e della tradizione locale controusurai,feudatari elatifondisti.

L'età moderna

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Illustrazione di un'edizione della fiaba diCenerentola delXIX secolo. Ne'Lo cunto de li cunti esiste la prima trascrizione della favola della letteratura occidentale.

Il più celebre poeta in lingua napoletana dell'età moderna fuGiulio Cesare Cortese. Egli è molto importante per la letteratura dialettale e barocca, in quanto, con Basile, pone le basi per la dignità letteraria ed artistica della lingua napoletana moderna. Di costui si ricorda laVaiasseide, un'operaeroicomica in cinque canti, dove ilmetro lirico e la tematica eroica sono abbassati a quello che è il livello effettivo delle protagoniste: un gruppo divaiasse, donne popolane napoletane, che s'esprimono in lingua. È uno scritto comico e trasgressivo, dove molta importanza ha la partecipazione corale della plebe ai meccanismi dell'azione.

Prosa

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La prosa in volgare napoletano diviene celebre grazie aGiambattista Basile, vissuto nella prima metà delSeicento. Basile è autore di un'opera famosa comeLo cunto de li cunti, scritta in lingua napoletana (e non in dialetto napoletano)[26] e tradotta in italiano daBenedetto Croce, che ha regalato al mondo la realtà popolare e fantasiosa delle fiabe moderne, inaugurando una tradizione ben ripresa daPerrault e daifratelli Grimm. Altre prose sono alcune volgarizzazioni della regola diSan Benedetto, attuata nel monastero diMontecassino nelXIII e nelXIV secolo, e alcunimea culpa o confessioni rituali scritte dai monaci cassinati per permettere la comprensione dei sacramenti cattolici anche a chi non conosceva la lingua latina.[27]

Cultura di massa

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Lo stesso argomento in dettaglio:Dialetto napoletano.

Negli ultimi tre secoli è sorta una fiorente letteratura in napoletano, in settori anche diversi tra loro, che in alcuni casi è giunta anche a punte di alto livello, come ad esempio nelle opere diSalvatore di Giacomo,Raffaele Viviani,Ferdinando Russo,Eduardo Scarpetta,Eduardo De Filippo,Antonio De Curtis.

Sarebbero inoltre da menzionare nel corpo letterario anche lecanzoni napoletane, eredi di una lunga tradizione musicale, caratterizzate da grande lirismo e melodicità, i cui pezzi più famosi (come, ad esempio,'O sole mio) sono noti in diverse zone del mondo. Esiste inoltre un fitto repertorio di canti popolari, alcuni dei quali sono oggi considerati dei classici.

Va infine aggiunto che, a cavallo del XVII e XVIII secolo, nel periodo di maggior fulgore della cosiddettascuola musicale napoletana, il suddetto idioma fu utilizzato per la produzione di interilibretti diopere liriche, comeLo frate 'nnammurato delPergolesi, i quali ebbero ampia diffusione al di fuori dei confini partenopei.

Note

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  1. ^ Enzo Carro,Turnammo a scrivere napulitano, Cavinato Editore International, 2016,ISBN 978-88-6982-236-0.
  2. ^Lista delle lingue parlate in Italia =14 giugno, supatrimonilinguistici.it, 2018.
  3. ^abSituazione linguistica alla corte aragonese del Regno di Napoli, breve saggio dell'Università degli studi di Napoli (PDF), sucore.ac.uk.[collegamento interrotto]
  4. ^Giornale de’ letterati, Pisa, Agostino Pizzorno, 1792, p. 179. Ospitato su Biblioteca Nazionale Centrale di Roma.
  5. ^Pietro Giannone,Storia civile del Regno di Napoli, vol. 3, 1821, p. 44.
  6. ^ Errico Cuozzo,Salerno, inEnciclopedia fridericiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2005.
  7. ^Già nel XVIII il napoletano letterario appariva talmente diverso dal napoletano comunemente parlato che nel 1779Ferdinando Galiani, nella sua ricercaDel dialetto napoletano, scriveva che ilPentamerone diGiambattista Basile (edito nel 1634) era «scritto in un dialetto tanto adulterato e pieno d'errori, che spesso potrebberinegarsi da noi»; Giovanni Liccardo,Storia irriverente di eroi, santi e tiranni di Napoli, Roma, Newton Compton Editori, 2017, pp. 31-32,ISBN 9788822715333.
  8. ^Estratti di prammatiche in volgare napoletano letterario, in uso alla corte aragonese di Napoli nella seconda metà del XV secolo.
    Giuseppe Galasso,Per la Storia del Mezzogiorno medievale e moderno (PDF), su2.42.228.123, Ministero per i beni culturali e ambientali. Ufficio centrale per i beni archivistici, 1998, 368-372.URL consultato il 2 marzo 2023(archiviato dall'url originale il 13 febbraio 2022).
  9. ^Esempio di napoletano letterario in uso alla corte di Napoli nella seconda metà del XV secolo, pervenutoci attraverso i saggi diGiovanni Brancati, umanista di corte diFerdinando I: «Ben so io esserno multe cose in latino dicte quale in vulgaro nostro o vero non se ponno per niente o ver non assai propriamente exprimere, quale son multi de animali quali noi havemo, molti de arbori quali fi’ al presente sono como dal principio foron chiamati; chosì de herbe, de medicine, de infirmitate, de metalle, de pietre et de gioie, essendono o ver per loro rarità o vero per sorte chon li primi lor nomi ad noi pervenute. […]». In quest'epoca, il napoletano letterario in uso alla cancelleria di corte, si presenta epurato di alcuni dei tratti più marcatamente locali, alleggeriti con l'ingresso di elementi assunti dalla tradizione letteraria toscana, considerata più prestigiosa.
    Emanuele Giordano,La politica culturale e linguistica del Regno di Napoli nel Quattrocento (PDF), inMathera, Associazione Culturale ANTROS, 2018, pp. 69-70.
  10. ^ Hermann W. Haller,The Other Italy: The Literary Canon in Dialect, 1999, p. 244,ISBN 9780802044242.
  11. ^Giovanni Antonio Summonte,Documentazioni linguistiche da: “Storia della città e regno di Napoli”, Antonio Bulifon, 1675.
  12. ^Vittorio Coletti,Storia della lingua italiana, inEnciclopedia dell'italiano, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2011.
  13. ^Cronistoria nazionale, linguistica e culturale d'Italia, suitalia.onwww.net.
  14. ^Documentazioni saggistiche e di raccolta espositiva dall'Archivio di Stato di Napoli (PDF), sumaas.ccr.it.
  15. ^ Pietro Maturi,Napoli e la Campania, collanaDialetti d'Italia, Bologna, Il Mulino, 2023,ISBN 978-88-15-29887-4.
  16. ^ Angelo Forgione,Napolitiamo, Milano, Magenes, 2025, pp. 16-17,ISBN 9788866491422. "l’UNESCO, come tutti gli enti linguistici internazionali, classifica geograficamente le varie lingue, e lo fa pure in modo assai semplificato e fuorviante se è vero che indica per napoletano una lingua macroregionale anche detta “italiano del Sud”, insieme dei dialetti alto-meridionali, quelli del territorio appartenuto al Regno di Napoli, dalle Marche meridionali in giù, esclusi il Lazio centro-settentrionale, la bassa Calabria e il Salento. Insomma, più che lingua napoletana, lingua napolitana, come era detta la nazionalità degli abitanti dell’estintoRegno di Napoli o, se vogliamo, della parte statuale delRegno delle Due Sicilie al di qua del faro di Messina. Lingua che, con tale estensione, non esiste, perché nel Sud peninsulare si parlano alcune varietà locali tra loro diverse che non possono essere considerate come variazioni del napoletano. D’altronde, la stessaCampania è una regione storicamente complessa i cui territori, tra il VI e l’XI secolo, si presentavano divisi trabizantini elongobardi, quindi tra elemento grecizzato da una parte e latinizzato dall’altro, oggi rispecchiati nella presenza più significativa di grecismi nelle zone costiere, daNapoli alCilento, e di longobardismi nelle zone appenniniche più interne. Uscendo dalle classificazioni grossolane, comprese quelle di tutti gli stranieri che considerano napoletani finanche i calabresi e i lucani, un concetto dev’essere chiaro: il vero napoletano è parlato solo nella popolosa area metropolitana partenopea, e persino in tale ambito emergono particolari differenze tra i vari quartieri."
  17. ^ Angelo Forgione,Napolitiamo, Milano, Magenes, 2025, p. 19,ISBN 9788866491422. "Il ruolo di Napoli, in quanto capitale del regno napolitano che fu, ha piantato i suoi lasciti anche in altri territori dell’Italia meridionale, là dove alcune parole napoletane si sono diffuse e fissate nei dialetti autoctoni."
  18. ^Luciano Canepari,Italia (PDF), Manuale di fonetica, Lincom Europa, 2005, pp. 282-283,ISBN 3-89586-456-0(archiviato dall'url originale il 6 giugno 2011).
  19. ^Ledgeway, p. 1.
  20. ^ M. Inguanez,Un dramma della Passione del secolo XII, inMiscellanea Cassinense, n. 18, Montecassino, 1939, p. 42.
  21. ^ G. Contini (a cura di),Poeti del Duecento, I, Milano-Napoli, 1960, pp. 9-13.
  22. ^Si tratta di un testo poetico molto diffuso nella tradizione popolare italiana del Medioevo, che però solo nell'ambiente cassinate sembra esser stato raffinato con uno studio metrico e poetico. Vedi anche S. Sticca,Il “Planctus Mariæ” nella tradizione drammatica dell'alto medioevo.
  23. ^ Roberto Antonelli,Giacomo da Lentini, "Poesie". (PDF), Roma, Bulzoni, Vol. I, 1979.
  24. ^De Barholomaeis.
  25. ^Bertolucci-Pizzorusso.
  26. ^(EN) Carmelo Lettere (a cura di),The Tale of Tales, London, Penguin, 2016,ISBN 9781101991787.
  27. ^Rabanus.

Bibliografia

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  • Adam Ledgeway,Grammatica diacronica del napoletano, Tübingen, 2009,ISBN 9783484971288.

Voci correlate

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