il Giornale | |
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Stato | ![]() |
Lingua | italiano |
Periodicità | quotidiano |
Genere | stampa nazionale |
Formato | Berlinesea 6 colonne |
Fondatore | Indro Montanelli |
Fondazione | 25 giugno1974 |
Inserti e allegati |
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Sede | Via dell'Aprica 18,Milano |
Editore | SEE S.r.l. (controllata daTosinvest) |
Tiratura | 78 888[1] (2022) |
Diffusione cartacea | 31 886[1] (2022) |
Diffusione digitale | 1 565[1] (2022) |
Direttore | Alessandro Sallusti direttore responsabile,Vittorio Feltri direttore editoriale |
Vicedirettore | Osvaldo De Paolini,Nicola Porro,Francesco Del Vigo eMarco Zucchetti |
ISSN | 1124-8831 (WC ·ACNP) e 2532-4071 (WC ·ACNP) |
Distribuzione | |
cartacea | |
Edizione cartacea | singola copia/ abbonamento |
multimediale | |
Tablet PC | singola copia/ abbonamento[2] |
Smartphone | gratuito[3] |
Sito web | www.ilgiornale.it |
Modifica dati su Wikidata ·Manuale |
il Giornale (dalla fondazione sino al 1983il Giornale nuovo) è unquotidiano a diffusione nazionale fondato aMilano nel 1974, con una diffusione media di 28.933 copie a maggio 2023.[4]
Fu fondato daIndro Montanelli (1909-2001), che lo diresse ininterrottamente fino al 1994, dandogli un orientamentoliberale econservatore ma fortemente indipendente dalle linee dei partiti politici. Dopo l'uscita del fondatore, in seguito alla «discesa in campo» diSilvio Berlusconi, si attestò tra i principali quotidiani italiani dicentro-destra, area alla quale appartiene tuttora.
Il nomeil Giornale nuovo fu scelto poiché esisteva già un quotidiano aVarese denominatoIl Giornale (editori Violini e Parravicini, direttore responsabile Ambrogio Lucioni). Nel 1977 il quotidiano varesino scomparve e nel 1983 la testata venne rinominatail Giornale, come Montanelli avrebbe voluto fin dall'inizio.
L'aggettivonuovo aveva assunto nel tempo un valore simbolico e molti lettori, i «veri padroni del giornale e dei giornalisti», come li definiva Montanelli, continuarono per alcuni anni ad aggiungerlo al nome del quotidiano ogni volta che lo citavano.
All'origine della decisione diIndro Montanelli di uscire dalCorriere della Sera, presso il quale aveva lavorato per più di quarant'anni, vi fu la decisione diGiulia Maria Crespi, responsabile della linea e dei bilanci del quotidiano di via Solferino[5], di imporre una virata asinistra della linea editoriale, avviata nel 1972 con il licenziamento del direttoreGiovanni Spadolini, sostituito daPiero Ottone.
Già nella seconda metà dello stesso anno Montanelli cominciò a mettersi in contatto con alcuni amici e colleghi fidatissimi, tra i qualiEnzo Bettiza, con l'intenzione di lasciare ilCorriere e creare un nuovo quotidiano[6]. Vennero subito coinvolti altri due autori di alto valore professionale:Gianni Granzotto, già amministratore delegato dellaRai e all'epoca presidente dellaFIEG, caratterizzato da brillanti doti diplomatiche e organizzative, eGuido Piovene, scrittore di fama internazionale e amico di Montanelli fin dagli anni trenta.
Ai primi di ottobre del 1973, Indro Montanelli rilasciò al settimanaleIl Mondo un'intervista molto critica verso ilCorriere, in cui disse per la prima volta di voler fondare un nuovo giornale. Giulia Crespi prese male la rivelazione e dette corso alla sospensione dello scrittore toscano, incaricando il direttorePiero Ottone di comunicarglielo; non vi fu tuttavia bisogno di ciò, in quanto Montanelli, il 17 ottobre, lasciò spontaneamente via Solferino, avviando rapidamente ulteriori contatti per la fondazione delGiornale.
Enzo Bettiza, momentaneamente ancora in carica alCorriere, cercò di reclutare per il nuovo quotidiano dell'amico quanti più giornalisti possibile. Alla fine ne portò in dote alGiornale nuovo oltre una trentina[6]. Tra di loro:Egisto Corradi, principe dei giornalisti di guerra,Giancarlo Masini, inventore del giornalismo di divulgazione scientifica e ricercatore,Gianfranco Piazzesi (commentatore politico),Antonio Spinosa (esperto ritrattista di personaggi storici),Cesare Zappulli (esperto d'ambito economico), Pietro Radius (inviato speciale delCorriere d'Informazione) eppoi i famosi «macchinisti» delCorriereLeopoldo Sofisti e Gian Galeazzo Biazzi Vergani, esperti nell'organizzazione propria di un giornale. Bettiza non attinse solo alCorriere. Convinse di poi Renzo Trionfera dell'Europeo, portò via aEpoca il suo principale inviato all'estero,Lucio Lami. Strappò aLa NotteEgidio Sterpa, valido cronista cittadino e i più giovaniFernando Mezzetti eSalvatore Scarpino, entrambi vocati a brillante carriera.
Dal canto suo Montanelli scelse due nomi molto prestigiosi per le corrispondenze dall'estero:Vittorio Dan Segre (diplomatico israeliano di origine italiana) per la sede diGerusalemme eFrançois Fejtő, ungherese residente aParigi, storico e intellettuale raffinato, per la sede transalpina. Declinò l'invito inveceUgo Stille, storico corrispondente delCorriere della Sera daNew York. Ad essi si aggiunsero altri intellettuali che ricercavano un nuovo spazio espressivo di tendenza liberale e conservatrice, che non fosse dominato dalla «culturaradical chic» (come la definiva Montanelli). Fra essi si possono menzionare:Raymond Aron,Frane Barbieri,Alain de Benoist,Livio Caputo,Jean-François Revel,Gregor von Rezzori,Giorgio Torelli eMarcello Staglieno.
Il progetto delGiornale nuovo prese corpo tra la fine dell'anno e il gennaio-febbraio 1974. Secondo Montanelli e i suoi collaboratori,il Giornale nuovo avrebbe dovuto sottrarre lettori a giornali come ilCorriere eLa Stampa, "colpevoli" di avere abbandonato la loro tradizionale collocazione politico-editoriale e di stare conBerlinguer e con la sinistra democristiana.
Montanelli cominciò poi a cercare un editore. Bussò a molte porte, ma tutti gli approcci con i grandi editori fallirono. AdAndrea eAngelone Rizzoli si rivolse con queste parole: «Mi avete fatto la corte per tre anni affinché dirigessi un vostro quotidiano ed ora ve lo porto bell'e pronto»[7], parole alle quali Andrea Rizzoli rispose, lasciando stupefatto Montanelli, che la Rizzoli avrebbe di lì a poco comprato ilCorriere della Sera. Dopo Rizzoli, si ritirarono uno dopo l'altro ancheGianni Agnelli eMario Formenton, genero diArnoldo Mondadori e amministratore delegato dellacasa editrice omonima, il quale disse di no anche a causa del parere negativo diGiovanni Spadolini, cosa che fece arrabbiare molto Montanelli[8]. In precedenza, il giornalista toscano aveva rifiutato di fondare un nuovo giornale insieme adEugenio Scalfari (il primo direttore, il secondo condirettore) definendo la proposta di Scalfari un tantino azzardata[9]. Si fece avanti l'industrialeNino Rovelli: il progetto prevedeva che Rovelli sarebbe stato il proprietario, ma non avrebbe influito sulla linea del giornale. Montanelli rifiutò.Eugenio Cefis, presidente dellaMontedison, gli propose invece di fondare un giornale a struttura cooperativa: i giornalisti sarebbero stati i proprietari e la Montedison avrebbe garantito la copertura finanziaria. Montanelli preferì questa seconda soluzione[10]. IlGiornale nuovo ottenne un finanziamento con la formula del «minimo garantito»: laSPI (azienda del gruppo Montedison) gestì la raccolta della pubblicità; comunque andassero le vendite, avrebbe garantito al nuovo quotidiano una somma di 12 miliardi all'anno[11].
[Chi sarà il nostro lettore] noi non lo sappiamo perché non siamo un giornale di parte, e tanto meno di partito, e nemmeno di classi o di ceti. In compenso, sappiamo benissimo chi non lo sarà. Non lo sarà chi dal giornale vuole soltanto la «sensazione» […] Non lo sarà chi crede che un gol diRiva sia più importante di una crisi di governo. E infine non lo sarà chi concepisce il giornale come una fonte inesauribile di scandali fine a se stessi. Di scandali purtroppo la vita del nostro Paese è gremita, e noi non mancheremo di denunciarli […] Ma non lo faremo per metterci al rimorchio di quella insensata e cupa frenesia di dissoluzione in cui si sfoga un certo qualunquismo, non importa se di destra o di sinistra […] Vogliamo creare, o ricreare, un certo costume giornalistico di serietà e di rigore. E soprattutto aspiriamo al grande onore di venire riconosciuti come il volto e la voce di quell'Italia laboriosa e produttiva che non è soltanto Milano e la Lombardia, ma che in Milano e nella Lombardia ha la sua roccaforte e la sua guida.
Il 27 febbraio 1974, a Milano, venne costituita la «Società Europea di Edizioni S.p.A. – Società di redattori», proprietaria della testata nonché società di gestione del giornale. IlGiornale nuovo nacque quindi come «società di redattori». Il Comitato di redazione era composto da:
La redazione era composta da 59 giornalisti: il quotidiano usciva sei giorni alla settimana per contenere i costi (non era in edicola il lunedì)[13]. Ilprimo numero uscì martedì 25 giugno 1974.
Quel giorno laterza pagina ospitò unelzeviro di Guido Piovene, un articolo di Bettiza intitolatoDalla parte di Aleksandr Solzhenicyn e la prima puntata di un racconto diJoseph Roth ancora inedito in Italia,La leggenda del santo bevitore[14]. Le attese per la creatura di Montanelli erano elevate: alcuni pensavano addirittura che Montanelli avesse fondato un partito[15].Enzo Bettiza fu scelto come condirettore, incarico conservato fino al 1983.
Il quotidiano presentava alcune caratteristiche che lo distinguevano dal resto della stampa italiana: una terza pagina fissa, fedele alla tradizione giornalistica italiana; tutti gli articoli nellaprima pagina si chiudevano al suo interno e non presentavano rimandi o continuazioni nelle pagine interne; un'intera pagina veniva dedicata alle lettere al direttore (intitolataLa parola ai lettori) cui Montanelli rispondeva tutti i giorni; gli introiti degli annunci funebri erano destinati in beneficenza agli enti indicati dagli stessi inserzionisti.
Nel taglio basso della prima pagina era presenteControcorrente, una rubrica racchiusa in un riquadro in cui, con poche righe (non più di 400 battute), Montanelli commentava un fatto o un evento del giorno precedente in modo ironico e pungente. Altri piccoli riquadri di punzecchiature scritte dai redattori eranoAgopuntura, collocata nella pagina interna di cronaca milanese, ePuntasecca, nella pagina dedicata alla critica letteraria ed artistica.
Le vendite furono subito alte. Alla fine di agosto un notaio certificò cheil Giornale nuovo aveva una tiratura media di 242 541 copie[16]. Dopo i primi mesi di euforia, le vendite si stabilizzarono attorno alle 150 000 copie. Molti prevedevano che il nuovo quotidiano milanese, con così tante firme e con la vena straordinaria del direttore, avrebbe portato via parecchi lettori alCorriere della Sera. Il quotidiano di Montanelli, invece, si ritagliò un suo spazio all'interno dell'elettorato moderato, intaccando il concorrente ma non facendolo cadere dal trono. A Milano, in particolare,il Giornale nuovo non sfondò, rimanendo fermo sulle 30 000 copie, contro le 160-180 000 delCorriere, che rimase il primo giornale anche inLombardia. Fu una grande delusione per Montanelli.
Nel novembre 1974 Guido Piovene, presidente della società editrice e creatore della terza pagina delGiornale nuovo, morì prematuramente. I suoi successori furonoGiorgio Zampa eSandra Artom, sotto la supervisione di Enzo Bettiza. Davvero imponente la schiera dei collaboratori:
Assai prestigiosa anche la presenza dei collaboratori stranieri:Raymond Aron,Anthony Burgess (dal 1978 al 1981),John Kenneth Galbraith,Gustaw Herling-Grudziński,Eugène Ionesco,Jean-François Revel,Paul Samuelson.
I progetti di sviluppo non mancavano: il 28 gennaio 1975 nacque l'edizione diGenova. Quell'anno si svolsero in diverse parti d'Italia le elezioni amministrative:il Giornale nuovo si schierò su base nazionale contro il PCI e a favore della DC[17].
La linea politica delGiornale nuovo rispecchiò fedelmente il pensiero del suo fondatore e direttore. Nell'Italia fortemente ideologizzata degli anni settanta, in cui in genere chi non si schierava a sinistra era bollato comefascista, ilGiornale nuovo si smarcò e respinse questa etichetta, dettata unicamente da una visione ideologica della realtà, affermando invece la piena libertà di pensiero dell'individuo. Il nuovo quotidiano seguiva, in politica economica, una linea liberista, in politica interna era laico e anticomunista, mentre in politica estera era filoatlantico e filoisraeliano: in una parola era liberalconservatore[6]. Durante gli anni settanta uno dei cavalli di battaglia del foglio milanese fu la teoria degli «opposti estremismi»[18], che indicò una particolare situazione politica italiana in cui gruppiextraparlamentari (di estrema destra e di estrema sinistra) si scontravano tra loro o avversavano le istituzioni dello Stato creando fatalmente i presupposti per l'insorgenza di unterrorismo di matrice politica, mentre non credeva né alla «strategia della tensione», considerandola una teoria avallata dalle sinistre per sostenere che la violenza veniva soltanto da destra[19], né all'espressione «strage di Stato», poiché per attuare una strage con coperture politiche a un alto livello delle istituzioni era necessario avere «uomini di Stato capaci di azionare polizie segrete», cosa di cui l'Italia era sprovvista, e sosteneva che «per immaginare unRumor che, nel buio, organizza stragi con l'aiuto della polizia italiana, bisogna essere tanto ricchi di fantasia quanto poveri di senso del ridicolo»[20].
La politica italiana era dominata dagli stessi partiti che si fronteggiavano ininterrottamente dal 1948, laDC e ilPCI, eil Giornale nuovo entrò a gamba tesa nell'arena politica con l'intenzione esplicita di scongiurare il compromesso che le due forze, nonostante fossero storicamente antagoniste, cercavano di concludere[6]. In breve tempo il quotidiano divenne inviso a molti ambienti politico-culturali. Si diffuse attorno a Montanelli, e a tutta la redazione, la nomea di «appestati». Scrisse Gian Galeazzo Biazzi Vergani nel suo diario:
Il 1976 fu l'anno del consolidamento:il Giornale nuovo si era ritagliato uno spazio tutto suo ed era ormai riconosciuto come l'unico quotidiano che sapesse interpretare i desideri e gli umori di chi, nel Paese, non accettava ilcompromesso storico tra i due partiti maggiori[21]. Enzo Bettiza affermò:
(Giampaolo Pansa,op.cit., p. 306.)
I lettori delGiornale nuovo non si consideravano gli acquirenti di un prodotto, ma gli appartenenti a un gruppo di opinione.Cesare Zappulli affermò:
(Giampaolo Pansa,op.cit., p. 306.)
Il 22 gennaio 1976il Giornale nuovo firmò un accordo conTelemontecarlo, all'epoca la quarta rete in lingua italiana per importanza. L'emittente monegasca aveva iniziato le trasmissioni sul suolo italiano nel 1974, in seguito a una sentenza dellaCorte costituzionale, e trasmetteva un suo notiziario[22]. Da quell'anno la redazione del quotidiano curò la scrittura delle notizie; il direttore Indro Montanelli compariva alla fine del telegiornale nelle vesti di commentatore, alternandosi con Bettiza, Zappulli eMario Cervi. I commenti erano girati in uno studio improvvisato di Milano. Le registrazioni, insieme ai testi delle notizie, venivano trasportate su un'automobile fino al Principato di Monaco[6]. Il telegiornale, unica alternativa ai notiziari Rai, ebbe un immediato successo di pubblico che si riverberò sulle vendite del quotidiano, aumentate in ragione del 25-30%[23].
Nel maggio dello stesso anno, a seguito delterremoto del Friuliil Giornale nuovo organizzò una sottoscrizione nazionale. I lettori risposero in maniera massiccia. In pochissime settimane il quotidiano raccolse più di tre miliardi, superando nella gara di solidarietà tutti gli altri quotidiani. I proventi della sottoscrizione vennero usati per la ricostruzione dei Comuni diVito d'Asio,Tarcento eMontenars.
In vista delle elezioni politiche del 20 giugno il quotidiano fece una propria campagna elettorale: invece di «raccontare» le elezioni, cercò di «farle», con la speranza di vincerle.Montanelli individuava nel PCI un pericolo per la democrazia. La campagna delGiornale nuovo fu tesa sicuramente ad impedire un avanzamento del PCI, ma allo stesso tempo Montanelli non trovava neppure nel partito avversario, la DC, una compagine affidabile su cui puntare con certezza. Nacque così loslogan «Turiamoci il naso e votiamo DC»[24] eil Giornale nuovo consigliò ai propri lettori una rosa di candidati DC «non compromessi col malaffare», che gli elettori potevano indicare nello spazio riservato alle preferenze.
A differenza dell'anno precedente, nel 1976il Giornale nuovo «vinse» le elezioni. Il successo fu anche editoriale: nell'imminenza del 20 giugno la tiratura toccò il record di 412 000 copie[25]. Dei quaranta candidati consigliati dal quotidiano ai lettori, 33 furono eletti in Parlamento. Il più votato risultòMassimo De Carolis, con 151 555 preferenze[26]. Furono eletti (al Senato) anche i due condirettori del quotidiano, Enzo Bettiza e Cesare Zappulli[6].
Nel 1976il Giornale nuovo fu il sesto quotidiano italiano, con 220 000 copie vendute in media al giorno. In quell'anno terminò il finanziamento triennale della Montedison. Il quotidiano ricevette nuovi aiuti finanziari dalla famiglia Boroli, proprietaria della casa editriceDe Agostini e, grazie ai buoni uffici di Granzotto, stipulò un nuovo contratto pubblicitario con laSipra, concessionaria della Rai. Nel 1977, due anni dopo lo sbarco in Liguria, nacque l'edizione dell'Emilia-Romagna (il primo numero uscì il 28 giugno), con redazioni a Bologna, Modena e Reggio Emilia.Il Giornale nuovo entrò anche nel mercato librario: in cooperazione con la De Agostini venne fondata l'«Editoriale Nuova», una casa editrice specialistica.
Il 2 giugno il direttore Indro Montanelli subì un attentato da parte delleBrigate Rosse, che gli spararono alle gambe.
Nello stesso annoSilvio Berlusconi, all'epoca solo un imprenditore edile, entrò nella SEE con una quota del 12%. Nel 1979 aumentò la sua quota al 37,5%, diventando azionista di maggioranza. Berlusconi aiutò a ripianare i debiti delGiornale nuovo anche attraverso un contratto di copertura degli spazi pubblicitari con «minimo garantito» attraverso una sua società[27]. Nel giugno dello stesso anno la redazione si trasferì nella nuova sede di via Gaetano Negri.
Alleelezioni politiche anticipateil Giornale nuovo, convinto che non ci sarebbe stato un sorpasso del PCI (dato in forte calo nei sondaggi), invitò gli elettori a votare per i partiti laici (PLI,PRI ePSDI) o, in alternativa, per una rosa di candidati democristiani che avevano sottoscritto un solenne impegno anticomunista: furono eletti 98 dei 118 segnalati[28].
Nell'agosto 1979 le pagine sportive furono arricchite della presenza diGianni Brera, nuovo collaboratore del quotidiano (il suo primo articolo uscì il 29 agosto 1979 con il titoloPeppìn Meazza era il fòlber). Il 6 gennaio 1980il Giornale nuovo inaugurò l'edizione del lunedì. Brera tuttavia entrò presto in rotta di collisione con il responsabile delle pagine sportive,Alfio Caruso[6], e nel 1982 passò ala Repubblica.
Nel 1982 il quotidiano milanese era l'ottavo quotidiano italiano con 259 215 copie ditiratura media[29] (il sesto se si escludono i quotidiani sportivi).Nel 1983 la testata venne rinominatail Giornale, nome che il direttore Indro Montanelli avrebbe voluto darle fin dalle origini e che conserva ancora oggi. In quell'anno avvenne il distacco tra Montanelli e Bettiza, che voleva fare un giornale più vicino alle istanze laico-socialiste[30]. Al suo posto fu nominato Gian Galeazzo Biazzi Vergani, che rimase condirettore fino al 1991 (con una breve parentesi diFranco Cangini tra il gennaio e il febbraio 1989)[31].
Durante gli anni delpentapartito (1981-1992),il Giornale decise di non sostenere né la DC diCiriaco De Mita néBettino Craxi: Montanelli utilizzò i termini «padrino» e «guappo» per entrambi[32][33][34][35]. La formula di «quotidiano controcorrente» ne soffrì e le vendite calarono. Il periodo di calo delle vendite si tradusse nella possibilità per Silvio Berlusconi di diventare l'azionista detentore della maggioranza assoluta delle quote sociali[36]. Nel corso degli anni ottanta, tuttavia,il Giornale invitò i suoi lettori a votare per i partiti di governo, pur descrivendoli come ammuffiti[37][38], con l'eccezione delleelezioni amministrative del 1988 in cui promosse una campagna astensionistica[39]. Responsabile della redazione romana eraAntonio Tajani.
Un'iniziativa appoggiata dalGiornale fu il sostegno ai referendum proposti daMariotto Segni per: abrogare la soglia minima per l'elezione al Senato e il sistema delle preferenze multiple alla Camera e per abolire, a livello comunale, la norma che limitava il sistema maggioritario ai centri con meno di cinquemila abitanti. Il 10 aprile 1990 partì la raccolta delle firme ed entro il 2 agosto si arrivò a quota 600 000, ma successivamente la Corte costituzionale bocciò due dei tre quesiti, ammettendo soltanto quello a favore della preferenza unica[6], approvato l'anno dopo[6].
Nello stesso periodo le vendite del quotidiano scesero per la prima volta dopo anni sotto le 150 000 copie[40]. Con lo scandalo diTangentopoli, che esplose tra il 1992 e il 1993, Montanelli scelse una linea precisa: ritagliò per sé il ruolo di arbitro, di garante delle regole[40]. Nel perseguire questa linea fu efficacemente coadiuvato dal nuovo condirettoreFederico Orlando (subentrato a Biazzi Vergani nel 1991, salito al timone della società editrice del quotidiano): ilGiornale coprì gli avvenimenti con una cronaca incalzante, che spesso anticipò le indagini dei magistrati, e con un corredo di commenti e di campagne mirate, dritte al cuore del sistema di potere[41]. Non tutti i lettori compresero questa scelta. Per la prima volta la borghesia lombarda, nella quale il quotidiano raccoglieva il maggior numero di lettori abituali, stentò a riconoscere in lui un punto di riferimento: molti passarono dalGiornale aL'Indipendente, quotidiano filoleghista diretto daVittorio Feltri, sostenitore deipool di Milano e di Palermo, che esultava ad ogni arresto e chiamava Bettino Craxi «Cinghialone»[41]. Anche i rapporti personali con Silvio Berlusconi si incrinarono[40]: il 12 luglio 1993 Berlusconi inviò unfax alGiornale intimando di «sparare a zero sul pool». Sia Montanelli sia Orlando si rifiutarono e lo cestinarono[41]. Il condirettore definì quel fax «un vero e propriocorpus juris alternativo a quello degli inquirenti», accusati «di metodica violazione della procedura e della sostanza, dei diritti e delle garanzie»[42]. Nello stesso mesePrima Comunicazione annunciò un cambio alla direzione delGiornale, con Feltri al posto di Montanelli, per riportare il quotidiano verso un centro moderato facente riferimento allaLega Nord[41]. Poche settimane dopo Montanelli presentò una lettera di dimissioni: Berlusconi rispose proponendo di sostituire Orlando con Feltri, ma il direttore rifiutò[41].
Verso la fine di settembre Berlusconi parlò per la prima volta dell'esistenza diForza Italia, sia pure come progetto alternativo qualoraUmberto Bossi,Mariotto Segni eMino Martinazzoli non fossero riusciti a creare un polo liberal-democratico, e annunciò che i giornali e le televisioni del gruppoFininvest avrebbero dovuto fare la loro parte, con ogni direttore che «nella sua autonomia, deve suonare una stessa musica»[42]. A causa del deficit di bilancio si decise di chiudere cinque redazioni estere (Bonn, Bruxelles, Gerusalemme, Londra e Parigi)[31].
Le pressioni per trasformareil Giornale nel foglio d'appoggio al partito berlusconiano prossimo venturo furono respinte da Montanelli, il quale però vide la sua permanenza al quotidiano ormai incompatibile con un uomo politico nelle vesti di editorede facto. Nel frattempo, già sul finire del 1993, andavano diffondendosi le voci sulla sostituzione di Montanelli conVittorio Feltri alla direzione delGiornale. Montanelli tentò invano di ricomprare il quotidiano chiedendo al patron diMediobanca,Enrico Cuccia, di intercedere presso Berlusconi perché gli rivendesse la proprietà[43], ma il Cavaliere rifiutò dicendo che il quotidiano era un bene di famiglia e che non aveva intenzione di venderlo[44]. Nello stesso mese, dalle reti Fininvest, partirono pesanti attacchi televisivi contro Montanelli da parte diVittorio Sgarbi, conduttore diSgarbi Quotidiani (il quale definì il giornalista toscano «un fascista» ripescando alcuni articoli scritti all'età di vent'anni e lo criticò per aver appoggiatoMariotto Segni anziché un'alleanza tra leghisti e missini)[41] e dal direttore delTG4Emilio Fede[45]. Proprio Fede, il 6 gennaio 1994, aprì l'edizione serale del notiziario diRete 4 con un editoriale in cui chiedeva le dimissioni del direttore delGiornale, poiché non condivideva le strategie politiche dell'azienda[46], rincarando la dose in un'intervista aIl Giorno in cui lo definì «un piccolo uomo»[41]. Tra i giornalisti Fininvest, vi fu anche chi prese le difese di Montanelli, come, per esempio, l'allora direttore delTG5Enrico Mentana, il conduttore diMezzogiorno Italiano (suItalia 1)Gianfranco Funari eMaurizio Costanzo, celebre volto delMaurizio Costanzo Show.
L'8 gennaio Silvio Berlusconi, che fino ad allora non aveva mai messo piede in redazione, si recò per la prima volta a un'assemblea dei redattori del quotidiano, accompagnato daAntonio Tajani: Orlando sconsigliò a Tajani di venire in sede ma il comitato di redazione, a cui venne sottoposta la questione, diede il consenso[31] (i giornalisti preferirono sentire l'ex editore, stufi per le promesse non mantenute dal fratello)[41]. L'incontro con i redattori avvenne all'insaputa del direttore, che in precedenza si era opposto alla visita di Berlusconi ritenendola inopportuna[27][41][47]. Ai redattori, Berlusconi chiese esplicitamente l'appoggio delGiornale a favore del suo nascente partito,Forza Italia, spingendoli a schierare il giornale a sostegno della sua parte politica durante la campagna elettorale perelezioni politiche e promettendo come contropartita nuovi investimenti nel giornale, allora in deficit[47]. La redazione si spaccò allora tra berlusconiani e una pattuglia di giornalisti montanelliani. Dopo quell'intervento la frattura tra il direttore e la proprietà diventò insanabile[48]: l'11 gennaio Montanelli si dimise definitivamente dalla direzione delGiornale e il giorno dopo uscì il suofondo d'addio[49].
Montanelli lasciò il giornale da lui stesso fondato portandosi dietro 55 redattori – fra questi il condirettoreFederico Orlando, uno dei tre vicedirettori (Michele Sarcina) e il caporedattore centraleLuigi Bacialli, il capo dell'economiaGiancarlo Mazzuca, gli inviati speciali Luigi Offeddu, Alberto Mazzuca, Tiziana Abate e Donata Righetti, insieme ai giovaniPeter Gomez,Beppe Severgnini eMarco Travaglio – oltre agli intellettualiGeno Pampaloni,Mario Cervi,Nicola Matteucci e agli economistiSergio Ricossa e Marco Vitale, e fondòla Voce, cui impresse una linea sul solco della tradizione liberale. Ancora una volta, però, Montanelli si tenne a distanza dall'agorà politica, non esprimendo una preferenza né per la formazione politica guidata da Berlusconi, né tantomeno per la coalizione avversa[50].
Per giustificare il cambio di direzione Paolo Berlusconi spiegò che ciò fu dovuto al calo di vendite e alle difficoltà economiche delGiornale, ma Montanelli lo smentì dicendo che il suo era l'unico quotidiano che era cresciuto in termini di vendite (anche se di poco) con 2-3 000 copie in più, e che la crisi subita era dovuta al calo della pubblicità, cosa avvenuta, del resto, anche per gli altri quotidiani.
Per la direzione deil Giornale viene sceltoVittorio Feltri, proveniente daL'Indipendente, una testata che aveva portato via molti lettori alGiornale e che aveva raggiunto nell'ultimo anno le 120 000 copie vendute[51]. Dallo stesso quotidiano arrivò anche il vicedirettoreMaurizio Belpietro, si affacciarono nuovi collaboratori comeGiordano Bruno Guerri,Filippo Facci (proveniente dall'Avanti!) ePaolo Cirino Pomicino (che si firmava come «Geronimo»), e la grafica del titolo del quotidiano venne modificata ingrandendone la letteraG. In poco tempo le vendite ripresero a salire: se il giorno dell'ultimo editoriale di Montanelli le vendite erano state di 115 000 copie, in pochi mesi il quotidiano sale a 150 000[52], nonostante Montanelli abbia fondato un nuovo quotidiano,la Voce. Nell'estate del 1995 il quotidiano iniziò a pubblicare un'inchiesta a puntate sulle case di proprietà degli enti previdenziali, scoprendo che lo Stato le affittava a prezzi di favore ai politici. L'inchiesta divenne famosa con il nome di «Affittopoli». Le vendite delGiornale aumentarono ulteriormente.
Sotto la direzione di Feltri, però, non vi fu la modernizzazione della struttura editoriale.Paolo Berlusconi aveva promesso nuovi mezzi, come un nuovo sistema editoriale, l'impaginazione al computer ed il colore, che però non vengono forniti. Neanche le rotative vengono rinnovate, per cui la foliazione rimane a 48 pagine. Per fronteggiare l'aumentato costo della carta, Feltri è costretto a chiudere tutti gli uffici di corrispondenza all'estero, tranneWashington[51].
Nel 1996 Belpietro andò a dirigereIl Tempo di Roma, seguito daFilippo Facci eGiordano Bruno Guerri. Feltri nominò vicedirettore vicarioStefano Lorenzetto.
Dopo il 1994 Montanelli e altri 34 redattori passati allaVoce intentarono causa alGiornale in base all'articolo 32 del contratto nazionale dei giornalisti, dovuto al cambiamento di linea politica e alla clausola di coscienza. Il processo si celebrò presso la Pretura del Lavoro di Milano e si concluse il 18 ottobre 1995, con una sentenza che condannò la società editrice del quotidiano di via Negri a pagare un'indennità di oltre 2 miliardi ai 35 giornalisti ricorrenti[41]. La sentenza diventò definitiva il 4 ottobre 1997: per i giudici l'esodo dei giornalisti era dovuto al mutamento della linea politica del quotidiano, passato da un giornalismo indipendente a quello di partito[41], e si accertò che Silvio Berlusconi era l'editore a tutti gli effetti, vista l'inesistenza di un ruolo effettivo del fratello, aggirando di fatto lalegge Mammì[41].
Nel novembre 1997 Feltri si dimise dopo un suo articolo a favore diAntonio Di Pietro, proprio mentreil Giornale era giunto ai suoi massimi livelli (256 000 copie)[40]. Dopo le dimissioni Berlusconi propose la direzione aEnzo Bettiza (nonostante lavorasse da dieci anni allaStampa), ma questi rifiutò dal momento che l'editore intendeva farne soltanto una bandiera, limitandone i poteri decisionali[53] e affidando la gestione al condirettoreMaurizio Belpietro[41] (tornato alGiornale dopo aver direttoIl Tempo). La guida della testata fu presa daMario Cervi, tornato in via Negri dopo l'esperienza allaVoce di Montanelli[54].
Negli ultimi giorni della direzione di Cervi,il Giornale ospitò per l'ultima volta un articolo di Montanelli, uscito il 13 marzo 2001, in risposta a un fondo di Cervi del giorno prima[55][56]. Si trattò dell'unica volta che Montanelli tornò a scrivere sul quotidiano da lui fondato dopo averlo lasciato; l'ex direttore morì poco più di quattro mesi dopo, il 22 luglio 2001.
Nell'ottobre 2000, a Cervi subentrò come direttoreMaurizio Belpietro.
Durante ilgoverno Berlusconi II eIII,il Giornale organizzò una campagna stampa sull'affare Telekom Serbia (presunte tangenti delgoverno Prodi I aSlobodan Milošević), con 32 prime pagine dedicate all'argomento. Le affermazioni del testimone principale, Igor Marini, si riveleranno false e lo stesso Marini verrà condannato a 5 anni di reclusione per calunnia[57].
Nel 2002il Giornale pubblicò una campagna contro il giudice Mario Vaudano, già parte dell'inchiestaMani pulite e da poco vincitore di un concorso per l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF). Dopo il blocco della nomina di Vaudano,il Giornale ricevette e pubblicò materiale che sarebbe stato raccolto illegalmente dalSISMI su Vaudano e sua moglie[58].
Il 2 gennaio 2006[59]il Giornale pubblicò brani di un'intercettazione di una telefonata traPiero Fassino eGiovanni Consorte, manager dell'Unipol e all'epoca coinvolto nello scandalo diBancopoli. Fassino chiedeva a Consorte: «Abbiamo una banca?». Nacque una lunga polemica politica che si trascina nella campagna elettorale di quell'anno.
La tiratura media giornaliera del quotidiano nel 2006 è stata di oltre 200 000 copie:il Giornale era ormai diventato il quotidiano nazionale di riferimento dell'area dicentro-destra.
La linea editoriale della direzione Belpietro è di aperto appoggio alla linea politica diForza Italia: a partire da giugno 2007, ogni venerdì, in abbinamento con il quotidiano, viene allegato il periodicoil Giornale della Libertàpdf, organo ufficiale deiCircoli delle libertà guidati daMichela Vittoria Brambilla. Contro tale decisione il Comitato di Redazione proclamò unosciopero, il secondo nella storia della testata[60]. Il compromesso infine raggiunto ha previsto cheil Giornale della Libertà continuasse ad uscire in edicola come allegato gratuito per tutti i venerdì, ma con un nuovo taglio editoriale, in discontinuità con quello della testata madre (che era stato ripreso quasi in toto) e con la dicituraSettimanale d'informazione politica.
Il 27 settembre 2007Maurizio Belpietro fu chiamato alla guida del settimanalePanorama e dall'11 ottobre 2007 il nuovo direttore deil Giornale divieneMario Giordano. La sua direzione è breve poiché nel 2009 ritorna alla direzioneVittorio Feltri.
Il 24 agosto 2009, dopo un'assenza di dodici anni,Vittorio Feltri torna a dirigere il quotidiano. Secondo l'editore Paolo Berlusconi, il ritorno di Feltri produce in poco tempo «un balzo di 70-80 mila copie», poi assestato su una media di 50 000 in più[61].
Il 29 agosto 2009 il Giornale pubblica un articolo suDino Boffo, direttore diAvvenire, che aveva criticato lo stile di vita del Presidente del ConsiglioSilvio Berlusconi, così come la sua vita privata. Boffo viene presentato comeomosessuale, in base a una lettera accusatoria recapitata anonimamente, e come molestatore[62][63]. Boffo finirà col dimettersi da direttore diAvvenire.Feltri è stato sospeso per sei mesi dall'Ordine dei giornalisti come sanzione per ilcaso Boffo e per gli articoli firmati daRenato Farina pubblicati successivamente alla sua uscita dall'albo.[64][65][66]
Nell'ottobre 2009il Giornaledà notizia del video[sono stati i primi a pubblicare la notizia?],consegnato direttamente al quotidiano daSilvio Berlusconi[senza fonte], che vede il presidente della regioneLazioPiero Marrazzo coinvolto in unoscandalo di sesso e droga. Marrazzo si dimetterà dalla carica.
Sempre nell'autunno 2009,il Giornale avvia una campagna controGianfranco Fini, denominatoil Signor Dissidente, preannunciando la pubblicazione di vecchi dossier: "È sufficiente - per dire - ripescare un fascicolo del 2000 su faccende a luci rosse riguardanti personaggi diAlleanza nazionale per montare uno scandalo. Meglio non svegliare il can che dorme". (Il Giornale, 14 settembre 2009)[58]. La campagna prosegue nella primavera e nell'estate del 2010; in quei mesiil Giornale si occupa diffusamente degli affari della famiglia di Elisabetta Tulliani, compagna del Presidente della Camera; in particolare, il quotidiano dedica molto spazio alla vicenda di un appartamento aMonte Carlo, che, lasciato in eredità da una contessa al partito politicoAlleanza Nazionale, risulterebbe abitato, nel 2010, da Gianfranco Tulliani, cognato di Fini, il quale lo avrebbe preso in affitto da unasocietà offshore con sede nell'isola caraibica diSaint Lucia. AN avrebbe venduto l'appartamento, secondoil Giornale, a un prezzo di gran lunga inferiore a quello di mercato e la societàoff-shore che lo avrebbe comprato dopo vari passaggi di proprietà sarebbe in realtà di proprietà dello stesso Giancarlo Tulliani[67].
Il quotidiano milanese si occupa inoltre di un appalto per la realizzazione di un programma inRai, vinto dalla società di produzione Absolute TV Media, che – secondoil Giornale – sarebbe stata intestata per il 51% a Francesca Frau, madre di Elisabetta Tulliani, di professione casalinga e totalmente estranea al mondo della televisione; tale appalto avrebbe fruttato alla casa di produzione della Frau una cifra superiore al milione di euro[68][69].
Il 24 settembre 2010 Vittorio Feltri lascia la carica di direttore responsabile adAlessandro Sallusti, suo condirettore da un anno, assumendo l'incarico di direttore editoriale. La testata delGiornale continua a riportare la dicitura: «Direttore Vittorio Feltri».
Il 7 ottobre 2010 viene perquisita dai carabinieri la sede del quotidiano, mentre Sallusti e il vice direttoreNicola Porro vengono indagati per concorso in violenza privata[70], dopo la pubblicazione di alcune intercettazioni a loro carico[71] in cui avrebbero architettato la pubblicazione di un dossier suEmma Marcegaglia, presidente diConfindustria, dopo alcune sue dichiarazioni critiche sull'operato delgoverno Berlusconi IV[72]. Ottenuto il sostegno dellaFederazione Nazionale Stampa Italiana, il direttore Sallusti querela per "diffamazione con grave danno alla propria reputazione e immagine"[73] il procuratore che aveva ordinato la perquisizione[70].
Dal 20 dicembre viene sospesa la rubrica quotidianaSottosopra diMario Capanna, ultimo collaboratore disinistra del quotidiano[74][75].
Il 21 dicembre 2010 Vittorio Feltri lascia il quotidiano per tornare aLibero, altro quotidiano di centro-destra da lui fondato dieci anni prima, dove assume il ruolo di direttore editoriale; rimane alla direzione delGiornale il solo Sallusti. Sei mesi dopo Feltri lascia nuovamenteLibero[76][77] e dopo pochi giorni torna per la terza volta ail Giornale comeeditorialista[78]. Dal 22 dicembre 2010 la testata delGiornale riporta la dicitura: «Direttore Alessandro Sallusti».
Il 26 settembre 2012Sallusti si dimette in seguito alla condanna definitiva a 14 mesi di carcere per diffamazione aggravata ai danni del giudice Giuseppe Cocilovo. Sallusti sconterà la pena in regime di detenzione domiciliare presso la casa della sua compagna. Il 3 ottobre 2012 ritorna direttore delGiornale.Sotto la direzione Sallusti,il Giornale scende per la prima volta sotto le 100 000 copie. Sono state infatti solo 97 200 le copie vendute in media al giorno nell'anno 2014[79]. Nel giugno 2013 la casa editrice ha annunciato la vendita della redazione genovese e dei suoi giornalisti, come ramo d'azienda, suscitando le polemiche dellaFederazione Nazionale Stampa Italiana.[80]
Il 5 settembre 2018 i giornalisti hanno scioperato, non facendo uscire il quotidiano, per protestare "contro il piano di tagli annunciato dalla società editrice"[81][82]. È stata la prima volta che il quotidiano non è uscito per sciopero nella sua storia.
Il 19 marzo 2019 la società editrice annuncia la chiusura della redazione romana del quotidiano ed il trasferimento delle attività nella sede centrale di Milano[83][84]. La redazione viene ufficialmente chiusa il 5 giugno 2019[85].
L'8 dicembre 2019 è decedutoMassimo Bertarelli, critico cinematografico e firma storica del quotidiano sin dalla sua fondazione. Dalle colonne della testata di Via Negri, di cui fu cofondatore, curò diverse rubriche quali "Film in Tv", "Il dito nel video" e "Il consiglio/Lo sconsiglio".
Il 24 marzo 2020 è comparsa l’ultima puntata della rubrica di corrispondenza “Dalla vostra parte” diLivio Caputo. Caputo collaborava ininterrottamente con il quotidiano fin dalla direzione di Montanelli. La rubrica è stata affidata al giornalistaTony Damascelli, collaboratore storico della testata.
Il 17 maggio 2021 Sallusti lascia, dopo dodici anni, la direzione del Giornale, per passare a dirigereLibero. Dopo un breveinterim diLivio Caputo, la direzione viene assunta daAugusto Minzolini[86][87].
Il 7 settembre 2023, con l'ingresso nella proprietà della famiglia Angelucci attraversoFinanziaria Tosinvest, diventata azionista di maggioranza, Minzolini lascia la direzione e rimane comeeditorialista; al suo posto arriva nuovamente Sallusti, ancora una volta in tandem con Feltri, quest'ultimo nominato direttore editoriale. Ai vicedirettori si aggiunge ancheOsvaldo De Paolini[88]. Il 19 dicembre 2023il Giornale cambia sede per la seconda volta, ad oltre 39 di distanza dall'insediamento in via Negri (1979), trasferendosi in via dell'Aprica 18 in un palazzo messo a disposizione dal nuovo editore[89].
Il 30 gennaio 1996, il giornalistaGianluigi Nuzzi pubblicò un articolo in cui sosteneva che negli anni diMani pulite «i verbali finivano direttamente in edicola e soprattutto aL'Espresso». Verrà condannato in primo grado dal tribunale diMonza perdiffamazione a mezzo stampa nei confronti diAntonio Di Pietro[97]: il tribunale condannò anche Feltri per omissione di controllo[98].
Nel 1997 il giornalistaPaolo Giordano pubblicò un'intervista aFrancesco De Gregori (quale nipote di una delle vittime dell'eccidio di Porzûs), dal titolo: "De Gregori suPorzûs, accusaTogliatti ed ilPartito Comunista Italiano". Il cantautore querelò il giornalista e Feltri ottenendo una condanna dal tribunale di Roma, poiché il suo pensiero e le sue affermazioni erano state travisate[99].
Il 7 agosto 2007 Feltri è condannato assieme a Francobaldo Chiocci ed alla società Europea di Edizioni spa dallacorte di cassazione a versare un risarcimento di 45 000 euro in favore diRosario Bentivegna, uno degli autori dell'attentato di via Rasella, per il reato didiffamazione. IlGiornale aveva pubblicato alcuni articoli, tra i quali un editoriale di Feltri in cui Bentivegna era stato paragonato aErich Priebke[100].
Nel marzo 2013 lacorte di cassazione ha condannatoil Giornale ad un risarcimento di 100.000 euro ad alcuni giudici dellaprocura diMilano, tra cuiIlda Boccassini, per un articolo pubblicato nel 1999, durante la direzione diMario Cervi, dal titoloColpevole a tutti i costi, in cui si accusavano i giudici di avere un «atteggiamento persecutorio» versoSilvio Berlusconi[101].
Le rubriche pubblicate settimanalmente suil Giornale sono le seguenti:
Il Giornale, inoltre, offre ai suoi lettori diversi inserti e speciali ogni settimana.
-Controstorie: inserto in tre/quattro pagine dedicato a reportage da tutto il mondo, è pubblicato ogni due settimane, di solito il venerdì o la domenica.
-Controcorrente: inserto in sei/otto pagine dedicato all'approfondimento, all'inchiesta e a lunghe interviste. Si propone di approfondire e indagare giornalisticamente su temi generalmente ignorati dai quotidiani, seguendo un approccio alle notizie simile a quello dei settimanali. Viene pubblicato ogni lunedì.
-MiaEconomia: guida di tre pagine che approfondisce, ogni lunedì, i temi dell'economia e della finanza che più toccano i cittadini. Argomenti affrontati sono per esempio la protezione dei risparmi e le truffe.
-Stile: inserto di sei pagine, pubblicato ogni sabato, dedicato a temi più leggeri, come l'enogastronomia, la moda, il benessere.
-Controcultura: inserto di sei/otto pagine, in edicola la domenica, che approfondisce la cultura in tutti i suoi campi, dalla musica alla letteratura fino all'arte.
-Fuorigiri: inserto in due pagine, dedicato ai motori, pubblicato il mercoledì, il giovedì o il sabato, generalmente una volta a settimana. Viene curato da Pierluigi Bonora, già ideatore dell'omonimo blog online sul sito del quotidiano.
-Giornale di Bordo: pagina specializzata dedicata al mondo della nautica e della navigazione, pubblicata il martedì o il mercoledì. Viene curata da Antonio Risolo, già ideatore dell'omonimo blog online sul sito del quotidiano.
-AltaDefinizione: pagina specializzata dedicata alla tecnologia. Viene curata da Marco Lombardo, già ideatore dell'omonimo blog online sul sito del quotidiano. Generalmente, viene pubblicata il venerdì.
-Retrogusto: pagina dedicata al mondo della gastronomia e degli eventi culinari. Viene curata da Andrea Cuomo e pubblicata, generalmente, il venerdì.
Ladiffusione di un quotidiano si ottiene, secondo i criteri diAccertamenti Diffusione Stampa (ADS), dalla somma di: Totale Pagata[104] + Totale Gratuita + Diffusione estero + Vendite in blocco.
Dal 2021 ADS ha abbandonato la distinzione tra copia cartacea e copia digitale, che è stata sostituita dalla distinzione tra «vendite individuali» (copie pagate dall’acquirente) e «vendite multiple» (copie pagate da terzi).
Anno | Diffusione |
---|---|
2023 | 29 278 |
2022 | 32 461 |
2021 | 39 029 |
Anno | Totale diffusione (cartacea + digitale) | Diffusione cartacea | Tiratura |
---|---|---|---|
2020 | 46 387 | 44 393 | 98 384 |
2019 | 46 561 | 45 242 | 99 990 |
2018 | 55 096 | 53 625 | 112 100 |
2017 | 61 110 | 59 698 | 110 699 |
2016 | 73 160 | 71 446 | 125 801 |
2015 | 84 322 | 82 411 | 140 132 |
2014 | 99 984 | 97 795 | 163 167 |
2013 | 118 385 | 116 283 | 188 580 |
Anno | Diffusione |
---|---|
2012 | 117 840 |
2011 | 155 455 |
2010 | 183 721 |
2009 | 184 882 |
2008 | 192 677 |
2007 | 203 897 |
2006 | 220 083 |
2005 | 208 143 |
2004 | 208 407 |
2003 | 214 341 |
2002 | 219 248 |
2001 | 228 144 |
2000 | 235 066 |
1999 | 228 310 |
1998 | 233 898 |
1997 | 234 230 |
1996 | 246 497 |
1995 | 234 830 |
DatiAds - Accertamenti Diffusione Stampa
Alla fine del 2013 il Giornale online s.r.l., società che edita ilGiornale.it, inizia la prima campagna dicrowdfunding: ai lettori viene chiesto di scegliere se finanziare un reportage in Afghanistan o in Libia. In poche settimane viene raggiunto il budget prestabilito per entrambi i reportage. Da quel momento in poi vengono realizzati svariati reportage in tutto il mondo: dal Medio Oriente alle Americhe, dall'Asia all'Africa passando per l'Europa.Questo modello di business ha iniziato ad attrarre l'interesse non soli di singoli donatori ma anche di organizzazioni internazionali in primis ilRotary International Club che ha finanziato due reportage: in Iraq sui Profughi Dimenticati e nella Repubblica democratica del Congo sulla violenza subita dalle donne.
Nel maggio 2016Gli Occhi della Guerra si aggiudica il primo premio agli Inma Global Awards[105], il premio internazionale per il giornalismo innovativo, nella categoria Best Launch of a Brand or Product to create an Audience Segment.
Nel maggio 2019 il progetto deGli Occhi della Guerra si evolve nel nuovo approfondimento di politica estera e reportage dell'edizione online deIl Giornale, denominatoInsideOver[106][107]. Dal febbraio 2021,InsideOver pubblica un magazine online in lingua inglese, monografico e dedicato all'approfondimento geopolitico e di politica estera in diversi scenari con la collaborazione di accademici e studiosi di fama internazionale. Sulle colonne hanno scritto autori del calibro diAbraham Yehoshua,David Abulafia,Parag Khanna,David Quammen eGeorge Friedman[108].
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