Dichiarazione universale dei diritti umani, art. 1 Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
Distribuzione geografica della lingua italiana inEuropa:
Zone dove è lingua maggioritaria
Zone dove è lingua minoritaria, o dove era maggioritaria in passato
L'italiano è unalinguaromanza parlata principalmente inItalia. Per ragioni storiche e geografiche, l'italiano è la lingua romanza meno divergente dallatino (complessivamente a pari merito, anche se in parametri diversi, con lalingua sarda).[2][3][4][5]
Oltre ad essere la lingua ufficiale dell'Italia[Nota 1] e diSan Marino,[8], è anche una delle lingue ufficiali dell'Unione europea, dellaSvizzera,[9] dellaCittà del Vaticano e delSovrano militare ordine di Malta. È inoltre riconosciuto e tutelato come «lingua della minoranza nazionale italiana» dalla Costituzione slovena e croata nei territori in cui vivono popolazioni di dialetto istriano.
È diffuso nelle comunità diemigrazione italiana, è ampiamente noto anche per ragioni pratiche in diverse aree geografiche ed è una delle lingue straniere più studiate nel mondo.[8]
L'italiano è unalingua neolatina, cioè derivata dallatino volgare parlato in Italia nell'antichità romana e profondamente trasformatosi nel corso dei secoli.[11]
Già in epoca classica esisteva un uso "volgare" del latino, pervenutoci attraverso testi non letterari,graffiti,iscrizioni non ufficiali o testi letterari attenti a riprodurre la lingua parlata, come accade spesso nellacommedia.[12] Accanto a questo, esisteva un latino "letterario", adottato dagli scrittori classici e legato alla lingua scritta, ma anche alla lingua parlata dai ceti socialmente più rilevanti e più colti.[12]
Con lacaduta dell'Impero romano e la formazione deiregni romano-barbarici, si verificò una sclerotizzazione del latino scritto (che diventò lingua amministrativa e scolastica), mentre il latino parlato si fuse sempre più intimamente con i dialetti dei popoli latinizzati, dando vita alle lingue neolatine, tra cui l'italiano.[13]
Gli storici della lingua italiana etichettano le parlate che si svilupparono in questo modo in Italia durante il Medioevo come "volgari italiani", al plurale, e non ancora come "lingua italiana". Le testimonianze disponibili mostrano infatti marcate differenze tra le parlate delle diverse zone, mentre mancava un comune modello volgare di riferimento.[senza fonte]
Il primo documento tradizionalmente riconosciuto di uso di un volgare italiano è un placito notarile, conservato nell'abbazia di Montecassino, proveniente dalPrincipato di Capua e risalente al960: è ilPlacito cassinese (detto anchePlacito di Capua o "Placito capuano"), che in sostanza è una testimonianza giurata di un abitante circa una lite sui confini di proprietà tra il monastero benedettino di Capua afferente ai Benedettini dell'abbazia di Montecassino e un piccolo feudo vicino, il quale aveva ingiustamente occupato una parte del territorio dell'abbazia: «Sao ko kelle terre per kelle fini que ki contene trenta anni le possette parte Sancti Benedicti.» ("So [dichiaro] che quelle terre nei confini qui contenuti (qui riportati) per trent'anni sono state possedute dall'ordine benedettino").[11] È soltanto una frase, che tuttavia per svariati motivi può essere considerata ormai "volgare" e non più schiettamente latina: icasi (salvo il genitivoSancti Benedicti, che riprende la dizione del latino ecclesiastico) sono scomparsi, sono presenti lacongiunzioneko ("che") e ildimostrativokelle ("quelle"), morfologicamente il verbosao (dal latinosapio) è prossimo alla forma italiana, ecc. Questo documento è seguito a brevissima distanza da altri placiti provenienti dalla stessa area geografico-linguistica, come ilPlacito di Sessa Aurunca e ilPlacito di Teano.[senza fonte]
Studi recenti tendono ad individuare in una breveIscrizione della catacomba di Commodilla a Roma su un affresco del secolo che ritrae San Felice e San Adàutto, la prima frase in lingua italiana; la piccola scritta, databile agli anni 800 850, recita:[14]
Durante l'alto e tardo Medioevo, l'Italia era un crocevia di rotte commerciali, grazie alla presenza delle influenti repubbliche marinare come Venezia, Genova, Pisa e Amalfi. Gli scambi mercantili, soprattutto a partire dal IX secolo, portarono a contatti continui tra mercanti italiani e popolazioni di lingua straniera, contribuendo alla diffusione di termini stranieri nei volgari italiani. Le parole legate alla marineria, al commercio, alle transazioni economiche e alle attività portuali entrarono a far parte del lessico quotidiano, influenzando notevolmente la lingua parlata.[15]
L'influenza della Scuola siciliana
Uno dei primi casi di diffusione sovraregionale della lingua fu la poesia dellaScuola siciliana, scritta in siciliano "illustre" perché arricchito da francesismi, provenzalismi e latinismi,[16] da numerosi poeti (non tutti siciliani) attivi prima della metà delDuecento nell'ambiente della corte imperiale. Alcuni tratti linguistici con questa origine sarebbero stati adottati anche dagli scrittori toscani delle generazioni successive e si mantennero per secoli o fino ad ora nella lingua poetica (e non) italiana: dalle forme monottongate comecore eloco ai condizionali in-ia (es.saria persarebbe) ai suffissi in uso in Sicilia derivati dal provenzale come-anza (es.alligranza perallegria,membranza,usanza,adunanza) o-ura (es.freddura,chiarura,verdura) e altri ancora[17][18][19] o vocaboli come il verbosembrare perparere che perDante era "parola dotta" (di origine provenzale, giunta anch'essa all'italiano attraverso la lirica siciliana).[20] LaScuola siciliana insegna una grande produttività dell'uso dei già menzionati suffissi e dei prefissi (questi ultimi per lo piùderivanti dal latino) comedis-:disfidarsi,s-:spiacere,mis-:miscredere,misfare e tanti altri ancora. Erano già presenti abbreviazioni comedir (dire) oamor (amore) e altri latinismi; ad esempio la parolaamuri, in siciliano, si alternava conamore (latinismo).[16]Il contributo della scuola siciliana fu notevole. A proposito Dante scrive inDe vulgari eloquentia:[21]
L'assetto dell'italiano discende, in sostanza, da quello del volgare fiorentinotrecentesco. Il ruolo di questo volgare nella formazione dell'italiano è tanto importante che in alcuni casi gli storici della lingua descrivono il fiorentino trecentesco già come "italiano antico" e non come "volgare fiorentino".[Nota 2]
Tra i numerosi tratti che l'italiano riprende dal fiorentino trecentesco, e che erano invece estranei a quasi tutti gli altri volgari italiani, si possono citare per esempio, a livello fonetico, cinque elementi discriminanti individuati daArrigo Castellani:[22]
i "dittonghi spontanei"ie euo (in realtàepentesi di /j, w/:piede enuovo con /jɛ, wɔ/, invece dipede enovo);
l'esito del nesso latino-RI- in /j/ invece che inr (febbraio invece difebbraro),
il passaggio diar atono aer (gambero invece digambaro).
Già dalla fine del Trecento, però, la lingua correntemente parlata aFirenze si distaccò dal fiorentino letterario, che di lì sarebbe stato codificato come modello da letterati non fiorentini, a cominciare dal venezianoPietro Bembo nelleProse della volgar lingua (1525), imponendosi come lingua comune per la scrittura in tutta Italia a partire dalla seconda metà delCinquecento. Come evidenziaBruno Migliorini: «Se leggiamo una pagina di prosa, anche d'arte, degli ultimi anni del Quattrocento o dei primi del Cinquecento, ci è di solito abbastanza facile dire da quale regione proviene, mentre per un testo della fine del Cinquecento la cosa è assai malagevole».[23] A partire dal Cinquecento, le espressioni "toscano" e "italiano" sarebbero state quindi utilizzate come sinonimi[24].
Al Seicento appartiene il primo trattato dedicato non ai volgari italiani o a uno o più di tali volgari, ma alla lingua italiana in quanto tale:Delle osservazioni della lingua italiana diMarcantonio Mambelli, dettoil Cinonio.
L'italiano ricoprì anche inCorsica (oggi inFrancia, ma prima del 1768possedimento genovese) un ruolo di prestigio, in qualità di lingua di cultura, religione e per la comunicazione ufficiale, fino alla sua graduale sostituzione colfrancese avvenuta ufficialmente nel 1859[25][26]; inSardegna, ove il ruolo dilingua tetto era ormai da tempo ricoperto invece dallospagnolo, sarebbe occorso nel tardoSettecento un processo d'intensa italianizzazione a partire dallagestione sabauda, interessata ad allacciarne i rapporti col Piemonte e, così facendo, la sfera culturale italiana[27][28][29].
Dal Risorgimento a oggi
L'italiano rimase per lungo tempo soprattutto la lingua dei letterati che nelle loro opere avevano adottato il modello letterario del fiorentino del Trecento. FuPietro Bembo, nel Cinquecento, a proporre agli altri letterati italiani il fiorentino del Trecento anche come modello di lingua. La sua proposta si inseriva all'interno della cosiddetta "questione della lingua", ovvero il dibattito allora in corso su quale lingua comune si potesse adottare in Italia per la letteratura, e risultò quella maggiormente accolta dagli altri letterati italiani.[30] La discussione allora in corso, in cui avrebbe infine avuto la meglio la posizione del Bembo, non verteva su quale lingua comune potessero adottare gli italiani, bensì in quale lingua comune si potesse scrivere la prosa e la letteratura.
Nelle ricostruzioni dei linguisti, fino alla seconda metà dell'Ottocento solo fasce molto ridotte della popolazione italiana erano in grado di esprimersi in italiano. Come riportato da Sergio Salvi, «Nel 1806, Alessandro Manzoni, in una lettera a Fauriel, confidava che l'italiano "può dirsi quasi come lingua morta"».[31] Più tardi, nel 1861, secondo la stima diTullio De Mauro,[32] era in grado di parlare in italiano solo il 2,5% della popolazione italiana. Nella valutazione diArrigo Castellani, alla stessa data la percentuale era invece del 10%.[33]
Si deve in particolare al Manzoni l'aver elevato ilfiorentino contemporaneo a modello linguistico nazionale, con la pubblicazione nel 1842 deI promessi sposi, che sarebbe diventato il testo di riferimento della nuova prosa italiana.[34] La sua decisione di donare una lingua comune alla nuova patria, da lui riassunta nel celebre proposito di «sciacquare i panni inArno»,[Nota 3] fu il principale contributo di Manzoni alla causa del Risorgimento.[35]
Fra le sue proposte in seno al dibattito sull'unificazione politica e sociale dell'Italia, Manzoni sosteneva inoltre che ilvocabolario fosse lo strumento più idoneo per rendere accessibile a tutti il fiorentino a livello nazionale.[36]
«Uno poi de’ mezzi più efficaci e d’un effetto più generale, particolarmente nelle nostre circostanze, per propagare una lingua, è, come tutti sanno, un vocabolario. E, secondo i princìpi e i fatti qui esposti, il vocabolario a proposito per l’Italia non potrebbe esser altro che quello del linguaggio fiorentino vivente.»
Fattori storici successivi all'unificazione politica, quali la mobilitazione e il mescolamento degli uomini nelle truppe durante laprima guerra mondiale o la diffusione delle trasmissioni radiofoniche hanno contribuito a una diffusione graduale dell'italiano. Nella seconda metà del Novecento, in particolare, la diffusione della lingua è stata accelerata anche grazie alcontributo della televisione e alle migrazioni interne dal Sud al Nord.[37] Fondamentale è stato il divieto di utilizzare con funzione pubblica (scuola, atti pubblici, ecc.) i parlari italiani e le lingue delleminoranze linguistiche; gli insegnanti sono stati lo strumento attraverso cui tali strumenti di espressione furono minorizzati, essendo considerati "dialetti" in posizione subordinata, quando non "mala erba" da estirpare.[38]
Con laCostituzione repubblicana del 1948, l'italiano è stato riconosciuto comelingua ufficiale. È stata inoltre riconosciuta l'esistenza in Italia dialtre lingue diverse dall'italiano, ed è stata vietata la discriminazione su basi linguistiche (artt. 3, 6 e 21 della Costituzione italiana).[39]
La lingua italiana usa l'alfabeto italiano costituito da 21 lettere; al quale si aggiungono 5 lettere, tradizionalmente definite straniere,⟨j⟩,⟨k⟩,⟨w⟩,⟨x⟩,⟨y⟩, con cui forma l'alfabeto latino. X e J erano lettere utilizzate nell'italiano antico soprattutto nei toponimi (Jesi,Jesolo) e in alcuni cognomi comeLo Jacono e Bixio, o come varianti grafiche di scrittura (ad es. inPirandellogioja invece digioia). Esistono accenti grafici sulle vocali: in particolare quelloacuto (´) solo sullae e raramente sullao (una grafia ricercata li esigerebbe anche sui eu dal momento che sono sempre "vocali chiuse") e quellograve (`) su tutte le altre. Ilcirconflesso (^) serve per indicare la contrazione di due vocali, in particolare due /i/. Si è soliti indicarlo soprattutto nei (pochi) casi in cui vi possa essere ambiguità di tipoomografico. Per esempio la parola "geni" può riferirsi sia a delle menti brillanti (al singolare: "genio") sia ai nostri caratteri ereditari (al singolare: "gene"). Scritta "genî" non può che riferirsi al primo significato.
L'accento grafico è obbligatorio sulle parole tronche (o ossitone o meglio ancora "ultimali"), che hanno cioè l'accento sull'ultima sillaba e finiscono per vocale. Altrove l'accento grafico è facoltativo, ma utile per distinguere parole altrimenti omografe (àncora - ancóra).
Il lessico della lingua italiana è descritto da numerosidizionari, impostati secondo criteri moderni, che includono circa160000 parole di uso consolidato. Alcuni dizionari includono fino a800000 lemmi (Vocabolario Treccani); d'altro canto, secondo gli studi diTullio De Mauro, la lingua di comunicazione quotidiana è fondata su una base di circa7000 parole. IlCorpus lip (Lista Italiano Parlato) contiene un elenco delle parole che sono comunemente utilizzate nella comunicazione verbale.
La lunghezza media delle parole di un testo in italiano è di circa 5,4 lettere.[senza fonte]
Nel corso dei secoli, il lessico dell'italiano ha accolto numerosiprestiti ecalchi linguistici da altre lingue e culture.
Prestiti da lingue prelatine
Alcune parole dell'italiano derivano da lingue parlate in Italia prima dell'avvento dellatino. Hanno questa origine, per esempio,persona (proveniente dall'etrusco) ebufalo (proveniente dall'osco-umbro). Attraverso la mediazione del latino, queste parole sono entrate nell'italiano e inaltre lingue edialetti d'Italia.
Latinismi
Il lessico italiano deriva in massima parte dallatino volgare. Il lessico con questa origine non è quindi considerato prestito; in alcuni casi, però, parole modellate su parole del latino letterario sono state reintrodotte nei volgari italiani prima e nell'italiano poi, fino all'età contemporanea. Questo a volte ha creato coppie di parole con la stessa origine ma significato diverso. Dal latino "vitium" hanno origine per esempio sia la parolavezzo, per tradizione ininterrotta, sia la parolavizio, reintrodotta sulla base dell'uso latino classico. O ancora, dal latino "causa" hanno avuto origine sia "cosa" per tradizione ininterrotta che l'omografa "causa", prestito derivante dal latino letterario. Altri latinismi sono stati reintrodotti anche attraverso la mediazione di altre lingue: per esempio le parolesponsor emedia, venute dall'inglese, e la parolafazzoletto, che deriva dal latinofascia attraverso il diminutivo greco medievalefaskiolon (φάσκιολον).
Grecismi
Dalgreco sono entrati in italiano molti termini tecnici scientifici (comearitmia, pneumologia, nosocomio), politici e religiosi, questi ultimi dovuti alla diffusione dellaVulgata (la traduzione della Bibbia dalla versione in greco dettaSeptuaginta, da cuiparabola, angelo, chiesa, martire ecc.); daibizantini deriva lessico marinaresco (galea, gondola, molo, argano) o botanico (basilico,bambagia), con alcune altre parole (zio,tapino).
Ebraismi
Dall'ebraico derivano parole entrate nell'ambito cristiano comesatana, osanna, alleluia, pasqua, giubileo o altre comesabato,manna, cabala, sacco.
Dalfrancesemedievale o dalprovenzale provengono moltissimi termini, ad esempio:burro, cugino, giallo, giorno, mangiare, saggio, savio, cavaliere, gonfalone, usbergo, sparviere, levriere, dama, messere, scudiero, lignaggio, liuto, viola, gioiello...; oltre il Medioevo i prestiti dall'area francese si riducono, per riprendere in occasione dell'occupazione dellaLombardia nelXV secolo (maresciallo, batteria, carabina, ma anchebignè, besciamella, ragù).
In epocailluministica e quindi conNapoleone si insedieranno ad esempiorivoluzione, giacobino, complotto, fanatico, ghigliottina, terrorismo.
Nell'Ottocento entrano ancora parole comeristorante, casseruola, maionese, menù, paté, рurè, crêpe, omelette, croissant (cucina);boutique, décolleté, plissé, griffe, prêt-à-porter, fuseaux (moda);boulevard, toilette, sarcasmo, cinema, avanspettacolo, soubrette, boxeur (anglismo passato al francese),chassis. Il termineinformatica entra rapidamente dopo la nascita del neologismoinformatique nel 1962.
Germanismi
Numerosissimi sono in italiano i termini di uso comune che hanno un'originegermanica, soprattuttolongobarda ofranca, in minor misuragotica. Per esempio:aia, albergo, banca, banda, elmo, garantire, gramo, grinfia, guardare, guardia, guarnire, guercio, guerra, guidare, guitto, guizzo, lanca, landa, lenza, risparmio, sapone, sgraffignare, slitta, spola, stambecco, stamberga, schiena, snello, stanga, trincare, vanga, zanna. Alcuni prestiti sono scandinavi, comerenna esci.
I prestiti dall'inglese sono relativamente recenti, indicativamente dalla fine delNovecento, ma considerevoli. SecondoTullio De Mauro gli anglismi entrati nell'italiano si attestano attorno all'8% del lessico complessivo.
Dopo laseconda guerra mondiale, si insediano stabilmente termini relativi allo sviluppo tecnologico ed economico; alcuni sono prestiti di necessità, ovvero non sempre traducibili con lemmi già esistenti:kit, jeans, partner, puzzle, scout, punk, rock; altri, pur avendo corrispondente in italiano, sono entrati nell'uso comune anche come sinonimi: sono quelli propri del lessico finanziario comebudget (bilancio, esso stesso un prestito dal francese),marketing (commercializzazione; mercatistica), meeting (riunione), business (affari); altri ancora del lessico informatico comechat, chattare, computer, formattare, hardware, software, mouse, blog (da web-log); altri, infine, sono del lessico sportivo comegoal (rete; punto), corner (calcio d'angolo), cross (traversone), assist (rifinitura), baseball (palla a base), basket (contrazione derivata da basketball, ovvero pallacanestro).
Iberismi
Tramite lospagnolo, prima e durante l'occupazioneasburgica, sono giunti nell'italiano termini esotici qualiamaca, ananas, brio, cacao, cioccolata (originariamentenahuatl),condor (originariamentequechua),creanza, etichetta, guerriglia, lama (originariamente quechua),lazzarone, mais (originariamente taino),parata, patata (originariamente quechua), nonché parole queste sì castigliane qualeposata, puntiglio, sfarzo, sussiego, zaino.
Dalportoghese derivano parole comebanana, cocco, mandarino (originariamente cinese),pagoda (originariamente cinese).
Tra questi, molti hanno origine dai nuovi referenti legati allascoperta dell'America.
Fra le lingue iberiche minoritarie che ebbero una certa influenza sull'italiano, va senz'altro menzionato ilcatalano, parlato, insieme all'italiano o alle lingue e dialetti locali, in alcune corti medievali: fra ilXIII e ilXV secolo inSicilia e, nel corso delXV secolo, aNapoli.
La morfosintassi dell'italiano è conforme al modello delle altrelingue italo-occidentali in generale, possedendo un ricco sistema verbale e configurandosi comelingua SVO. I nomi non possiedono distinzioni dicaso. Ci sono due generi (maschile e femminile) e due numeri (singolare e plurale). I nomi, gli aggettivi e gli articoli si flettono e si accordano per entrambe le categorie. Il verbo è coniugato permodo (indicativo, congiuntivo, condizionale, imperativo, infinito, participio e gerundio), tempo (presente, imperfetto, passato remoto, futuro, passato prossimo, trapassato prossimo, futuro anteriore, trapassato remoto),diatesi (attiva, passiva e riflessiva), persona e numero (anche genere nel participio passato); spesso i pronomi soggetto sono omessi, come di consueto anche in altrelingue italo-occidentali, poiché sono espressi dalla coniugazione verbale. A differenza delle lingue romanze occidentali (francese, spagnolo, lingue retoromanze ossia romancio-ladino-friulano, occitano, ecc.) che tipicamente formano il plurale aggiungendo un "s" al singolare maschile, in italiano il plurale si forma modificando la desinenza finale al maschile singolare.[45]
Uso in Italia nell'età contemporanea
L'italiano è usato da un'ampia maggioranza della popolazione italiana residente in Italia. Inoltre, la lingua è usata da diverse fasce della popolazione in tutte le situazioni comunicative, sia informali (conversazione in famiglia o tra amici) sia formali (discorsi pubblici, atti ufficiali).
Nelle situazioni comunicative informali (e occasionalmente in quelle formali) l'uso dell'italiano si alterna in alcune aree geografiche e in diverse fasce della popolazione con l'uso di un dialetto, di una lingua regionale o di una lingua di minoranza.
Percentuali di parlanti in Italia
Secondo un'indagine ISTAT condotta nel 2006 su un campione di 24.000 famiglie residenti in Italia (corrispondenti a circa 54.000 individui), nella conversazione con estranei il 72,8% dei residenti dichiara di parlare "solo o prevalentemente italiano", mentre il 19% dichiara di parlare "sia italiano che dialetto". Parla invece "solo o prevalentemente dialetto" il 5,4% dei residenti, e "un'altra lingua" l'1,5% (la somma delle quattro voci porta al 98,7%). Almeno il 91,8% dei residenti (somma delle percentuali relative alle prime due scelte) dichiara quindi di essere in grado di parlare italiano.[46] Commentando i dati della stessa indagine,Gaetano Berruto riassume la situazione dicendo che all'inizio del XXI secolo in Italia esiste "una piccola minoranza (di entità difficile da quantificare, forse attorno al 5%, e da cercare prevalentemente fra coloro che sono privi di qualunque titolo di studio), soprattutto nelle generazioni più vecchie e in Italia meridionale, di persone che parlano solo dialetto".[47]
Va ricordato che le"popolazioni autoctone storiche" riconosciute "minoranze linguistiche" con l'art. 2 della legge 482/99 in attuazione art. 6 Cost., sono costituite da circa 3 milioni di cittadini italiani, a cui vanno aggiunti i parlanti i tanti dialetti italiani. Molti di questi dialetti, come testimoniato da Tullio De Mauro, sono ancora vitali e diffusamente parlati, anche se in forma bilingue con l'italiano. Il grande linguistaTullio De Mauro, in una intervista pubblicata nel 2014, infatti affermava che” chi diagnosticava la morte dei dialetti deve ricredersi [...] regredendo l'uso esclusivo, è andato crescendo quello alternante di italiano e dialetto: nel 1955 era il 18 per cento, oggi è il 44,1 [...]”.[48] È inoltre noto che per questo importante linguista italiano, il plurilinguismo “italiano + dialetti o una delle tredici lingue di minoranza[49]” gioca un ruolo positivo in quanto“i ragazzi che parlano costantemente e solo italiano hanno punteggi meno brillanti di ragazzi che hanno anche qualche rapporto con la realtà dialettale”[50]
In base ad un'indagine dell'ISTAT pubblicata nel dicembre 2017, si stima che nel 2015 il 90,4% della popolazione fosse di lingua madre italiana, in diminuzione rispetto al 95,9% rilevato del 2006.[7]
Stime del numero totale di italofoni
Esistono stime assai discordanti sul numero degliitalofoni, definizione che include tutti i locutori di lingua italiana nel mondo, comelingua madre olingua seconda.
L'Eurobarometro,sondaggio statistico periodico condotto dallaCommissione europea, stima invece che l'italiano sia parlato come lingua madre dal 13% dei cittadini dell'Unione (al secondo posto insieme all'inglese e dopo iltedesco), a cui si aggiunge un 3% in grado di parlarlo come seconda lingua, per un totale di 72 milioni di persone nella solaUnione europea. Rilevato nel 2006, il risultato è stato confermato dal rapporto del 2012.[52][53]
Uso in situazioni informali
La diffusione dell'italiano nella comunicazione informale è avvenuta soprattutto nella seconda metà del Novecento, e l'uso effettivo è quindi strettamente collegato all'età dei parlanti.
Secondo un'indagine ISTAT condotta nel 2006 le persone che parlavano "solo o prevalentemente italiano" sono per esempio state stimate al 72,8 % con gli estranei e al 45,5 % in famiglia, con questa distribuzione nelle fasce d'età estreme:[54]
da 6 a 10 anni: 68,2%
da 11 a 14 anni: 62,4%
da 65 a 74 anni: 31,9%
75 e più: 28,2%
Uso nei mezzi di comunicazione di massa
L'uso dell'italiano è generalizzato nei mezzi di comunicazione di massa diffusi in Italia (giornali, radio, cinema, televisione). In Italia i film stranieri sono di regola presentati con un doppiaggio in lingua italiana e le trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua diversa dall'italiano sono molto rare.
Varietà di italiano
L'italiano non è una lingua del tutto uniforme. Il linguistaGaetano Berruto ha distinto per esempio nove varietà di italiano:[55]
italiano normalizzato letterario: questa è la lingua normalizzata (spesso dettastandard), descritta dai manuali di grammatica, quella lingua che quindi può considerarsi come un italiano "ideale". È proprio di chi ha studiato dizione, dei relatori e degli attori.
italiano neo-standard (= italiano regionale colto medio): è, come dice la parola stessa, il nuovo standard, ovvero quell'italiano odierno che accoglie forme grammaticali più vicine al parlato.
La Costituzione della Repubblica Italiana non indica l'italiano come lingua ufficiale. Tuttavia, inItalia l'italiano è considerato lingua ufficiale in quanto lo Statuto di Autonomia della Regione Autonoma Trentino-Alto Adige (DPR n. 670 del 31 agosto 1972), che ha valore di legge costituzionale, dichiara all'art. 99 che « [...] quella italiana [...] è la lingua ufficiale dello Stato». Inoltre la legge ordinaria n. 482 del 15 dicembre 1999Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche stabilisce all'art. 1 che «la lingua ufficiale della Repubblica è l'italiano».
Una proposta di legge costituzionale approvata dalla Camera il 28 marzo 2007 prevedeva la modifica dell'art. 12 della Costituzione in «L'italiano è la lingua ufficiale della Repubblica nel rispetto delle garanzie previste dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali»: la proposta però non è stata approvata dal Senato e l'art. 12 nella forma in vigore al 31 dicembre 2012 non contiene indicazioni sulla lingua ufficiale.[57]
Secondo uno studio statistico dell'ISTAT pubblicato nel 2017, il 90,4% della popolazione è di lingua madre italiana:[7]
Ripartizione delle lingue ufficiali in Svizzera (2000)
Lalingua italiana in Svizzera è una delle quattro lingue ufficiali insieme altedesco, alfrancese e alromancio. Secondo i dati delcensimento dell'anno 2013, l'italiano è la lingua principale di oltre600000 persone residenti nella Confederazione (pari all'8,3 % della popolazione), di cui307268 residenti nelCanton Ticino, dove l'italiano, oltre a essere unica lingua ufficiale, è considerato la lingua principale dall'88,6% della popolazione.[58] Già la prima Costituzione moderna (quella che nel 1848 fa della Svizzera uno Stato federale), assegna all'italiano lo statuto di lingua nazionale. L'articolo 4 della costituzione federale recita appunto: "Le lingue nazionali sono il tedesco, il francese, l'italiano e il romancio".
Il territorio di lingua italiana (la cosiddettaSvizzera italiana) è costituito dal Canton Ticino e dalle quattro valli italofone del Cantone trilingue dei Grigioni (da Est a Ovest, si tratta delle valli Poschiavo, Bregaglia, Mesolcina e Calanca; le altre lingue di questo Cantone nel Sud-Est della Svizzera sono il tedesco e il romancio). L'italiano è considerato lingua principale dal 13,9% della popolazione nelCanton Grigioni.[59] L'italiano è diffuso infine nell'uso per ragioni turistiche nell'altaEngadina. L'unico ex comune svizzero sul versante settentrionale delle Alpi di lingua italiana,Bivio, sta invece subendo un processo di germanizzazione. In questo comune la lingua italianaè ora[quando?] parlata da poco meno del 30% degli abitanti (erano ancora l'80% nel1860).
Essendo lingua minoritaria, l'italiano in Svizzera gode di protezione e sussidi da parte di Confederazione e cantoni. L'articolo 70 della costituzione federale riguarda la politica linguistica svizzera, parte di esso recita: "Le lingue ufficiali della Confederazione sono il tedesco, il francese e l'italiano... La Confederazione sostiene i provvedimenti dei Cantoni dei Grigioni e del Ticino volti a conservare e promuovere le lingue romancia e italiana".
Il censimento del 2013 ha tracciato una mappa svizzera delle diffusione delle lingue in Svizzera.[60][61] I risultati sono riportati di seguito:
Aree di insediamento delle comunità nazionali italiane in Slovenia ed in Croazia
Aree di insediamento della comunità nazionale italiana in Slovenia
Comuni in Croazia dove la comunità italiana supera il 30% dei residenti
Comuni in Croazia dove la comunità italiana rappresenta tra il 5% e il 30% dei residenti
L'articolo 64 dellaCostituzione slovena riconosce diritti particolari alla comunità nazionale autoctona italiana. In particolare, gliitalofoni autoctoni sloveni hanno diritto:[Nota 4][62]
«...di istituire organizzazioni, di sviluppare attività economiche, culturali e di ricerca scientifica, nonché attività nel settore della pubblica informazione e dell'editoria. ...all'educazione e all'istruzione nella propria lingua nonché alla formazione e allo sviluppo di tale educazione e istruzione nella propria lingua. ...di coltivare i rapporti con la propria nazione madre e con i rispettivi Stati»
(Costituzione della repubblica Slovena, Articolo 64)
Tali diritti sono garantiti costituzionalmente dallo stato sloveno, materialmente e moralmente.[62] Alla comunità nazionale autoctona si aggiungono poi i cittadini italiani residenti in Slovenia: l'unione di queste due componenti costituisce il gruppo etnico deglisloveni italiani.In particolare riferimento al sistema educativo e scolastico è da notare come, in seguito alle leggi del 1996 sulle istituzioni prescolari, sulle scuole elementari e sulle scuole superiori, nelle scuole di madrelingua slovena operanti sul territorio dei comuni bilingui, l'italiano sia insegnata come lingua obbligatoria,[63] così come lo sloveno è insegnamento obbligatorio nelle scuole di madrelingua italiana.
Croazia
Distribuzione per comuni degli italiani madrelingua nellaRegione Istriana (Croazia) (2001)
Al di fuori dell'Istria, l'italiano è lingua coufficiale a livello comunale[64] nella cittadina diCherso (situata nell'omonima isola dellaRegione litoraneo-montana). Anche aFiume,Zara e in altre città costiere dellaDalmazia l'italiano è parlato o compreso da una parte (sia pur minoritaria) della popolazione, ma in tali aree gli italofoni non godono di tutele specifiche.
San Marino
Nella Repubblica diSan Marino è lingua nazionale dello Stato.
Ordine di Malta
L'italiano è la lingua ufficiale. Come tale, è usato nelle occasioni formali e solitamente negli eventi internazionali o dove gli italiani siano in maggioranza. Nelle occasioni soprattutto informali che avvengono in ambiti nazionali, i partecipanti usano la loro lingua nazionale (in Francia il francese e così via). In generale, le lingue più usate sono l'inglese, l'italiano, ilfrancese, iltedesco e lospagnolo, per esempio il sito internazionale è in queste lingue, elencate in questo ordine.[65]
Le stime diEthnologue (2020) valutano che al mondo vi siano 68 milioni di persone in grado di parlare italiano in 34 Paesi diversi, facendola risultare come la 27ª lingua parlata in base al numero di parlanti totali (64,6 milioni circa sono parlanti madrelingua L1). Alcuni milioni di parlanti sono residenti all'estero. Le stime disponibili tuttavia hanno un certo grado di arbitrarietà per quanto riguarda la definizione (più o meno rigorosa) del «parlare italiano».
Nel 2011, è inoltre fra le cinque lingue più studiate al mondo (come lingua non madre).[70]
In alcuni Paesi l'italiano, pur non avendo un riconoscimento ufficiale, ha un uso relativamente diffuso, anche se privo di riconoscimento giuridico. I Paesi in cui l'italiano è più parlato in rapporto alla popolazione, sono Malta (84%) e Albania (73%):[71] in termini assoluti i Paesi in cui l'italiano è maggiormente parlato sono Albania (1600000 abitanti) e Argentina (1500000 abitanti,ma stime non ufficiali indicano addirittura più di5000000 di italofoni[senza fonte]). Seguono Canada, Francia e USA, con1000000 di italofoni ciascuno.
Eritrea(lingua coufficialede facto, amministrativa e commerciale, perragioni storiche, al pari dell'inglese, dopo arabo e tigrino)[senza fonte]
Malta (lingua ufficiale fino al 1934; acquisita come lingua straniera, soprattutto per il commercio e il turismo, dall'84% della popolazione. Viene spesso appresa tramite la televisione italiana, che ha ricezione a Malta, o tramite le scuole, dove viene insegnata al pari di altre lingue straniere.)
Somalia (lingua ufficiale fino al 1963,oggi è lingua amministrativa e commerciale[senza fonte])
Francia (parlato dai discendenti dell'emigrazione italiana, conosciuto per motivi commerciali nelle aree più vicine all'Italia ed in regioni anticamente italiane)
Germania (parlato dai discendenti dell'emigrazione italiana, conosciuto anche per motivi commerciali)
Monaco (lingua ufficiale fino al 1860; lingua straniera più conosciuta e turistica e parlato come seconda lingua dopo ilfrancese da comunità consistenti)
Montenegro (lingua straniera più conosciuta e insegnata nelle scuole)
In totale, i cittadini italiani all'estero sono4341156; in particolare,2365170 in Europa,400214 in Nord e Centro America,1338172 in Sud America,56366 in Africa,45006 in Asia e136228 in Oceania.
Gli iscritti all'AIRE «provengono da residenze anagrafiche in Italia ed erano quindi precedentemente iscritti anagraficamente presso comuni italiani»,[78] e sono quindi spesso in grado di parlare italiano. Tuttavia, alcuni di loro "non sono mai stati scolarizzati in italiano né hanno mai parlato la [...] lingua in contesti formali e non, non avendo neanche appreso l'italiano in famiglia".[78] Per questo motivo Barbara Turchetta ritiene che "sebbene il numero di cittadini italiani residenti all'estero si avvicini a quello degli italofoni all'estero, esso è certamente in eccesso rispetto a quest'ultimo".[78]
Discendenti di emigrati italiani
Le stime sul numero di discendenti di emigrati italiani all'estero arrivano fino a un massimo di 80 milioni di persone.[79] Tuttavia, «degli oltre25000000 Italiani emigrati tra il 1876 e il 1976 appena7000000 circa possono considerarsi espatriati in maniera definitiva; il resto si limitò a un soggiorno variabilmente lungo all'estero prima di un ritorno definitivo in patria».[80]
Nelle comunità stabili di italiani all'estero la lingua nazionale è comunque usata relativamente di rado. Nel primo rapporto organico sulla diffusione dell'italiano nel mondo, la storia dell'uso della lingua italiana all'estero è stata in effetti descritta come quella di «un grande naufragio»:[81] tuttavia, i cittadini di altri Paesi che dichiarano di avere come lingua madre l'italiano sono complessivamente stimabili in due o tre milioni di persone.[81]
L'italiano come lingua straniera
L'italiano comelingua straniera (LS) è l'italiano insegnato fuori d'Italia ad apprendenti dimadrelingua non italiana. Alla fine deglianni settanta, l'Istituto dell'Enciclopedia Italiana commissionò aIgnazio Baldelli la prima indagine sui motivi che spingevano il pubblico degli apprendenti italiano LS a studiare l'italiano. L'italiano appare studiato soprattutto per due ragioni: il prestigio dellacultura italiana o un'ascendenza familiare italiana. Sempre in base all'indagine di Baldelli, furono stimati più di 700 000 apprendenti stranieri, donne per i due terzi: del totale, il 70% è di studenti, nei restanti casi soprattutto diimpiegati.[82]
Il 21 e 22 ottobre 2014 si sono svolti aFirenze, su iniziativa del Ministero degli Affari Esteri italiano, i primi «Stati generali della lingua italiana nel mondo», per fare il punto sulla situazione presente e definire strategie future per la diffusione della lingua a livello globale. Il libro biancoL'italiano nel mondo che cambia, realizzato in seguito all'evento, stima in oltre 1 milione gli studenti d'italiano all'estero, maggiormente inGermania (244 000),Australia (203 000) eStati Uniti (145 000).[83] I successivi Stati generali si sono tenuti il 17 e 18 ottobre 2016, sempre a Firenze.[84][85]
Enti di promozione della lingua italiana nel mondo
Istituti Italiani di Cultura
Il Ministero per gli Affari Esteri, attraverso la rete degli Istituti Italiani di Cultura, assicura la promozione della lingua italiana all'estero grazie a corsi di lingua e cultura italiana. Ogni anno, nel mese di ottobre, ha luogo laSettimana della lingua italiana nel mondo.[86]
Società Dante Alighieri
LaSocietà Dante Alighieri nasce nel 1889 grazie a un gruppo di intellettuali guidati daGiosuè Carducci e viene eretta Ente Morale con R. Decreto del 18 luglio 1893, n. 347: con d.l. n. 186 del 27 luglio 2004 è assimilata, per struttura e finalità, alle ONLUS. Il suo scopo primario, come recita l'articolo 1 dello Statuto sociale, è quello di "tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiane nel mondo, ravvivando i legami spirituali dei connazionali all'estero con la madre patria e alimentando tra gli stranieri l'amore e il culto per la civiltà italiana". Per il conseguimento di queste finalità, la "Dante Alighieri" si è affidata e si affida tuttora all'aiuto costante e generoso di oltre 500 Comitati, di cui più di 400 attivi in Africa, America, Europa, Asia e Oceania.
Comunità Radiotelevisiva Italofona
Costituita il 3 aprile 1985 quale collaborazione istituzionale tra radiotelevisioni di servizio pubblico –Rai,Rtsi,TV Koper-Capodistria,Radio Vaticana eSan Marino RTV – laComunità radiotelevisiva italofona nasce come strumento di valorizzazione della lingua italiana. La sua struttura articolata può essere illustrata da uno schema in tre cerchi: il primo cerchio è formato dai soci fondatori; il secondo comprende tutti i media "osservatori", registrati; il terzo cerchio, infine, include gli "amici", cioè quel quadro ambientale che favorisce l'humus di crescita della Comunità.
Quotidiani in lingua italiana
Tra i diversi quotidiani in lingua italiana editi in Paesi dove l'italiano non è lingua ufficiale nazionale, si citano:
In Italia pressoché tutti gli idiomi parlati accanto all'italiano, con esclusione delledodici minoranze linguistiche riconosciute per legge[87], sono generalmente definitidialetti italiani nonostante che essi non derivino dall'italiano ma, parallelamente a quest'ultimo, risalgono invece ad antiche forme locali dellalingua latina volgare.
Esistono dialetti che condividono con l'italiano una forte somiglianza tipologica, la condivisione di tratti fonetici e la mutua intelligibilità; tale è soprattutto il caso dei dialetti toscani, dai quali peraltro l'italiano deriva. Per quanto parlato in Francia, ilcorso è, da un punto di vista strettamente tipologico, linguisticamente assimilabile a un dialetto toscano e quindi ad una varietà d'italiano. Tuttavia, a causa dell'influenza culturale e politica francese, il governo di Parigi da più di un secolo è determinato a distaccare la cultura e il dialetto corso dalla sfera culturale italiana. Ciò nonostante a livello meramente linguistico il dialetto corso è e rimane sia in Corsica come anche nella Sardegna settentrionale tipologicamente affine all'italiano al pari dei dialetti toscani.[88]
Assieme alle lingue autoctone che si associano all'italiano per prossimità tipologica, vi sono dialetti che discendono dall'impianto dell'italiano standard nelle regioni in cui non era parlato. Tali dialetti si sono sviluppati in seguito alla diffusione massiccia della lingua ufficiale, a partire dall'Ottocento e ancor più dal Novecento. Si tratta di accenti che l'italiano ha assunto presso le comunità in cui è tuttora praticatadiglossia con la lingua locale, oppure di più complesse flessioni, che raccolgono elementi residuali lasciati dalla lingua originale di quei luoghi, la cui estinzione va al passo con il processo dideriva linguistica. Solo quest'ultima categoria di accenti e flessioni si può associare allostereotipo deldialetto come un parlare italiano corrotto; si tratta di una profonda inesattezza quando lo si associa invece a parlate native che semmai sono, al pari di ogni altro idioma romanzo, evoluzioni locali dellalingua latina, e non costituiscono quindi la "corruzione" di una variante standard corrente. La summenzionata variazione dell'italiano viene distinta socialmente (italiano popolare) e geograficamente (italiani regionali).[89]
Si tratta quindi di chiamaredialetti italiani nel senso di "varianti dell'italiano" solo le variazioni del tipo linguistico italiano, in base alle collocazioni geografiche e sociali, e le parlate native prossime all'italiano standard.Sulterritorio italiano quindi sono stati individuati altri tipi linguistici oltre al tipo italiano, i quali sono composti a loro volta dadialetti, che tuttavia non sonodialetti dell'italiano in senso stretto (cioè varianti), poiché derivano direttamente dal latino e hanno sviluppato l'autonomia del loro tipo linguistico, a prescindere dalla più o meno marcata coesione interna. Ciascun tipo autonomo rispetto all'italiano e rispetto agli altri tipi è considerato dai linguisti unalingua romanza a tutti gli effetti, ed è separata dal dominio dell'italiano.[90]
Per quanto riguarda il riconoscimento, le lingue non-romanze sono facilmente distinguibili, mentre le altre lo sono meno poiché generalmente si trovano incontinuum linguistico con il sistema delle lingue romanze. Le lingue romanze riconosciute dallo stato italiano nella loro autonomia sonosardo,catalano,francese,occitano,francoprovenzale,friulano eladino. Queste vengono chiamatelingue minoritarie ai sensi della legge 482/99,[91] perché si considera che facciano riferimento a modelli romanzi esterni allo Stato italiano (come francese, catalano, occitano e francoprovenzale), o per altre ragioni spesso dibattute (storiche, autonomistiche, di assenza del continuum, ecc: sardo, friulano e ladino).[92]
Le altre lingue romanze non sono riconosciute dallo Stato, e ne manca quindi una classificazione ufficiale sul piano politico. I linguisti tendono ad identificarne 5 gruppi oltre al sistema deidialetti toscani (quest'ultimi pienamente riferibili all'italiano):
Il motivo per cui queste lingue non sono riconosciute, sebbene non siano assimilabili all'italiano, è dibattuto.
Italianismi nel mondo
Dall'italiano provengono numerosiprestiti linguistici presenti in altre lingue. In Europa e anche oltre, ciò è dovuto principalmente al contatto con gli italiani o al diffondersi di movimenti culturali nati in Italia (comeRinascimento,Controriforma,Barocco,Neoclassicismo,Futurismo etc.), il che ha comportato che l'Italiano trasmettesse all'estero numerose parole, ad esempio nell'ambito della terminologia artistica, musicale, militare, finanziaria e culinaria. Inoltre, gli imperi marittimi di Genova e Venezia hanno contribuito a diffondere parole italiane nei territori loro soggetti. Alcuni idiomi stranieri hanno poi ricevuto parole dall'Italiano nei secoli più recenti a causa delladiaspora italiana e delcolonialismo italiano. È il caso dellospagnolo rioplatense, che si parla in Argentina e Uruguay, e delpaulistano, ossia delportoghese brasiliano parlato nella regione di San Paolo, eredità dell'immigrazione italiana inAmerica del Sud. Il colonialismo italiano ha influenzato ad esempio il vocabolario deltigrino, che si parla in Eritrea ed alcune parti dell'Etiopia, e del dialetto libico dell'arabo. L'osservatorio italianismi nel mondo (OIM) dell'Accademia della Crusca mira alla costituzione di una banca dati che possa raccogliere tutte le parole italiane e di origine italiana entrate nell’uso di altre lingue.[93]
Tutela della lingua italiana
La lingua italiana è priva di organismi ufficiali di normazione. Nonostante vi siano numerose istituzioni dedicate al suo studio e alla sua promozione, nessuna di queste è ufficialmente deputata all'elaborazione attiva di regole linguistiche, per esempio unagrammatica normativa, sul modello dellaReal Academia Española, dell'Académie française, delle accademie portoghesi (lusitana ebrasiliana) o altre. Non vi sono nemmeno organismi linguistici semi-ufficiali, sul modello svedese.[94] A differenza di questi e altri Paesi, inoltre, non si trovano riferimenti alla lingua italiana nei principi fondamentali dellaCostituzione nazionale[95] della Repubblica italiana: l'unico riferimento esplicito in una norma costituzionale è presente nell'articolo 99 dello statuto speciale delTrentino-Alto Adige (ex DPR n. 670 del 31 agosto 1972), a cui si aggiungonoriferimenti normativi di fonti subordinate (codici di procedura civile e penale e articolo 1 della Legge n. 482 del 15 dicembre 1999).[96]
Accademia della Crusca
L'Accademia della Crusca si propone lo scopo, espresso nell'articolo 1 del suo statuto, di "sostenere la lingua italiana, nel suo valore storico di fondamento dell’identità nazionale, e di promuoverne lo studio e la conoscenza in Italia e all’estero".[97] È inoltre membro fondatore della Federazione Europea delle Istituzioni Linguistiche Nazionali (EFNIL).
Come evidenziato nello statuto, l'accademia si occupa di promuovere lo studio della lingua italiana a fini storico-linguistici, lessicografici ed etimologici. L'attività scientifica dell'Accademia si svolge in tre campi principali:
il Centro studi di filologia italiana, che promuove lo studio e l'edizione critica degli antichi testi e degli scrittori italiani;
il Centro di studi di lessicografia italiana, che si occupa di studi sul lessico italiano e della compilazione di opere lessicografiche;
il Centro di studi di grammatica italiana, addetto allo studio della grammatica storica, descrittiva e normativa della lingua italiana.
il gruppo Incipit, osservatorio sui neologismi e forestierismi incipienti.[98]
Opera del Vocabolario Italiano
L'Opera del Vocabolario Italiano è l'istituto del CNR che ha il compito di elaborare il Vocabolario Storico Italiano. È membro fondatore della Federazione Europea delle Istituzioni Linguistiche Nazionali (EFNIL).[99]
^In particolare, sceglie questa soluzione fin dal titolo laGrammatica dell'italiano antico a cura di Giampaolo Salvi e Lorenzo Renzi (Bologna, il Mulino, 2010), che «descrive il fiorentino del Duecento, prima fase documentata della lingua italiana, e dei primi del Trecento» (p. 7).
^Espressione utilizzata dal Manzoni nell'introduzione alla sua ultima stesura deI promessi sposi, a indicare il suo intento di ripulire il proprio linguaggio dalle forme dialettiali e provinciali.
^Di identici diritti gode la comunità nazionale autoctonamagiara.
Bibliografiche
^Tagliavini, Carlo. "Le origini delle lingue neolatine". Patrono Ed. Bologna 1982
^ Olivier Durand,La lingua còrsa. Una lotta per la lingua, Brescia, Paideia, 2003, pp. 42-43.
^«La dominazione sabauda in Sardegna può essere considerata come la fase iniziale di un lungo processo di italianizzazione dell'isola, con la capillare diffusione dell'italiano in quanto strumento per il superamento della frammentarietà tipica del contesto linguistico dell'isola e con il conseguente inserimento delle sue strutture economiche e culturali in un contesto internazionale più ampio e aperto ai contatti di più lato respiro.» Loi Corvetto, Ines.I Savoia e le "vie" dell'unificazione linguistica. Citata in Putzu, Ignazio; Mazzon, Gabriella (2012).Lingue, letterature, nazioni. Centri e periferie tra Europa e Mediterraneo, p.488
^«L'italianizzazione dell'isola fu un obiettivo fondamentale della politica sabauda, strumentale a un più ampio progetto di assimilazione della Sardegna al Piemonte.» Amos Cardia,S'italianu in Sardìnnia. Candu, cumenti e poita d'ant impostu: 1720-1848; poderi e lìngua in Sardìnnia in edadi spanniola, Ghilarza, Iskra, 2006, p. 92.
^«En aquest sentit, la italianització definitiva de l'illa representava per a ell l'objectiu més urgent, i va decidir de contribuir-hi tot reformant les Universitats de Càller i de Sàsser, bandejant-ne alhora els jesuïtes de la direcció per tal com mantenien encara una relació massa estreta amb la cultura espanyola. El ministre Bogino havia entès que només dins d'una Universitat reformada podia crear-se una nova generació de joves que contribuïssin a homogeneïtzar de manera absoluta Sardenya amb el Piemont.» Joan Armangué i Herrero,Represa i exercici de la consciència lingüística a l'Alguer (ss.XVIII-XX), I.1, Cagliari, Arxiu de Tradicions de l'Alguer.
^Lorenzo Renzi e Alvise Andreosi - «Manuale di linguistica e filologia romanza» - nuova edizione, editore Il Mulino, Bologna, anno 2015, pagina 44 e 45
^Sergio Salvi -L'Italia non esiste - Editore CAMUNIA, Firenze 1996, pag. 112
^Tullio De Mauro,Distanze linguistiche e svantaggio scolastico. In Adriano Colombo, Werther Romani (a cura di),“È la lingua che ci fa uguali”. Lo svantaggio linguistico: problemi di definizione e di intervento, Quaderni del Giscel, La Nuova Italia, Firenze 1996, pp. 13-24 (Pdf).
^ Silvana Schiavi Fachin,Articolo 6: lingue da tutelare, suPatria Indipendente, 15 giugno 2017.URL consultato il 12 settembre 2022.
«Articolo 6: lingue da tutelare di Silvana Schiavi Fachin: [...] “Quando nel 1991 il Parlamento fece un primo esitante passo con l’approvazione da parte della Camera dei Deputati di un primo testo di tutela – la legge restò poi “ibernata” in Senato per ben otto anni – si sollevò, come scrisse Tullio De Mauro, “il coro agitato di intellettuali legati a un’ottica monolingue e comunque ostili a ogni presa in carico dei problemi linguistici del Paese…”.»
«[...] Fino al 1974 la maggioranza degli italiani, il 51,3 per cento, parlava sempre in dialetto. Ora chi parla sempre in dialetto è sceso al 5,4. Ma, regredendo l'uso esclusivo, è andato crescendo quello alternante di italiano e dialetto: nel 1955 era il 18 per cento, oggi è il 44,1. Quelli che adoperano solo l'italiano sono il 45,5 per cento. È vero che i toscani, i liguri e gli emiliano-romagnoli parlano solo in italiano fra l'80 e il 60 per cento e che i lucani, i campani e i calabresi vanno dal 27 al 20 per cento. Ma è vero anche che chi usa solo il dialetto in queste regioni del Sud non supera il 12-13 per cento". [...]»
^Tullio De Mauro include nelle minoranze linguistiche anche i Rom, poi esclusi dall'art. 2 della L. 482/99 perché privi dell'elemento "territorialità"
^ Tullio De Mauro,Distanze linguistiche e svantaggio scolastico (PDF), in Adriano Colombo e Werther Romani (a cura di),È la lingua che ci fa uguali”. Lo svantaggio linguistico: problemi di definizione e di intervento, collanaQuaderni del Giscel, Firenze, La Nuova Italia, 1966, pp. 13-24.
«L’Italia d’oggi continua a essere solcata da cospicue differenze di lingua tra coloro che praticano abitualmente il solo italiano o, accanto all’italiano, anche un dialetto (o una delle tredici lingue di minoranza) [...] . L’aspetto più interessante, coincidente con risultati ottenuti in altre parti del mondo, è che la presenza del dialetto in famiglia non è di per sé correlata a bassi punteggi. Lo è se è una presenza esclusiva, ma i dati fanno vedere che una componente dialettale accanto all’italiano non disturba e addirittura sembra giocare un ruolo positivo: ragazzi che parlano costantemente e solo italiano hanno punteggi meno brillanti di ragazzi che hanno anche qualche rapporto con la realtà dialettale. Assai più che l’idioma parlato a casa, altri fattori incidono sui livelli di comprensione di testi [...]»
^Sintesi riportata in Mari D'Agostino,Sociolinguistica dell'Italia contemporanea, Bologna, il Mulino, 2007, p. 58.Documento completo (PDF). nel sito ISTAT.
^Per un precedente tentativo proposto dal senatoreFelice Carlo Besostri, in direzione analoga ma sotto forma di novella all'articolo 6 Cost., v. Fabio Ratto Trabucco,La costituzionalizzazione della lingua italiana: un'occasione per la "valorizzazione" degli idiomi regionali e locali, inIl Politico, vol. 75, n. 1, gennaio-aprile 2010, pp. 223-234.
^ Ufficio federale di statistica,Ticino, subfs.admin.ch.URL consultato il 5 novembre 2022.
^ Ambasciata d'Italia a Tirana,I rapporti bilaterali, suambtirana.esteri.it, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.URL consultato il 14 novembre 2018(archiviato dall'url originale il 14 novembre 2018).
Ignazio Baldelli (a cura di),La lingua italiana nel mondo: indagine sulle motivazioni allo studio dell'italiano, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1987.
Tullio De Mauro,Storia linguistica dell'Italia unita, Bari, Laterza, 1970.
Claudio Giovanardi ePietro Trifone,L'italiano nel mondo, Roma, Carocci, 2012.
Rogers, Derek, D'Arcangeli, Luciana. 2004.Illustrations of the IPA: Italian. In:Journal of the International Phonetics Association. Cambridge, Cambridge University Press, pp. 117–121.
Barbara Turchetta,Il mondo in italiano: varietà e usi internazionali della lingua, Roma-Bari, Laterza, 2005,ISBN88-420-7706-2.
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