
Harukichi Shimoi (下位春吉?,Shimoi Harukichi;Fukuoka,20 ottobre1883 –1º dicembre1954) è stato unpoeta escrittoregiapponese.
Nacque il 20 ottobre 1883, come quarto figlio di Kikuzō Inoue (井上喜久藏?), un shizoku[1] dellaprefettura di Fukuoka. Il suo nome all'epoca eraHarukichi Inoue. Dopo essersi diplomato alla Scuola media Tōchiku (東筑中學校?), lui e la sua famiglia si trasferirono a Tokyo, dove entrò nel dipartimento di inglese della Scuola normale superiore di Tokyo nel 1907. Nello stesso anno, fu adottato da Kasuke Shimoi (下位嘉助?), e cambiò il suo cognome in Shimoi dopo aver sposato sua figlia, Tomishi Shimoi (下位富志?).[2] Studiò sotto il poeta Bansui Doi (土井晩翠?), e nel 1911 fondò il club di conferenze Ōtsuka (大塚講話會?), che divenne famoso per le sue recite di fiabe. Le sue opere rappresentative includonoGonzamushi eCome raccontare una storia, che fu pubblicato nel 1917 come libro tecnico. Mentre insegnava in una scuola media femminile e in una scuola normale superiore femminile, studiò anche al dipartimento italiano dell'Università degli Studi esteri di Tokyo, dove imparò l'italiano.
Dopo gli studi effettuati in patria, durante i quali incontrò e venne influenzato daBin Ueda, Shimoi si trasferì inItalia per studiareDante, per poi divenire docente digiapponese presso l'Istituto Universitario Orientale diNapoli nel 1915.[3][4] Attraverso Gherardo Marone, il caporedattore della rivista letterariaLa Diana, ha interagito con intellettuali comeBenedetto Croce. Ha anche contribuito allo scambio culturale traducendo in italiano ilkyōgen di cui era coautore con Gherardo Marone e facendo conoscere poeti giapponesi come Tekkan Yosano (與謝野鐵幹?) e Isamu Yoshii (吉井勇?)[5].
Nel 1917, verso la fine dellaprima guerra mondiale, Shimoi fece la conoscenza del generaleArmando Diaz, che gli raccomandò di raccogliere notizie in prima linea per la scrittura letteraria. Andò al fronte come corrispondente di un giornale. Diversamente dalla vulgata corrente, alimentata da foto scattate a Fiume in divisa da Ardito, ma priva di stellette militari, non fece mai parte di alcun Reparto d'assalto né insegnò ai suoi commilitoni l'arte delkarate[3][6]. Non partecipò ad alcun combattimento, ma ottenne di seguire le truppe italiane in avanzata negli ultimi giorni della cosiddetta Battaglia di Vittorio Veneto, documentando ciò in sue lettere, poi raccolte in un libro[7]. Mentre era aTrento, la guerra finì, dopo di che tornò a Napoli.
Dopo la guerra Shimoi funse da collegamento, trasportandone segretamente le lettere, traGabriele D'Annunzio, reggente diFiume, eBenito Mussolini, all'epoca a capo deiFasci italiani di combattimento e direttore deIl Popolo d'Italia, sfruttando il suo passaporto diplomatico che gli permetteva una grande libertà di movimento.[6] Shimoi era, tra l'altro, tra coloro che per primi seguirono il poeta abruzzese nell'impresa fiumana.[4][6] D'Annunzio soprannominò Shimoi "camerata Samurai"[6] e "samurai di Fiume".[8] Insieme promossero ed organizzarono ilvolo propagandistico Roma-Tokyo[3][4][9] terminato dall'aviatoreArturo Ferrarin.[10]
Ritornato aNapoli fondò, nel 1920, la rivista diletteratura giapponeseSakura, che sarà edita sino al marzo dell'anno seguente, per un totale di cinque numeri. Nel 1922 partecipò allamarcia su Roma.[11]
Nel 1934 fece da interprete, durante la sua permanenza inItalia, aJigorō Kanō, fondatore deljudo. Le interviste concesse da Kanō furono una spinta fondamentale per lo sviluppo di questa disciplina inItalia.[12]
Ritornato in patria, Shimoi aiutò l'ambasciata italiana diTokyo a fermare il supporto all'Etiopia delle associazioni di destra giapponesi durante laguerra d'Etiopia e contribuì all'avvicinamento politico fra Italia fascista e Giappone imperiale (che culminerà nel 1940 con la firma delpatto tripartito).[13] Shimoi fu uno dei più noti sostenitori giapponesi del fascismo, intravedendo l'analogia tra i principi fascisti e quelli tipici della propria cultura, e in particolare delbushidō, egli sosteneva che il fascismo fosse una conseguenza naturale delrisorgimento e che il suo ruolo fosse quello di "movimento spirituale" che rendesse gli italiani un'unità con la loro nazione. Sostenitore del fascismo, Shimoi non fu fascista in Giappone, considerando il movimento come prettamente italiano.[14]
Deluso dall'esito della seconda guerra mondiale, Shimoi si allontanò dalla politica e nel secondo dopoguerra conobbe e divenne amico diIndro Montanelli, giunto inGiappone per dei reportage e per il quale fece da guida nel suo paese natio.[3][6]Ritiratosi a vita privata, morì nel 1954.
Shimoi tradusse numerose opere dal giapponese all'italiano e viceversa. Dal giapponese tradusse tra gli altri i poetiAkiko Yosano eMatsuo Bashō, mentre tra gli autori italiani da lui tradotti figuranoD'Annunzio eDante. Per il sommo poeta, Shimoi promosse nel 1920 addirittura la costruzione di un tempio a lui dedicato aTokyo.[15]
Oltre che traduttore Shimoi fu egli stesso poeta. Sua opera fuShinto Ponpeo o tou tame ni, dedicata alle rovine della cittàromana diPompei.
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