Nel XIV secolo esistevano meccanismi di controllo interno ai monasteri ed alle università, i soli luoghi dove avveniva la circolazione dei libri. In ciascun monastero l'abate era preposto al controllo dell'ortodossia di un'opera, senza l'assenso del quale gli amanuensi non potevano iniziare la copia di un manoscritto. Lo stesso avveniva nelle università che, per tutelare il loro buon nome, valutavano il contenuto degli inediti dei propri docenti prima della loro pubblicazione[2].
L'invenzione dellastampa a caratteri mobili (metàXV secolo) sconvolse una situazione ormai consolidata: un libro, una volta pubblicato, poteva essere ristampato da un qualsiasi editore in una qualsiasi città europea. I criteri di autocontrollo esistiti fino ad allora divennero in poco tempo totalmente inefficaci. Ciò fece sorgere la preoccupazione delle autorità costituite, le quali, dopo un periodo durante il quale guardarono alla stampa con favore, cominciarono a considerare l'invenzione diGutenberg con sempre maggiore diffidenza.
LaSanta Sede fu la prima autorità a muoversi al fine di controllare la circolazione delle opere a stampa. Il suo intento fu quello di bloccare la diffusione di opere potenzialmenteeretiche. Il primo provvedimento in questione fu un Breve emanato da papaSisto IV il 17 marzo 1479. Il successoreInnocenzo VIII con la costituzione «Inter multiplices» (17 novembre 1487) fissò le regole che furono fatte osservare dalla Chiesa cattolica fino al Concilio Vaticano II. Esse prevedono[3]:
unesame previo obbligatorio di tutti gli scritti destinati alla stampa;
La Santa Sede prese dunque provvedimenti nel tentativo di controllare tutto ciò che veniva stampato[5]. Allo scopo di limitare la diffusione delle opere considerate dannose per i fedeli, la Santa Sede introdusse l'istituto dell'autorizzazione preventiva, ovvero l'obbligo per ogni libro che andava in stampa di ricevere una specifica approvazione. Tale compito spettò ai vescovi, mentre per la sola città di Roma fu riservato alMaestro del Sacro Palazzo, il teologo personale del pontefice.Le misure di Innocenzo VIII furono ribadite dai successoriAlessandro VI (con una bolla dal titolo omonimoInter multiplices del 1º giugno 1501) eLeone X, il quale emanò la bollaInter Sollicitudines (4 maggio 1515), per promulgare il decreto della X sessione delConcilio Lateranense V (1513-16) relativo all'autorizzazione preventiva delle opere a stampa.
Nel1542papa Paolo III istituì laSacra Congregazione della romana e universale inquisizione (bollaLicet ab initio del 21 luglio 1542), affidandole il compito di «mantenere e difendere l'integrità della fede, esaminare e proscrivere gli errori e le false dottrine». Il primo presidente della congregazione fu ilcardinale Giovanni Pietro Carafa, futuropapa Paolo IV. Si trattò ora di fornire un Indice, cioè una lista, dei libri da evitare che fosse un punto di riferimento per tutta la cattolicità. A muoversi per prime furono le università di Parigi e di Lovanio (nelleFiandre). La Facoltà di teologia dell'Università di Lovanio pubblicò suoi Indici negli anni 1546, 1550 e 1552. Da parte sua l'Università della Sorbona pubblicò Indici della censura libraria negli anni 1544, 1545, 1547, 1549, 1551 e 1556[6]. In quegli stessi anni alcuni Stati introdussero l'obbligo della licenza di stampa. Nel1543 ilConsiglio dei Dieci dellaRepubblica di Venezia affidò agliEsecutori contro la Bestemmia il compito di sorvegliare l'editoria, con facoltà di multare chi stampava senza permesso: nel1549, ad opera di monsignorGiovanni della Casa, fu pubblicato unCatalogo di diverse opere, compositioni et libri, li quali come eretici, sospetti, impii et scandalosi si dichiarano dannati et prohibiti in questa inclita città di Vinegia: l'elenco comprendeva 149 titoli e riguardava per lo più opere tacciate dieresia. Il Consiglio dei Dieci proibiva la pubblicazione delle opere dei teologiprotestanti, dei primi riformati italiani che avevano ormai scelto la via dell'esilio (Ochino,Vermigli,Curione, ecc.), dei testi più noti della produzione di areavaldese (dalBeneficio di Cristo all'Alfabeto cristiano di Valdés), infine dei classici della polemistica antipapale (come i testi diMarsilio da Padova e le opere di autori coevi residenti in Italia, qualiBernardino Tomitano)[6]. Nello stesso periodo l'autorizzazione preventiva alla stampa fu introdotta in altri stati cattolici, come Francia e Spagna[2].
Tra i compiti dellaSanta Inquisizione vi era quello di ispezionare biblioteche pubbliche e private, botteghe di tipografi e librai, ed anche chiese e monasteri per individuare e sequestrare le opere contenenti proposizioni eretiche[7]. Nel1554 l'Inquisizione veneziana pubblicò ilCathalogus librorum haereticorum[8] contenente l'elenco delle opere proibite nella Repubblica di Venezia. Nel1555 Gian Piero Carafa, fondatore del Sant'Uffizio, neoeletto pontefice col nome diPaolo IV incaricò i cardinali inquisitori di redigere un Indice ufficiale dei libri proibiti[9]. Il primo Indice, detto "Indice Paolino", fu promulgato con un decreto affisso a Roma il 30 dicembre 1558 e diffuso all'inizio del1559. Il decreto dell'Inquisizione romana prescriveva, pena la scomunica, «Che nessuno osi ancora scrivere, pubblicare, stampare o far stampare, vendere, comprare, dare in prestito, in dono o con qualsiasi altro pretesto, ricevere, tenere con sé, conservare o far conservare qualsiasi dei libri scritti e elencati in questo Indice del Sant'Uffizio»[7]. L'elenco dei libri proibiti (Cathalogus librorum Haereticorum) era diviso in tre parti[9]:
autori non cattolici: di essi erano proibite tutte le opere (circa 600 nomi)[10];
libri (conteneva 126 titoli di 117 autori);
opere anonime (l'elenco comprendeva 332 opere).
Al termine di questo elenco furono aggiunte due liste. La prima elencava 45 edizioni proibite dellaBibbia, oltre a tutte le Bibbie nelle lingue volgari, in particolare le traduzioni tedesche, francesi, spagnole, italiane, inglesi e fiamminghe. La seconda era formata dai nomi di 61 tipografi (prevalentementesvizzeri etedeschi): di essi erano proibiti tutti i libri, anche quelli riguardanti argomenti non religiosi, in qualsiasi lingua e di qualsiasi autore; questa disposizione aveva l'obiettivo di scoraggiare gli editori a pubblicare autori protestanti di lingua tedesca[7]. Infine si proibivano intere categorie di libri, come quelli dimagia cerimoniale.
La vastità del provvedimento incontrò subito l'opposizione dei librai e dei tipografi, che lo giudicarono estremamente severo. Persino alcuni membri del Collegio cardinalizio espressero dei dubbi sulla sua efficacia. Lo testimonia la lettera del 27 gennaio1559 diretta all'inquisitore di Genova, con la quale il commissarioMichele Ghislieri (futuro papa Pio V) espresse le sue riserve su alcune specie di proibizioni:
«Di prohibire Orlando [Innamorato eFurioso], Orlandino [del Folengo], cento novelle [probabilmente Boccaccio] et simili altri libri più presto daressemo da ridere ch'altrimente, perché simili libri non si leggono come cose a qual si habbi da credere ma come fabule, et come si legono ancor molti libri de gentili [pagani] come Luciano Lucretio et altri simili»
Il papa recepì il decreto dell'Inquisizione romana con la bollaCum ex apostolatus officio, pubblicata il 15 marzo1559.Gian Pietro Carafa, che da cardinale era stato il primo presidente della Santa Inquisizione, attribuì a quest'ultima e alla sua rete locale l'applicazione delle proibizioni. Fino ad allora il ruolo di censori era stato svolto dai vescovi, ciascuno dotato di autonomia nella propria diocesi. Con questo provvedimento, il potere censorio fu centralizzato ed affidato unicamente all'Inquisizione[2].
Nello stesso anno 1559 la Santa Sede ammorbidì le norme censorie (Instrucio circa Indicem) introducendo lo strumento dettoexpurgatio. I libri di autori cattolici tradotti o curati da eretici potevano essere ugualmente permessi purché emendati dai loro nomi e cancellando nel testo eventuali aggiunte o correzioni da loro apportate[2]. La Congregazione dell'Indice invitava quindi l'autore a riprendere in mano il libro condannatodonec corrigatur (letteralmente: «[proibito] finché non sia stato corretto») affinché emendasse l'opera di quei passi indicati come eretici[2].
Il secondo elenco (Indice Tridentino oIndex librorum prohibitorum a Summo Pontifice) venne pubblicato durante l'ultima sessione (la XXV) delConcilio di Trento. Recependo un'indicazione del Concilio,papa Pio IV (1559-1565) fece rivedere e aggiornare l'Indice e il 24 marzo1564 pubblicò lacostituzioneDominici gregis custodiae, con la quale approvò il nuovo Indice proibendo la lettura dei libri ivi contenuti.[11] Il nuovo Indice constava di due parti: nella prima erano elencati dieci principi generali che specificavano le categorie di cui si componeva l'Indice; la seconda parte conteneva l'elenco dei libri proscritti[9].
A differenza dell'Indice Paolino, l'Indice Tridentino venne applicato in quasi tutta l'Italia e in gran parte dell'Europa. LaSpagna applicò anche l'indice redatto dall'Inquisizione locale, provvista di pieni poteri già dal1559.Papa Pio V istituì nel1571 la "Congregazione dell'Indice", per tenere aggiornato l'Indice e reinviarlo periodicamente alle sedi locali dell'Inquisizione, da dove veniva diffuso presso tutti i librai.[12] Pio IV introdusse la distinzione tra libri eretici e libri proibiti non eretici, sottomettendo alla giurisdizione vescovile chi avesse letto o posseduto consapevolmente questi ultimi[13].
Oltre a quello della Congregazione, Indici particolari continuarono a venir redatti anche dalla Santa Inquisizione sotto i pontefici successivi: le due istituzioni furono spesso in conflitto in merito alla giurisdizione sulla proibizione dei libri. Talora i vescovi si opposero al potere dato all'Inquisizione in questo campo. Nel1596, sottopapa Clemente VIII venne redatta una versione aggiornata dell'indice (Indice Clementino), che aggiunse all'elenco precedente pure opere registrate solo in altri indici europei successivi al 1564. Lo stesso pontefice modificò la regola deldonec corrigatur (vediSupra) stabilendo che non doveva più essere l'autore a ritrattare i propri contenuti, ma doveva essere la Congregazione ad offrire all'autore la possibilità di chiarire quanto aveva scritto; la trattativa doveva svolgersi in segreto, a tutela dell'onorabilità dell'autore[2].
La condanna ecclesiastica ebbe forti conseguenze culturali e le "espurgazioni", a volte neppure dichiarate, potevano arrivare a stravolgere il pensiero originario dell'autore. Specie a partire dal1616 si cominciò a bandire le opere di astronomia diNiccolò Copernico, inserito negl'Indici fino a Ottocento inoltrato.Dalla fine del Cinquecento, vari scrittori cattolici, comeTorquato Tasso, iniziarono ad autodenunciarsi[senza fonte]; mentre l'attività dei librai diventò difficile per le richieste di permesso e i pericoli di confisca.
Le "patenti di lettura", tuttavia, che in teoria avrebbero dovuto essere rilasciate solo a studiosi cattolici di provata fiducia da parte del Santo Uffizio e durare solo per tre anni, col trascorrere del tempo, a partire dalla seconda metà del XVII secolo, poterono ottenersi più facilmente e per una durata illimitata[14]. Dopo la metà delXVII secolo, di fatto in alcuni Stati europei la Santa Inquisizione cessò di perseguire la semplice detenzione di libri proibiti[senza fonte]. Nel1758papa Benedetto XIV semplificò le norme da seguire per la condanna dei libri (costituzioneSollicita ac provida, 9 luglio 1753); fu inoltre cancellato il divieto di lettura della Bibbia cattolica tradotta dal latino nelle lingue nazionali.
Leone XIII riscrisse norme in base alle quali una lettura fosse da ritenersi proibita (costituzioneOfficiorum ac munerum del 25 gennaio1897); tali norme entrarono immediatamente nell'alloraCodice di Diritto Canonico (Codex iuris canonici) dal canone 1385, nel Titolo XXIII: «Censura preliminare dei libri e il loro divieto». In esso veniva stabilita la pena dellascomunica «per coloro che pubblicano libri di apostati, eretici e scismatici, che propugnano l'apostasia, l'eresia e lo scisma, e anche coloro che difendono o, senza permesso, leggono [...] tali libri o altri libri proibiti nominativamente»; tale provvedimento spettava allaSanta Sede. Incorrevano nella scomunica semplice «autori ed editori che, senza la dovuta licenza, fanno stampare i libri della Sacra Scrittura o note ovvero commenti a essi»[15].
A partire dal1917 le competenze per la compilazione e l'aggiornamento dell'indice tornarono all'Inquisizione (ribattezzata nel 1908 Sant'Uffizio) che introdusse nell'Indice opere fasciste (Il Catechismo del balilla), razziste (Il Razzismo diGiulio Cogni) e nazionalsocialiste (Il mito del XX secolo diAlfred Rosenberg ed altri)[16].
Nei suoi quattro secoli di vita, l'Indice venne aggiornato almeno venti volte (l'ultima volta nel1959:Index Additus Librorum Prohibitorum, typis polyglottis vaticanis) e fu definitivamente abrogato in seguito alle riforme delConcilio Vaticano II, il 15 novembre1966, sottopapa Paolo VI[17].
Secondo ildiritto canonico, le forme di controllo sulle opere astampa dovevano essere principalmente due: la prima, di approvazione, volta a concedere il classicoimprimatur ai libri redatti da cattolici su tematiche riguardanti la morale o la fede; una seconda, di condanna, per volumi che si ritiene mettano in circolazione idee erronee: quest'ultima prevedeva l'inserimento di tali opere nell'Indice.
«... questa Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede ... comunica che l'Indice rimane moralmente impegnativo, in quanto ammonisce la coscienza dei cristiani a guardarsi, per una esigenza che scaturisce dallo stesso diritto naturale, da quegli scritti che possono mettere in pericolo la fede e i costumi; ma in pari tempo avverte che esso non ha più forza di legge ecclesiastica con le annesse censure»
^abcdefgGiorgio Caravale,Libri pericolosi. Censura e cultura italiana in età moderna, Laterza, Bari-Roma 2022.
^Il fondamento teologico della messa al rogo era il passo degliAtti degli Apostoli nel quale si menzionava l'antica usanza di bruciare i libri pericolosi. InAp19,19, sulaparola.net. si racconta di come gliEfesini convertiti al cristianesimo bruciarono i propri libri di magia.
^ Marco Santoro,Lezioni di Bibliografia, Milano, Editrice Bibliografica, 2012., pag. 94.
^abPapa Paolo IV, sutreccani.it.URL consultato il 20/08/2015.
Vittorio Frajese,Nascita dell'Indice. La censura ecclesiastica dal Rinascimento alla Controriforma, Brescia, Morcelliana, 2006.
Hubert Wolf,Storia dell'Indice. Il Vaticano e i libri proibiti, Traduzione di Stefano Bacin, Roma, Donzelli, 2006.
Censura ecclesiastica in Italia tra Cinquecento e Seicento recensione a due volumi sull'argomento: M. Valente, "Review ofCensura ecclesiastica e cultura politica in Italia tra Cinquecento e Seicento. Sesta Giornata Luigi Firpo: atti del Convegno, 5 marzo 1999, a cura di Cristina Stango, Firenze, Olschki, 2001;Church, Censorship and Culture in Early Modern Italy, edited by Gigliola Fragnito, Cambridge, Cambridge University Press, 2001», Cromohs 7 (2002): 1-6
M. Dissegna,Italiani all'Indice. Le opere messe all'Indice dei libri proibiti dall'Unità d'Italia in poi, in A. Melloni (a cura di),Cristiani d'Italia. Chiese, società, Stato, 1861-2011, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, vol. II, Roma 2011, pp. 1514-1528.
The Book Fools Bunch,Il libro dei libri proibiti, Edizioni Clichy, Firenze, 2019.ISBN 978-88-6799-650-6.
Gli Indici dei libri proibiti (1557-1948), in: Davide Canfora (a cura di),La libertà al tempo dell'Inquisizione. Antologia di documenti dal 1252 al 1948, Milano,Teti Editore, 1999,ISBN978-88-7039-771-0.