Date tratte da D. B. Wallace,Greek Grammar Beyond the Basics: An Exegetical Syntax of the New Testament,Grand Rapids,1997, pag. 12.
La forma più arcaica di greco che ci sia nota attraverso la scrittura è ilmiceneo o acheo, la lingua parlata dalle classi dominanti nei centri palaziali dellaciviltà micenea; altre forme di greco, di cui alcune in parte note attraverso testimonianze, coesistevano accanto al miceneo. Alla fine delII millennio a.C. questa lingua regredì a causa del crollo della civiltà micenea, lasciando il posto al cosiddetto greco antico, ossia un insieme di variantimutualmente intelligibili che prendono il nome didialetti; da uno di questi dialetti, lo ionico-attico, in età alessandrina si sviluppò il greco ellenistico, definito "koinè" (κοινή) o "greco biblico", la prima forma comune di greco; la sua evoluzione porterà algreco bizantino e infine algreco moderno.
Il greco antico è stato indubbiamente una delle lingue più importanti nella storia della cultura dell'umanità: è stata la lingua diOmero, dei primi filosofi e dei primi scrittori dell'occidente. Termini del greco antico sono stati presi in prestito daiRomani nella lingua latina e attraverso questi sono arrivati fino ai nostri giorni. Lanomenclatura binomiale, sebbene sia espressa inlatino, attinge fortemente dal vocabolario del greco antico. Numerosi concetti tipici della contemporaneità, come quello didemocrazia, sono nati nella Grecia antica e sono pervenuti fino ai nostri giorni.
Come ilgreco moderno, che ne è una profonda evoluzione, il greco antico era una lingua indoeuropea le cui origini sono ancora oggi difficili da chiarire: i diversi dialetti parlati in Grecia avevano una comune radice che i linguisti hanno chiamatoprotogreco ed erano diffusi, prima dellamigrazione dorica, nell'area balcanica. Rintracciare un antenato precedente risulta molto difficoltoso, causa la mancanza di testi scritti, ma sembra possibile affermare che fosse presente una stretta comunanza di radici tra greco antico elingua armena (alcuni parlano così di un progenitore chiamato "greco-armeno").
Si può pensare che il proto-greco abbia perso la propria unità linguistica al tempo dell'invasione dorica, a seguito della quale, in un periodo compreso fra il 1200 e il 1000 a.C., si è avuto lo sviluppo di numerose varianti di greco antico, ricordate comedialetti greci antichi. Le prime attestazioni del greco antico compaiono attorno all'VIII secolo a.C. con lo sviluppo di un determinato tipo di alfabeto.
La perdita dell'unità linguistica porta allo sviluppo di diverse varietà di greco, ciascuna delle quali deriva il proprio nome da quello della popolazione greca in cui era parlata: così, ildialetto dorico era parlato dai Dori, l'eolico dagli Eoli, loionico dagli Ioni. Ogni dialetto aveva sue caratteristiche, ma tutti erano talmente affini l'uno con l'altro da essereintelligibili tra loro.
Il greco antico è studiato ancora oggi inEuropa in alcune scuole secondarie superiori, insieme allatino: esempi sono illiceo classico inItalia, l'Humanistisches Gymnasium inGermania e legrammar schools nelRegno Unito. In Italia è studiato ogni anno dall'8 per cento[1][2][3] degli alunni delle scuole superiori (gli iscritti nei licei classici), la quota più alta tra i Paesi occidentali. Insieme al latino, il greco antico è materia di studio all'università, nel corso di studi inlettere classiche.
Essa era articolata in sottogruppi linguistici, chiamatidialetti greci antichi, che erano:
ildialetto ionico, parlato nelle isole egee, nellaIonia microasiatica, nelle colonie ioniche d'oltremare;
ildialetto attico, parlato inAttica (la regione diAtene), è strettamente connesso allo ionico, tanto da essere anche detto ionico-attico. Acquisterà grande importanza nella letteratura grazie all'egemonia ateniese;
Ilgreco nord-occidentale, parlato nel Peloponneso di nord-ovest, nella Grecia centrale, in Macedonia (greco macedone), inEpiro (ma i Greci consideravano μιξοβάρβαρος, semibarbara, la lingua delle regioni periferiche di nord-ovest);
ildialetto panfilio, anch'esso consideratoμιξοβάρβαρος dai Greci della madrepatria, parlato sulle coste dellaPanfilia ed effettivamente contaminato da influssi adstratici di lingue epicoriche non greche.
uno statuto a sé aveva invece ildialetto omerico. Mai effettivamente parlato da alcuna popolazione, era la lingua usuale della poesia epica e si basava sullo ionico, mescolato a significativi apporti eolici, con la sopravvivenza di corposi relitti fonetici, morfologici e lessicali del dialetto miceneo.
Per la grammatica e le particolarità linguistiche di questi dialetti, si rimanda alle voci indicate dai collegamenti. La grammatica di cui delineeremo gli aspetti fondamentali è improntata in larga parte aldialetto attico, parlato adAtene, e impostosi dalV secolo a.C. in poi come lingua panellenica, a causa dell'egemonia militare, politica, economica, culturale di Atene; tale dialetto, insieme a una componenteionica più o meno forte a seconda dei luoghi, sarà alla base dellaκοινὴ διάλεκτος, lakoinè di età ellenistica, la lingua franca del Mediterraneo nota anche come greco comune, greco alessandrino o greco ellenistico. Essa non coincide appieno con ildialetto attico puro.
la presenza didittonghi, caratterizzati dall'incontro di una vocale aperta o semi-aperta, lunga o breve (α ε ο η ω), con una vocale chiusa breve (ι υ);
lacontrazione vocalica, ossia la riduzione a un dittongo o a una vocale lunga delle coppie di vocali consecutive che non formino dittongo. Tale contrazione è sistematica nel dialetto attico, che mostra spiccata avversione per loiato;
In età medievale e nel primoRinascimento predominava fra gliumanisti un'altra pronuncia, quella cosiddettareuchliniana oroicliniana, così chiamata poiché fu l'umanistaJohannes Reuchlin a sostenerne la validità. Tale pronuncia, legata allapronunciaitacistica cosiddettabizantina, era la stessa che i bizantini applicavano al greco che parlavano (allo stesso modo in cui in Italia il latino e l'italiano sono prevalentemente pronunciati alla stessa maniera)[4] e risaliva ai mutamenti fonetici avvenuti in etàetà ellenistica, le cui prime avvisaglie sono però in parte rivelate dalla realtà fonetica sottesa ad alcune riflessioni linguistiche dei dialoghi diPlatone.
La pronuncia itacistica fu importata inItalia dagli intellettuali bizantini scampati alla conquista e al saccheggio diCostantinopoli (1453) da parte deiTurchi. Quegli intellettuali (fra cui spiccavano ilfilosofoneoplatonicoEmanuele Crisolora e il cardinaleGiovanni Bessarione) impressero alla lettura dei classici greci il loro accento e la loro inflessione. Essi leggevano /i/ anche le lettereη eυ, i dittonghiει,οι eυι e pronunciavano /ɛ/ il dittongoαι; inoltre pronunciavano /v/ la lettera υ nei dittonghiαυ edευ prima di vocale o consonante sonora e /f/ prima di consonante sorda; come /v/ era letta anche laβ. Davano poi pronuncia fricativa aγ eδ (rispettivamente/ɣ/ e/ð/), come anche alle aspirateφ/f/,χ/x/ eθ/θ/.
Fu un altro grande umanista, l'olandeseDesiderio Erasmo da Rotterdam ad opporsi alla pronuncia itacistica del greco antico. Questi, studiando lefigure di suono nei poeti comici, in particolare leonomatopee, scoprì che la pronuncia antica era diversa da quella roicliniana: il belato della pecora inCratino,commediografo ateniese del V secolo a.C., è infatti imitato conβῆ βῆ, il che denunciava il vero suono delle lettere greche che componevano questa particolare onomatopea: non/vi/, ma/bɛː/. Pertanto Erasmo scoprì e cercò di ripristinare la vera pronuncia classica, che da lui prende il nome dierasmiana.
La pronuncia erasmiana pura, come Erasmo l'ha formulata, presenta tuttavia alcune imprecisioni: all'epoca, infatti, mancavano ancora tutti gli studi dilinguistica storica sviluppati a partire dal XIX secolo. Grazie alle nuove informazioni, i linguisti hanno quindi perfezionato la ricostruzione, definendo i caratteri della vera pronuncia greca classica, delV secolo a.C.; questa pronuncia perfezionata è dettapronuncia scientifica ed è illustrata nelle pubblicazioni diSidney Allen. La pronuncia nella prassi scolastica convenzionale italiana, tuttavia, pur avendo come base la forma erasmiana, differisce tuttavia per diversi aspetti:
la pronuncia scolastica non distingue in modo sensibile le vocali brevi dalle lunghe, come invece andrebbe fatto;
le consonantiφ θ χ, che usualmente si pronunciano, rispettivamente,/f/ (come laf italiana difede),/θ/ come lath inglese dithird (alcuni pronunciano il θ/t͡s/, come laz aspra italiana dispazio, ma ciò non ha alcuna giustificazione storica), e/x/ (come lach tedesca diBach, come ilc toscano lenito, in pratica), nel greco classico erano delle vere e proprie occlusive come /p/ /t/ /k/, da cui si distinguevano perché accompagnate da un'aspirazione (come le occlusive sorde prevocaliche in tedesco e in inglese);
la consonanteζ (zeta), che in età ellenistica già si pronunciava/z/ (come las intervocalica italiana dirosa), nel greco arcaico si pronunciava/zd/ (e così ancora la pronunciavano nel V secolo iparlanti dorici eeolici, che scrivevano direttamente σδ). In età classica, inAttica, si cominciò a pronunciare questa lettera come /d͡z/ e, dalla seconda metà del IV secolo,/zː/, in seguito/z/. Si ricordi peraltro che lazeta fu introdotta nell'alfabeto latino solo successivamente, per trascrivere le parole di origine greca.
g (sempre velare, come ingatto,ghiro); se si trova prima di γ, κ, χ, e ξ (le velari) è dettogamma nasale e si pronuncia/ŋ/, come la nostran dipanca; dalla tarda koinè/ɣ/.
δέλτα
dèlta
Δ
δ
d/d/; dalla tardakoinè/ð/, sonora cometh sonoro inglese dithe
La scrittura greca antica non è tuttavia quella oggi utilizzata per riportare i testi greci. La distinzione tra lettera maiuscole e minuscole, ad esempio, non si può far risalire a prima delMedioevo, mentre un sistema di accentazione completo risale all'XI secolo. Così la nostra lettera "S" corrispondeva solo a "Σ" e, dall'età alessandrina, "Ϲ" (il cosiddettosigma lunato): il sigma finale, "ς", risale infatti al Medioevo. Anche la punteggiatura è una introduzione moderna. CosìBarry P. Powell[5] ricorda: «Nelle più antiche attestazioni di scrittura greca, quali possiamo ricostruire sulla scorta delle poche iscrizioni superstiti, non c'è alcuna distinzione grafica traomicron (=o breve) eomega (=o lungo), oppure traepsilon (e breve) edeta (e lungo) e le consonanti doppie sono scritte come quelle semplici. Le parole non vengono separate l'une dalle altre, sono assenti segni diacritici quali l'accento [...]». Nelle testimonianze più antiche, la scrittura era di tipo "bustrofedico" (=segue il movimento del bue) ovvero dapprima da destra verso sinistra per risultare da sinistra verso destra al rigo successivo. La lettura rappresentava quindi un flusso continuo di suoni e veniva decodificata per mezzo delle orecchie e non per mezzo degli occhi come per i moderni.[5]
Regno Unito: si studia nelle scuole che offrono corsi classici, spesso in combinazione con il latino.
Germania: è disponibile in moltiGymnasien (scuole secondarie simili al liceo classico italiano), in particolare in quelle con un forte enfasi sulle discipline umanistiche.
Francia: è offerto come materia opzionale in alcuni licei, specialmente nelle “classi preparatorie” per legrande école.
Spagna: è scelto da pochi studenti come materia a scelta in alcuni licei[7].
^Al tempo non si faceva alcuna differenza di pronuncia fra la lingua antica "di cultura" e la lingua parlata, né in Occidente, né in Oriente: la lingua antica era letta e pronunciata nello stesso modo in cui si parlava e si leggeva la lingua vernacolare. Le due forme, antica "scritta" e parlata, non venivano percepite come lingue diverse ma come semplici varianti dello stesso idioma con usi specifici differenti; i greci, in particolare, non hanno mai percepito un vero e proprio stacco nell'evoluzione della lingua e tutt'oggi considerano il greco antico indissolubilmente legato in un flusso continuo alla lingua che parlano.
^ab Barry P. Powell,Omero, Bologna, il Mulino, 2004, p. 18.