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Ilemorfismo

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L'ilemorfismo (oilomorfismo oileformismo), termine composto derivato dalgreco antico ὕλη (hyle, «materia») e μορϕή (morfé, «forma»), vuole significare che ogni ente materiale è costituito damateria eforma. In particolare all'ilemorfismo fa riferimento la dottrina aristotelica dell'anima.

Secondo un celebre paragone diAristotele, l'ilemorfismo è un'unità dianima ecorpo, come lo sono lacera e la forma delsigillo.[1]

Ilemorfismo aristotelico

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Nel tentativo di superare ildualismoplatonico,Aristotele intende l'anima comeforma del corpo, e perciò non distinguibile da questo.

Definire un'anima e uncorpo non significa distinguerli, ma solo articolare gli aspetti di un'unità in atto:

«Perciò non bisogna ricercare se l'anima e il corpo sono uno, come neppure [se lo sono]

la cera e la figura, né in generale la materia di ciascuna cosa e ciò di cui la materia [èmateria]. Infatti, benché l'uno e l'essere si dicano in molti modi, il principale è l'atto.[1]»

(Aristotele, trad. it.a cura di Giancarlo Movia)

L'anima è «l'entelechia prima di un corpo naturale che ha la vita in potenza»:[2] espressione questa che ben rappresenta ciò che Aristotele intende perentelechia. In contrapposizione alla teoria platonica delleidee, egli sostiene infatti che ogni ente si sviluppi a partire da unacausafinale interna ad esso, e non dipenda nel suo essere da enti assoluti invariabili preesistenti.

Nell'esempio qui riportato, lamateria è ciò di cui è fatta la sedia, in tal caso illegno; laforma è ciò che la rende quello che è, cioè appunto unasedia e non un tavolo.

Entelechia è quindi la piena realizzazione di unorganismo, unità inscindibile di materia e forma, mirante a realizzare se stesso compiutamente secondo leggi proprie, passando dallapotenza all'atto (e l'atto è non temporalmente, ma ontologicamente precedente alla potenza).

L'anima quindi per Aristotele rappresenta la capacità di realizzare le potenzialità vitali del corpo, e non è da questo separabile; materia e forma - ilemorfismo - fanno tutt'uno nel corpo vivente. Di conseguenza, l'anima sarebbe destinata a perire una volta che il corpo muoia ma su questa conclusione Aristotele non dà un giudizio definitivo:

«Se rimanga qualcosa dopo l'individuo, è una questione ancora da esaminare. In alcuni casi, nulla impedisce che qualcosa rimanga: per esempio, l'anima può essere una cosa di questo genere, non tutta, ma solo la parte intellettuale; perché è forse impossibile che tutta l'anima sussista anche dopo.[3]»

Dell'anima, a seconda delle funzioni, Aristotele distingue tre parti:

  • anima vegetativa, che governa le funzioni fisiologicheistintive (quelle che noi chiamiamo "animali", appunto: nutrizione, crescita, riproduzione);
  • anima sensitiva, che presiede al movimento e all'attivitàsensitiva;
  • anima intellettiva, che è la fonte delpensiero razionale e governa laconoscenza, lavolontà e lascelta.

Un principio dieternità riposa in effetti nell'anima intellettiva, che però opera senza il supporto di un organo corporeo. Aristotele non chiarisce i rapporti tra quest'anima e le altre, né se l'eternità dell'anima intellettiva sia anche individuale; del problema discuterà lafilosofia medievale che tratterà dell'ilemorfismo universale secondo cui ogni realtà è costituita da un'unica materia e un'unica forma.[4]


Ilemorfismo universale

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Nellafilosofia arabamedievale, l'ilemorfismo universale è in particolare la tesi diAvicebron, secondo la quale tutte le creature sono composte di materia e forma, comprese le sostanzespirituali comeDio, gliangeli e l'anima.[5]

Questa tesi fu condivisa dalla correnteagostinistamedievale, espressa dagli esponenti dellascuola francescana, secondo cui ogni creatura è composta da una «materia prima» e una «forma sostanziale», due elementi unici e onnipresenti che si integrano però in maniera differente e particolare nella gerarchia dellascala cosmica: da un lato la materia si fa sempre più rarefatta in prossimità del vertice,[6] costituito dagliangeli, dall'altro la forma riduce progressivamente il proprio livello diattività ai gradini più bassi.[5]

Bonaventura da Bagnoregio, in particolare, parlava dirationes seminales quali germi posti da Dio nella materia che le donano un dinamismo intrinseco;[5] mentre secondoRoberto Grossatesta, laluce è la prima «prima forma della corporeità».[5]Altri seguaci dell'ilemorfismo universale furono ifrancescaniMatteo d'Acquasparta,Pietro di Giovanni Olivi,Giovanni Peckham,Pietro di Trabes.[5]

Tommaso d'Aquino rigettò invece questa tesi nelDe substantiis separatis, affermando che l'anima, come gli angeli, sarebbe pura forma, e perciò priva di materia, essendo l'atto di cui il corpo materiale è la potenza.[7]

Note

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  1. ^abAristotele,Sull'anima 412 b 6-9.
  2. ^De Anima, II, 412a,28, b1
  3. ^Metafisica, Λ 3, 1070 a 24-26
  4. ^Paolo Rossi (curatore),Dizionario di filosofia, La Nuova Italia, Firenze, 2000.
  5. ^abcdeIlemorfismo universale, suwww3.unisi.it, Università di Siena.
  6. ^Si trattava in ogni caso di una concezione innovativa della materia intesa non più come semplice mancanza diessere, ma come dotata di una sua sostanzialità, che ai gradi più alti della gerarchia cosmica si traduce persino in incorporeità (cfr. Romano Pietrosanti,Introduzione all'ilemorfismo universale, sumondodomani.org, Dialegesthai, 2004.)
  7. ^Battista Mondin,Ontologia e metafisica, ESD, 2022, pp. 152, 186-187.

Bibliografia

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  • Aristotele,L'anima, a cura di Giancarlo Movia, Bompiani, 2001.
  • David Charles (a cura di),The History of Hylomorphism: From Aristotle to Descartes, New York, Oxford University Press, 2023.

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