| Istituzioni | |
|---|---|
| Titolo originale | Institutiones |
| Autore | Gaio |
| 1ª ed. originale | 168-180 |
| Genere | saggio |
| Lingua originale | latino |
| Modifica dati su Wikidata ·Manuale | |
LeIstituzioni sono un'opera didattica in quattro libri composta dalgiurista romanoGaio tra il168 e il180 d.C..
Il carattere di assoluta eccezionalità dell'opera consiste nel fatto di essere l'unica opera della giurisprudenza romana classica ad essere pervenuta fino ai nostri giorni direttamente, senza il tramite di compilazioni che ne abbiano potuto alterare il significato.
Nel1816 il diplomatico tedescoBarthold Georg Niebuhr, in sosta aVerona, tappa intermedia di un lungo viaggio, ebbe modo di sfogliare alcuni manoscritti dellaBiblioteca Capitolare. La sua attenzione si fermò principalmente su un codice pergamenaceo contenente leLettere diSofronio Eusebio Girolamo e altre opere di scrittori cristiani. Osservando bene il codice notò immediatamente che si trattava di unpalinsesto, e che in alcune pagine affiorava una scrittura precedente cancellata alcuni secoli più tardi per far spazio al testo di contenuto teologico.
L’operazione di recupero richiese tempi lunghi, seppur guidata dalla mano sapiente diFriedrich Carl von Savigny che fece inviare, forte di un finanziamento ottenuto dall’Accademia delle Scienze di Berlino, due suoi collaboratori inItalia. Il ritrovamento fu seguito da un'attenta opera di ricostruzione dellascriptura prior, vergata in un particolare tipo dionciale, detta B-R, simile a quella con cui è stata esemplata laLittera Florentina, e databile dunque alla piena età giustinianea. Tuttavia, l'uso di reagenti chimici rovinò irrimediabilmente alcuni fogli pergamenacei. Il testo di alcuni di questi fogli andati perduti venne in parte ricostruito grazie al ritrovamento inEgitto di un papiro diOssirinco (P. Oxy. XVII 2103) e di alcuni frammenti provenienti da un codice pergamenaceo, anch'esso in onciale B-R, pubblicati nel 1933 daVincenzo Arangio Ruiz e oggi custoditi a Firenze (PSI XI 1182). Il confronto fra questi rinvenimenti e il testo del palinsesto veronese ha consentito anche di riguadagnare fiducia nella sostanziale genuinità della tradizione testuale delleInstitutiones di Gaio.
Le Istituzioni sono divise in quattro libri, detticommentarii. La materia trattata è articolata in tre parti:personae(primo commentario),res (secondo e terzo commentario) eactiones(quarto commentario). Perres si intendono i rapporti patrimoniali, compresi quelli di natura relativa, come leobligationes. Sempre nella parte dedicata alleres si parla anche delle successioni. Nella parte dedicata alleactiones Gaio si occupa del processo formulare, benché per spiegare leformulae quae ad legis actiones exprimuntur, egli tratti anche delle antichelegis actiones.
Gaio inizia ognuna delle tre parti in cui la sua opera è divisa (personae, res, actiones) con unasumma divisio. Tramite questo processo schematico, che, partendo da un singolo concetto, fa sviluppare in varie direzioni il discorso del giurista (è ilprocedimento diairetico greco, tipico dei giuristi romani, che amavano esporre perdistinctiones), Gaio riesce a ottenere un'esposizione precisa e semplice, facilmente comprensibile a tutti. Questa tecnica espositiva, insieme alla struttura dell'opera in tre grandi filoni, è probabilmente la ragione principale del successo ottenuto dalle Istituzioni. Entrambi questi aspetti infatti verranno anche ripresi nelle ben più aggiornateIstituzioni di Giustiniano.
Brevemente, la primasumma divisio, riguardante lepersonae, è riportata in Gai I, 9-12:
(Gaio,Institutiones I, 9-12.)
Da qui Gaio prosegue scendendo nei particolari e scindendo i liberi in "ingenui" (nati liberi) e "libertini" (manomessi) e questi ultimi in "cives Romani" (cittadini), "Latini" e "dediticii", dei quali si occupa successivamente.
Lasumma divisio riguardante leres si trova in Gai. II, 1-2 e seguenti:
(Gaio,Institutiones II, 1-2.)
La discussione prosegue quindi dividendo leres divini iuris insacrae,religiosae esanctae, e leres humani iuris inprivatae epublicae.
Lasumma divisio riguardante leobligationes, piuttosto particolare in quanto Gaio commette qui un piccolo errore, confondendospecies egenus, si legge in Gai. III, 88:
(Gaio,Institutiones III, 88.)
Qui Gaio definisce contratto e delitto duespecies e successivamente descrive i contratti produttivi di obbligazioni in quattrogenera, invertendo così il rapporto tragenus especies.
I quattro tipi di contratto sono icontratti reali (re, si perfezionano col trasferimento della cosa, come mutuo, deposito e comodato), icontratti verbali (verbis, si perfezionano con l'uso di parole solenni, come lasponsio e lastipulatio), icontratti letterali (litteris, si perfezionano tramite la redazione scritta su un registro, ilcodex accepti et expensi) e icontratti consensuali (consensu, si perfezionano con il semplice consenso delle parti, sono quattro: "emptio-venditio", la compravendita, "locatio-condutio", la locazione-conduzione, "mandatus", il mandato, "societas", la società).
Questa divisione basata sulle fonti delle obbligazioni subirà molte revisioni e molte interpretazioni e verrà presto ampliata, prima nelleres cottidianae (nelle quali verranno aggiunti levariae causarum figurae) e poi nelleIstituzioni di Giustiniano (dove si distinguerà fra "quasi contratti", ossia atti leciti produttivi di obbligazione, ma senza una base consensuale, e i "quasi delitti", ossia atti illeciti produttivi di obbligazione, ma caratterizzati dall'assenza di dolo).
NelleInstitutiones troviamo spesso riferimenti ai contrasti tra lascuola sabiniana e lascuola proculiana, sebbene l'autore abbia scritto le Istituzioni in un periodo in cui le dispute tra le due scuole erano già da tempo sopite. Lo stesso Gaio si dichiara in più punti seguace dei Sabiniani.
Anche da altri punti di vista Gaio si mostra più indietro rispetto al diritto del suo tempo: basti pensare alla descrizione dettagliata del processo dellelegis actiones, inutilizzato da due secoli, e al fatto che il giurista non cita mai i giureconsulti del suo tempo o l'avvenuta codificazione dell'editto perpetuo da parte di Salvio Giuliano.
Alcuni studiosi, basandosi su questi dati hanno avanzato l'ipotesi che l'autore si sia limitato in realtà ad ampliare un'opera precedente scritta da un Gaio originario (unUrgaius), e che l'opera che noi oggi leggiamo, in realtà, sia una rielaborazione di un manuale di scuola sabiniana del I secolo o di alcuni appunti di lezione del giuristaGaio Cassio Longino.
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