Hugh O'Flaherty (Cahersiveen,28 febbraio1898 –Cahersiveen,30 ottobre1963) è stato unpresbiteroirlandese.Fu un sacerdotecattolico romano, artefice della salvezza di circa 6.500 tra civili, militari e perseguitatiebrei, che fece rifugiare presso leresidenze extraterritoriali vaticane e gli istituti religiosi durante l'occupazione nazi-fascista diRoma nel corso dellaseconda guerra mondiale. Per tale attività, svolta beffando l'intelligence militare tedesca, egli si meritò l'appellativo di "Primula Rossa delVaticano" (The Scarlet Pimpernel of the Vatican).
Nato nellaContea di Cork, inIrlanda studiòTeologia presso ilseminario diKillarney. Fu inviato a Roma nel1922 per completare i propri studi e fuordinato sacerdote il 20 dicembre1925, restando in servizio presso laSanta Sede, incardinato allaSacra Congregazione De Propaganda Fide, attraverso la quale, con la collaborazione del Cardinal Prefetto,Pietro dei marchesi Fumasoni Biondi e del Pro-Rettore delPontificio Collegio Urbano De Propaganda Fide, Monsignor Saverio Maria dei baroni Paventi di San Bonaventura[1], iniziò ad instaurare la sua preziosa rete di collaboratori.
Nel1934 O'Flaherty ricevette il titolo di "monsignore". Negli anni successivi entrò nelladiplomazia vaticana e, come parte di essa, prestò servizio inEgitto,Haiti,Santo Domingo eCecoslovacchia, per poi rientrare a Roma con un incarico alSant'Uffizio nel 1938. Oltre che per via delle sue doti di sacerdote e diplomatico, egli si era segnalato quale valente sportivo, sia come campione diboxe sia per la propria passione ed abilità nel gioco delgolf.
Durante i primi anni della seconda guerra mondiale, O'Flaherty effettuò numerose visite presso i campi di prigionia presso i quali erano reclusi iprigionieri di guerra inItalia, tentando tra l'altro di raccogliere notizie su quanti erano stati dichiarati dispersi dai propri comandi. Man mano che li rintracciava nei campi italiani, utilizzava laRadio Vaticana per comunicare il loro ritrovamento e così far giungere una notizia rassicurante alle loro famiglie.Dopo l'armistizio dell'8 settembre1943, migliaia di soldati alleati prigionieri di guerra, soprattuttoinglesi furono rilasciati. Alcuni di essi, ricordando la figura del sacerdote che prestava loro assistenza nei campi, si recarono a cercarlo a Roma per ottenere assistenza, mentre altri, raggiunta la capitale italiana, si rivolsero all'ambasciata irlandese, l'unica con personale di lingua inglese rimasta aperta dopo lo scoppio della guerra.
Delia Murphy, moglie dell'ambasciatore irlandese e, al tempo, una nota cantante di ballate irlandesi, iniziò in queste circostanze la sua attiva collaborazione con O'Flaherty[2].
Senza la necessità di attendere autorizzazioni dai propri superiori, O'Flaherty si mise immediatamente all'opera con la sua rete di collaboratori, tesa a salvare gli ex prigionieri di guerra ed altre persone minacciate dall'incombente pericolo delle forze di occupazione naziste che avevano preso il controllo di Roma sin dal 10 settembre1943, reclutando altri religiosi, due agenti segreti al servizio delle forze dellaFrancia libera, il vicequestoreAngelo de Fiore, attivisti comunisti e numerosi aristocratici, incluso un contesvizzero residente a Roma. Tra i suoi luogotenenti vi fu il colonnello ingleseSam Derry. Prese inoltre ad operare in coordinamento con SirD'Arcy Osborne, l'ambasciatore Britannico presso il Vaticano. Attraverso la propria rete di assistenza O'Flaherty e i suoi collaboratori riuscirono a nascondere ed a sottrarre alla cattura da parte dei nazifascisti circa quattromila ricercati - soprattutto militari alleati ed ebrei - facendo loro trovare rifugio presso appartamenti protetti, fattorie, case rurali, residenze vaticane, chiese e conventi. Uno dei nascondigli si trovava accanto alla sede centrale delleSS.O'Flaherty, coordinatore di un'operazione di salvataggio le cui operazioni non erano sfuggite alla rete spionistica al servizio diHerbert Kappler, per sfuggire alla cattura durante le sue frequenti visite fuori dalleMura Leonine adottò numerosi travestimenti, che non solo evitarono la sua cattura, ma anche la sua morte, dal momento che le SS agli ordini di Kappler tentarono di assassinarlo in diverse occasioni, non potendo violare la neutralità del Vaticano per irrompere al suo interno in forze ed arrestarlo.
Avvertito del pericolo incombente sulla sua stessa vita anche dall'ambasciatore tedesco, O'Flaherty assunse un comportamento più prudente, non lasciando personalmente il Vaticano, ma ricevendo i suoi contatti presso labasilica di San Pietro e facendosi vedere beffardamente inpiazza San Pietro dai militi tedeschi che ne sorvegliavano il confine tracciato da lastre ditravertino nella pavimentazione.
Durante la sua attività, la rete di O'Flaherty si arricchì continuamente di collaboratori, includendo numerosi sacerdoti, suore e cittadini italiani, che posero a disposizione dei rifugiati persino le loro stesse abitazioni, a costo di un rischio gravissimo per le loro vite in caso di scoperta da parte dei nazifascisti. Tra questi svolsero un ruolo importante i Padri Agostiniani Maltesi Egidio Galea (l'ultimo sopravvissuto, morto il 3 gennaio2005 all'età di 86 anni), Aurelio Borg, Ugolino Gatt e frà Robert. Un'altra persona che offrì un contributo significativo fu lamaltese Chetta Chevalier, che nascose diversi rifugiati nella propria casa con i suoi bambini.[3] Cerimonie religiose ebraiche per i rifugiati furono tenute sotto gli auspici O'Flaherty nella centraleBasilica di San Clemente sotto un dipinto raffigurante il profetaTobia. La basilica si trovava sotto la protezione dell'ambasciata irlandese.[4]
Quando gli Alleati giunsero finalmente a Roma, nel giugno1944, si poté verificare la salvezza di 3 925 dei rifugiati, purtroppo altri erano stati catturati nonostante le misure prese a loro protezione (i fascisti non esitarono ad irrompere nellabasilica di San Paolo per catturare gli importanti capi antifascisti che vi erano rifugiati). Agli Alleati, malgrado la persecuzione subita, O'Flaherty chiese che i prigionieri tedeschi fossero trattati umanamente. Prese quindi un aereo per visitare i prigionieri di guerra italiani custoditi inSudafrica e si recò aGerusalemme a visitare diversi rifugiati ebrei.Tornato a Roma, prese a visitare regolarmente in carcere l'ex capo dellaGestapo a Roma,Herbert Kappler, frattanto catturato dalle forze britanniche e consegnato alle autorità italiane. A seguito delle visite mensili del sacerdote irlandese, Kappler si convertì al cattolicesimo nel1959.
Di 9 700 ebrei presenti a Roma durante l'occupazione nazista, 1 007 furono catturati e mandati a morire adAuschwitz.Degli altri 8 700, 3 700 furono nascosti presso privati e 5 000 direttamente dal Vaticano (3 000 nella residenzapapale diCastel Gandolfo), tra i 200 e i 400 (le stime variano) furono camuffati come "membri" dellaGuardia Palatina, mentre altri 1 500 circa furono nascosti in monasteri, conventi e scuole cattoliche.[5].
Dopo la guerra O'Flaherty ricevette numerosi riconoscimenti e decorazioni, tra le quali l'Ordine dell'Impero Britannico (CBE) e laMedaglia della Libertàstatunitense con Silver Palm. Rifiutò la pensione a vita assegnatagli dall'Italia. Nel 1960 fu colpito da un graveictus mentre celebrava lamessa e fu costretto a tornare in Irlanda. Si trasferì aCahersiveen per vivere con la sorella, Bride Sheehan.
Hugh O'Flaherty morì il 30 ottobre1963, all'età di 65 anni nella casa della sorella. Fu sepolto nel cimiteroDaniel O'Connell Memorial Church a Cahersiveen. Vi è un boschetto di alberi piantati in memoria di Hugh O'Flaherty nelParco Nazionale di Killarney.
La figura di O'Flaherty fu resa celebre dal film per la televisione del1983,Scarlatto e nero, nel quale la sua figura fu incarnata daGregory Peck. Il film racconta le gesta di O'Flaherty dall'occupazione tedesca di Roma sino all'arrivo degli Alleati. Fu inoltre il secondo protagonista della novella radiofonica diRobin Glendinning sui tentativi di Kappler di ottenere asilo in Vaticano intitolataLa primula rossa del Vaticano, trasmessa il 30 novembre2006 sul canaleBBC Radio 4.
Lo scrittoreJoseph O'Connor gli ha dedicato il romanzo storico "La casa di mio padre".[1]
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