Lastoria di Lodi trae le sue origini dalle vicende legate all'antico borgo diLaus Pompeia, così chiamato a partire dall'89 a.C. in onore delconsoleromanoGneo Pompeo Strabone[1].
L'insediamento fu fondato daiCelti Boi in un territorio abitato fin dalNeolitico dai primi agricoltori e allevatorinomadi[2]; in epoche successive, la città divennemunicipium romano (49 a.C.),sede vescovile (IV secolo) e infine – dopo essere passata sotto il controllo deiLongobardi e deiFranchi –libero comune (XI secolo)[3]. NelMedioevo, in virtù della sua posizione geografica privilegiata e dell'intraprendenza dei suoi abitanti, la borgata insidiò la supremazia commerciale e politica della vicinaMilano; la tensione fra i due comuni sfociò in un aspro conflitto armato, nel corso del quale le milizie ambrosiane distrusseroLaus per due volte[4].
La città fu rifondata per iniziativa dell'imperatoreFederico Barbarossa il 3 agosto 1158, giorno ricordato quale data di nascita della nuova Lodi[5]. Grazie allesignorie e alla protezione degli imperatori, il comune rimase indipendente sino al 1335, allorché cadde sotto il dominio deiVisconti diventando uno dei maggiori centri delDucato di Milano[6]. A metà del XV secolo ospitò le importanti trattative fra gliStati preunitari italiani che condussero allapace di Lodi (9 aprile 1454); nei decenni seguenti – in virtù dei contributi di numerosi artisti e intellettuali – visse una stagione di grande splendore culturale[7].
Tra la fine del Cinquecento e la metà dell'Ottocento, i lodigiani subirono le occupazioni straniere: il periodo spagnolo fu una fase di decadenza, durante la quale l'abitato fu trasformato in unafortezza; sotto la dominazione austriaca, invece, la città conobbe un'epoca di decisa espansione economica e di rinnovamento urbanistico; labattaglia del ponte di Lodi (10 maggio 1796) aprì la parentesi del ventennio napoleonico[8].
I decenni successivi all'unità d'Italia videro la nascita delle prime fabbriche nonché una rifioritura della vita culturale e dell'attivismo civile[9]. I lodigiani giocarono un ruolo importante anche durante laResistenza[10]. Dal 6 marzo 1992, la città ècapoluogo di unaprovincia italiana[11].
Con ogni probabilità il territorio lodigiano era occupato sin dalNeolitico dapopoli nomadi di agricoltori e allevatori[13]. Come testimoniato dai ritrovamenti archeologici, i primi insediamenti stabili – ricompresi all'interno di un triangolo avente vertici coincidenti con gli abitati moderni diGugnano,Lodi Vecchio eMontanaso Lombardo – risalgono all'età del ferro e si devono verosimilmente allo stanziamento di alcune tribù diLiguri; il reperto più antico, conservato presso ilMuseo civico di Lodi, è un anello dibronzo recante un'incisione che raffigura sei oche[13]. Il villaggio principale, che in un'epoca posteriore avrebbe assunto la denominazione diLaus, si trovava in corrispondenza di Lodi Vecchio, circa7 km a ovest rispetto al luogo in cui sorge la città diLodi; nel terzo libro dellaNaturalis historia,Plinio il Vecchio afferma espressamente che il borgo fu fondato daiCelti Boi[12], sebbene storicamente quell'area fu sempre controllata dagliInsubri[2]. Iltoponimo gallico dell'insediamento non ci è stato tramandato con precisione, il che rende proibitivo ricostruire l'esattaetimologia del nome "Laus"[14].
Secondo quanto riferisce lo storico grecoPolibio, iRomani giunsero nellaPianura Padana fra il 223 e il 222 a.C., anni in cui iconsoli (Publio Furio Filo eGaio Flaminio Nepote prima,Marco Claudio Marcello eGneo Cornelio Scipione poi) attaccarono e sconfissero gli Insubri[15][16]. Questa prima occupazione ebbe breve durata, dal momento che iCelti – profittando della discesa diAnnibale – riconquistarono l'indipendenza e la mantennero per oltre vent'anni[16]. Solo nel 195 a.C. la resistenza degli Insubri fu definitivamente sopraffatta: da allora sino al 49 a.C.,Laus fece parte dellaprovincia romana dellaGallia Cisalpina[16]. Frattanto nell'89 a.C. il borgo era stato ribattezzato "Laus Pompeia" in segno di riconoscenza nei confronti del consoleGneo Pompeo Strabone, che proprio quell'anno aveva promosso laLex Pompeia de Transpadanis, concedendo ildiritto latino – ovvero unostatus intermedio fra la pienacittadinanza e la condizione disuddito – agli abitanti delle comunità situate a nord delPo[16]. Il provvedimento di Strabone aveva determinato una trasformazione radicale non solo dal punto di vista giuridico, ma soprattutto sotto il profilo culturale e urbanistico: illatino fu adottato come lingua ufficiale e l'insediamento fu riedificato in forma approssimativamente rettangolare, sul modello delcastrum[17]. Quarant'anni più tardi, i laudensi divennerocives romani a tutti gli effetti:Laus Pompeia acquistò contestualmente il rango dimunicipio, governato in autonomia da unquadrumvirato e da unconsiglio cittadino, ambedue elettivi[17].
Il Museo civico di Lodi custodisce un frammento di marmo nero, risalente al I secolo d.C., sul quale campeggia l'epigrafe: «Tiberio Cesare Augusto, figlio di Augusto, eDruso Cesare, figlio di Augusto, fecero costruire questa porta»; doveva quindi esistere una cinta muraria[18]. Com'era prerogativa di ogni città romana, erano presenti anche ilforo, labasilica civile, il mercato coperto, il teatro e le terme[18].Laus divenne rapidamente un fiorente polo agricolo, artigianale e commerciale, grazie soprattutto alla sua privilegiata collocazione geografica: il borgo era situato infatti nella parte centrale della Pianura Padana, sulla confluenza dellestrade che daPlacentia (Piacenza) e daAcerrae (Pizzighettone) conducevano aMediolanum (Milano), nonché nel punto di intersezione di queste con la via che daTicinum (Pavia) risaliva fino aBrixia (Brescia)[19]. Il primo artigiano laudense di cui esista testimonianza, specializzato nella produzione diceramiche, si chiamava Lucio Acilio[20].
Il culto più praticato sul territorio – accanto alla venerazione perMaia,Mefite eMercurio – era quello diErcole, che nella tarda romanità assurse a simbolo del potere dello Stato e della civiltà che prevale sulla barbarie; invero questa cospicua diffusione fu verosimilmente dovuta all'identificazione con una precedente divinità celtica,Ogmios[17][21]. Il tempio dedicato a Ercole sorgeva fuori città, sulla riva destra dell'Adda, dove a Lodi Nuova si trova lachiesa di Santa Maria Maddalena[17]. Come in ogni altro luogo dell'Impero romano, era vivissimo anche ilculto dei defunti[17]. La presenza di unacomunità cristiana aLaus – dove nel 303 furonomartirizzati i soldatiberberiVittore il Moro,Nabore e Felice – è attestata sin dal III secolo, ma l'istituzione delladiocesi avvenne solo consan Bassiano fra il 373 e il 374[22]. Un'epistola disant'Ambrogio riporta che nel novembre 387 Bassiano invitò il vescovoFelice di Como e il medesimo Ambrogio alla cerimonia diconsacrazione dellabasilica dei XII Apostoli, una delle chiese più antiche dellaLombardia, situata nelsuburbio diLaus Pompeia[20].
Leinvasioni barbariche – che avevano interessato il territorio laudense già nel 271, con la calata diIutungi eAlemanni – ripresero con maggior vigore agli inizi del V secolo, sicché si decise – per maggior sicurezza – di trasferire la sede episcopale all'interno delle mura: il sito prescelto per la nuovacattedrale di Santa Maria fu il lato sud dell'antico foro, dove oltre 1 400 cristiani erano stati uccisi ai tempi delle persecuzioni diDiocleziano eMassimiano[23][24].
Il 18 novembre 401 iVisigoti diAlarico I valicarono leAlpi, puntando sulla Pianura Padana e seminando devastazione nelle campagne sguarnite; nel febbraio seguente le strade pressoLaus erano impraticabili, tanto che ilsenatoreQuinto Aurelio Simmaco – per recarsi aMediolanum a incontrare l'imperatoreOnorio – una volta giunto a Piacenza dovette passare per Pavia[24][25]. Nel 452 gliUnni diAttila penetrarono inItalia, attaccando Milano e colpendo duramenteLaus Pompeia; i lodigiani furono inoltre coinvolti dagli scontri fraFlavio Oreste eOdoacre, re degliEruli, nonché fra quest'ultimo eTeodorico il Grande, re deiGoti[24][26]. Anche laguerra gotica del VI secolo, combattuta dagliOstrogoti contro l'imperatore bizantinoGiustiniano I, inflisse danni ingenti alla città[24]. In seguito fu la volta deiLongobardi, che irruppero inItalia settentrionale nel 568 e conquistarono Milano l'anno successivo, ma assediarono e occuparonoLaus soltanto nel 575, dopo la resa di Pavia; con ogni probabilità i laudensi capitolarono a causa di un arretramento volontario del fronte, dovuto al fatto che l'abitato era ormai considerato indifendibile[24].
Sebbene lepaludi – presenti sul territorio fin dallapreistoria – fossero ancora estremamente diffuse, soprattutto a est della città, in quell'epoca si verificarono un'estensione e una razionalizzazione delle colture (vigneti,prati,cerreti,castagneti e perfinooliveti)[27]. Inoltre, a dispetto della protratta fase di declino, iniziarono a svilupparsi le prime attività commerciali su larga scala: in un decreto emanato dal sovrano longobardoLiutprando, risalente al 715, si legge infatti che i traffici da e per l'Adriatico erano garantiti aLaus da due porti fluviali, posti rispettivamente alla confluenza delLambro e dell'Adda nel Po[28].
Nel 774 iniziò la lunga dominazione deiFranchi, durante la quale la città fu elevata acapoluogo di uncomitatus, ossia di unacircoscrizione amministrativa dell'Impero carolingio[29]. Tra la fine del IX secolo e il principio di quello successivo, nel corso della cosiddetta "anarchia feudale", ebbero luogo due incursioni deiMagiari a cui seguì un periodo di quiete, grazie agli accordi stretti con loro dal reBerengario; queste nuove scorribande instillarono tuttavia un sentimento di paura collettiva, che indusse una parte della popolazione a rifugiarsi all'interno di alcunicastelli costruiti a sud del borgo[29]. Il 24 novembre 975, con un diploma dell'imperatoreOttone II di Sassonia, il vescovoAndrea ottenne il riconoscimento delpotere temporale sulla città e sul territorio circostante entro un raggio di settemiglia, diventando quindi il primovescovo-conte diLaus: il sovrano cedette ad Andrea i possessi terrieri, le famiglie diservi della gleba, la gestione dei mercati e i proventi delle tasse; tali prerogative furono ampliate nel luglio 981 con un secondo provvedimento, che affidò alla diocesi anche l'amministrazione della giustizia[29]. La figura del vescovo Andrea fu cruciale per la storia della comunità lodigiana nelMedioevo, giacché egli pose le basi per la futura autonomia cittadina in forma divassallaggio diretto al monarca, nell'ambito delsistema feudale[29].
Agli inizi dell'XI secolo,Laus costituiva uno dei maggiori ostacoli all'espansione politica ed economica di Milano, avviata a trasformarsi in un centro mercantile di levaturaeuropea: i laudensi detenevano infatti il controllo pressoché esclusivo dei traffici commerciali attraverso i fiumi del territorio, segnatamente il Lambro, richiedendo dei pedaggi alle imbarcazioni che risalivano i corsi d'acqua[29].
In tale contesto si inserì l'operato dell'arcivescovo di MilanoAriberto da Intimiano, che incarnava pienamente lo spirito imperialistico dell'epoca: quando nel 1027 morì il vescovo lodigiano Notker, successore di Andrea, egli si avvalse di una facoltà concessagli dal sovranoCorrado II il Salico e impose al clero diLaus la nomina episcopale diAmbrogio II di Arluno, uncanonico che avrebbe agito come suo lealevalvassore[27]. Ritenendo che tale disposizione fosse un'indebita ingerenza nei propri affari, i laudensi si opposero con fermezza e impedirono l'ingresso in città del vescovo designato; Ariberto a sua volta non desistette e raccolse intorno a sé un esercito, occupando militarmente le campagne diLaus e cingendo d'assedio il borgo[27]. Consapevoli di avere scarse possibilità di resistere, i cittadini firmarono infine un accordo di pace, pronunciarono un giuramento di fedeltà all'arcivescovo e accettarono l'elezione di Ambrogio II, che rimase in carica fino al 1051[27].
I decenni successivi videro il divampare di tumulti, sempre seguiti da razzie e devastazioni, in tutti i territori assoggettati ai milanesi[30]. Questo continuo stato di tensione sfociò nello scoppio di unaguerra fraLaus e Milano: il conflitto ebbe inizio nel 1107, allorché i laudensi allontanarono il vescovo Arderico da Vignate, accusato di un atteggiamento troppo subalterno nei confronti dell'arcidiocesi presieduta daPietro Grossolano[30]. Nel frattempo, su iniziativa dell'emergenteborghesia mercantile,Laus era diventata unlibero comune, amministrato da uncollegio elettivo formato da seiconsoli e rinnovato a cadenza annuale; l'arengo, sede del governo municipale, si trovava a poca distanza dalla basilica dei XII Apostoli[30]. Malgrado avessero stretto alleanza con Pavia eCremona, anch'esse rivali di Milano, i lodigiani apparivano destinati a soccombere dinanzi alla superiore potenza militare della città ambrosiana, anche perché l'unico dispositivo difensivo era rappresentato dalle antiche mura romane, risalenti al I secolo d.C. e dunque ormai obsolete; inoltre il centro abitato si era progressivamente esteso oltre la cerchia con una serie di sobborghi, attorno ai quali era stato scavato un semplicefossato[30][31]. La capitolazione diLaus fu ritardata solo daEnrico V di Franconia che, tra la fine del 1110 e l'inizio dell'anno successivo, scese in Italia per farsi incoronare imperatore dapapa Pasquale II, intimando la sospensione delle ostilità; il 24 maggio 1111 – mentre il sovrano era in viaggio fraVerona e ilpasso del Brennero, sulla via del ritorno inGermania – i milanesi decisero di attaccare la città e la distrussero: dapprima vennero abbattute le mura, quindi le abitazioni furono saccheggiate e incendiate[30].
Le condizioni di pace imposte ai laudensi prevedevano il divieto di ricostruire gli edifici danneggiati e il giuramento di «sudditanza perpetua» ai vincitori; un'ulteriore clausola disponeva la soppressione del mercato settimanale del martedì, uno dei più importanti dell'intera Lombardia, che costituiva una cospicua fonte di guadagno per i cittadini[30]. In quegli anni i lodigiani dovettero sottostare a Milano senza alcuna forma di autonomia, come dimostra il fatto che furono obbligati a inviare un contingente di duecento fanti in occasione dell'assedio diComo del 1126[32]. NondimenoLaus riuscì in parte a risollevarsi: il cronistaOttone Morena – testimone oculare degli avvenimenti – racconta che la popolazione superstite abbandonò le case distrutte e «cominciò ad abitare in sei borgate nuove»[32]. La basilica e la cattedrale di Santa Maria, risparmiate dalla devastazione, continuarono ad accogliere i laudensi; al contempo si verificò una lentissima ripresa dell'agricoltura[32].
Nel marzo del 1153, poco dopo la sua elezione, l'imperatoreFederico Barbarossa convocò unadieta aCostanza per affrontare anche le questioni legate alla politica italiana; Albernando Alamanno e Omobono Maestro, due commercianti lodigiani, chiesero udienza al monarca e si presentarono al suo cospetto in abito dapenitenti, protestando per il torto subìto a opera dei milanesi[33]. Il sovrano prestò loro ascolto e decise di indirizzare alle autorità ambrosiane una lettera di reprimenda, che egli affidò almissus dominicus Sicherio; quest'ultimo – ignorando le resistenze manifestate dagli stessi laudensi, che temevano pesanti ritorsioni da parte della città rivale – recapitò la missiva imperiale ai consoli di Milano, i quali tuttavia lo coprirono di minacce e lo costrinsero a fuggire[33]. L'anno seguente, trovandosi in Italia per la cerimonia d'incoronazione, il Barbarossa indisse unadieta a Roncaglia, dove arrivò il 30 novembre 1154: in questa circostanza, Federico ricevette le rimostranze dei delegati lodigiani, pavesi e comaschi nei confronti dell'operato dei milanesi, i quali a propria volta offrirono al monarca un'ingente somma di denaro pur di ottenere la sua approvazione, salvaguardando così la loro egemonia sugli altri comuni lombardi[33]. L'imperatore rifiutò la proposta dei consoli ambrosiani, ordinando loro di «sottomettersi tutti a lui, senza condizione alcuna», mentre agli abitanti diLaus fu concessa la riapertura del mercato, il che giovò all'economia locale[33].
I milanesi dovettero quindi aspettare che il sovrano tornasse in Germania per colpire i loro principali nemici separatamente: dapprima Cremona (estate 1157), poi Pavia (inverno 1157-1158) e infine ancoraLaus (primavera 1158)[33]. In particolare, larappresaglia contro i laudensi fu oltremodo severa: le tasse furono notevolmente inasprite, alcuni beni furono confiscati e fu istituito il divieto di allontanarsi dal borgo nonché di vendere le terre possedute da meno di sessant'anni, affinché nessuno cercasse di sottrarsi al controllo di Milano; inoltre a tutti i cittadini maschi fu imposto di rinnegare la fedeltà all'imperatore e di giurare completa obbedienza alle autorità ambrosiane, pena il definitivo annientamento della comunità[33]. I tentativi di mediazione del vescovo Lanfranco e dipapa Adriano IV non furono ascoltati: di fronte al diniego dei lodigiani, il 23 aprile 1158 le milizie milanesi raggiunseroLaus, vi entrarono e la saccheggiarono, sotto gli occhi degli abitanti che non opposero alcuna resistenza; nell'arco di tre giorni le coltivazioni furono devastate, gli alberi vennero abbattuti e la città fu interamente rasa al suolo[34]. I profughi si diressero soprattutto verso Pizzighettone e Cremona, dove trovarono accoglienza[35].
Federico Barbarossa si ripresentò in Italia l'8 giugno 1158: accampatosi pressoMelegnano, ricevette una processione di esuli lodigiani che chiedevano giustizia[35]. Nell'ottica di ridimensionare la supremazia di Milano, da lui giudicata pericolosa, il sovrano promosse in prima persona la ricostruzione della città, che egli stesso rifondò il successivo 3 agosto in una posizione più appropriata dal punto di vista strategico: il sito prescelto non fu infatti quello delle rovine diLaus Pompeia, bensì il monte Guzzone (o colle Eghezzone), una modesta altura di forma trapezoidale ubicata sulla riva destra dell'Adda, non lontana dal punto in cui già sorgevano un ponte detto "del Fanzago" e uno dei porti fluviali gestiti dai laudensi[35][36].
Il cronista Ottone Morena descrive in questi termini la fondazione del nuovo insediamento[A 1][5]:
Tre mesi più tardi – in occasione dellaseconda dieta di Roncaglia – il sovrano promulgò laConstitutio de regalibus, con la quale formalizzò le prerogative dell'autorità regia[37]. Contestualmente il Barbarossa accordò ai laudensi eccezionali privilegi, fra cui la facoltà di costruire ponti su tutti i corsi d'acqua del territorio e di navigare per l'intera Lombardia con piena esenzione delle tasse; malgrado tali benefici, il borgo si sviluppò lentamente e con difficoltà[37][38]. Dopo aver fatto erigere un sistema di fortificazioni intorno al centro abitato, il monarca stabilì a Lodi il proprioquartier generale, da dove condusse un'ampia offensiva militare contro i comuni più refrattari a piegarsi al suo dominio: l'assedio di Crema del 1159-1160 e l'assedio di Milano del 1161-1162 si conclusero entrambi con la vittoria delle truppe di Federico, che infine devastarono la città ambrosiana con la partecipazione di soldati lodigiani, cremonesi, pavesi, comaschi,sepriesi enovaresi[39].
Il Barbarossa si fermò di nuovo a Lodi nel novembre del 1163: in tale circostanza si svolse l'inaugurazione dellacripta delDuomo, dove furono trasferite lereliquie del primo vescovo Bassiano, provenienti dalla basilica dei XII Apostoli[40]. Durante la cerimonia, l'imperatore e la moglieBeatrice di Borgogna offrirono 35libbre d'oro per i lavori di completamento della nuova chiesa cattedrale[41], la cuiprima pietra era stata simbolicamente posata nel giorno stesso della fondazione della città[42][43].
Quando il sovrano rientrò in Germania, i suoi funzionari si resero responsabili di continue violenze e prevaricazioni in tutta l'Italia settentrionale, alimentando un crescente malcontento nei confronti dell'autorità imperiale; allo scopo di porre fine a tali soprusi e di tutelare i propri interessi, promuovendo al contempo la riedificazione di Milano, nel 1167 alcuni comuni costituirono laLega Lombarda, un'alleanza politico-militare a cui i lodigiani – per gratitudine verso il loro fondatore – si rifiutarono di aderire[44]. La città fu quindi cinta d'assedio dall'esercito della coalizione e costretta ad affiliarsi con la forza, «fatta salva la fedeltà all'imperatore»; fra le condizioni di resa, figurava l'impegno della Lega a costruire a proprie spese una nuova cerchia di mura spesse duebraccia e alte dodici, vale a dire circa un metro per sei[44]. Federico reagì mettendo albando tutti i comuni ribelli con l'unica eccezione di Lodi, cui al contrario furono rinnovate le agevolazioni in ambito commerciale e tributario[44]. Nel frattempo l'assenza del Barbarossa dall'Italia si protrasse per quasi sette anni, durante i quali la confederazione si allargò e si consolidò ulteriormente: nel 1173 gli stessi laudensi organizzarono e ospitarono un congresso a cui intervennero i delegati delle trentasei città alleate[44].
Il 29 maggio 1176 cinquanta fanti lodigiani presero parte alla decisivabattaglia di Legnano, dalla quale l'armata imperiale – indebolita dalla defezione di alcuni principi tedeschi – uscì pesantemente sconfitta; di conseguenza, come sancito dallapace di Costanza, il monarca dovette concedere ai comuni un'autonomia pressoché totale, rinunciando definitivamente al proposito di assoggettare l'Italia del nord[45]. Senza più la protezione del Barbarossa, Lodi fu chiamata a far fronte ad altri contrasti con Milano, che si esacerbarono quando il nuovo sovranoEnrico VI confermò ai laudensi l'esercizio delle prerogative di cui godevano da tempo[46]. Lo scontro militare fra le due città riprese nel 1193 e si concluse cinque anni più tardi con la stipula di un patto di amicizia: Lodi cedette ai milanesi i diritti sulle acque del Lambro, ottenendo in cambio il riconoscimento della giurisdizione sul proprio territorio e l'esclusiva dei commerci sull'Adda[46].
Frattanto laforma di governo del comune aveva subìto una parziale evoluzione: il centro abitato era stato suddiviso in seirioni denominati "vicinanze", ciascuno dei quali eleggeva due dei dodici consoli che amministravano la città; questi erano coadiuvati da unagiunta detta "credenza" e da un consiglio composto dai rappresentanti dei "paratici", ossia lecorporazioni delle arti e mestieri[47]. A causa delle rivendicazioni della nascente borghesia artigiana, la vita politica di Lodi divenne sempre più animata, a tal punto che iniziarono a formarsi due schieramenti contrapposti: la fazione dei nobili e dei proprietari terrieri – di tendenzaghibellina – era capeggiata dalla famiglia degli Overgnaghi, mentre il partito dei ceti emergenti – affine alle posizioni deiguelfi – era guidato dai Fissiraga e dai Sommariva[47]. Al fine di tutelare le istituzioni municipali, il collegio dei consoli fu sostituito dalla figura delpodestà, un magistrato estraneo alle controversie locali in quanto forestiero[48]: il primo a ricoprire tale carica fu il bresciano Giovanni Calepino, mentre il suo successore Petrocco Marcellino – nativo di Milano – fu colui che promulgò glistatuti del comune[49].
Nel XIII secolo Lodi seguitò a crescere: intorno al 1220 fu intrapresa la costruzione delcanale della Muzza, portata a termine circa un decennio più tardi, a cui parteciparono possidenti laudensi e capitali milanesi; questa nuovaopera idraulica contribuì in misura determinante alla floridezza dell'agricoltura[46]. Sino all'epoca medievale, infatti, la città era lambita dallago Gerundo[50]: il territorio era in gran parte paludoso e insalubre, ma grazie al lavoro dei monacibenedettini,cistercensi ecluniacensi – avviato nell'XI secolo e coronato dall'apertura della Muzza[27] – fubonificato e reso una delle regioni piùfertili d'Europa[51].
Nel frattempo la tregua fra i comuni italiani e l'imperatoreFederico II di Svevia, nipote del Barbarossa, diventava viepiù precaria; il 27 novembre 1237 si arrivò alloscontro armato presso Cortenuova, con esito infausto per la Lega Lombarda[52]. Anche Lodi si arrese e il sovrano vi fece solenne ingresso il 12 dicembre, decidendo di trasformare il borgo in una roccaforte ghibellina: dopo aver ordinato l'allontanamento dei guelfi dal centro abitato, il monarca dispose il consolidamento delle mura e l'edificazione di un castello a fianco diPorta Cremona, sopra la zona della Selvagreca, dove egli stesso si stabilì per brevi periodi[52]. Ai laudensi fu inoltre concesso per la prima volta il diritto dizecca: alcuni "grossi" d'argento e rame coniati sotto il regno di Federico II sono conservati nel Museo civico[53]. Nel 1243, sdegnato per la messa al rogo di unfrate francescano,papa Gregorio IX inflisse l'interdetto alla città e soppresse la diocesi, colpendo così gli interessi di uno dei comuni più legati all'imperatore[54]; i lodigiani riacquistarono la sede vescovile soltanto nove anni più tardi, dopo la morte del sovrano e il conseguente declino dei ghibellini[52].
Nel 1251 l'incarico di podestà fu affidato per un decennio a Sozzo Vistarini, uno degli esponenti più autorevoli e facoltosi della nobiltà laudense, il quale aveva abbandonato la fazione degli Overgnaghi mettendosi al comando dei guelfi[52]. Il conferimento di un potere così vasto a un'unica persona è il chiaro segno di un mutamento dell'ordinamento politico, con l'inizio dell'età dellesignorie cittadine: formalmente continuarono a eleggersi gli organi municipali, ma nella pratica – come in quell'epoca avveniva nella maggior parte dei comuni dell'Italia centro-settentrionale – il governo era tenuto da una singola famiglia, rappresentata dal proprio capo carismatico[52]. Ai Vistarini succedettero iDella Torre di Milano con Martino, Filippo e quindiNapo; negli anni seguenti si verificarono alcuni tumulti fra i vari schieramenti che aspiravano al controllo di Lodi, finché nel 1292 prevalse ancora il partito guelfo, presieduto dal podestàAntonio Fissiraga[55].
Verso la fine del Duecento, la città conobbe una considerevole espansione urbanistica, con il rifacimento della cerchia muraria e l'avvio della costruzione di alcuni nuovi edifici, tra cui il nucleo centrale dipalazzo Broletto e lachiesa di San Francesco[56]; quest'ultima, in particolare, si distingue per le duebifore "a cielo aperto" dellafacciata, le quali costituiscono il primo esempio di una soluzione architettonica che fra XIV e XV secolo si diffuse in tutta l'Italia del nord[57]. Attorno al 1300 si propagò la leggenda popolare deldragoTarantasio: secondo il folclore locale, la creatura avrebbe infestato le acque paludose del lago Gerundo e, con i suoi miasmi mortiferi, avrebbe innescato le frequenti epidemie dimalaria che interessavano il territorio[50]. Nel 1301 ebbe inizio un conflitto contro il ghibellinoMatteo I Visconti,signore di Milano: dopo aver stretto alleanza con i governanti di Pavia e di Piacenza, Antonio Fissiraga radunò le forze antiviscontee nella primavera dell'anno successivo e mosse verso la città ambrosiana, dove lo scoppio di una rivolta costrinse il nobile milanese ad arrendersi senza combattere e a cedere la supremazia ai Della Torre[55].
La situazione cambiò in modo drastico nel 1311, a causa della discesa in Italia dell'imperatoreEnrico VII di Lussemburgo: il sovrano occupò militarmente il borgo fondato dal Barbarossa, permettendo il ritorno delle famiglie rivali dei Fissiraga[55]. Il capo della fazione ghibellina era Bassiano Vistarini, il quale si fece proclamare signore di Lodi nel 1321, con l'appoggio dei Visconti; a lui succedettero i figli Giacomo e Sozzino, che governarono sino al novembre del 1328, allorché divampò una sollevazione popolare: il notaio guelfo Pietro Temacoldo, un ex mugnaio originario diCastiglione d'Adda, si mise alla guida della sommossa e conquistò il potere, consegnando lechiavi della città apapa Giovanni XXII[55][58]. Il 31 agosto 1335 – dopo aver subìto un lungo assedio – Lodi cadde sotto i colpi diAzzone Visconti, perdendo la propria indipendenza e diventando uno dei centri più popolosi delDucato di Milano[49]. In questo periodo fu momentaneamente ristabilita la concordia fra le famiglie laudensi in lotta e furono avviati i lavori per l'edificazione delcastello di Porta Regale, ultimato nel 1373; frattanto lacrisi del XIV secolo determinò una protratta fase di decadenza economica e demografica[49].
A seguito della morte diGian Galeazzo Visconti, avvenuta nel settembre del 1402, l'amministrazione ambrosiana vide diminuire notevolmente la propria capacità di esercitare il governo sui territori periferici: Luigi Vistarini profittò di tale debolezza per autoproclamarsi rettore di Lodi, ma la sua iniziativa fu contrastata con durezza dalle fazioni rivali, che provocarono tafferugli e lo avvicendarono con Antonio II Fissiraga[59]. Questi adottò tuttavia una linea politica benevola nei confronti dei Visconti, destando un diffuso malcontento che favorì infine la conquista del potere da parte diGiovanni Vignati, facoltoso erede di una nobile famiglia guelfa delContado[A 2]; sostenuto dal papa, dallaRepubblica di Firenze e daiCavalcabò di Cremona, egli si pose al comando di un piccolo esercito e fu nominato signore di Lodi il 23 novembre 1403[59]. Tre anni più tardi, dopo aver promosso un'infruttuosa azione bellica contro Milano, Vignati ricevette iltitolo dipatrizio veneziano: laRepubblica di San Marco, infatti, vedeva di buon occhio le piccole signorie nate dalla fragilità del regime visconteo[59]. Fra il 1409 e il 1410 l'aristocratico lodigiano s'impadronì anche diVercelli, Melegnano e Piacenza, acquistando quest'ultima al prezzo di 9 000fiorini da alcunimercenari francesi che l'avevano invasa; il 16 settembre 1412 il nuovo ducaFilippo Maria siglò un accordo nel quale riconosceva formalmente l'autorità di Vignati sui territori a sud di Milano, ma al contempo lo vincolava alla subordinazione politica e militare nei propri confronti[59].
Il 9 dicembre 1413, dalla Cattedrale laudense, l'imperatoreSigismondo di Lussemburgo e l'antipapa Giovanni XXIII emanarono labolla di convocazione delconcilio di Costanza, che avrebbe poi risolto loScisma d'Occidente; per circa un mese la città fu sede diambascerie da ogni parte d'Italia e Giovanni Vignati, in cambio della sua ospitalità, fu insignito del titolo ereditario di "conte di Lodi,Chignolo eMaccastorna", diventando per breve tempo una delle figure preminenti dello scenario politico europeo[60]. Nell'estate del 1414, dopo essere riuscito a riconquistare Piacenza, il duca di Milano catturò Giacomo Vignati, uno dei due figli del nobile lodigiano[61]. Quest'ultimo fu quindi costretto a trattare di nuovo e a dichiararsi vassallo dei Visconti, prestando giuramento di fedeltà; successivamente, recatosi alcastello di Porta Giovia per ottenere la liberazione del figlio prevista dall'accordo, fu arrestato a sorpresa e condannato a morte[61]. Intanto il condottieroFrancesco Bussone, detto "il Carmagnola", occupava Lodi e uccideva Ludovico, l'altro erede di Vignati: la città del Barbarossa tornò così a far parte a tutti gli effetti del Ducato di Milano[61].
Nel 1419 divenne vescovo di LodiGerardo Landriani Capitani, cultore degli studi letterari e in rapporto con gliumanisti più illustri dell'epoca[62]; a lui si deve l'inatteso ritrovamento, fra i documenti delcapitolo della Cattedrale, di un manoscritto contenente alcuni trattati diretorica tradizionalmente attribuiti aMarco Tullio Cicerone[63]. Il codice rivestì un'importanza considerevole nella riscoperta dell'arte oratoria classica poiché comprendeva – oltre alDe inventione e allaRhetorica ad Herennium, opere molto diffuse nel Medioevo – anche ilDe oratore e l'Orator, di cui fino a quel momento erano noti solo frammenti, e il testo quasi completo delBrutus, di cui in precedenza si conosceva esclusivamente il titolo[A 3][63].
Dopo la morte di Filippo Maria Visconti, l'Italia settentrionale cadde nuovamente nel disordine: a Milano fu istituita l'Aurea Repubblica Ambrosiana, mentre i lodigiani proclamarono la loro appartenenza alla Serenissima, che ratificò l'adesione il 12 ottobre 1447[64]. La situazione cambiò in maniera inopinata quandoFrancesco Sforza assunse il comando delle truppe ambrosiane: dopo lasconfitta di Caravaggio, Venezia cedette Lodi ai milanesi, risparmiandole almeno il saccheggio; il borgo fu comunque assediato e devastato dai soldati diFrancesco Piccinino[64]. Seguì una lunga serie di tumulti e di scontri, dopo i quali l'11 settembre 1449 si pervenne alla nomina di Sforza a nuovo duca di Milano[64]. A causa della loro posizione di confine, Lodi e le borgate vicine furono più volte depredate dai diversi eserciti in guerra fra loro, ma già l'anno successivo ebbero inizio le trattative per un'intesa, che si svolsero proprio in città a palazzo Broletto: l'accordo, noto come "pace di Lodi", fu firmato il 9 aprile 1454 dai rappresentanti dei principaliStati preunitari italiani (Ducato di Milano, Repubblica di Venezia, Repubblica di Firenze,Repubblica di Genova,Marchesato di Mantova,Regno di Napoli,Ducato di Savoia eMarchesato del Monferrato)[65][66]. L'importanza storica del patto consiste nell'aver dato alla penisola un nuovo assetto politico-istituzionale che – contenendo le ambizioni espansionistiche dei singoli governi regionali – assicurò per quarant'anni un sostanziale equilibrio territoriale, contribuendo a favorire di conseguenza la fioritura artistica e letteraria delRinascimento[66][67].
Nei decenni successivi, contraddistinti dal lungo vescovato dell'umanista emecenateCarlo Pallavicino (1456-1497), Lodi conobbe una delle sue epoche più felici dal punto di vista artistico e culturale: in questa fase operarono l'intellettualeMaffeo Vegio, il teorico musicaleFranchino Gaffurio e l'architettoGiovanni Battagio; videro inoltre la luce opere come l'Ospedale Maggiore,palazzo Mozzanica, iltesoro di san Bassiano[A 4] e iltempio civico dell'Incoronata, considerato il monumento più prestigioso della città e uno dei massimi capolavori delRinascimento lombardo[56][68]. Intorno al 1470 fu avviata la ristrutturazione del Duomo con la costruzione dellasagrestia e dellevetrate, mentre la chiesa di San Francesco fu ampliata eaffrescata[69]; nel frattempo il duca di Milano fece riedificare ilponte sull'Adda con due fortificazioni ai capi, consolidando il sistema difensivo mediante la sistemazione delRevellino ottagonale e il rimaneggiamento della Rocchetta[70].
Il periodo di stabilità garantito dalla pace di Lodi si concluse nel 1494, allorché il reCarlo VIII di Francia – incoraggiato daLudovico il Moro – invase la penisola con un esercito di 30 000 effettivi, dando inizio alla cosiddetta "ruina d'Italia"; a partire da quel momento, per circa vent'anni si susseguirono scorrerie e saccheggi che interessarono anche il territorio laudense[71]. Nell'ambito del conflitto tra francesi e spagnoli si inserisce l'episodio delladisfida di Barletta (13 febbraio 1503), alla quale prese parteFanfulla da Lodi, capitano di ventura al servizio degli iberici[72]. Tra il giugno del 1509 e il settembre del 1515, mentre infuriava laguerra della Lega di Cambrai, la città del Barbarossa fu occupata più volte: dapprima dagli uomini diLuigi XII, poi dagli svizzeri e quindi dai veneti, i quali però l'abbandonarono quasi immediatamente[71]. Iltrattato di Noyon del 1516 assegnò infine il Ducato di Milano ai francesi, usciti vincitori dallabattaglia di Marignano[71].
Dopo alcuni anni, il neoeletto imperatoreCarlo V d'Asburgo – entrato in conflitto conFrancesco I – inviò un corpo dimercenari elvetici a prendere possesso della Lombardia; questi giunsero a Lodi nel maggio del 1522 e la depredarono[71]. Da allora il borgo divenne il quartier generale del comandante supremoFerrante d'Avalos: proprio a Lodi si riunirono le truppe imperiali che il 24 febbraio 1525 catturarono il monarca francese durante labattaglia di Pavia[73]. Nel giugno del 1526, la popolazione laudense – esasperata dai soprusi perpetrati dalla guarnigione spagnola diFabrizio Maramaldo – diede vita a un'insurrezione armata; il condottieroLodovico Vistarini si mise alla guida dei rivoltosi, allontanò gli occupanti e accolse in città l'esercito della Lega di Cognac, ostile a Carlo V[74]. Le milizie imperiali reagirono duramente, ponendo Lodi sotto assedio e colpendola con un pesante cannoneggiamento che fece breccia nella cinta muraria non lontano dal castello, nel luogo che poi fu ribattezzato "via del Guasto"; tuttavia i laudensi riuscirono a resistere sino alla fine delconflitto, sancita dallapace di Cambrai (1529)[74]. Nel 1535, alla morte diFrancesco II Sforza, il Ducato di Milano fu annesso formalmente ai domini di Carlo V; quando l'imperatore visitò Lodi, nell'agosto del 1541, fu ospitato apalazzo Vistarini, nella dimora di colui che aveva capeggiato la sollevazione di quindici anni prima[74].
La città non fu coinvolta dai successivi eventi bellici, il che consentì la costruzione del campanile del Duomo, iniziato nel 1538 su progetto diCallisto Piazza e rimasto incompiuto per motivi di sicurezza militare, su prescrizione delle autorità[74]. In quel periodo la municipalità era amministrata da uncastellano e da un podestà designati dai governatori spagnoli, affiancati da unconsiglio decurionale e da una giunta esecutiva composti dai rappresentanti delle famiglie aristocratiche[75]. La seconda metà del Cinquecento vide la radicale ristrutturazione in chiavemanierista delcomplesso di San Cristoforo, eseguita dall'architettoPellegrino Tibaldi; in Cattedrale furono dipinti degli affreschi daAntonio Campi, andati perduti, e fu realizzato ilrosone marmoreo della facciata[76][77]. Frattanto il vescovoAntonio Scarampi istituì ilseminario, fondò un orfanotrofio maschile e attuò lemisure di rinnovamento promosse delconcilio di Trento, operando sotto l'egida del cardinaleCarlo Borromeo[77].
Nel Seicento, malgrado Lodi continuasse a godere della pace, le autorità ispaniche imposero il completo rifacimento e l'ampliamento della cinta muraria, trasformando il centro abitato in unapiazzaforte; in quell'epoca era inoltre particolarmente attivo il tribunale dell'Inquisizione[78]. Il clima di tensione, le condizioni di isolamento e la continua richiesta di tasse produssero una marcata depressione economica, che fu accentuata dall'epidemia dipeste del 1630, provocata dal passaggio in città deilanzichenecchi; illazzaretto fu allestito presso Porta Cremona[79]. Le disposizioni drastiche adottate dal giudice di sanità Pietro Boldoni, che decretò l'immediata sospensione dei mercati e ilcoprifuoco totale, permisero di moderare la diffusione del contagio: la malattia provocò infatti 200 vittime su oltre 13 000 abitanti, facendo registrare untasso di mortalità tra i più ridotti dell'intera Italia settentrionale[79].
Come si può evincere dal testo di una minuziosa relazione indirizzata al dignitario spagnolo Filippo de Haro, l'economia seicentesca era prevalentemente fondata su agricoltura e allevamento; i prodotti più venduti erano le ceramiche, le tele dilino, ilburro e ilGranone Lodigiano, considerato il capostipite di tutti iformaggi grana[78]. Verso la fine del secolo si verificò una rifioritura della vita culturale: fu inaugurato il primo teatro, ancora riservato ai nobili, e si formarono alcuni sodalizi scientifico-letterari, frequentati da intellettuali come il poetaFrancesco De Lemene, socio dell'Accademia dell'Arcadia; negli stessi anni furono create le prime scuole pubbliche, mentre lacongregazione dei Filippini pose le basi per la raccolta libraria che avrebbe poi costituito labiblioteca civica[80].
Laguerra di successione spagnola (1701-1714) determinò l'inizio della dominazione austriaca, sancito dai trattati diUtrecht (1713) e diRastatt (1714)[81]. Dapprima i nuovi governanti, che inizialmente erano poco apprezzati dai lodigiani[82], concentrarono la loro attenzione su alcuni provvedimenti di natura perlopiù simbolica: nel 1721 fu rimosso ilcorpo di guardia in legno usato dai soldati iberici inpiazza Maggiore, mentre nel 1724 – a capo del ponte sull'Adda – fu collocata una statua raffiguranteGiovanni Nepomuceno, un santo molto caro ai navigatori dell'Europa centrale[83].
In seguito, il governo diMaria Teresa d'Asburgo (1740-1780) introdusse anche a Lodi alcune riforme significative che favorirono l'avvio di una ragguardevole ripresa economica, soprattutto grazie alla moltiplicazione e alla riorganizzazione razionale dei terreni agricoli secondo il principio dellarotazione delle colture, che in breve tempo divenne una prassi consolidata[84]. Allo scopo di tutelare la salute pubblica, furono vietate le sepolture nelle chiese e sui sagrati: risale infatti a quel periodo l'apertura dei primi due cimiteri suburbani diRiolo e di San Fereolo[85]. Altre innovazioni interessarono l'adozione dell'odonomastica e il riordinamento delle amministrazioni locali: a questo riguardo, l'imperatoreGiuseppe II d'Asburgo-Lorena stabilì l'abolizione dei feudi e istituì otto province tra cuiquella di Lodi, che sostituiva l'antico Contado e ricomprendeva anchePandino,Gradella,Nosadello,Rivolta,Spino,Agnadello nonché il resto dellaGera d'Adda[86].
Nel corso del secolo si assistette a un forte sviluppo urbanistico che trasformò il volto della città nel segno dell'architettura tardobarocca e rococò, modificando la struttura originaria dell'antico insediamento medievale: sorsero le chiese diSanta Maria del Sole[87],Santa Maria Maddalena[88],San Filippo Neri[89] eSanta Chiara Nuova[90], mentre l'interno del Duomo fu rimaneggiato daFrancesco Croce per adattarlo al gusto dell'epoca e ilpalazzo Vescovile fu interamente ristrutturato a opera diGiovanni Antonio Veneroni[86][91]. Negli stessi anni furono costruiti anchepalazzo Barni,palazzo Modignani,palazzo Sommariva e unnuovo teatro, dopo l'incendio che aveva distrutto il precedente; numerosi altri fabbricati furono notevolmente ampliati o rinnovati, comepalazzo Galeano, il municipio e l'Ospedale Maggiore, quest'ultimo su progetto diGiuseppe Piermarini, il medesimo architetto dellaVilla Reale di Monza e dellaScala di Milano[86][92]. Svariati monasteri ed edifici religiosi minori furono sconsacrati e in alcuni casi demoliti per lasciare spazio a nuove abitazioni private; le vie principali, inoltre, furono allargate mediante la rimozione deiparacarri e l'abbattimento deiportici[93]. Contestualmente si procedette allo smantellamento pressoché completo deibaluardi innalzati durante la dominazione spagnola del Seicento; al loro posto fu tracciata una strada dicirconvallazione lunga approssimativamente3700 m, che raccordava tutte le porte della città, impiegate da secoli come barriere daziarie e restaurate secondo i canoni dellostile neoclassico[94].
Frattanto l'influsso delmovimento illuminista aveva raggiunto anche il territorio laudense: molti ordini religiosi furono soppressi, la biblioteca venne aperta al pubblico, si formò il nucleo originario del futuro Museo civico e si sperimentò il volo delle primemongolfiere; fu inoltre inaugurato un nuovo nosocomio e fu istituito un corso di istruzione superiore[86]. Nel marzo del 1770, l'allora quattordicenneWolfgang Amadeus Mozart sostò brevemente in città, in un albergo situato in località "Gatta", mentre era in viaggio con il padreLeopold fra Milano eParma; durante il soggiorno, il musicista portò a termine la stesura del primo dei suoi ventitréquartetti per archi, noto comeQuartetto di Lodi[83].
Nel 1792 l'Arciducato d'Austria entrò in guerra contro laPrima Repubblica di Francia, nata a seguito deglieventi rivoluzionari di tre anni prima; nel marzo del 1796, allo scopo di alleggerire la pressione sul fronte tedesco, ilDirettorio decise diportare le operazioni militari in Italia, affidando il comando dell'armata all'emergente generale ventiseienneNapoleone Bonaparte[95]. Dopo aver costretto alla resa in sole tre settimane ilRegno di Sardegna, alleato dellamonarchia asburgica, i francesi proseguirono la loro marcia a sud del Po e lo varcarono il 7 maggio fra Piacenza eSan Rocco al Porto, con l'ulteriore obiettivo di affrontare l'esercito austriaco e di infliggere al nemico perdite cospicue[95][96].
L'avanguardia delle truppe napoleoniche, proveniente daCasalpusterlengo, raggiunse Lodi nelle prime ore del mattino del 10 maggio; in quel momento il grosso delle forze dell'Arciducato – agli ordini diJohann Peter Beaulieu – si era già trasferito più a nord, lasciando un contingente di 10 000 effettivi a guardia del ponte sull'Adda, arroccato nella fortezza del Revellino[97]. Le ostilità iniziarono con un prolungato duello diartiglierie, che provocò danni ingenti nei quartieri posti nelle vicinanze del fiume; la chiesa di San Cristoforo e altri luoghi di culto furono trasformati in ospedali per accogliere i feriti e glisfollati[98]. Bonaparte, che assisteva allo scontro dal campanile di San Francesco, inviò due reparti dicavalleria alla ricerca di unguado, con la finalità di tentare una rapida manovra di aggiramento[98]. L'azione andò a buon fine e risultò determinante per la vittoria dei francesi: le truppe asburgiche, attaccate su tre lati, furono infatti costrette al ripiegamento[98][99].
Labattaglia di Lodi rappresentò il primo significativo successo militare e politico di Napoleone, che il 15 maggio entrò trionfante in Milano dopo aver ricevuto le chiavi della città ambrosiana dalle mani diFrancesco Melzi d'Eril a palazzo Sommariva[100]. L'importanza storica di tali avvenimenti giustifica la presenza di molte strade e piazze dedicate al ponte sull'Adda: per esempio nelVIarrondissement di Parigi, sullarive gauche, si trova la "rue du Pont de Lodi"[101]. A proposito del combattimento decisivo della campagna d'Italia, lo stesso Bonaparte ebbe a scrivere[102]:
Nel frattempoAntoine Christophe Saliceti, commissario del Direttorio, aveva disposto la confisca del tesoro di san Bassiano, facendolo trasportare inFrancia[103].
Già dal 1789 era presente in città un circologiacobino segreto, fondato da Andrea Terzi, che si riuniva presso l'Osteria del Gallo incorso di Porta Cremonese[95]. L'affermazione delle truppe napoleoniche innescò grandi festeggiamenti, i borghesi iniziarono a indossarecoccarde tricolori e si piantarono numerosialberi della libertà, uno dei quali persino nel seminario; nel 1797, allorché venne formalmente istituita laRepubblica Cisalpina, gli enti religiosi diSant'Agnese, Sant'Antonio, San Cristoforo e San Domenico furono soppressi[103]. Dopo un'effimera parentesi in cui gli austro-russi delfeldmarescialloAleksandr Vasil'evič Suvorov occuparono l'intera Lombardia (1799), il generale Bonaparte – che frattanto si era autoproclamato "primo console" con ilcolpo di Stato del 18 brumaio – riuscì a riconquistare la Pianura Padana a seguito dellabattaglia di Marengo, rientrando a Lodi nel giugno del 1800[103]. In questa circostanza la città del Barbarossa perse il rango di capoluogo che aveva acquisito nel 1786, durante la dominazione asburgica: il territorio laudense fu infatti annesso alDipartimento dell'Alto Po, con sede amministrativa a Cremona[103].
Dopo l'incoronazione di Napoleone aImperatore dei francesi, l'Italia centro-settentrionale divenne unregno governato da Bonaparte stesso (1805); Francesco Melzi d'Eril fu nominato duca di Lodi, mentre il vescovoGianantonio Della Beretta ricevette il titolo dibarone[104]. Dal 1806 al 1816 furono temporaneamente aggregati alla municipalità i trechiosi[A 5] (Porta Cremonese,Porta d'Adda,Porta Regale) e i comuni limitrofi diArcagna,Boffalora,Bottedo,Campolungo,Cornegliano,Montanaso,Torre de' Dardanoni eVigadore[105]. Nel maggio del 1809 – per iniziativa delviceréEugenio di Beauharnais – fu collocato in piazza Maggiore un monumento a ricordo della battaglia del ponte, realizzato daGiocondo Albertolli; l'opera fu distrutta nel 1814 e i paracarri in granito che la circondavano furono riutilizzati per delimitare il sagrato del Duomo[104][106].
Il dominio francese ebbe fine con ladisfatta di Lipsia dell'ottobre 1813, nella quale Bonaparte fu sconfitto dall'esercito dellasesta coalizione[104]. Il 26 aprile 1814 gli austriaci fecero ritorno a Milano e undici mesi più tardi, in ossequio alle risoluzioni delcongresso di Vienna, nacque ilRegno Lombardo-Veneto; poco dopo Lodi ottenne la qualifica di "città regia"[A 6][104]. L'imperatoreFrancesco II d'Asburgo-Lorena visitò il borgo laudense negli ultimi giorni di dicembre del 1815 e trascorse il Capodanno a palazzo Modignani; nel gennaio seguente, all'atto dell'istituzione delle diciassette circoscrizioni territoriali dello Stato, Lodi divenne capoluogo – insieme conCrema[A 7] – dell'omonima provincia[104].
Durante gli anni dellaRestaurazione, la città del Barbarossa si sviluppò soprattutto su due versanti: dal punto di vista culturale, videro la luce tre nuove testate giornalistiche, fu inaugurato illiceo comunale (che annoverava fra i concorrenti a cattedreGiacomo Leopardi) e sorsero altre istituzioni educative, tra cui il collegio femminile diMaria Cosway e quello maschile deibarnabiti, il cui ritorno fu autorizzato dal vescovoAlessandro Maria Pagani; sotto il profilo urbanistico, nel 1819 fu introdotta l'illuminazione pubblica a olio e nel 1838, in occasione della visita diFerdinando I d'Austria, furono abbattute le fortificazioni fra Porta Regale e Porta Cremona, che fecero spazio a un passeggio alberato con unobelisco recanteepigrafi latine[107][108].
Imoti insurrezionali del 1820-1821 equelli del 1830-1831 passarono pressoché inavvertiti, ma la situazione cambiò nei decenni successivi: l'ambiente politicamente più dinamico era il liceo dove, soprattutto tra il corpo docente, era attivo un gruppo fortemente progressista, coordinato daLuigi Anelli,Paolo Gorini, Pasquale Perabò e Cesare Vignati[109]. Le posizioni repubblicane e antiaustriache non erano comunque molto diffuse fra la popolazione, tant'è che pochissimi lodigiani presero parte ai combattimenti dellecinque giornate di Milano; tuttavia il 23 marzo 1848 – quando giunse notizia della vittoria degli insorti – divampò un tumulto, immediatamente sedato dai 4 000 soldati imperiali che presidiavano Lodi[110]. La notte seguente le truppe del feldmarescialloJosef Radetzky, in ritirata, attraversarono il centro abitato nella loro marcia verso lefortezze del Quadrilatero: i liberali poterono dunque uscire allo scoperto, costituendo un governo provvisorio guidato dall'esponente moderato Carlo Terzaghi[110]. L'esercito del Regno di Sardegna – che nel frattempo aveva dichiarato le ostilità agli austriaci, dando inizio allaprima guerra d'indipendenza – arrivò in città il 30 marzo, comandato in prima persona dal reCarlo Alberto di Savoia; il sovrano emanò da Lodi unproclama che esortava gli italiani ad appoggiare la causarisorgimentale[111]. Alcune decine di giovani laudensi, tra cuiEusebio Oehl eTiziano Zalli, si arruolarono come volontari; nove di questi morirono in battaglia[111].
Nell'estate successiva le sorti del conflitto arrisero agli imperiali, che occuparono nuovamente la città il 3 agosto[112]. Dopo l'armistizio Salasco, le autorità asburgiche adottarono una politica più repressiva nei confronti dei dissidenti: Anelli e Vignati furono allontanati dall'insegnamento, il generaleSaverio Griffini fu esiliato inSvizzera e il medico Francesco Rossetti – accusato di cospirazionemazziniana – fu arrestato[113]. Il nuovo monarcaFrancesco Giuseppe I e la moglieElisabetta di Baviera visitarono Lodi nel 1857; due anni più tardi, il vescovoGaetano Benaglia – vicino alle istanze progressiste e sensibile alle esigenze del nascente ceto operaio – prese apertamente posizione contro il regime austriaco[114]. Frattanto era scoppiata laseconda guerra d'indipendenza, che vide l'Impero francese diNapoleone III schierato al fianco dei piemontesi: dopo labattaglia di Magenta e gliscontri di Melegnano, il 10 giugno 1859 le truppe degli Asburgo lasciarono definitivamente Lodi, dando fuoco al ponte sull'Adda[114].Vittorio Emanuele II di Savoia si recò in città il 20 settembre; solo un mese più tardi fu promulgato ildecreto Rattazzi, con cui il territorio laudense fu assegnato allaprovincia di Milano[A 8]: il comune di Lodi, che all'epoca contava 25 660 abitanti, fu così privato un'altra volta delle prerogative di capoluogo[115].
Lapace di Zurigo, stipulata il 10 novembre 1859, formalizzò il passaggio della Lombardia al Regno di Sardegna[115]. Il 5 maggio 1860 due lodigiani (Luigi Martignoni eLuigi Bay) partirono daQuarto con laspedizione dei Mille; contando quelli che si aggiunsero in seguito, in vari scaglioni, in totale furono 234 i giovani che vi parteciparono, distinguendosi soprattutto nell'attacco a Milazzo e nei combattimenti diPizzo Calabro[116].
Il 17 marzo 1861 ilParlamentoproclamò ilRegno d'Italia con la partecipazione del deputato eletto nelcollegio di Lodi; nei decenni successivi la città conobbe un repentino mutamento, evolvendo in un centro all'avanguardia in diversi settori[117]. Si insediarono le prime industrie, tra cui il Lanificio Varesi (1868), laPolenghi Lombardo (1870), le Officine Sordi (1881), leOfficine Meccaniche Lodigiane (1908), il Linificio Canapificio Nazionale (1909), le Officine Meccaniche Folli-Gay (1922), le Officine Curioni (1925) e le Officine Elettromeccaniche Adda (1926)[118]. A Lodi nacque anche la primabanca popolare italiana, vale a dire laBanca Mutua Popolare Agricola, fondata nel 1864 dall'avvocato e attivista Tiziano Zalli – già oppositore del regime austriaco e patrocinatore diGiuseppe Garibaldi – allo scopo di sostenere le attività agrarie e artigianali[115].
Il territorio fu inoltre toccato dallo sviluppo infrastrutturale che connotò l'epoca postunitaria: nel 1861 fu inaugurata lalinea ferroviaria Milano-Piacenza, parte del grande itinerario dorsale italiano; tre anni più tardi, su progetto dell'architetto milanese Gualini, fu ultimato il nuovo ponte sull'Adda in muratura, che divenne poi uno dei simboli della città; nel 1880 entrarono in esercizio quattrotranvie extraurbane a vapore (laMilano-Lodi, laLodi-Treviglio-Bergamo, laLodi-Sant'Angelo e laLodi-Crema-Soncino); nel 1886 fu intrapresa la costruzione delcimitero monumentale, più noto come "Maggiore"[115][119]. Altri interventi significativi di natura urbanistica riguardarono la riqualificazione della zona di piazza del Duomo, l'ampliamento di piazza Ospitale e la realizzazione di un collegamento stradale con lastazione ferroviaria (piazza Castello-viale Dante), a cui si aggiunse – dopo una modesta espansione dell'abitato verso sud – l'edificazione del primo lotto diabitazioni popolari, promossa da Tiziano Zalli[120]. In quel periodo, Lodi era ancora quasi interamente racchiusa entro la circonvallazione corrispondente alle mura medievali; all'esterno di tale perimetro, oltre a svariaticascinali, si trovavano alcune borgate (San Grato, San Fereolo e San Bernardo), poste in coincidenza degli incroci stradali fra la viabilità regionale e quella locale, a una distanza compresa tra i 2 e i 5 km dal centro[121]. Sotto il profilo sociale si registrò una prolungata fase di stasi demografica, determinata dalla perdita del rango di capoluogo e soprattutto dal rapido declino della tradizionale economia agricola, che per secoli aveva costituito la principale fonte di sostentamento per molti lodigiani[122][123]. Nel 1877 furono annessi alla municipalità i comuni suburbani diChiosi Uniti con Bottedo eChiosi d'Adda Vigadore[124].
Una della conseguenze più rilevanti della trasformazione industriale della città fu la presa di coscienza da parte della classe operaia: negli ultimi decenni del secolo ebbero luogo parecchi scioperi e si formarono le prime "leghe rosse" organizzate, che lottavano per difendere i diritti elementari dei lavoratori[125]. Nel 1868Enrico Bignami fondò il periodicosocialistaLa Plebe, il primo a pubblicare gli scritti diKarl Marx,Friedrich Engels eBenoît Malon; nel 1873 la sezione socialista laudense era la sola attiva in tutto il regno e inviò i propri delegati al VI congresso dell'Internazionale diGinevra, tant'è che il medesimo Engels ebbe a definire Lodi come «l'unicopied-à-terre delmarxismo in Italia»[125]. Due anni più tardi,La Plebe inaugurò la propria redazione milanese, che vide il debutto giornalistico diFilippo Turati[126]. Parallelamente alla fazione socialista si affermò anche ilmovimento sociale cattolico che aveva come organo di stampaIl Lemene, poi diventatoIl Cittadino[127]. In quell'epoca Lodi era oltremodo vivace dal punto di vista culturale: oltre a quelli già citati, erano presenti numerosi altri periodici, tra cuiIl Corriere dell'Adda,Il Proletario,Il Fanfulla,La Zanzara,L'Unione,La Difesa,Rococò,Sorgete! eIl Rinnovamento; inoltre nacque l'Archivio storico comunale, fu aperto al pubblico il Museo civico, i teatri in attività passarono da uno a quattro, vennero create nuove scuole superiori e si costituirono due enti di ricerca, ovvero l'Istituto sperimentale di caseificio e la Stazione sperimentale di praticoltura[117].
Durante lapresa di Roma e leoperazioni belliche coloniali in Libia, segnatamente nellabattaglia di Zanzur del 1912, si distinse ilReggimento "Cavalleggeri di Lodi" delRegio Esercito, che per un breve intervallo di tempo era stato di stanza in città; le imprese del reparto furono cantate daGabriele D'Annunzio nel quarto libro delleLaudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi[A 9][123]. Laprima guerra mondiale, a causa della quale morirono 331 lodigiani e moltissimi altri rimasero mutilati o feriti, fu vissuta molto più tragicamente[128]. Il conflitto contribuì anche a incrementare la consapevolezza del proprio ruolo da parte delle donne, che iniziarono a sostituire i loro mariti nei campi e nelle fabbriche; la poetessaAda Negri, figlia di un'operaia del lanificio, fu tra le fondatrici dell'Unione femminile nazionale[129].
Frattanto l'avvocato Riccardo Oliva – esponente dell'UECI, confluita poi nelPPI – era diventato nel 1914 il primosindaco cattolico di Lodi; il suo mandato fu profondamente condizionato dall'emergenza bellica e da gravi difficoltà di natura finanziaria[130]. Le consultazioni locali successive – svoltesi nel 1920 asuffragio universale maschile – premiarono invece ilPSI, permettendo a operai e artigiani di prendere parte al governo della città; la guida dell'amministrazione fu affidata allo scultoreEttore Archinti, il quale promosse un ampio programma di riforme, interrotto però dallascissione comunista e soprattutto dall'ascesa delfascismo[131]. Le elezioni comunali del 1922 ebbero luogo poche settimane dopo lamarcia su Roma, in un clima di intimidazioni e violenze che avevano indotto i socialisti a non candidarsi: glisquadristi avevano infatti occupato con la forza il municipio, la caserma deiCarabinieri, lo scalo ferroviario, il carcere e la sede dellaCGIL; il nuovo sindaco fu il ragioniere Luigi Fiorini, eletto nella lista deiBlocchi Nazionali, frutto dell'alleanza fra iliberali e gli stessi fascisti[132].
Sotto ilregime di Benito Mussolini, Lodi perse importanza a livello istituzionale: gli organi democratici furono soppressi, ilcircondario fu abolito e il sindaco fu sostituito da unpodestà, nominato dal governo per cinque anni e revocabile in ogni momento; a tutti i dipendenti dell'amministrazione fu inoltre imposta l'iscrizione alPartito Nazionale Fascista[133]. Negli anni trenta si diffuse l'architettura razionalista e furono portati a compimento alcuni cantieri, tra cui quello del sottopasso stradale di via San Colombano; tuttavia il corposo piano di rinnovamento urbanistico preannunciato dalle autorità locali rimase in gran parte incompiuto e molti servizi pubblici furono ridimensionati oppure sospesi[134].
Diversamente dalla guerra precedente, ilsecondo conflitto mondiale coinvolse a fondo la popolazione, sottoposta al rigorosorazionamento dei beni di prima necessità e colpita dai bombardamenti che causarono numerose perdite civili: l'episodio più drammatico si verificò poco dopo le ore 8 di lunedì 24 luglio 1944, quando una formazione aerea bersagliò le abitazioni del centro storico, provocando 39 morti – perlopiù donne e bambini – nell'isolato compreso fra via Solferino, via Fanfulla e via Santa Maria del Sole; un altro accadimento analogo ebbe luogo il 2 aprile 1945, cagionando ulteriori 40 vittime[135][136]. La città inoltre ospitò circa 10 000 sfollati provenienti da Milano, che furono alloggiati prevalentemente nel castello di Porta Regale e negli edifici scolastici, mentre le mense furono allestite presso l'Ente comunale di assistenza[137][138].
In precedenza, la notizia della destituzione di Mussolini e della conseguentecaduta del fascismo (25 luglio 1943) era stata salutata con favore dall'opinione pubblica: moltissimi laudensi – ormai esasperati dagli stenti della guerra e dai soprusi dellecamicie nere – si erano riversati per le strade e avevano raggiunto gli uffici del partito, distruggendo i simboli del regime[139]. Poche ore dopo l'annuncio dell'armistizio di Cassibile, i soldati dellaWehrmacht occuparono Lodi in forze, imponendo il coprifuoco notturno, la confisca delle armi e il divieto di riunione[140]. Nel frattempo sorsero segretamente i primi movimenti diResistenza: la sezione locale delComitato di Liberazione Nazionale si costituì nell'ottobre 1943 con una maggioranzademocristiana e un ben organizzato gruppocomunista, affiancati dai socialisti e dai rappresentanti di tutti i partiti laici; i ritrovi clandestini si svolgevano nella farmacia Cornalba di viale Dalmazia oppure presso ilcollegio San Francesco, sotto la protezione di padre Giulio Granata[141]. Malgrado la minaccia dellapena di morte per i renitenti, la maggioranza dei giovani lodigiani si sottrasse all'arruolamento nelle milizie dellaRepubblica Sociale Italiana, loStato fantoccio creato da Mussolini[142]; molti di loro decisero invece di unirsi alle formazioni di montagna delCorpo volontari della libertà, partendo soprattutto per lePrealpi Bergamasche, l'Oltrepò Pavese e l'Alto Piemonte, ove fu attivo un reparto ribattezzato "Fanfulla" che partecipò all'esperienza dellaRepubblica partigiana dell'Ossola[143].
Le prime agitazioni popolari scoppiarono nel novembre del 1943 per iniziativa delle lavoratrici del lanificio, imitate nei mesi successivi dagli operai delle Officine Adda e delle altre fabbriche cittadine[144]. Il 9 luglio 1944 fu inoltre commesso un attentato mortale contro ilgerarca Paolo Baciocchi,commissario prefettizio diSant'Angelo[145]. La rappresaglia fascista fu immediata: cinquepartigiani laudensi (Oreste Garati, Ludovico Guarnieri, Ettore Maddè, Franco Moretti e Giancarlo Sabbioni), tutti appartenenti alla174ª Brigata Garibaldi guidata daEdgardo Alboni, furono dapprima torturati e poi fucilati presso ilpoligono di tiro nel pomeriggio del 22 agosto 1944[146]; in seguito, nello stesso luogo fu la volta di altri sei (Pietro Biancardi, Marcello De Avocatis, Lino Ferrari, Giuseppe Frigoli, Paolo Sigi e Ferdinando Zaninelli)[147]. Queste, ricordate come "Martiri del poligono", non furono le uniche vittime della Resistenza lodigiana: l'ex sindaco Ettore Archinti, dopo essere stato accusato di aver favorito la fuga in Svizzera di alcuni prigionieri inglesi, fu deportato nelcampo di concentramento di Flossenbürg, dove morì[148]; il partigianoRosolino Grignani, ex calciatore delFanfulla inSerie C, fu assassinato dainazisti in ritirata[149]; altre stragi di civili furono compiute aGalgagnano e a Sant'Angelo[150], mentre treantifascisti di Castiglione d'Adda furono uccisi nellostadio di Crema[151].
Fra la sera del 25 aprile 1945 e il mattino seguente, le forze che facevano capo al CLN locale – presieduto dall'esponente democristianoGiuseppe Arcaini – passarono all'attacco impossessandosi dei principali edifici pubblici, delle caserme e di altri punti strategici; un'autocolonna della Wehrmacht che si accingeva a bombardare la città fu neutralizzata da un gruppo di partigiani, coadiuvati da semplici cittadini armati[152]. Il 27 aprile i tedeschi lasciarono rapidamente il centro abitato, colpendo a morte sedici giovani in viale Piacenza: quando gliAlleati giunsero a Lodi due giorni più tardi, la trovarono già totalmente libera[152][153]. Poche settimane dopo si insediò un'amministrazione provvisoria composta dai delegati di tutte le componenti del CLN: il sindaco era l'indipendente Mario Agnelli, a cui poi succedette il comunista Celestino Trabattoni[154][155].
I decenni susseguenti allanascita della Repubblica Italiana furono contraddistinti da un deciso incremento demografico: la popolazione del comune crebbe dai circa 30 000 abitanti dell'immediato dopoguerra ai 44 422 residenti delcensimento generale svolto nel 1971[85]. A partire dal 1955, Lodi conobbe parimenti un impetuoso sviluppo urbanistico e infrastrutturale che coinvolse ambedue le sponde dell'Adda[85]: sorsero nuovi quartieri, tra cui quello delle "case Fanfani" (a ovest del centro storico) e il "villaggio Oliva" (a sud-ovest), entrambi realizzati nell'ambito del programmaINA-Casa[156]. La vita pubblica di quel periodo fu segnata dalla difficoltà nel pervenire a un'intesa sulpiano regolatore comunale, che fu approvato soltanto nel marzo del 1970 dopo quasi un secolo di tentativi infruttuosi[157][158].
Frattanto negli anni cinquanta era stato aperto il grande parco urbano dell'Isola Carolina, creato grazie a una donazione diEnrico Mattei che volle in questo modo ricompensare la città presso la quale erano stati scoperti degli abbondanti giacimenti digas naturale[A 10]; l'area verde, estesa all'incirca per50000 m² e situata a ridosso del nucleo storico dell'abitato, ospita essenze di notevole interesse botanico, selezionate presso illago di Como e inToscana[159][160][161]. Fra gli anni settanta e i duemila – oltre alla costruzione di un sistema distrade tangenziali, completato nel 2001 con l'inaugurazione del secondo ponte sul fiume[162] – ebbe luogo la dismissione di gran parte del patrimonio edilizio industriale, riconvertito in nuove aree residenziali o adibite a servizi[163]: un esempio paradigmatico di questa trasformazione è costituito dalCentro direzionale della Banca Popolare di Lodi, progettato dall'architettoRenzo Piano e sorto nel luogo in cui in precedenza si trovavano gli stabilimenti della Polenghi Lombardo, nelle vicinanze del castello di Porta Regale[164].
Il 6 marzo 1992 fu istituita formalmente laprovincia di Lodi, a seguito dello scorporo di 61 comuni dallaprovincia di Milano[A 11][11]; laprefettura e gli organi elettivi furono resi operativi tre anni più tardi[165][166].Papa Giovanni Paolo II si trattenne per breve tempo in città il 20 giugno 1992, diventando il primo pontefice in carica a visitare la diocesi laudense[167].
Agli inizi del XXI secolo – prima dellagrande recessione – Lodi beneficiò di una considerevole crescita economica, confermando il propriostatus di importante nodo stradale e centro industriale nei settori dellacosmesi, dellafarmaceutica, dellametalmeccanica, della lavorazione dellematerie plastiche, dell'artigianato e della produzione lattiero-casearia[168]. Si svilupparono anche le attività legate alsettore terziario: negli anni duemila, in particolare, si verificò una forte espansione dell'attività bancaria e dei serviziinformatici, nonché delturismo culturale edenogastronomico[168][169][170].
Rappresentando inoltre il punto di riferimento di un territorio tradizionalmente votato all'agricoltura e all'allevamento, la città fu prescelta come sede delParco Tecnologico Padano; la struttura – inaugurata nel 2005 dalpresidente della RepubblicaCarlo Azeglio Ciampi[171] – si affermò tra i centri di ricerca più qualificati a livello europeo nel campo dellebiotecnologie agroalimentari[172][173]. Dal 2018 ha sede a Lodi anche lafacoltà dimedicina veterinaria dell'Università degli Studi di Milano; gli edifici didattici, progettati dall'architetto giapponeseKengo Kuma, sono affiancati da un laboratorio zootecnico sperimentale e da unospedale veterinario[174].
Come molti altri centri dell'Italia settentrionale, la città è diventata una realtàmultietnica emulticulturale, connotata da una presenza significativa di abitanti provenienti dall'estero: nel 2008 gli stranieri residenti superarono per la prima volta il 10% della popolazione totale[175][176].
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