L'irace del Capo (Procavia capensisPallas, 1766), chiamato ancheprocavia delle rocce è una delle quattrospecie diiraci esistenti, e l'unica delgenereProcaviaStorr, 1780.[2]
Il nomeswahili èPelele oWibari. NelSudafrica gli iraci sono chiamatidassies, che letteralmente significherebbetasso.
Hanno un aspetto generale che li fa assomigliare aconigli con orecchie e coda accorciati; tuttavia non sonoLagomorfi.
Ilcorpo degli iraci del Capo ha una lunghezza complessiva di 40–50 cm, con una coda di 1–2 cm. Hanno fortiincisivi emolari simili a quelli deirinoceronti. Lezampe anteriori sonoplantigrade, e quelle posteriori semi-digitigrade. Il palmo delle zampe ha un cuscinetto costantemente umidificato da unasecrezione simile asudore. Imaschi sono leggermente più grandi dellefemmine (circa 4 kg i maschi, 3,5 kg le femmine).
Sonoerbivori. Vivono inbranchi numerosi fino a ottanta individui; ogni branco è suddiviso in sottogruppi composti da poche famiglie e guidati da un maschio adulto. Hanno unagestazione di sei o sette mesi al termine della quale partoriscono due o trecuccioli. I piccoli alla nascita sono ben sviluppati, conocchi aperti epelliccia completa; dopo due settimane possono ingerire cibi solidi e sonosvezzati a dieci settimane di età. I giovani diventanosessualmente attivi dopo sedici mesi; a tre anni sono adulti, e possono vivere fino a circa dieci anni.
L'irace del Capo vive in gruppi familiari composti anche da 25 individui, dominati da un maschio e comprendenti 3-7 femmine imparentate tra loro e accompagnate dalla prole. Il maschio è territoriale, ma in una stessa zona possono coesistere parecchi territori. Di solito il maschio dominante sorveglia il gruppo mentre si ciba e se avvista un potenziale predatore emette un segnale di allarme che spinge tutti a cercare riparo. Nel Serengeti, in Tanzania, l'irace delle rocce vive in gruppi misti con l'irace della savana. I membri delle due specie trascorrono la notte nella stessa tana. La convivenza è possibile perché non esiste alcuna competizione per il cibo: l'irace della savana si nutre di foglie, ramoscelli e frutti di acacia.[3]
L'Irace del Capo si nutre entro un raggio di 50-100 m dal nascondiglio. Di solito dedica alla ricerca del cibo per nella prima mattinata e un tempo più lungo nel tardo pomeriggio, ma può nutrirsi in qualunque momento purché si sia prima ben riscaldato. Le erbe dure e resistenti sono parte essenziale della sua dieta che a volte include anche le foglie dei cespugli. L'irace ha uno stomaco complesso, con tre cavità separate contenenti microrganismi capaci di digerire le dure fibre vegetali.[3]
La femmina è sessualmente ricettiva una sola volta all'anno; il periodo varia a seconda dell'habitat, ma le nascite segnano un incremento durante e dopo la stagione delle piogge. Tutte le femmine di un gruppo partoriscono quasi contemporaneamente e la cucciolata, di 2-3 piccoli, nasce in un nascondiglio sicuro tra le rocce. Il parto ha luogo 7-8 mesi dopo l'accoppiamento. Il piccolo nasce con gli occhi aperti, ricoperto di pelo e viene subito allattato; poiché impara presto a muoversi, a 4 giorni di vita è già in grado di nutrirsi di erba, sebbene continui a succhiare il latte per circa 5 mesi.[3]
L'irace del Capo vive nelle zone dallaSiria all'Africa nordorientale e in tutta l'Africa subsahariana. Gli iraci del Capo si trovano soprattutto nellasavana o nellaprateria. È un mammifero primitivo che dipende dall'ambiente esterno per mantenere costante la temperatura corporea; tende perciò ad abitare in luoghi soleggiati dove può riscaldarsi all'inizio di ogni giornata. Alcune popolazioni vivono a considerevoli altitudini, per esempio sulle pendici del monte Kenya, dove le fenditure tra i massi forniscono un caldo riparo. Le crepe tra le rocce sono spesso fonte di umidità e facilitano la crescita delle erbe di cui l'animale si ciba. I soffici cuscinetti sulle piante dei piedi consentono all'irace di scorrazzare con sicurezza sulle superfici scivolose e, in caso di pericolo, di scappare rapidamente tra le fenditure in cerca di riparo; esso può anche scavare delle piccole tane nel terreno più soffice per utilizzarle come ulteriori nascondigli.[3]
Nel2008 si è cercato di reintrodurre due volteP. capensis nella riserva della provincia diKwaZulu-Natal inSudafrica, dove si eraestinta, ma ambedue i tentativi sono falliti.[4]
Per ilgenereProcavia sono stati riportati i seguentisinonimi:[2]
- EuhyraxGray, 1868
- HyraxHermann, 1783
- ProcauiaStorr, 1780
Non sono stati invece indicati sinonimi perP. capensis.[2]
Sono state identificate le seguentisottospecie:[2]
- P. c. capensisPallas, 1766
- P. c. bamendaeBrauer, 1913
- P. c. capillosaBrauer, 1917
- P. c. erlangeriNeumann, 1901
- P. c. habessinicusHemprich and Ehrenberg, 1832
- P. c. jacksoniThomas, 1900
- P. c. jayakariThomas, 1892
- P. c. johnstoniThomas, 1894
- P. c. kerstingiMatschie, 1899
- P. c. mackinderiThomas, 1900
- P. c. matschieiNeumann, 1900
- P. c. pallidaThomas, 1891
- P. c. ruficepsHemprich and Ehrenberg, 1832
- P. c. scioanusGiglioli, 1888
- P. c. sharicaThomas and Wroughton, 1907
- P. c. syriacusSchreber, 1784
- P. c. welwitschiiGray, 1868
Gliescrementi e l'urina degli iraci hanno proprietà farmacologiche utili; sono stati usati nella cura dell'epilessia e delleconvulsioni.[5]
L'irace appare nel film di animazioneUno zoo in fuga.
Nei filmNata libera eKhumba (2013) e nella serie TV animataThe Lion Guard (2016).
- ^(EN) Barry, R., Bloomer, P., Hoeck, H. & Shoshani, H. (IUCN SSC Afrotheria Specialist Group) 2008,Procavia capensis, suIUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2,IUCN, 2020.
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- ^abcdIl fantastico mondo degli animali- Reg. Trib. di Milano n° 777 dell'11/11/1998- Direttore responsabile: Helene Geervliet- Redazione: Pal. Galilei, 02/B - Centro Direzionale di Milano 3 City - 20080 Basiglio (MI).
- ^South African Journal of Wildlife Research, subioone.org.
- ^ Olsen, Andreas, Linda C. Prinsloo, Louis Scott, Anna K. Jägera,Hyraceum, the fossilized metabolic product of rock hyraxes (Procavia capensis), shows GABA-benzodiazepine receptor affinity, inSouth African Journal of Science, vol. 103, 11 & 12, novembre/dicembre 2008, pp. 437-439, ISSN 00382353.
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