Guerre cimbriche parte delleguerre romano-germaniche | |||
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Data | 113 -101 a.C. | ||
Luogo | Europa continentale e mediterranea | ||
Esito | Vittoria della Repubblica Romana | ||
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Manuale |
Guerre cimbriche | |
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Noreia (113 a.C.) -Agen (107 a.C.) -Arausio (105 a.C.) -Aquae Sextiae (102 a.C.) –Campi Raudii (101 a.C.) |
Leguerre cimbriche furono combattute tra gli anni113 e101 a.C. tra laRepubblica romana e la coalizione di tribù diCimbri,Teutoni edAmbroni. Al termine della guerra, l'esercito romano era riuscito a fermare l'invasione germanica, che stava minacciando la stessa Pianura Padana, sotto il comando delconsole romanoGaio Mario.
Le guerre cimbriche (113–101 a.C.) si rivelarono subito una questione assai ben più seria del recente conflitto celtico del 121 a.C. Letribù germaniche deiCimbri[1] e deiTeutoni dalNordeuropa migrarono fin all'interno dei territori settentrionali dellaRepubblica romana, entrando in conflitto con Roma e i suoi alleati. Le guerre cimbriche generarono un grande timore e furono la prima occasione, dopo laseconda guerra punica, in cuiRoma si sentí seriamente minacciata.
La potenza deiCelti inEuropa stava declinando nel corso del II - I secolo a.C., e contemporaneamente iGermani cominciavano a premere per attraversare i due grandi fiumi europei, ilReno ad occidente per invadere laGallia e lapenisola iberica, e ilDanubio a oriente per poi spingersi fino nei territori deiBalcani in cerca di una nuova sistemazione.
La grande migrazione delle gentigermaniche che ne seguì comportò lo spostamento di intere popolazioni, comprese donne, bambini ed anziani,carriaggi e mandrie. Cimbri eTeutoni in una prima fase non miravano a scontrarsi coi Romani, al contrario il loro disegno originario potrebbe essere stato quello di attraversare il fiumeDanubio e stanziarsi nei Balcani, creando però forte preoccupazione nelle genti alleate ai Romani delNorico: fu questo il motivo del loro intervento, un intervento dovuto a salvaguardia delle popolazioni deiNorici, amiche del popolo romano.
Le forze romane che si alternarono negli anni del conflitto furono ingenti: 4 legioni nel109 a.C.; 6 legioni e 6 000 cavalieri nel107 a.C.; 8 legioni nel106 a.C.; 9 nel105 a.C. oltre a 5 000 cavalieri circa; 7 legioni e 3 000 cavalieri conGaio Mario nelloscontro diAquae Sextiae.Riguardo alle forze germaniche possiamo solo ipotizzare, sulla base di quanto ipotizzato daGaio Giulio Cesare nellaconquista della Gallia che i guerrieri potessero essere attorno ai 25/30 000 per singolo popolo.
Strabone racconta che iBoi riuscirono a respingere i primi attacchi deiCimbri (attorno al113 a.C.), che poi proseguirono la loro marcia per laPannonia, ilNorico, i territori degliElvezi e poi laGallia, dove si scontrarono con glieserciti romani.[2] Il consoleGneo Papirio Carbone vista l'avanzata delle genti germaniche, di cui egli stesso poco sapeva, temendo che potessero invadere l'Italia come era accaduto tre secoli prima con ilsacco di Roma, decise di sorprendere gli invasori, ma subì un'autentica disfatta nei pressi diNoreia (l'attualeKrainburg), nel113 a.C.[3] Questa battaglia segnò così l'esordio delleGuerre romano-germaniche che si susseguirono per i sei secoli successivi fino allacaduta dell'Impero romano d'Occidente.
La coalizione germanica giunse inGallia nel109 a.C. Il proconsoleMarco Giunio Silano, al comando di 4legioni (16 000 fanti circa), fu costretto ad intervenire per fermare l'orda barbarica, ma fu sconfitto nelle terre deiSequani. Tale successo aveva inoltre provocato un inizio di ribellione da parte delle tribùceltiche che erano state di recente assoggettate dai Romani nella parte meridionale del paese.[4]
Nel107 a.C. iTigurini, clan degliElvezi, guidati da un certoDivicone, menzionato dallo stessoCesare nel suoDe bello Gallico (vediConquista della Gallia[5]), riuscì a penetrare nellaprovincia romana. Il consoleLucio Cassio Longino, che era accorso per difendere i territori romani, forte di ben 6 legioni e 6 000 cavalieri, deciso a contrastare l'avanzata nemica si diresse versoTolosa, percorrendo la via fatta costruire daEnobarbo. A pochi chilometri dall'oppidumceltico ingaggiò battaglia contro il popolo deiVolci Tectosagi, a cui si erano uniti parte deiCimbri,Teutoni eTigurini riuscendo a batterli. L'errore fu di continuare l'avanzata in territorio nemico, portandosi appresso i bagagli, quasi fosse una semplice marcia di trasferimento, risalendo la valle del fiumeGaronna (fino nella zona diBordeaux). Le legioni ormai distanti dai confini provinciali furono massacrate nella zona diAgen (presso il popolo deiNitiobrogi), mentre lo stesso Lucio Cassio perdeva la vita. Fu un autentico massacro dove persero la vita almeno 35 000 armati tra i due contendenti.[4] Fu solo grazie all'ufficiale di grado più elevato fra quelli sopravvissuti,Gaio Popilio Lenate, figlio del console dell'anno 132, che si riuscì a mettere in salvo quanto restava delle forze romane solo dopo aver ceduto metà degli equipaggiamenti ed aver subito l'umiliazione di far marciare il proprio esercito sotto il giogo, in mezzo allo scherno dei vincitori.
Nel106 a.C. un altro console,Quinto Servilio Cepione, marciò daNarbona alla testa di ben 8legioni contro le tribù stanziate nella zona diTolosa, che si erano ribellate a Roma, e si impossessò di un'enorme somma di denaro custodita nei santuari dei templi (il cosiddettoOro di Tolosa oAurum Tolosanum). Si racconta che Cepione cercò all'interno della città di Tolosa per diversi giorni il tesoro della leggenda, ma non trovando nulla decise di prosciugare i laghi vicini alla città, trovando sotto la melma 50 000 lingotti d'oro, pari a 15 000 talenti d'oro, 10 000 lingotti d'argento e macine interamente in argento per un valore complessivo di 10 000 talenti d'argento. Era una fortuna incredibile. La maggior parte di questo tesoro sparì misteriosamente durante il trasporto verso Massilia (l'odiernaMarsiglia): più precisamente, nel tratto tra Tolosa e Narbona (dove doveva essere imbarcato), 1 000 predoni si impadronirono dei 450 carri che trasportavano i soli lingotti d'oro. A Roma si sospettò dello stesso Cepione, che però fu confermato nel comando anche per l'anno successivo, mentre uno dei nuovi consoli,Gneo Mallio Massimo, si unì a lui nelle operazioni in Gallia meridionale. Al pari di Mario, anche Mallio era unuomo nuovo, ma la collaborazione fra lui e Cepione si dimostrò subito impossibile.
L'anno successivo (105 a.C.) i Romani, sotto l'alto comando delconsoleGneo Mallio Massimo e del proconsole per la GalliaQuinto Servilio Cepione, si scontrarono ancora una volta contro gli eserciti riuniti diCimbri,Teutoni,Ambroni eTigurini. Il primo scontro si ebbe 65 km a nord di Arausio, quando il comandante della cavalleria romanaMarco Aurelio Scauro, alla testa di 5 000 cavalieri, ingaggiò una prima battaglia contro le avanguardie della coalizione germanica, scontro che fu a lui sfavorevole. I successivi due scontri si rivelarono disastrosi per entrambi i comandanti romani. Prima Cepione (alla testa di 7 legioni) fu battuto a 48 km a Nord di Arausio, e poi Manlio (alla testa delle 7 legioni precedenti a cui se ne erano aggiunte 2) a soli 8 km a nord diArausio (l'attualeOrange inFrancia) subì unanuova disfatta. Caduto in disgrazia, accusato di malversazione daltribunoNorbano, Cepione venne condannato a morte e la sua famiglia cadde in rovina: si racconta che le sue figlie dovettero darsi allaprostituzione, mentre di lui non si conosce con sicurezza la fine: forse la sentenza fu eseguita o invece, come raccontano altre fonti, abbia finito i suoi giorni nell'esilio coatto diSmirne.
Dopo la battaglia i Cimbri concessero involontariamente una tregua agli avversari per dirigersi nellaPenisola Iberica e compiere scorrerie e razzie,[6] anche se le perdite subite nel decennio precedente erano state molto gravi. Quest'ultima sconfitta dei Romani esponeva l'Italia molto gravemente al pericolo di una invasione da parte delle orde barbariche, mentre a Roma il malcontento del popolo contro l'oligarchia aveva raggiunto ormai l'esasperazione.
Trascorsi tre anni dalla sconfitta romana ad Arausio, nel102 a.C. i Cimbri dalla Spagna tornarono in Gallia, e insieme ai Teutoni decisero di invadere l'Italia. Questi ultimi avrebbero dovuto puntare attraverso la Gallia Narbonense direttamente verso Sud dirigendosi verso le coste del Mediterraneo, mentre i Cimbri sarebbero penetrati nell'Italia Settentrionale da Nord-Est attraversando ilpasso del Brennero (”per alpes Rhaeticas”). Infine iTigurini, la tribù celtica loro alleata che aveva sconfitto Longino nel107, pensavano di attraversare leAlpi provenendo da Nord-Ovest. La decisione di dividere in questo modo le loro forze si sarebbe dimostrata fatale, poiché diede ai Romani, avvantaggiati anche dalle linee di approvvigionamento molto più corte, la possibilità di affrontare separatamente i vari contingenti, concentrando le proprie forze laddove era di volta in volta necessario.
Nel frattempo Mario aveva organizzato nelmigliore dei modi la propria armata. I soldati erano stati sottoposti ad un addestramento che mai in precedenza si era visto, ed erano abituati a sopportare senza lamentarsi le fatiche delle lunghe marce di avvicinamento, dell'allestimento degli accampamenti e delle macchine da guerra, tanto da meritarsi il soprannome dimuli di Mario. Dapprima decise di affrontare iTeutoni, che si trovavano in quel momento nella provincia dellaGallia Narbonense e si stavano dirigendo verso le Alpi. In un primo momento rifiutò lo scontro, preferendo arretrare fino adAquae Sextiae (l'attualeAix en Provence), un insediamento fondato daGaio Sextio Calvino,console nel109 a.C., in modo da sbarrare loro il cammino. Alcuni contingenti diAmbroni, avanguardia dell'esercito deiGermani, si lanciarono avventatamente all'attacco delle posizioni romane, senza aspettare l'arrivo di rinforzi, e 30 000 di essi rimasero uccisi. Mario schierò poi un contingente di 3 000 uomini per tendere un'imboscata al grosso dell'esercito dei Germani, che presi alle spalle e attaccati frontalmente, furono completamente sterminati e persero 100 000 uomini, e quasi altrettanti ne furono catturati.
Il collega di MarioQuinto Lutazio Càtulo, console nel 102, non ebbe altrettanta fortuna, non riuscendo a impedire che i Cimbri forzassero il passo del Brennero avanzando nell'Italia settentrionale verso il finire del102 a.C. Mario apprese la notizia mentre si trovava a Roma, dove fu rieletto console per l'anno101 a.C. Immediatamente si mise in marcia per ricongiungersi con Catulo, il cui comando fu prorogato anche per il 101. Infine, nell'estate di quell'anno, aVercelli, nellaGallia Cisalpina, in una località allora chiamataCampi Raudii, ebbe luogo lo scontro decisivo. Ancora una volta la ferrea disciplina dei Romani ebbe la meglio sull'impeto dei barbari, e almeno 65 000 di loro (o forse 100 000) perirono, mentre tutti i sopravvissuti furono ridotti in schiavitù. I Tigurini, a questo punto, rinunciarono al loro proposito di penetrare in Italia da Nord-Ovest e rientrarono nelle proprie sedi. Catulo e Mario, come consoli in carica, celebrarono insieme uno splendido trionfo, ma, nell'opinione popolare, tutto il merito venne attribuito a Mario. In seguito Catulo si trovò in contrasto con Mario, divenendone uno acerrimo rivale. Come ricompensa per avere sventato il pericolo dell'invasione barbarica, Mario venne rieletto console anche per l'anno100 a.C. Gli avvenimenti di quell'anno, tuttavia, non gli furono propizi.
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