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Guerre jugoslave

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Disambiguazione – "Guerre nei Balcani" rimanda qui. Se stai cercando gli omonimi conflitti degli anni 1912-1913, vediGuerre balcaniche.
Guerre jugoslave
In senso orario da in alto a sinistra:
ufficiali dellapolizia nazionale slovena scortano soldati catturati dell'armata popolare jugoslava alla loro unità durante laguerra dei dieci giorni; unM-84 distrutto durante labattaglia di Vukovar; installazioni missilistiche anticarro dell'esercito jugoslavo durante l'assedio di Dubrovnik; sepoltura delle vittime delmassacro di Srebrenica nel 2010; un veicolo blindato dell'UNPROFOR durante l'assedio di Sarajevo.
Data31 marzo1991-12 novembre2001
(10 anni e 226 giorni)
LuogoTerritori dell'ex-Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia
Casus belliSpinte nazionaliste degli stati federati
EsitoScioglimento definitivo della Jugoslavia
Modifiche territorialiCreazione degli stati indipendenti diSlovenia,Croazia,Bosnia ed Erzegovina,Serbia e Montenegro,Macedonia
Schieramenti
Slovenia (bandiera) Slovenia (1991)
Croazia (bandiera) Croazia (1991-1995)
Erzeg-Bosnia (1992-1994)
Bosnia ed Erzegovina (bandiera) Bosnia ed Erzegovina (1992-1995)
UÇK (1998-1999)
Kosovo (1999)
UÇPMB (1999-2001)
UÇK (2001)
Supporto da:
NATO (bandiera) NATO (1994-1995 e 1999)
Albania (bandiera)Albania (1996-1999)
Jugoslavia (bandiera)Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia (1991-1992)
Repubblica Serba di Krajina (1991-1995)
  Repubblica Serba (1992-1995)
Bosnia Occidentale (1993-1995)
Jugoslavia (bandiera)Repubblica Federale di Jugoslavia (1998-1999)
Macedonia (2001)
Supporto da:
Russia (1992-1999)
Ucraina (2001)
Bulgaria (bandiera)Bulgaria (2001)
Comandanti
Effettivi
Slovenia (bandiera)26000
Croazia (bandiera)50000
Bosnia ed Erzegovina (bandiera)204000
40000
1500-5000
5000-7000
Jugoslavia (bandiera)199000-229000
10000
Voci di guerre presenti su Wikipedia
Manuale
V · D · M
Guerre jugoslave
Dissoluzione della JugoslaviaSloveniaCroaziaBosnia ed Erzegovina (Croazia-Bosnia) –KosovoValle di PreševoMacedonia
Dissoluzione della Jugoslavia (1989-1992)

Leguerre jugoslave sono state una serie di conflitti armati, inquadrabili tra unaguerra civile econflitti secessionisti, che hanno coinvolto diversi territori appartenenti allaRepubblica Socialista Federale di Jugoslavia, una decina di anni dopo la morte diTito, tra il1991 e il2001, causandone la dissoluzione.

Diverse le motivazioni che sono alla base di questi conflitti. La più importante è ilnazionalismo imperante nelle diverse repubbliche fra la fine deglianni ottanta e l'inizio deglianni novanta (in particolare inSerbia,Croazia eKosovo, ma in misura minore anche inSlovenia e nelle altre regioni della Federazione), con una propaggine finale nelXXI secolo delconflitto nella Repubblica di Macedonia del 2001.

Influenti anche le motivazioni economiche e culturali, gli interessi e le ambizioni personali dei leader politici coinvolti e la contrapposizione spesso frontale fra etnie e religioni diverse (cattolici, ortodossi e musulmani), fra le popolazioni delle fasce urbane e le genti delle aree rurali e montane, oltre che gli interessi di alcune entità politiche e religiose (anche esterne) a porre fine all'esperienza dellaRepubblica Socialista Federale di Jugoslavia.

Contesto storico

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L'eredità di Tito (1980-1986)

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Dopo la morte diTito, avvenuta il 4 maggio1980, la Jugoslavia visse sino al1986 un periodo di relativa serenità. Era sembrato che il sistema costruito e rivisto nei decenni da Tito potesse continuare a funzionare nonostante la progressiva scomparsa dei protagonisti della resistenza, confluiti nell'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia, e della politica titoista.

La Jugoslavia (1956-1990)

Nel1983 morì ancheAleksandar "Leka" Ranković, storico ex ministro e capo delservizio segreto jugoslavo. Tito era riuscito a bilanciare le diverse istanze nazionalistiche placando antichi odi territoriali, etnici e religiosi in un equilibrio che appariva stabile, grazie probabilmente anche all'adesione alsocialismo rivista in chiave critica allostalinismo. La Jugoslavia era stata infatti tra i fondatori delMovimento dei paesi non allineati, distaccandosi così sia dalblocco occidentale sia dalblocco orientale.

LaJugoslavia socialista e federale, così come costruita da Tito e daEdvard Kardelj, il teorico e costituzionalista sloveno, si basava sulla politica dellaFratellanza e Unità (Bratstvo i Jedinstvo) fra i diversi popoli jugoslavi, garantendo a ciascuno, comprese le minoranze nazionali, dignità, autonomia decisionale e rappresentatività istituzionale. Tuttavia il regime jugoslavo aveva utilizzato anche la forza per stroncare quei movimenti, come laPrimavera croata del1971, che avevano dimostrato l'emergere del nazionalismo etnico e il pericolo che esso rappresentava per l'unità della Federazione, per il ruolo centrale dellaLega dei Comunisti di Jugoslavia e per il sistema economico dell'autogestione e del "socialismo di mercato".

Un contributo al successo dell'operazione di Tito era venuto dagli aiuti anche economici provenienti dall'Occidente, volti a tenere staccata laJugoslavia dalla sfera di influenzasovietica e a farne, anche grazie alla personalità del presidente jugoslavo, il Paese-guida delMovimento dei non allineati.

Nel1983 il primo ministro, la croataMilka Planinc, varò un grande piano di stabilizzazione, sottoposto al controllo tecnico delFondo monetario internazionale, con l'ambizioso obiettivo di ridurre l'inflazione, creare posti di lavoro, diminuire la dipendenza dalle importazioni e contenere ildebito pubblico, allo scopo di rilanciare l'economia, anche se con misure decisamente pesanti per un paese che si definiva socialista. L'economia, ingolfata dopo la straordinaria crescita deglianni settanta[1], era una delle principali cause di scontro fra le diverse repubbliche. Comunque, il paese godeva di un certo prestigio internazionale e nel1984Sarajevo ospitò anche iXIV Giochi olimpici invernali.[2]

Destabilizzazione del Paese (1987-1989)

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Nell'estate del1987 scoppiò lo scandalo finanziario e politico dell'Agrokomerc, la più grande azienda bosniaca.

Sulla scena politica serba si era messo nel frattempo in luceSlobodan Milošević, divenuto presidente dellaRepubblica Socialista di Serbia l'8 maggio1989.

I rapporti fra le varie repubbliche erano ancora abbastanza sereni, nonostante la montante insofferenza slovena (un Paese storicamente e tradizionalmente legato all'Europa centrale, che considerava la sua vera "patria" culturale) per le strutture federali; all'interno della Jugoslavia era inoltre evidente il malessere tra i serbi e gli albanesi delKosovo. La provincia serba era a schiacciante maggioranza albanese e chiedeva, come già in passato, maggiore autonomia politica, anche attraverso la costituzione della settima repubblica jugoslava, il Kosovo indipendente dalla Serbia.

Nel1986 venne pubblicato ilMemorandum dell'Accademia serba delle Scienze (noto anche comeMemorandum SANU), un documento dove degli intellettuali serbi denunciavano una generale campagna anti-serba, esterna e interna alla repubblica, e forniva le basi ad un rinato nazionalismo serbo basato sulla riedizione della teoria della "Grande Serbia", già presente (e concausa scatenante dellaPrima guerra mondiale) nella prima metà del Novecento. Milošević non esitò a cavalcare questa ondata nazionalista, adottando la teoria secondo la quale "la Serbia è là dove c'è un serbo".[3] Nell'ottobre1988 costrinse alle dimissioni il governo provinciale dellaVoivodina, a lui avverso; riformò la costituzione serba, eliminando l'autonomia costituzionalmente garantita al Kosovo (28 marzo1989); guidò infine enormi manifestazioni popolari (aBelgrado, il 18 novembre1988, e in Kosovo, il 28 giugno1989).

InCroazia nel maggio del 1989 si formò l'Unione Democratica Croata (Hrvatska Demokratska Zajednica o HDZ), partito anti-comunista di centro-destra che a tratti riprendeva le ideescioviniste degliustascia diAnte Pavelić, guidato dal controverso[4] ex generale di TitoFranjo Tuđman.

InSlovenia scoppiò il caso di quattro giornalisti (tra i quali il più noto eraJanez Janša), accusati di aver tentato di pubblicare segreti militari nella popolare rivista d'opposizioneMladina. I quattro giornalisti scoprirono dei documenti su un ipotetico intervento militare federale in Slovenia, da attuare in caso di un'evoluzione democratica e sovranista del paese. Il processo ai quattro imputati, che si tenne inlingua serbo-croata e non insloveno, violando il principio del plurilinguismo, scatenò proteste popolari e dette avvio alla cosiddetta "Primavera slovena".

Nel frattempo, quando alla presidenza della Repubblica venne eletto il giovane filo-serboMomir Bulatović, anche nel piccoloMontenegro la vecchia dirigenza titoista venne spazzata via (1989).

Fine della Jugoslavia (1990)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Dissoluzione della Jugoslavia.
Gruppi etnici[5]
(dati censimento 1991)
Serbia (bandiera) Serbi36%
Croazia (bandiera) Croati20%
Albania (bandiera) Albanesi15%
Bosnia ed Erzegovina (bandiera)Bosgnacchi10%
Slovenia (bandiera) Sloveni8%
Macedonia del Nord (bandiera) Macedoni6%
Jugoslavia (bandiera) "Jugoslavi"3%
Montenegro (bandiera) Montenegrini2%
Ungheria (bandiera) Ungheresi2%

In un clima sempre più teso, destava seria preoccupazione anche la situazione economica, con una Federazione ormai troppo scissa tra nord e sud[6]. Ildinaro jugoslavo subì diverse svalutazioni ed il potere d'acquisto diminuì progressivamente. Il governo federale fu affidato ad un tecnico (19 febbraio1989), l'economista croatoAnte Marković, che propose una solida e strutturale riforma economica e preparò la domanda di adesione del Paese allaComunità economica europea.

Il piano sembrava funzionare dal punto di vista strettamente macroeconomico, ma portò ad inevitabili conseguenze sociali (diminuzione dei sussidi statali, aumento della disoccupazione e della povertà) che esasperarono le turbolenze etniche e contribuirono alla disgregazione complessiva della Federazione.

Il 20 gennaio1990 venne convocato il quattordicesimo ed ultimo congresso (convocato straordinariamente) dellaLega dei Comunisti di Jugoslavia, con uno scontro frontale tra delegati serbi e sloveni, in particolare riguardo alla situazione in Kosovo, alla politica economica ed alle riforme istituzionali (creazione di una nuovafederazione oconfederazione, la "terza Jugoslavia"). Per la prima volta nella storia, Sloveni e Croati decisero di ritirare i loro delegati dal congresso. Ormai era chiaro che il Paese viaggiava a due velocità, non più armonizzabili. Il crollo delmuro di Berlino nel novembre del 1989 e la successivadissoluzione dell'Unione Sovietica nel 1991 accelerarono i tempi per la caduta della Jugoslavia stessa.

Guerra d'indipendenza slovena (1991)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Guerra d'indipendenza slovena.
Slovenia

Nel nord della Federazione vennero indette subito libere elezioni, che determinarono la vittoria di forze di centro-destra: in Slovenia la coalizione democristianaDemos formò un nuovo governo, mentre Kučan restò presidente della Repubblica; in Croazia i nazionalisti dell'HDZ di Tuđman vinsero le consultazioni (22 aprile-7 maggio1990).

Il 23 dicembre1990 in Slovenia si tenne unreferendum sull'indipendenza, o meglio sulla sovranità slovena, dal momento che si parlava anche della costruzione di una nuova confederazione di repubbliche, le cui basi andavano ridiscusse. Il referendum sulla sovranità slovena ottenne l'88,2% di voti favorevoli. Data l'indisponibilità serba a rivedere radicalmente l'assetto dello Stato, la sera del 25 giugno1991 fu convocato in seduta plenaria il Parlamento Sloveno (Skupščina) per discutere e votare l'indipendenza; tutti erano favorevoli, tranne il comandante delle truppe jugoslave, che era pure membro effettivo dell'assemblea, il quale fece un discorso minaccioso. Nel corso della seduta, poco prima della votazione definitiva, il Presidente del Parlamento diede lettura di un telegramma appena pervenuto dal Sabor di Zagabria, il Parlamento Croato, nel quale si comunicava che la Croazia era indipendente. Ad avvenuta votazione, nella piazza centrale diLubiana il presidenteMilan Kučan proclamò davanti al popolo l'indipendenza slovena. La conclusione del discorso di Kučan lasciava intendere un'immediata risposta delle truppe federali:Nocas su dovoljene sanje, jutro je nov dan ("stasera i sogni sono permessi, domani è un nuovo giorno")[7]. Il 26 giugno il giornale slovenoDelo di Lubiana pubblicava un titolo a nove colonne, traducibile in: "Dopo più di mille anni di dominazione austriaca e più di settanta anni di convivenza con la Jugoslavia, la Slovenia è indipendente".[senza fonte]

La risposta dell'Armata Popolare Jugoslava (JNA) avvenne il 27 giugno1991, quando l'esercito, sebbene fosse costituzionalmente prevista la possibilità di secessione delle repubbliche federate, intervenne inSlovenia per riprendere il controllo delle frontiere con 2000 reclute. Iniziò così la prima guerra inEuropa dalla fine dellaseconda guerra mondiale.Janez Janša, divenuto Ministro sloveno della Difesa, cercò di costituire un esercito nazionale, soprattutto mediante le milizie territoriali della Repubblica, istituite daTito in chiave anti-sovietica. Gli sloveni presero il controllo delle basi militari federali nel Paese e delle frontiere conItalia edAustria. La guerra (chiamata "guerra dei dieci giorni") si concluse rapidamente, essendo la nazione slovena etnicamente compatta e sostenuta politicamente dalVaticano[8],dall'Austria e, soprattutto, dallaGermania, che si impegnò subito a riconoscerne l'indipendenza e spinse perché anche l'interaCEE facesse lo stesso[senza fonte].

Nel frattempo, il governo federale diBelgrado stava prendendo accordi con lo Stato italiano per far evacuare le truppe jugoslave viaTrieste. Infatti, a Belgrado si asseriva che non esistesse un altro modo per far rientrare le truppe in patria. Non appena ebbe sentore di ciò, il Presidente della Repubblica ItalianaFrancesco Cossiga si recò immediatamente a Trieste e dalla prefettura informò i triestini delle intenzioni jugoslave. Alcuni triestini, memori dei quaranta giorni di occupazione jugoslava nel 1945, occuparono per protesta la casa comunale.[9][10] Fu chiesto al governo sloveno il motivo per il quale non lasciasse evacuare le truppe jugoslave; la risposta del ministro Janša fu immediata, asserendo che nessuno proibiva loro l'evacuazione dalla Slovenia, però, imbarcandosi aCapodistria, tutti i militari sarebbero dovuti uscire dalla Slovenia completamente disarmati. Soltanto agli ufficiali era concesso di portare con sé la pistola di ordinanza. Così infatti avvenne e la crisi triestina rientrò.

L'8 luglio vennero firmati gliAccordi di Brioni, siglati da Kučan, Tuđman, divenuto presidente croato, Marković, premier federale, dal serboBorisav Jović, presidente di turno della presidenza collegiale jugoslava e dai ministri degli esteri della troika europea Hans van den Broek (Paesi Bassi), Jacques Poos (Lussemburgo) e João de Deus Pinheiro (Portogallo). Gli accordi prevedevano l'immediata cessazione di ogni ostilità dell'esercito jugoslavo in Slovenia ed il congelamento per tre mesi della dichiarazione di indipendenza. La piccola repubblica diventava così indipendente daBelgrado.

Guerra in Croazia (1991-1995)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Guerra d'indipendenza croata.

Inizio

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Le elezioni croate della primavera del1990 avevano visto vincere i nazionalisti di Tuđman, supportati anche dalla diaspora, davanti ai comunisti riformati diIvica Račan.

LaCroazia

Nell'estate del 1990, nella regione montuosa dellaKrajina (ai confini con laBosnia), a maggioranza serba, venne proclamata la formazione dellaRegione Autonoma Serba della Krajina.

LaKrajina

In un clima di tensione sempre più forte, i serbi bloccarono per un certo periodo le strade percorse dai turisti che si recavano per le vacanze inDalmazia. Il 2 settembre si tenne nella stessa regione un referendum per l'autonomia e per una possibile futura congiunzione con la Serbia.

LaDalmazia

Il 19 marzo1991 si svolse in Croazia un referendum per lasecessione del Paese dalla Jugoslavia. La consultazione venne boicottata nella Krajina. Qui la maggioranza serba mosse i primi passi nella direzione opposta, ovvero per la secessione dallaCroazia. Il 1º aprile1991 venne autoproclamata in Krajina eSlavonia laRepubblica Serba di Krajina (serbo:Република Српска Крајина, РСК). Questo evento, interpretato dal governo croato come una ribellione, è spesso considerato come l'inizio della guerra d'indipendenza croata.

Il 9 aprile 1991 il presidenteFranjo Tuđman, con l'aiuto dellaCIA[11], annunciò la costituzione di un esercito nazionale croato (Zbor Narodne Garde, Guardia Nazionale Croata). In maggio avvenne un episodio di sangue, quando aBorovo Selo, nelle immediate vicinanze diVukovar, vennero uccisi in un'imboscata prima due e poi dodici poliziotti croati. Il Ministero degli Interni croato iniziò ad armare in quantità sempre maggiore le forze speciali di polizia, e questo portò alla costituzione di un vero e proprio esercito.

La dichiarazione di indipendenza (25 giugno1991), conseguenza diretta dei risultati del referendum, provocò l'intervento militare jugoslavo, deciso a non permettere che territori abitati da serbi fossero smembrati dalla Federazione e slegati dalla "madrepatria serba". La teoria nazionalista serba diventava così l'ideologia portante di tutta la Jugoslavia e delle sue guerre. L'attacco, iniziato nel luglio del 1991, coinvolse numerose città croate, tra cuiRagusa,Sebenico,Zara,Karlovac,Sisak,Slavonski Brod,Osijek,Vinkovci eVukovar.

Assedio di Vukovar

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Lo stesso argomento in dettaglio:Battaglia di Vukovar.

Il simbolo della guerra serbo-croata è divenuto l'assedio alla città diVukovar, nellaSlavonia orientale (25 agosto - 18 novembre1991), un territorio in cui serbi e croati riuscivano a convivere, fino a poco tempo prima, serenamente. La città fu bombardata e quasi tutti gli edifici furono pesantemente danneggiati o rasi al suolo dall'Armata Popolare Jugoslava.

Evoluzione della guerra

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Il 7 ottobre1991 una forte esplosione colpì la sede del governo aZagabria, durante una riunione a cui partecipavano Tuđman, il presidente federaleStjepan Mesić[12] e il primo ministro federale Marković.

Il governo croato accusò i vertici dell'Armata Popolare Jugoslava di essere responsabili dell'attacco, mentre l'esercito jugoslavo asserì che l'esplosione era opera delle stesse forze di Tuđman. Il giorno seguente il parlamento croato sciolse ogni residuo legame con le istituzioni federali. L'8 ottobre 1991 venne proclamato giorno dell'indipendenza croata.

Il 19 dicembre1991, nel periodo in cui infuriava maggiormente la guerra, i serbi della Krajina proclamarono ufficialmente la nascita dellaRepubblica Serba della Krajina ed è da questo punto che scaturì laguerra di indipendenza croata. Il 4 gennaio1992 entrò in vigore il quindicesimocessate il fuoco, per un certo periodo rispettato da entrambe le parti. L'Armata Popolare Jugoslava si ritirò dalla Croazia entrando in Bosnia, dove la guerra non era ancora iniziata, mentre la Croazia (assieme allaSlovenia) venne riconosciuta ufficialmente dallaCEE (15 gennaio) ed entrò a far parte dell'ONU (22 maggio).

Nei mesi successivi il conflitto continuò su piccola scala e le forze croate tentarono di riconquistare le città passate sotto il controllo serbo, in particolare nell'area diRagusa (il cui centro fu bombardato da truppe montenegrine e serbe il 6 dicembre1991) eZara.


Nel frattempo la Croazia venne coinvolta pienamente nellaguerra in Bosnia ed Erzegovina, iniziata nell'aprile del1992.[13] Alcune fra le persone più vicine a Tuđman, tra cuiGojko Šušak eIvić Pašalić, provenivano infatti dalla regione dell'Erzegovina e sostenevano finanziariamente e militarmente icroati di Bosnia.

Repubblica Croata dell'Erzeg Bosna

Il 28 agosto1993 i croati proclamano laRepubblica Croata dell'Erzeg-Bosnia, con lo scopo di aggregare la regione diMostar alla Croazia. Questo provoca laguerra in Bosnia ed Erzegovina fra croati di Bosnia e bosgnacchi (cittadini bosniaci di religione musulmana).

Nel settembre1993, nell'ambito dell'operazione dellasacca di Medak (Medački džep) contro i serbi di Krajina, i croati, guidati dal generaleJanko Bobetko, compirono una serie di crimini contro l'umanità e di violazioni del diritto internazionale di guerra, causando la morte anche di 11 militari delle forze di pacificazione dell'ONU.

Franjo Tuđman partecipò ai colloqui di pace fra croati di Bosnia ed Erzegovina e bosgnacchi, conclusi con gliaccordi di Washington (1º marzo1994). Gli statunitensi imposero la creazione di unaFederazione Croato-Musulmana, e di un'alleanza ufficiale tra Croazia e Bosnia ed Erzegovina (ratificata aSpalato, 22 luglio1995). Tuttavia sembra che Tuđman più volte si sia incontrato conMilosević allo scopo di spartire, anche con le armi, la Bosnia ed Erzegovina tra Croazia e Serbia[14].

OperazioniLampo eTempesta

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Mappa dell'Operazione Tempesta condotta dalle forze croate

Nel novembre del1994, Croazia eStati Uniti firmarono un accordo militare che portò alla costruzione di una centrale operativa nell'isola diBrazza, dove lacompagnia militare privataMilitary Professional Resources, Inc, su contratto delPentagono, addestrava l'esercito croato su tattiche e operazioni di guerra.[15] Nei primi giorni di maggio del1995 venne lanciata dalle forze croate con paramilitari nelle pianure dellaSlavonia l'operazione ''Lampo'' (''Operacija Bljesak''). Nell'agosto dello stesso anno iniziò anche l'operazioneTempesta(Operacija Oluja) nella regione dellaKrajina. Obiettivo di queste campagne militari era la riconquista del territorio controllato dai serbi.

Le operazioni militari in Krajina, che provocarono il massacro di1400 civili[15] da parte delle truppe croate e costrinsero alla fuga migliaia di civili, furono approvate dai governi statunitense diBill Clinton e tedesco diHelmut Kohl, i quali rifornirono di armi e strumentazioni l'esercito croato.[15] Secondo lo studiosoIvo Banac, iservizi segreti statunitensi (laCIA e laDIA) fornirono "supporto tattico e d'intelligence" all'inizio dell'offensiva.[15] Più di200000 Serbi furono obbligati alla fuga dall'esercito croato, che si rese protagonista di una delle operazioni dipulizia etnica più rilevanti di tutto il periodo1991-1995. Il 16 novembre2012 i due ex generali croatiAnte Gotovina eMladen Markac sono stati assolti per il loro coinvolgimento nella campagna militare.[16]

Le operazioni militari terminarono con un netto successo croato, nonostante l'accanita resistenza nell'estate del1995 di reparti dell'esercito regolare inviati da Belgrado (la cui presenza è stata accertata da osservatori[senza fonte]) e le sanguinose azioni di guerriglia operate da milizie irregolari filo-croate ai danni della popolazione serba, responsabili di numerosi crimini in special modo nella città diKarlovac, teatro di durissimi combattimenti. Allo scopo di piegare queste bande, Zagabria impiegò, tra l'altro, uno speciale reparto antiterrorismo, chiamato "Granadierine".

La guerra si concluse pochi mesi dopo, con la ratifica degliaccordi di Dayton, nel dicembre1995. Gli accordi prevedevano che i territori a forte presenza serba nell'est del Paese (Slavonia, Baranja e Sirmia) fossero temporaneamente amministrati dalleNazioni Unite (UNTAES). L'area fu formalmente reintegrata nella Croazia il 15 gennaio1998. La Krajina, rioccupata militarmente dall'Esercito Croato, con la conquista della città diKnin (ex autoproclamata capitale dei secessionisti), negoziò una reintegrazione nella Repubblica Croata.

Guerra in Bosnia ed Erzegovina (1992-1995)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Guerra in Bosnia ed Erzegovina, Assedio di Sarajevo e Guerra croato-musulmana in Bosnia ed Erzegovina.

I prodromi

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Gruppi etnici in Bosnia ed Erzegovina
(dati censimento 1991)
Bosgnacchi44%
Serbi31%
Croati17%
"Jugoslavi" o altro8%

Mentre la guerra infuriava inCroazia, laBosnia ed Erzegovina, abitata da tre diverse etnie (bosgnacchi,serbi ecroati), era in una situazione di pace momentanea e instabile, in quanto le tensioni etniche erano pronte a esplodere.

Nel settembre del1991 l'Armata Popolare Jugoslava distrusse un piccolo villaggio all'interno del territorio bosniaco,Ravno, abitato da croati, nel corso delle operazioni militari d'assedio diRagusa. Il 19 settembre l'Armata Popolare Jugoslava spostò alcune truppe nei pressi della città diMostar, provocando le proteste delle autorità locali. I croati dell'Erzegovina formarono la "Comunità Croata di Herceg Bosna" (Hrvatska Zajednica Herceg-Bosna), embrione della futuraRepubblica dell'Herceg Bosna, allo scopo di proteggere i loro interessi nazionali. Tuttavia, almeno fino al marzo del1992, non vi furono episodi di scontro frontale tra le diverse nazionalità, che si stavano però preparando al conflitto, ormai imminente.

Referendum per l'indipendenza

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Il 25 gennaio1992 il Parlamento, nonostante la ferma opposizione deiserbi di Bosnia ed Erzegovina, decise di organizzare un referendum sull'indipendenza della Repubblica. Il 29 febbraio e il 1º marzo si tenne dunque nel territorio della Bosnia ed Erzegovina il referendum sulla secessione dalla Jugoslavia. Il 64% dei cittadini si espresse a favore. I serbi boicottarono però le urne e bloccarono con barricateSarajevo. Il Presidente della Repubblica, il musulmanoAlija Izetbegović,[17] chiese l'intervento dell'esercito, affinché garantisse un regolare svolgimento delle votazioni e la cessazione delle tensioni etniche. Il partito che maggiormente rappresentava i serbi di Bosnia, ilPartito Democratico Serbo diRadovan Karadžić, fece sapere però subito che i suoi uomini si sarebbero opposti in qualsiasi modo all'indipendenza.

Subito dopo il referendum l'Armata Popolare Jugoslava iniziò a schierare le sue truppe nel territorio della Repubblica, occupando tutti i maggiori punti strategici (aprile1992). Tutti i gruppi etnici si organizzarono in formazioni militari ufficiali: i croati costituirono ilConsiglio di Difesa Croato (Hrvatsko Vijeće Obrane, HVO), i bosgnacchi l'Armata della Repubblica di Bosnia ed Erzegovina (Armija Bosne i Hercegovine, Armija BiH), i serbi l'Esercito della Repubblica Srpska (Vojska Republike Srpske, VRS). Erano inoltre presenti numerosi gruppi paramilitari: fra i serbi le Aquile Bianche (Beli Orlovi), fra i bosgnacchi la Lega Patriottica (Patriotska Liga) e i Berretti Verdi (Zelene Beretke), fra i croati le Forze Croate di Difesa (Hrvatske Obrambene Snage).

La guerra fra le tre nazionalità e l'intervento NATO

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La guerra che ne derivò fu la più complessa, caotica e sanguinosa inEuropa dalla fine dellaseconda guerra mondiale. Vennero firmati dalle diverse parti in causa diversi accordi di cessate il fuoco, inizialmente accettati, per essere stracciati solo poco tempo dopo. LeNazioni Unite tentarono più volte di far cessare le ostilità, con la stesura di piani di pace che si rivelarono fallimentari (piani falliti di Carrington-Cutileiro, settembre1991, Vance-Owen, gennaio1993, Owen-Stoltenberg, agosto1993).Inoltre le trattative venivano spesso condotte da mediatori spesso deboli e inadatti (come gli inglesiPeter Carington eDavid Owen), che finirono per far aggravare il conflitto più che pacificarlo.[senza fonte]

Inizialmente i bosgnacchi e i croati combatterono contro i serbi, i quali erano dotati di armi più pesanti e controllavano gran parte del territorio rurale, con l'eccezione delle grandi città diSarajevo eMostar. Nel1993, dopo il fallimento del piano Vance-Owen, che prevedeva la divisione del Paese in tre parti etnicamente pure, scoppiò un conflitto armato tra bosniaci musulmani e croati sulla spartizione virtuale del territorio nazionale. È stato dimostrato il coinvolgimento del governo croato diTuđman in questo conflitto, che lo rese in questo modo internazionale (Zagabria sostenne militarmente i croato-bosniaci).[senza fonte]

Mostar, già precedentemente danneggiata dai serbi, fu costretta alla resa dalle forze croato-bosniache. Il centro storico fu deliberatamente bombardato dai croati, che distrussero il vecchio ponteStari Most il 9 novembre1993.

A seguito del perdurare dell'assedio di Sarajevo e delle atrocità connesse, il 30 agosto 1995 laNATO scatenò l'Operazione Deliberate Force contro le forze della Repubblica Serba in Bosnia diKaradžić. La campagna militare aerea della NATO, data l'evidente superiorità, inflisse gravi danni alle truppe serbo-bosniache e si concluse il 20 settembre 1995. L'intervento alleato fu fondamentale per ricondurre i serbi al tavolo delle trattative di pace e ai colloqui di Dayton.

Il bilancio della guerra fu molto duro: basti ricordare che il solo assedio a Sarajevo da parte delle truppe serbo-bosniache durò 43 mesi; inoltre ciascuno dei tre gruppi nazionali si rese protagonista dicrimini di guerra e di operazioni dipulizia etnica, causando moltissime perdite tra i civili.

Accordo di Dayton

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Suddivisione del territorio bosniaco nella Federazione croato-musulmana (azzurro), Repubblica Serba (rosa) e Distretto Autonomo di Brčko (verde)

La guerra si concluse con l'Accordo di Dayton, firmato inOhio tra il 1º e il 26 novembre1995. Parteciparono ai colloqui di pace tutti i maggiori rappresentanti politici della regione:Slobodan Milošević, presidente della Serbia e rappresentante degli interessi dei serbo-bosniaci (Karadžić era assente), il presidente dellaCroaziaFranjo Tuđman e il presidente dellaBosnia ed ErzegovinaAlija Izetbegović, accompagnato dal Ministro degli Esteri bosniaco Muhamed "Mo" Sacirbey. La conferenza di pace fu guidata dal mediatore statunitenseRichard Holbrooke, assieme all'inviato speciale dell'Unione europeaCarl Bildt e al viceministro degli esteri dellaFederazione RussaIgor Ivanov.

L'accordo (formalizzato aParigi, 14 dicembre1995) sanciva l'intangibilità delle frontiere, uguali ai confini fra le repubbliche federate della RSFJ, e prevedeva la creazione di due entità interne allo Stato di Bosnia ed Erzegovina: laFederazione Croato-Musulmana (51% del territorio nazionale, 92 municipalità) e laRepubblica Serba (RS, 49% del territorio e 63 municipalità). Le due entità create sono dotate di poteri autonomi in vasti settori, ma sono inserite in una cornice statale unitaria. Alla Presidenza collegiale del Paese (che ricalca il modello della vecchiaJugoslavia del dopoTito) siedono un serbo, un croato e un bosgnacco, che a turno, ogni otto mesi, si alternano nella carica di presidente (primus inter pares).

Federazione Croato-Musulmana
Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina

Particolarmente complessa la struttura legislativa. Ciascuna entità è dotata di un parlamento locale: laRepubblica Serba di un'assemblea legislativa unicamerale, mentre laFederazione Croato-Musulmana di un organo bicamerale. A livello statale vengono invece eletti ogni quattro anni gli esponenti della camera dei rappresentanti del parlamento, formata da 42 deputati, 28 eletti nella Federazione e 14 nella RS; infine della camera dei popoli fanno parte 5 serbi, 5 croati e 5 musulmani.

Guerra del Kosovo (1998-1999)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Guerra del Kosovo.

Laguerra del Kosovo fu un conflitto combattuto dal febbraio1998[18] all'11 giugno1999[19]. Tra le principali cause delle ostilità vi fu la definizione dellostatus delKosovo comenazione indipendente, fino ad allora appartenente allaRepubblica Federale di Jugoslavia.

La guerra vide contrapposte le truppe federali jugoslave all'organizzazione terroristica dell'Ushtria Çlirimtare e Kosovës (UÇK), che garantì l'indipendenza del Kosovo dalla Repubblica Federale della Jugoslavia.

Nel marzo del 1999 laNATO intervenne nel conflitto con l'operazione Allied Force, una campagna di attacchi aerei contro laRepubblica Federale di Jugoslavia.

Il successivoaccordo di Kumanovo, firmato il 9 giugno 1999, sancì la conclusione del conflitto, il ritiro delle truppe federali dal Kosovo e lo stabilirsi nella regione di un protettorato internazionale (UNMIK) sotto la protezione delleNazioni Unite.

Conflitto nella Repubblica di Macedonia del 2001

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Lo stesso argomento in dettaglio:Conflitto nella Repubblica di Macedonia del 2001.
Conflitto nella Repubblica di Macedonia del 2001

Ilconflitto nella Repubblica di Macedonia del 2001 fu un confronto armato svoltosi tra gennaio e novembre di quell'anno, considerato come l'ultima fase delle guerre jugoslave.

Il conflitto scoppiò quando l'Esercito di Liberazione Nazionalealbanese attaccò le forze di sicurezza dellaRepubblica di Macedonia all'inizio del gennaio del 2001. Le perdite da ambo le parti rimasero comunque limitate a poche decine, secondo le fonti pervenute dai due fronti in combattimento.

Note

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  1. ^il Paese negli anni settanta era "il più grande cantiere d'Europa" (Tatjana Globocjkar,Courriere de payes de l'Est).
  2. ^La Jugoslavia, prima della sua dissoluzione, era caratterizzata da un relativo benessere. Gli indicatori di sviluppo degli anni ottanta del XX secolo (nonostante la crisi economica) corrispondevano ai Paesi meno sviluppati dell'Unione europea (Spagna,Irlanda,Grecia,Portogallo). Al riguardo si citano i dati delloHuman Development Report (ONU) 1992:
    • Analfabetismo tra gli adulti (1990): 7,3%
    • Quotidiani venduti per 1 000 abitanti (1990): 100
    • PIL pro capite (1989):2920 US$
    • Quota del reddito del 40% delle famiglie più povere (1980-1988): 17,1%
    • Numero di abitanti per medico (1984): 550.
  3. ^ Anna Bravo,La conta dei salvati: Dalla Grande Guerra al Tibet: storie di sangue risparmiato, Editori Laterza.
  4. ^Tuđman, inLa deriva della verità storica, mette in discussione lo sterminio di750000 serbi e25000 ebrei nelloStato Indipendente di Croazia diAnte Pavelić (1941-1944). È inoltre celebre una frase di Tuđman pronunciata durante gli anni della guerra serbo-croata: "Per fortuna mia moglie non è serba né ebrea".
  5. ^Il governo federale riconosceva sei "gruppi nazionali": Serbi, Croati,Bosgnacchi (Bosniaci musulmani), Sloveni, Macedoni, Montenegrini, in quanto ciascuno di questi gruppi riconosceva come madrepatria una regione del territorio jugoslavo. Albanesi e Ungheresi avevano la status di "minoranze nazionali".
  6. ^Con l'8% della popolazione complessiva nel 1980, la Slovenia produceva un terzo del prodotto nazionale lordo jugoslavo. Sloveno era inoltre un quarto delle esportazioni complessive. Il Kosovo, provincia più povera della Federazione, aveva un reddito pro capite pari ad un terzo di quello medio jugoslavo ed a meno di un quinto di quello della Slovenia (1989).
  7. ^(SL)DANES SO DOVOLJENE SANJE, JUTRI JE NOV DAN [Stasera i sogni sono permessi, domani è un nuovo giorno], subivsi-predsednik.si, 26 giugno 1991.
  8. ^(EN)Vatican Formally Recognizes Independence of Croatia and Slovenia, inThe New York Times, 14 gennaio 1992.URL consultato il 25 maggio 2008.
    (EN)Pope John Paul II urged Yugoslav leaders Saturday to stop using military force to crush the legitimate aspirations of the Yugoslav peoples, inThe Deseret News (Salt Lake City, UT), 30 giugno 1991.URL consultato il 25 maggio 2008.
    (EN)Pope set for 70th Journey, inCatholic World News, 13 maggio 1996.URL consultato il 25 maggio 2008.
  9. ^"La sortita «diplomatica» del presidente Cossiga è del 4 ottobre 1991, in una fase estremamente concitata della politica estera italiana, divisa tra il riconoscimento dell'indipendenza di Slovenia e Croazia ed il mantenimento dello Stato unitario jugoslavo. Nel corso di una conferenza stampa improvvisata, egli affermò che l'Italia «ha ritenuto di dover prendere in favorevole considerazione la richiesta che è stata formulata dal governo e dalle autorità militari jugoslave di consentire il transito in Italia alle unità militari dell'armata jugoslava che secondo gli accordi devono lasciare la Slovenia ». Ma già due giorni dopo, tale affermazione era corretta e smentita dal sottosegretario agli esteri Vitalone, dopo una riunione dei ministri degli esteri dei dodici paesi comunitari, per mancanza delle condizioni essenziali. A Trieste il Consiglio comunale aveva votato una mozione con cui si chiedevano soluzioni alternative ed il 5 ottobre la Lista per Trieste aveva inscenato una manifestazione" da:Il Piccolo, 10 maggio 2010, rilevato inhttp://www.anvgd.it/index.php?option=com_content&task=view&id=8567&Itemid=144 il 17//9/2012
  10. ^"Lo strano rapporto tra Cossiga e Trieste continuò nei momenti culminanti della fine della guerra fredda. Nell'ottobre 1991 al momento della disgregazione della Jugoslavia, in una conferenza stampa improvvisata affermò che l'Italia aveva accondisceso alla richiesta del Governo jugoslavo di far transitare attraverso il porto di Trieste le unità militari che dovevano lasciare la Slovenia. In città riapparvero gli incubi del maggio 1945 e scoppiò una mezza rivoluzione. Una manifestazione di protesta proclamata dalla Lista per Trieste riempì piazza Unità e il passaggio dei carrarmati jugoslavi venne scongiurato." da:Il Piccolo, 18 agosto 2010, rilevato inhttp://www.anvgd.it/rassegna-stampa/9544-cossiga-e-il-rapporto-con-trieste-e-tito-il-piccolo-18-agoArchiviato il 10 maggio 2015 inInternet Archive. il 17/9/2012
  11. ^(EN)What Did The Cia Know, sunewsweek.com, 26 agosto 2001.URL consultato il 5 ottobre 2015.
  12. ^Il 15 maggio1991Serbia,Montenegro,Kosovo eVoivodina (Paesi i cui voti erano controllati da Milosević) avevano rifiutato di accordare la fiducia al presidente federale di turno, Stjepan Mesić, che avrebbe assunto anche la carica di comandante dell'Armata, solo perché croato. Era stata dunque violata la prassi della rotazione della presidenza fra le repubbliche. La presidenza Mesić avrebbe potuto garantire in un momento molto delicato una trattativa pacifica e autentica per la riforma costituzionale della Jugoslavia. Su pressione della CEE Mesić venne eletto presidente solo il 29 giugno. Il 12 settembre Mesić ordinò allaArmata Popolare Jugoslava di lasciare le caserme in Croazia, ma l'ordine non verrà eseguito. Il 5 dicembre, Mesić si dimetterà affermando: "La Jugoslavia non esiste più".
  13. ^ Edin Skrebo,Costituzionalismo e diversità etnica: il caso della Bosnia-Erzegovina (Constitutionalism and Ethnic Diversity: The Case of Bosnia and Herzegovina), inSSRN Electronic Journal, 2020,DOI:10.2139/ssrn.3756766,ISSN 1556-5068 (WC ·ACNP).URL consultato l'11 gennaio 2022.
  14. ^Al riguardo:
    • l'ex primo ministro federaleAnte Marković (testimonianza al processo Milošević delTribunale dell'Aja) ha dichiarato che i due "nemici storici" tennero una serie di incontri segreti nel marzo del 1991 a Karadjordjevo, la nota riserva di caccia del presidente Tito, per parlare del futuro della Bosnia ed Erzegovina;
    • Hrvoje Sarinić, ex stretto collaboratore di Tuđman, ha descritto allo stesso tribunale 13 suoi incontri segreti (su mandato di Tuđman) con Milošević avvenuti tra il 1991 e il 1995.
  15. ^abcdGreg Elich.L'invasione della Krajina serba. InLa NATO nei Balcani a cura di Tommaso Di Francesco. Editori Riuniti, 1999. Versione originale in inglese:Greg Elich.The Invasion of Serbian Krajina inNATO in the Balkans. A cura di Ramsey Clark. International Action Center (New York, N.Y.), 1998. pp. 131-140.ISBN 0-9656916-2-4
  16. ^Crimini di guerra, assolti all'Aia generali croati, suCorriere della Sera, 16 novembre 2012.URL consultato l'11 gennaio 2022.
  17. ^Sebbene Alija Izetbegović sia sempre stato considerato una figura più moderata rispetto ai nazionalisti Milosević e Tuđman, anche il presidente della Bosnia ed Erzegovina aveva un passato controverso, soprattutto in riferimento ai rapporti con gruppi religiosi islamici e alle nazioni musulmane con cui aveva relazioni. Nel 1946, a conclusione dellaseconda guerra mondiale, Izetbegović fu processato per aver fatto parte dei "Giovani Musulmani", gruppo creato in Bosnia per la difesa dell'identità islamica. Nel 1951 fu condannato a tre anni di carcere per "attività sovversive" e nel 1972 fu processato per aver scritto due anni prima la "Dichiarazione Islamica". Dieci anni dopo fu nuovamente condannato con l'accusa di "estremismo" e per "attività panislamiche". Condannato a 14 anni, ne scontò meno di sei.
  18. ^(EN) Stephen L. Quackenbush,International Conflict, SAGE, 12 agosto 2014,ISBN 978-1-4522-4098-5.URL consultato il 18 luglio 2020.
  19. ^(EN) Michael J. Boyle,Violence After War: Explaining Instability in Post-Conflict States, JHU Press, 15 aprile 2014,ISBN 978-1-4214-1257-3.URL consultato il 18 luglio 2020.

Bibliografia

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  • S. Bianchini,La questione jugoslava, Giunti, Firenze 1996
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  • C. Cviic,Rifare i Balcani, Il Mulino, Bologna 1993
  • C. M. Daclon,Bosnia, Maggioli, Rimini 1997
  • Sandro e Alessandro Damiani,Jugoslavia, genesi di una mattanza annunciata, prefazione di Franco Cardini. Coop7giorni, Pistoia, 1993
  • C. Diddi, V. Piattelli,Dal mito alla pulizia etnica. La guerra contro i civili nei Balcani, Cultura della pace, Assisi 1995
  • J. Krulic,Storia della Jugoslavia, Bompiani, Milano 1997
  • A. M. Magno (a cura di),La guerra dei dieci anni. Jugoslavia 1991-2001, il Saggiatore, Milano 2011
  • F. Mazzucchelli,Urbicidio. Il senso dei luoghi tra distruzioni e ricostruzioni in ex Jugoslavia,Bononia University Press, Bologna 2010
  • Gigi Riva - Marco Ventura,Jugoslavia il nuovo Medioevo. Mursia, Milano 1992
  • P. Rumiz,La linea dei mirtilli, Editori Riuniti, Roma 1997
  • P. Rumiz,Maschere per un massacro, Feltrinelli, Milano 2011
  • J. Pirjevec,Il giorno di San Vito. Jugoslavia 1918-1992. Storia di una tragedia, ERI, Roma 1993
  • J. Pirjevec,Le guerre jugoslave. 1991-1999, Einaudi, Torino 2002
  • L. Silber, A. Little,Yugoslavia: Death of a Nation, Penguin Books, Londra 1997
  • S. Lusa,La dissoluzione del potere - Il partito comunista sloveno ed il processo di democratizzazione della repubblica, Kappa Vu, Udine 2007
  • The Death of Yugoslavia, documentario della BBC in cinque episodi diretto da A. Macqueen, 1995 (trasmesso in Italia da RAI e SKY con il titolo diJugoslavia, morte di una nazione)
  • Ehlimana Pasic,Violentate - Lo stupro etnico in Bosnia-Erzegovina, Armando Ed.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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V · D · M
Guerre jugoslave
Guerre
GuerreGuerra d'indipendenza croata ·Guerra in Bosnia ed Erzegovina ·Guerra del Kosovo
Conflitti minoriGuerra d'indipendenza slovena ·Guerra croato-musulmana in Bosnia ed Erzegovina ·Conflitto nella Repubblica di Macedonia del 2001
Avvenimenti
principali
1989Discorso del Gazimestan
1990Rivoluzione dei tronchi
1991Pasqua di sangue a Plitvica ·Incidente di Borovo Selo ·Massacro di Gospić ·Accordi di Brioni ·Battaglia per Vukovar ·Massacro di Ovčara ·Massacro di Škabrnja ·Assedio di Ragusa
1992Assedio di Sarajevo ·Massacri nella Slavonia occidentale ·Operazione Corridoio ·Massacro di soldati jugoslavi a Sarajevo ·Massacro di soldati jugoslavi a Tuzla ·Massacro di Kazani ·Tunnel di Sarajevo ·Offensiva di Mitrovdan 1992 ·Attacco all'altopiano di Miljevac ·Accordo di Graz
1993Operazione Deny Flight ·Massacro di Kravica ·Operazione Maslenica ·Massacro di Zenica ·Massacro di Budakovići ·Operazione sacca di Medak
1994Massacri di Markale ·Operazione Tigar 94 ·Operazione Pauk ·Patto di Washington
1995Operazione Lampo ·Massacro della Kapija ·Sblocco di Sarajevo ·Massacro di Srebrenica ·Operazione Tempesta ·Operazione Una 95 ·Operazione Deliberate Force ·Accordo di Dayton
1998-1999Attacco a Prekaz ·Battaglia di Junik ·Crimini di guerra in Kosovo (Massacro di Račak ·Massacro di Suva Reka ·Massacro di Meja ·Massacro di Podujevo ·Massacro di Velika Kruša ·Massacro di Izbica ·Massacro di Ćuška ·Massacro di Bela Crkva ·Massacri di Drenica ·Massacro di Gornje Obrinje ·Massacro di Vučitrn ·Attacco di Rahovec ·Uccisioni di Klečka ·Massacro del lago Radonjić ·Uccisioni di Gnjilane ·Massacro del bar Panda) ·Operazione Allied Force ·Operazione Allied Harbour ·Battaglia per la Košara ·Risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ·Accordo di Kumanovo ·Incidente di Pristina
Partecipanti
Principali partecipantiJugoslavia (bandiera) Jugoslavia ·Jugoslavia (bandiera) Jugoslavia (bandiera Serbia · Montenegro) ·Croazia (bandiera) Croazia ·Bosnia ed Erzegovina (bandiera) Bosnia ed Erzegovina ·  Repubblica Serba ·Repubblica Serba di Krajina ·Repubblica Croata dell'Erzeg-Bosnia ·Kosovo (bandiera) Kosovo
Altri partecipantiSlovenia (bandiera) Slovenia ·Macedonia (bandiera) Macedonia ·Repubblica della Bosnia Occidentale
Forze armate belligerantiArmata Popolare Jugoslava ·Forze armate della RF Jugoslavia ·Forze armate di Croazia ·Consiglio di difesa croato ·Armata della Bosnia ed Erzegovina ·Esercito della Republika Srpska ·Esercito della Repubblica Serba di Krajina ·Difesa territoriale slovena ·NATO
ParamilitariUÇK ·UÇK macedone ·Aquile Bianche ·Guardia Volontaria Serba ·Forze di Difesa Croate ·Bosnia ed Erzegovina (bandiera)Berretti verdi ·Grecia (bandiera)Guardia Volontaria Greca
Fattori esterniONU ·Stati Uniti (bandiera) Stati Uniti ·Germania (bandiera) Germania ·Italia (bandiera) Italia ·Città del Vaticano (bandiera) Città del Vaticano ·Austria (bandiera) Austria ·Regno Unito (bandiera) Regno Unito ·Francia (bandiera) Francia ·Russia (bandiera) Russia ·Canada (bandiera) Canada ·Arabia Saudita (bandiera) Arabia Saudita ·Albania (bandiera) Albania ·Grecia (bandiera) Grecia
Comandanti
PoliticiAnte Marković ·Borisav Jović ·Slobodan Milošević ·Slovenia (bandiera)Milan Kučan ·Slovenia (bandiera)Lojze Peterle ·Slovenia (bandiera)Janez Janša ·Croazia (bandiera)Franjo Tuđman ·Croazia (bandiera)Stjepan Mesić ·Mate Boban ·Alija Izetbegović ·Adil Zulfikarpašić ·Haris Silajdžić ·Radovan Karadžić ·Milan Babić ·Goran Hadžić ·Milan Martić ·Fikret Abdić ·Ibrahim Rugova ·Momir Bulatović ·Milo Đukanović
ComandantiVeljko Kadijević ·Ratko Mladić ·Croazia (bandiera)Ante Gotovina ·Croazia (bandiera)Ivica Rajić ·Atif Dudaković ·Dragoljub Ojdanić ·Nebojša Pavlović ·Leighton W. Smith, Jr. ·Wesley Clark
ParamilitariNaser Orić ·Vojislav Šešelj ·Željko Ražnatović ·Hashim Thaçi ·Ramush Haradinaj
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