| Guido, i' vorrei che tu e Lapo e io | |
|---|---|
| Autore | Dante Alighieri |
| 1ª ed. originale | XIII secolo |
| Genere | Sonetto |
| Lingua originale | italiano |
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Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io è unsonetto diDante, Poesia LII delleRime[1]. Fu composto prima dellaVita nuova, per via del clima cortese scevro degli innesti filosofico-morali propri della prima[1] e indirizzato all'amicoGuido Cavalcanti che rispose con il sonettoS'io fosse quelli che d'amor fu degno.[2]
| Testo | Parafrasi |
|---|---|
Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io | Guido, io vorrei che tu, Lapo ed io |

Ilsonetto è uno dei primi composti da Dante all'inizio della sua carriera poetica al fianco diGuido Cavalcanti[1]. Tale breve componimento parla di un viaggio che Dante sogna di intraprendere con lo stessoGuido Cavalcanti e, secondo la maggior parte dei critici, conLapo Gianni[3]. I tre amici poeti si troverebbero, in una sorta di fuga dalla realtà attraverso unincantamento (v.2), a navigare, in unvasel (v. 3), su un mare sempre calmo, verso il luogo del piacere (si riscontra iltema provenzale delplazer). Grazie a tale nave incantata, allusione certa al vascello magico delmago Merlino[3][4], arriverebbero poi tre donne: monna Vanna (l'amata di Cavalcanti), monna Lagia (quella di Lapo Gianni) e l'amata di Dante, cioè la trentesima donna più bella diFirenze[5](una donna "schermo")[6], con le qualiragionar sempre d'amore (v. 12), in una completa sintonia spirituale. Il sonetto rivela la vicinanza dell'Alighieri ai modelli occitanici (il tema già ricordato delplazer) e a quelli delciclo arturiano (la presenza di Merlino), ma emerge quella tematica spirituale, basata sull'amicizia tra i tre poeti e la disquisizione sull'amore, che è il perno centrale della riflessionestilnovista.
Il sonetto presenta una costruzione ipotattica molto complessa, eppure chiara ed armonica. Tutto il testo è retto dal punto di vista semantico da un unico verbo (vorrei), che esprime attraverso l'uso del condizionale un desiderio delicato e fragile, che si delinea poi in immagini vaghe ed incantate. Nessun verbo - tranne il finale "credo", in forma indicativa ma dalla valenza dubitativa - in tutto il sonetto è espresso all'indicativo, il modo della certezza e della realtà: ne deriva un'atmosfera sfumata e magica. Oltre alla presenza dei già citatiloci provenzaleggianti (incantamento,vasel), termini che rimandano alla dimensione onirica, v'è la presenza anaforica della congiunzionee, che sembra dare un andamento paratattico alla narrazione, ma fornisce anche un senso di comunione tra l'io lirico e gli altri personaggi nominati nel testo.
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