Idea (dalgreco antico ἰδέα,[1] dal tema di ἰδεῖν,[2]vedere)[3] è un termine usato sin dagli albori dellafilosofia, indicante in origine un'essenza primordiale e sostanziale, ma che oggi ha assunto nel linguaggio comune un significato più ristretto, riferibile in genere a una rappresentazione o un "disegno" dellamente.[4]
Schema concettuale dell'idea universale di Cavallo, di cui sono partecipi i singoli cavalli particolari.
Platone è il primo a fare dell'"idea" il perno del suo sistema filosofico, ponendo le basi di tutta lastoria della filosofia occidentale. Bisogna intendere però l'idea platonica non come "concetto" bensì come "forma" e difatti Platone utilizza indifferentemente i terminiidea,eidos edousìa ad indicare la forma comune di tutti i concetti.[5] L'idea platonica sottintende un'uniformità naturale, in cui alle diverse manifestazioni degli oggetti fa capo un'unica forma pura, o "idea", che le accomuna tutte, in maniera simile a un modello o unarchetipo.[6] L'idea platonica è quinditrascendente, immateriale, universale e reale. Platone colloca tutte le "idee" in un mondo distinto, il mondo "iperuranio" (dal greco ὑπέρ "oltre" e οὐρανός "cielo"), da cui sgorgano come da una fonte per poi arrivare allacoscienza dell'umanità.[7]
Per Platone le idee hanno queste due caratteristiche:[8]
Esse sono il fondamentoontologico della realtà: costituiscono cioè il motivo che faessere il mondo, sono le “forme” con cui ilDemiurgo lo ha plasmato.[8]
Come conseguenza del primo punto, le idee sono anche il fondamentognoseologico della realtà: esse sono la causa che ci permette di pensare il mondo, costituiscono cioè il presupposto dellaconoscenza umana.[8]
Nelle idee consiste pertanto l'unione immediata diessere epensiero che era stata enunciata la prima volta daParmenide. Trovandosi tuttavia a dover conciliare la staticità di Parmenide coldivenire diEraclito, Platone le concepisce gerarchicamente, da un minimo fino a un massimo di essere, per rendere ragione dellamolteplicità del mondo. In cima a tutte sta l'idea delBene, quella che possiede più propriamente l'Essere. Platone attribuiva infatti alle Idee una terza caratteristica:
Esse sono unvalore, in maniera simile al significato odierno di "ideale" o principio morale.[9] Le idee sono il modello assoluto di riferimento per una vitagiusta esaggia. E questo vale non solo in ambitoetico, ma anche in quelloestetico, poiché esse rappresentano la qualità somma di ogni oggetto terreno.[10] Mentre nel mondo sensibile queste qualità sussistono solo come predicati o attributi delle singole realtà (per cui ad esempio si considera “bello” un quadro, “vero” un enunciato, “buona” una condotta), nel mondo iperuranio le idee costituiscono ilVero in sé, ilBuono in sé, ilBello in sé, di cui quelle realtà sono semplicipartecipazioni.[11] Via via che si sale nella gerarchia, ad ogni aumento diessere corrisponde un aumento di valore. Le idee iperuraniche sonocause formali e esemplari, nonefficienti delle idee sensibili.[12]
Poiché le idee sono anche ilfine e la destinazione di ogni entità empirica, compito della filosofia è risalire dai dati sensibili fino alle idee, che si trovano ad un livellotrascendente rispetto a quelli, nel senso chesuperano le loro particolarità transitorie e relative. Le idee infatti sono la realtà compiuta, l'essere in sé e per sé, e sono perciòassolute,[13] perché sussistono autonomamente e indipendentemente dagli oggetti del mondo fenomenico; questi ultimi invece esistono solo "in relazione" alle idee, e sono pertantorelativi, essendo mescolati al non-essere.[14]
Strumento di elevazione è ladialettica, che permettendo il raffronto tra realtà diverse, rende possibile il sapere (che delle idee è emanazione). Così ad esempio bianco e nero rimangono termini contrapposti e molteplici sul piano sensibile; tuttavia, è solo cogliendo questa differenza di termini che si può risalire al loro fondamento e comune denominatore, cioè l'Idea di Colore. Non si può infatti avere coscienza del bianco senza conoscere il nero. L'Idea resta comunque al di sopra della dialettica stessa, perché può essere colta solo con un atto diintuizione: non è dimostrabilelogicamente, né è ricavabile dall'esperienza.[15] Quest'ultima svolge tuttavia una funzione importante, che è quella di risvegliare lareminiscenza (o ricordo) delle idee, le quali infatti si trovano già all'interno dell'anima, e sono perciòinnate. L'uomo non le cercherebbe con tanto desiderio se non le avesse già viste con gli occhi dell'anima, prima di nascere; le idee platoniche costituiscono quindi un sapere interiore, corrispettivo sotto molti aspetti deldaimonsocratico.[16]
Attraverso il cosiddetto «argomento del terzo uomo», con cui metteva in discussione latrascendenza delle idee rispetto alla realtà sensibile,Aristotele muoverà un'obiezione nei confronti della dottrina platonica che, nei fatti, «si riduce ad escludere una soverchia separazione tra le idee e gli enti reali».[17] Ciò condurrà ad una differenza tra la concezionegnoseologica di Platone e quellaaristotelica, per la quale non esistono ideeinnate nell'intelletto: quest'ultimo rimane vuoto se prima nonpercepisce qualcosa attraverso i sensi.[18]
Plotino e ineoplatonici ripresero, in forme più o meno simili, la concezione dell'Idea che era stata formulata da Platone, integrandola con gli apporti dell'aristotelismo. Plotino fece così delle Idee la secondaipostasi del processo di emanazione dall'Uno, chiamandolaIntelletto, da lui concepito aristotelicamente come un riflessivo "pensiero di pensiero".[19] Ma l'originalità di Plotino rispetto adAristotele sta proprio nel collocare in esso le idee platoniche: in tal modo, egli sottrae l'Intelletto all'apparente astrattezza aristotelica, dandogli un contenuto e rendendolo più articolato. Le idee platoniche così concepite, ovvero come infinite sfaccettature dell'unico Intelletto, vanno quindi a costituire ilprincipium individuationis degliindividui, poiché Plotino le considera non solotrascendenti, ma ancheimmanenti, in quanto vengono veicolate dall'Anima in ogni elemento del mondo sensibile:[19] esse diventano la forza che "plasma" gli organismi dall'interno secondo un fine prestabilito, laragione del loro costituirsi (in maniera simile aicaratteri genetici).[20] Plotino si avvicina in tal modo al concetto dientelechia aristotelica, o alLogos dellostoicismo.[19]
AncheAgostino riprese la concezione neoplatonica delle idee, sottolineando che esse non erano in contrasto con ladottrina cristiana, ma anzi le si adattavano perfettamente. Da un lato, rifacendosi al pensierobiblico, egli affermò cheDio aveva creato il mondo dal nulla, dall'altro però, prima di creare il mondo, le idee esistevano già nella Sua mente. Le idee platoniche quindi erano in Dio, e in tal modo Agostino poté conciliare lacreazione cristiana con le idee eterne.[21]
Le idee mantengono in Agostino la loro duplice caratteristica dicausa essendi ecausa cognoscendi, ovvero la "causa" per cui il mondo risulta fatto così, e grazie a cui possiamoconoscerlo.[22] In esse pertanto si trova anche il fondamentosoggettivo del nostro pensare: per i neoplatonici ilpensiero non è un fatto, un concetto collocabile in una dimensione temporale, ma un atto fuori dal tempo. Il pensieropensato, posto cioè in maniera quantificabile e finita, è per essi un'illusione e un inganno, perché nel pensare una qualunque realtà sensibile, questa non si pone come un semplice oggetto, ma è in realtàsoggetto che si rende presente al pensiero, quindi un'entità viva. In altri termini, la caratteristica principale del pensiero è quella di possedere lamente, non di esserne posseduto, e comporta dunque il rapimento dellacoscienza da parte del suo stesso oggetto: l'idea.[23]
ConCartesio, invece, l'idea viene a perdere il suo carattereontologico, in favore di quellognoseologico. Si può meglio comprendere la posizione di Cartesio raffrontandola con quella neoplatonica: per quest'ultima,pensare l'idea significava “essere” nell'idea; per Cartesio, invece,pensare l'idea significa “avere” delle idee.[24]
In tal modo l'idea viene ridotta ad un semplice contenuto della mente: non è più qualcosa da cui si viene posseduti, ma qualcosa che si possiede.[25] Pur rifacendosi all'innatismo platonico, Cartesio considera “idea” soltanto ciò che può essere riconosciuto come “chiaro ed evidente” dallaragione, in virtù della sua valenza oggettiva. Essa è l'elemento su cui la ragione esercita ilmetodo conoscitivo delcogito ergo sum.
Mentre l'Idea cartesiana restava slegata dalla dimensione ontologica,Spinoza cercò di ricostruire un sistema coerente in cui vi fosse corrispondenza tra realtà e idee, ovvero tra forme dell'essere e forme delpensiero.[26]Leibniz per parte sua criticò Cartesio, affermando che le idee non sono solo quelle di cui si ha una coscienza chiara e distinta, ma che esistono anche ideeinconsce, da cui il nostro pensiero viene mosso e attivato.[27]
Ma oramai con Cartesio, e poi soprattutto con gli empiristi, ci si era avvicinati al concetto odierno di “idea”. Anche per l'empirismo infatti, in maniera simile a Cartesio (sebbene questi partisse da una prospettiva opposta), le idee sono dei contenuti della mente, delle rappresentazioni di oggetti.Locke concepisce le idee come il riflesso delle impressioni prodotte dal contattosensibile con gli oggetti: sono dunque il risultato di un processo essenzialmentemeccanico. La prospettiva platonica risulta così rovesciata, non essendo le idee all'origine dellasensazione, bensì il contrario. Locke assimila la mente umana a unatabula rasa nel momento della nascita, affermando che le idee non sono innate, e che nessun intelletto sarebbe in grado di partorirle a prescindere dall'esperienza.[28]
David Hume analizzò ulteriormente il processo empirico che porterebbe a produrre delle idee: dopo le sensazioni (che si trovano a un primo livello) egli distinse due tipi dipercezioni:
le impressioni immediate e vivaci che il dato sensibile produce nellacoscienza;
e appunto le idee, che di quei dati sono la copia sbiadita, e sulle quali si esercita lamemoria.[29]
Hume affermò che non solo gli oggetti percepiti, ma anche ilsoggetto conoscente si riduce ad un insieme di impressioni e di idee opache. A differenza diBerkeley, secondo cui l'unica realtà esistente erano le idee create dalla percezione del soggetto, in Hume viene a cadere anche il principio soggettivo stesso sul quale fondare l'oggettività, e con lui si aprì così la via alloscetticismo.[30]
Kant si propose di correggere Hume, affermando che le idee non vengono dall'esperienza, ma nascono dall'attivitàcritica dell'io. Rifacendosi al termine "idea", Kant intendeva però distinguere i concetti dell'intelletto (ocategorie) dai concetti dellaragione (appunto le idee); diversamente da Platone, dunque, le idee kantiane si trovano nella ragione e non nell'intelletto.[31] L'idea così concepita consiste nel collegamento che la ragione opera tra più concetti, per cui conoscere significa collegare: ad esempio, è d'uso ancora oggi l'espressione "farsi un'idea" di qualcuno o qualcosa, sulla base di più nozioni connesse insieme.[32] Mentre tuttavia le categorie sonocostitutive dell'esperienza sensibile, le idee hanno soltanto una funzioneregolativa, nel senso che guidano l'esperienza, dandole un senso e un fine.[33] Le idee infatti rappresentano per Kant i tre grandiideali razionali: quellopsicologico (lo studio dell'anima), quellocosmologico (lo studio delmondo), e quelloteologico (lo studio diDio).[34]
Dopo Kant, l'idea si presenta nell'accezione di “idealismo”, a indicare una concezione filosofica che presuppone la supremazia dell'idea o del pensiero sulla realtà. Mentre in Kant le idee non avevano ancora una realtà ontologica, essendo soltanto degli ideali, sarà con l'idealismo tedesco che si avrà una vera formulazione in tal senso: ritorna così la concezione platonica che faceva dell'idea il fondamento non solognoseologico, ma ancheontologico del mondo.
Fichte rimane su una posizione più fedele alcriticismo kantiano; pur facendo dell'Io la realtà assoluta, essotrascende il mondo fenomenico, e rimane quindi irraggiungibile. Per vie diverse, ancheSchelling concepisce l'Assoluto cometrascendente, intuibile solo nell'unione immediata di Spirito e Natura (che corrispondono in linea generale ai concetti neoplatonici diessere epensiero).
PerHegel invece, a differenza di Platone, l'Idea non ètrascendente, bensìimmanente allalogica, essendo il risultato di un processodialettico. Essa non è più l'unione immediata di essere e pensiero, ma è il prodotto di una mediazione: è l'oggetto su cui il pensiero giunge a dedurre tutta la realtà. Mentre nella filosofia classica l'Idea era l'origine assoluta di tutto, principio primo in sé e per sé (che si giustificava da solo), nel sistema hegeliano essa deve essere giustificata sulla base del rapporto dialettico che instaura col suo contrario. In tal modo Hegel sovvertì lalogica di non contraddizione, facendo coincidere ogni principio col suo opposto. L'Idea non viene colta a livellointellettivo, ma è un prodotto dellaragione, un processo in divenire che si articola in tre momenti:
Al livello della tesi, l'idea è soltantoin sé, come totalità puramentelogica, cioè un assoluto inteso come semplice concetto;
poiché secondo Hegel un'idea siffatta sarebbe irrazionale, essa ha bisogno del suo contrario (antitesi), estraniandosi nel tempo e nello spazio come "natura" allo scopo di darsi una realtà effettuale, diventandoper sé;
il terzo momento, quello della sintesi, è il ritorno a sé dell'idea, che acquista coscienza di sé stessa e comprende di coincidere con la realtàassoluta; giunge così ad esserein sé e per sé, cioèSpirito.[36]
Schopenhauer criticò l'idea hegeliana, affermando che essa non è espressione di una razionalità compiuta, ma discende da unaVolontà superiore che non riesce mai a razionalizzarsi completamente, ed è perciò soggetta al dolore e alla sofferenza. Schopenhauer resta fedele alla concezioneneoplatonica (più cheplatonica) dell'idea,[37] come principio universale che si oggettiva nelle forme della natura organica e inorganica, e che può essere colto solo elevandosi al di sopra della ragionedialettica.[38]
Oggi il significato del termineidea si è progressivamente ridimensionato ad una connotazione psicologica, che la riduce a semplice contenuto della mente.[39]
Secondo alcune definizioni già viste a proposito dell'empirismo, l'idea viene intesa come la raffigurazione che la mente comporrebbe per il riconoscimento degli elementi appresi dall'esperienza, e alla cui combinazione si affiancherebbe la funzione di elaborazione progettuale. In particolare, secondoKonrad Lorenz, scienziato-filosofo e fondatore dell'etologia moderna, le idee sarebbero avulse da un contenuto di verità, essendo concepite soltanto come il prodotto delle nostrecategorie mentali derivanti filogeneticamente dall'evoluzione della specie, e perciò rivelatesi utili alla vita.[40]
Questa visione filosofica è contrastata da coloro che si rifanno ad esempio altomismo scolastico, comeMaritain oGilson, sia pure proponendo forme diverse direalismo.[41] Nella correnteesoterica nota comeantroposofia, il suo fondatoreRudolf Steiner considera sana la convinzione dellaScolastica che le idee appartengano allarealtà, come la materia e le forze operanti nello spazio; non sana invece la presunzione che esse provengano da un Dio inconoscibile extra-mondano.[42] Le idee per Steiner operano nelle leggi della natura, quali suoi intenti, manifestandosi però solo attraverso cause ed effetti sensibili:[43] solo nell'uomo diventano percepibili le idee stesse, come «causa» della suavolontà d'azione. In questo agire dell'Idea, quando cioè non si esprime in una necessità naturale, bensì appare determinata nient'altro che da se stessa, risiede per Steiner la libertà umana.[44]
^«I terminiidea eeidos derivano entrambi daidein, che vuol dire "vedere"» (G. Reale,Il pensiero antico, pag. 120, Vita e Pensiero, Milano 2001ISBN 88-343-0700-3). SecondoGiovanni Semerano,idein è derivante dall'accadico idû, edû, «prendere conoscenza di» (Le origini della cultura europea, vol. II, inDizionari etimologici. Basi semitiche delle lingue indoeuropee, Giovanni Semerano, p. 124).
^Ubaldo Nicola,Atlante illustrato di filosofia, p. 100, Giunti Editore, 2003.
^«Nel linguaggio moderno "Idea" ha assunto un senso che è estraneo a quello platonico. La traduzione esatta del termine sarebbe "forma"» (G. Reale,Il pensiero antico, pag. 120, Vita e Pensiero, Milano 2001ISBN 88-343-0700-3).
^Le manifestazioni degli oggetti sensibili possono essere considerate, rispetto alle idee, secondo un rapporto di imitazione, di partecipazione, di comunanza, oppure di presenza (cfr.Fedone 74 d - 75 b, e 100 c-e), anche se questi quattro concetti vengono presentati da Platone soltanto come semplici proposte di comprensione senza alcuna pretesa esaustiva (cfr. M. Montuori,Per una nuova interpretazione del "Critone" di Platone, a cura di Giovanni Reale, Vita e Pensiero, Milano 2003, pag. 211,ISBN 88-343-1036-5).
^La natura dell'iperuranio e delle idee che vi dimorano è descritta da Platone nel dialogoFedro, mentre il tema del rapporto tra l'idea e la realtà sensibile è esposto con particolare efficacia suggestiva nelmito della caverna delibro VII dellaRepubblica (514 b – 520 a).
^abcDomenico Pesce,Scritti platonici, p. 44, Edizioni Zara, 1988. Come le Idee sono principio dell'essere e principio del conoscere, così a sua volta il Bene non solo fa essere ma fa anche conoscere queste ultime, simile al sole che dà la vita agli oggetti sensibili e al contempo li rende visibili (paragone formulato da Platone inRepubblica, V, 580 a).
^AA.VV.,La trasmissione della filosofia nella forma storica, a cura di Luciano Malusa, vol. II, p. 136, nota 38, Milano, FrancoAngeli, 1999.
^«Platone esprime col termine "paradigma" quella che, con linguaggio moderno, si potrebbe chiamare la "normatività ontologica" dell'Idea, cioè ilcome le cose devono essere, ossia ildover essere delle cose» (G. Reale,Per una nuova interpretazione del "Critone" di Platone, pag. 212,op. cit.).
^«Le Idee sono dette da Platone "in sé" e "per sé" (αὐτὸ καθ'αὑτὸ); anzi, egli usa l'espressione "in sé" come sinonimo di Idea, e invece che di Idea del bello, Idea del bene, ecc. egli parla addirittura di "Bello-in-sé", "Bene-in-sé", e così di seguito» (G. Reale,ibidem, pag. 178).
^«Assoluto» vuol dire infatti etimologicamente «sciolto da» (dal latinoab-solutus).
^Alessandro Pestalozza,Elementi di filosofia, vol. II, p. 619, Milano, Redaelli, 1857.
^G. Salmeri,Il discorso e la visione. I limiti della ragione in Platone, Studium, Roma 1999.
^In particolare nelFedone Platone insiste sulla parentela tra l'anima e le idee (cfr. Emmanuel Lévinas,Totalità e infinito. Saggio sull'esteriorità, p. 69, Milano, Jaka Book, 1977).
^Antonio Rosmini,Aristotele, pag. 194, Società editrice di libri di filosofia, 1857.
^Seguendo Aristotele, il principale esponente dellascolastica medioevale,Tommaso d'Aquino, ribadirà che laconoscenza nasce sempre daicinque sensi, e che solo a partire da questi l'intelletto procede per astrazione verso le realtà immateriali:
«Secondo Platone le sostanze immateriali sono il primo oggetto della nostra conoscenza e l'oggetto proprio della nostra intelligenza. Tuttavia la conoscenza dell'anima è rivolta alle cose materiali in quanto l'intelletto è unito all'immaginazione e ai sensi. Quanto più dunque l'intelletto sarà purificato, tanto meglio percepirà la verità delle realtà immateriali.»
(Tommaso d'Aquino,Summa theologiae, argomento 88,"In che modo l'anima conosca le realtà ad essa superiori", a. 1, 4)
^abcVittorio Mathieu,Come leggere Plotino, pp. 53-63, Milano, Bompiani, 2004.
^Enneadi, a cura di G. Faggin, p. 939, Rusconi, 1992.
^«Le idee sono infatti forme primarie o ragioni stabili e immutabili delle realtà: non essendo state formate, sono perciò eterne e sempre uguali a se stesse, e sono contenute nell'intelligenza divina. Non hanno origine né fine: anzi si dice che tutto ciò che può nascere e morire, e tutto ciò che nasce e muore, viene formato sul loro modello. […] Partecipando di esse, esiste tutto ciò che esiste, qualunque sia il modo di essere» (Agostino d'Ippona,Questione 46 in83 Questioni diverse, inOpere di Sant'Agostino, Città nuova editrice, Roma, vol. VI/2, pp. 85 e 87).
^Un paragone spesso utilizzato daineoplatonici consistette nell'assimilare le idee allaluce: come quest'ultima è la condizione del nostro vedere, così le idee sono la condizione del nostro pensare. Le idee pertanto possono venir soltantointuite con un atto di apprensione immediata, e non possono essere dimostratelogicamente perché altrimenti verrebbero ridotte a un semplice oggetto, slegato dal soggetto che le pensa; esse sono piuttosto all'origine del pensiero logico stesso, che per risalire alla propria fonte deve così auto-annullarsi. Il neoplatonicoEmerson dirà in proposito: «Abbiamo poco controllo sui nostri pensieri. Siamo prigionieri delle idee» (Ralph Waldo Emerson,Il pensiero e la solitudine, a cura di Beniamino Soressi, Armando, 2004ISBN 88-8358-585-2).
^«[...] la teoria ontologica cartesiana è tutta assorbita dall'esigenza critica delcogito al quale si riduce ogni dato; l'essere è condizionato dal conoscere» (Antonino Stagnitta,Laicità nel Medioevo italiano: Tommaso d'Aquino e il pensiero moderno, p. 78, Armando editore, Roma 1999ISBN 88-7144-801-4).
^«Prendo il nome di idea per tutto ciò che è concepito immediatamente dallo spirito […]; ed io mi son servito di questo nome perché esso era già comunemente accettato dai filosofi per significare le forme delle concezioni dell'intelletto divino» (Cartesio,Terze risposte a Hobbes, inOpere filosofiche, Laterza, Roma-Bari 1996, pag. 171).
^L'espressione coniata da Spinoza che sintetizza maggiormente il suo pensiero è: «Ordo et connexio idearum idem est ac ordo et connexio rerum», ossia «L'ordine e la connessione delle idee è identica a quella che sussiste nella realtà» (Spinoza, Ethica, II, pr. VII).
^«Lo stato passeggero, che implica o rappresenta una molteplicità nell'unità o sostanza semplice, non è altro che ciò che è chiamato percezione, e che deve essere distinta dall'appercezione o coscienza, come si vedrà in seguito. Ed è su questo punto che i cartesiani hanno sbagliato gravemente, avendo considerato come un nulla le percezioni delle quali non si abbia appercezione» (G. W. Leibniz,Monadologia, 14, inScritti filosofici, UTET, Torino, 1967, vol. I, pagg. 284-285).
^Emilio Morselli,Dizionario filosofico, alla voce «Idea», p. 48, Milano, Signorelli editore, 1961.
^Livio Bottani,Identità e narrazione del sé, p. 42, Milano, FrancoAngeli, 2011.
^AA.VV.,La trasmissione della filosofia nella forma storica, a cura di Luciano Malusa, vol. II, pp. 127-135,op. cit.
^«Con l'idea laragione cerca di ottenere "la sistematicità della conoscenza" e cioè "il collegamento di essa secondo un principio"» (cit. di Kant,Critica della ragion pura, da Giovanni M. Bertin,Educazione alla ragione. Lezioni di pedagogia generale, Roma, Armando Editore, 1995, p. 39).
^«Intendo per idea un concetto assoluto necessario della ragione al quale non è dato trovare un oggetto adeguato nei sensi. I nostri concetti puri razionali […] son dunque idee trascendentali. Essi son concetti della ragion pura, […] sono trascendenti e sorpassano i limiti di ogni esperienza» (Kant,Critica della Ragion pura,Dialettica trascendentale, lib. I, sez. II e lib. II, Laterza, Roma-Bari 1989, pp. 308 e 317).
^AA.VV.,Filosofia e scienze, a cura di Giuseppe Gembillo, p. 206, Rubbettino, 2005.
^Luciano Malusa,La trasmissione della filosofia nella forma storica, vol. II, p. 136,op. cit..
^Vittorio Mathieu,Come leggere Plotino, op. cit., p. 37.
^«Lavolontà è la cosa in sé di Kant; e l'idea di Platone è la conoscenza pienamente adeguata ed esauriente della cosa in sé, è la volontà come oggetto» (Schopenhauer,Manoscritti 1804-1818, inDer Handschriftliche Nachlass, vol. I, p. 291, DTV, München-Zürich 1985).
^Ubaldo Nicola,Atlante illustrato di filosofia, p. 100,op. cit.
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^Finamore Rosanna,Realismo e metodo: la riflessione epistemologica di Bernard Lonergan, Gregorian Biblical Press, 2014, pp. 37-41.
^«Se io percepisco un effetto e poi ne cerco la causa, tali due percezioni non bastano affatto al mio bisogno di spiegazione. Devo risalire alle leggi secondo le quali questa causa produce questo effetto. Per l'azione umana il caso è diverso. Qui è la stessa legge che determina un fenomeno, che entra in azione: ciò che costituisce un prodotto si presenta esso stesso sulla scena dell'azione. Abbiamo a che fare col manifestarsi di un'esistenza di fronte alla quale non occorre andare in cerca di condizioni determinanti nascoste più in fondo [...] Così comprendiamo l'azione di un uomo di Stato quando conosciamo i suoi intenti (idee), non occorre che andiamo al di là di ciò che si manifesta» (Steiner,Le opere scientifiche di Goethe, pp. 89-90, Milano, Fratelli Bocca Editori, 1944).
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