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Guerra delle Alpi (1792-1796)

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Guerra delle Alpi
parte dellaguerra della Prima coalizione
Labattaglia dell'Authion (giugno 1793) nel quadro di P. Righini, conservato nelMuseo Nazionale del Risorgimento Italiano diTorino.
Data15 settembre1792 - 28 aprile1796
LuogoPiemonte,Savoia,Nizza,Provenza eMar Mediterraneo
Casus belliOstilità dellaFrancia nei confronti delRegno di Sardegna
EsitoVittoria francese,Armistizio di Cherasco e poiTrattato di Parigi (maggio 1796). Il Piemonte stipula un'alleanza difensiva con la Francia.
Modifiche territorialiSavoia e Nizza vengono annesse alla Francia, il Piemonte meridionale viene controllato dall'esercito francese
Schieramenti
Comandanti
Regno di Sardegna (bandiera)Vittorio Amedeo III di Savoia
Regno di Sardegna (bandiera)Carlo Emanuele di Savoia, principe di Piemonte
Regno di Sardegna (bandiera)Vittorio Emanuele di Savoia, duca d'Aosta
Regno di Sardegna (bandiera)Benedetto di Savoia, duca del Chiablese
Regno di Sardegna (bandiera)Carlo Felice di Savoia, duca del Genevese
Regno di Sardegna (bandiera)Maurizio Giuseppe di Savoia, duca del Monferrato
Regno di Sardegna (bandiera)Carlo Emanuele di Savoia-Carignano, principe di Carignano
Regno di Sardegna (bandiera)Giuseppe Benedetto di Savoia, conte di Moriana
Regno di Sardegna (bandiera)Carlo Francesco Thaon di Revel e Sant'Andrea
Regno di Sardegna (bandiera)Ignazio Thaon di Revel e Pralungo
Regno di Sardegna (bandiera)Joseph-Amédée Sallier de la Tour
Regno di Sardegna (bandiera)Victor-Amédée Sallier de la Tour de Cordon
Regno di Sardegna (bandiera)Eugène de Courten
Regno di Sardegna (bandiera)Giuseppe Antonio Dellera di Corteranzo
Regno di Sardegna (bandiera)Michelangelo Alessandro Colli-Marchini
Joseph Nikolaus De Vins
Olivier Remigius von Wallis auf Carrighmain
Jean-Pierre de Beaulieu de Marconnay
Eugène-Guillaume de Mercy d'Argentau
Leopold Lorenz von Strassoldo
Joseph Maria von Colloredo
Giovanni Provera
Samuel Hood
Due Sicilie (bandiera)Francesco Caracciolo di Brienza
Due Sicilie (bandiera)Fabrizio Pignatelli di Cerchiara
Spagna (bandiera)Juan de Lángara y Huarte
Jean-Honoré de Trogoff de Kerlessy
Napoleone Bonaparte
François Christophe Kellermann
Andrea Massena
Anne-Pierre de Montesquiou-Fézensac
Francia (bandiera)Jean Mathieu Philibert Sérurier
Francia (bandiera)Barthélemy Louis Joseph Schérer
Francia (bandiera)Gaspard de Brunet
Francia (bandiera)Jacques Bernard d'Anselme
Francia (bandiera)Jacques François Dugommier
Francia (bandiera)Lazare Carnot
Francia (bandiera)Pierre François Charles Augereau
Francia (bandiera)Barthélemy Catherine Joubert
Francia (bandiera)Armand Louis de Gontaut-Biron
Francia (bandiera)Antoine Joseph Santerre
Francia (bandiera)Pierre Jadart Dumerbion
Giovanni Antonio Ranza
Voci di guerre presenti su Wikipedia
Manuale

LaGuerra delle Alpi fu un conflitto minore all'interno dellaguerra della Prima coalizione, nel contesto delleguerre rivoluzionarie francesi, e venne combattuta principalmente dalRegno di Sardegna e dall'Austria, supportati daGran Bretagna eSpagna e altri stati minori, contro laPrima Repubblica francese dal 21 settembre 1792 al 28 aprile 1796, giorno dell'armistizio di Cherasco, lungo il fronte alpino che separa geograficamenteItalia e Francia.

La sottoscrizione della pace con la Francia apre per il Piemonte una stagione di tensioni sia interne sia esterne: imovimenti repubblicani spingevano per la caduta della monarchia, nel frattempo rappresentata daCarlo Emanuele IV, figlio diVittorio Amedeo III, mentre la nascita delle contiguerepubbliche sorelle, quellaLigure e quellaCisalpina, scatenavano in ogni occasione incidenti diplomatici che aizzavano la fronda interna al regno. Paradossalmente, sino al dicembre del 1798, la sopravvivenza della monarchia era dovuta all'interesse francese del mantenimento dellostatus quo in Piemonte: a seguito del rifiuto sabaudo di dichiarare guerra alregno di Napoli, tuttavia, il generaleJoubert, dietro istruzioni delDirettorio, prese possesso del territorio piemontese ancora in mano ai Savoia dichiarando la nascita dellaRepubblica con la conseguente fuga del re in Sardegna.

Antefatti

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La situazione del Regno di Sardegna allo scoppio dei moti francesi

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Lo stesso argomento in dettaglio:Rivoluzione francese.

Nelle fasi iniziali dellaRivoluzione francese, i piemontesi erano particolarmente attenti agli sviluppi della situazione politica in Francia, lecitamente preoccupati che i moti di piazza e le stesse problematiche che affliggevano la secolare monarchia d'oltralpe si potessero trasferire anche all'interno delloro regno, specialmente nelNizzardo e nellaSavoia, dove una moltitudine di aristocratici francesi stava trovando un momentaneo rifugio, ed inSardegna, una regione storicamente distante dagli ambienti della corte sabauda dove si temeva scoppiassero moti simili a quelli cheavevano colpito la Corsica nei passati decenni[1].

Il reVittorio Amedeo III, convinto sostenitore dellalegittimazione divina della monarchia e uomo profondamente religioso, riteneva abominevoli le posizioni progressivamente antimonarchiche e anticattoliche assunte dai rivoluzionari. L'arrivo delconte di Artois, dei duchidi Berry edi Angoulême e delle loro famiglie, con cui i Savoia erano peraltroimparentati, non fecero altro che radicalizzare le posizioni del re e della corte di Torino, dentro alla quale stava crescendo un forte movimento reazionario. In breve tempo, Torino, e più in generale lo stesso regno sabaudo, divennero una meta sicura per la nobiltà francese in fuga dal clima di crescente violenza ed odio nei loro confronti che stava aleggiando sopra la Francia[2].

Con l'eccezione della Savoia, che per lingua e posizione geografica era più affine alla Francia, dove si erano registrati degli episodi di vandalismi e violenze di ispirazione chiaramente rivoluzionaria, nel resto del regno, almeno fino al 1791, gli ideali della rivoluzione francese sembravano passare in sordina, ignorati dalla maggior parte della popolazione tranne che per qualche gruppo isolato di studenti e di intellettuali. Le rare manifestazioni di dissenso vennero fermate, cercando di evitare inutili spargimenti di sangue[3]. Nella sua politica di contenimento, Vittorio Amedeo cercò di limitare ulteriori ingressi di stranieri del suo regno, specialmente ai francesi, ritenuti probabili seminatori di scandali. A tale scopo, nel 1792, emanò una legge che impediva a chiunque fosse sprovvisto di uno speciale passaporto di poter entrare nel regno[4].

Gli accordi dell'Austria e la crisi internazionale

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Lo stesso argomento in dettaglio:Dichiarazione di Pillnitz e Prima coalizione.

Mentre tenevano un occhio vigile su tutto quanto stesse accadendo in Francia, le altre potenze europee cercavano una soluzione per sbrogliare la complicata crisi sociale in corso e rimettereLuigi XVI al trono in Francia, sebbene ognuno con motivazioni differenti[5]. Ad esempio, gli imperatori del Sacro Romano Impero,Giuseppe II prima eLeopoldo II in seguito, agivano per personale interesse, essendoMaria Antonietta loro sorella[6], mentre iSavoia erano preoccupati per la stabilità e l'integrità dei loro domini, che vedevano fortemente minacciati specialmente nel caso dello scoppio di una nuova guerra con la Francia[5]. Ad ogni modo, l'idea comune e consolidata della necessità di un intervento in favore della monarchia francese, i vari sovrani non avevano davvero un piano, anzi, cercavano tutti di sfruttare l'occasione per il proprio tornaconto[7]. Il fallito tentativo difuga presso Varannes di Luigi XVI fu un primo catalizzatore, che portò i piemontesi e gli austriaci ad avvicinarsi diplomaticamente[8]. In un primo informale accordo, l'imperatore si sarebbe impegnato ad inviare svariate truppe a Milano e a fornire ai sabaudi le prestazioni di uno dei propri generali. Oltre a ciò, i due monarchi si accordarono per correre in reciproco soccorso l'uno dell'altro in caso di una guerra scatenata dai moti rivoluzionari[9].

Nel frattempo, l'imperatore austriaco aveva incontrato ilre di Prussia ed i due, dopo aver parlato con il conte d'Artois diverse volte, erano giunti ad un accordo formale, redatto più per compiacere gliémigrés francesi in Austria che per una reale necessità. Il trattato nei suoi ultimi paragrafi aggiungeva una breve dichiarazione, nella quale Austria e Prussia si sarebbero adoperate in favore del re di Francia, per consentirgli di governare il proprio Paese nel modo che egli riteneva migliore[10]. Essendo l'incontro principalmente focalizzato sullaspartizione della Polonia e sulla fine dellaguerra austro-turca e considerando le perplessità della Spagna e l'opposizione del Regno Unito ad un'opera comune contro la Francia, gliaccordi di Pillnitz risultarono solo vaghi e al massimo dannosi, giacché allontavano le due potenze europee da una zona "moderata", facendole apparire come nemiche della rivoluzione in atto in Francia[11]. Le prime basi per una coalizione antifrancese erano state create.

Le tensioni tra Austria e Francia crebbero ulteriormente l'anno seguente, dopo la scomparsa dell'imperatore Leopoldo e l'ascesa al trono del giovane figlioFrancesco. Igiacobini pressarono il re ad intervenire diplomaticamente con il nuovo imperatore per convincerlo a smantellare tutti gli accordi che miravano a distruggere la rivoluzione. Fu inviato a Vienna il generaleDumouriez, politicamente schierato a fianco dei rivoluzionari. Alle opposizioni dei rappresentanti austriaci, Dumoriez rispose con un ultimatum. Francesco si oppose nuovamente e la conseguente guerra fu dunque inevitabile[12][13]. Vittorio Amedeo, vista la natura del conflitto e ricevute rassicurazioni da Vienna che il fronte di guerra si sarebbe mantenuto solo a nord, si affrettò ad inviare le proprie forze a difesa dei confini, puramente a scopo precauzionale[14].

L'affare Sémonville e l'ingresso in guerra dei piemontesi

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Mentre la guerra imperversava sul fronte delReno, con l'Austria e laPrussia intente a fronteggiare le armate francesi, Vittorio Amedeo tentava di unire gli Stati italiani in uno sforzo collettivo contro la Francia, nel tentativo di impedire che le pericolose idee rivoluzionarie contagiassero la popolazione della penisola. Scarsissima fu l'adesione, soprattutto perché, come storicamente era sempre accaduto, ogni singolo stato italiano pensava ai propri interessi, senza guardare al quadro generale delle cose. Solo l'Imperatore, in qualità diduca di Milano eMantova era ben disposto a tale progetto[15].

Il generale Dumouriez

Dumouriez interpellò il ministro piemonteseJoseph-François Perret d’Hauteville riguardo a presunti spostamenti di artiglieria pesante in Savoia, di emigrati francesi a Nizza e nella sospetta concentrazione di truppe austriache nei pressi di Milano, dalla quale sarebbero convenientemente potute entrare in Piemonte, ma fu liquidato rapidamente essendo le prime due informazioni falsi e la seconda, per quando fondata, di responsabilità austriaca e non piemontese. La risposta compiacque gli organi di governo francesi, che vedevano di buon occhio la neutralità piemontese rispetto al conflitto in corso.[16] A mandare in crisi tutto ciò fu la questione del ministroCharles-Louis Huguet de Sémonville: incaricato di recarsi a Torino, il ministro francese, temporaneamente residente a Genova, attraversò i confini tra la repubblica marinara e la monarchia sabauda sprovvisto dello speciale passaporto introdotto quello stesso anno dalle autorità locali. Giunto adAlessandria, Sémonville venne fermato dal governatore della città su ordine diretto del re, venendo cordialmente invitato a fare ritorno a Genova[17]. Le motivazioni dietro a questo gesto erano ben altre e la questione del passaporto non era più di una banale scusa per bloccare il diplomatico repubblicano, considerato da molti un sobillatore ed un istigatore di folle[18]. Gli strascichi causati dalla questione Semonville furono immensi: Dumouriez, infuriato per il trattamento riservato al suo connazionale, pretese immediate spiegazioni dalla corte torinese ma venne deluso dalle loro risposte. Conseguentemente, nei primi di maggio, si informò i generaliMontesquiou ed'Anselme, responsabili delle armatedelle Alpi edel Varo, di tenere pronte le truppe in vista di una rappresaglia[19].

Poche giornate prima, il 20 aprile, Austria e Francia erano ufficialmente entrate in guerra. I primi scontri dimostrarono che l'esercito francese, dopo la fuga in massa dei suoi ufficiali, aveva molto da recuperare e che non era ancora all'altezza degli altri eserciti. Dumouriez, che aveva intenzione di invadere la Savoia già a maggio, fu costretto a rimandare i propri piani[20]. Mentre la guerra si scatenava tra il Belgio e la Francia nord-orientale, l'esercito piemontese iniziò a mobilitarsi:40000 uomini era già stati predisposti in tre armate per difendere la Savoia, Nizza e le Alpi. Con l'arrivo di settembre, la situazione iniziò a mutare:Brunswick, che era penetrato nel territorio francese al comando di un esercito austro-prussiano fu fermato aValmy e sull'onda dell'entusiasmo, due giorni dopo venne dichiarata laRepubblica[21]. Le tensioni che avevano caratterizzato i rapporti tra Francia e Piemonte, infine, portarono ad inevitabili conseguenze: il 10 settembre fu dato ordine al generale Montesquiou da parte del governo francese di avanzare verso la Savoia ed il 15 settembre i due paesi entrarono ufficialmente in guerra[17].

La campagna del 1792: l'invasione e i primi scontri nel Mediterraneo

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A seguito della deposizione di reLuigi XVI e della proclamazione dellaRepubblica (21 settembre 1792) e poiché era chiara l'intenzione francese di invadere Nizza e Savoia,Vittorio Amedeo III decise di allearsi con l'Austria sottoscrivendo la cosiddetta "Convenzione di settembre" attraverso la quale gli austriaci avrebbero assegnato come rinforzi ai piemontesi circa 9 000 uomini e avrebbero preso il controllo dell'armata alleata sotto la guida del generaleJoseph Nikolaus De Vins con il ruolo diIspettore Generale. Frattanto i movimenti francesi si facevano apertamente ostili aizzando le popolazioni delDelfinato e dellaProvenza contro i contigui savoiardi e nizzardi, inoltre il disfattismo dei generali piemontesi incaricati di difendere le antiche province transalpine fece il resto: il generaleJean-Baptiste de Lazary (1716-?), comandante della Savoia, si ritirò senza colpo ferire lasciando cheChambéry venisse occupata dai francesi diMontesquiou-Fézensac il 24 settembre; il generale svizzeroEugène de Courten, informato della mancata copertura da nord, si ritirò ordinatamente verso leAlpi Marittime lasciando il nizzardo in mano al generale francesed'Anselme. La reazione a Torino per queste perdite territoriali fu comunque contenuta, il marchese di Cordon,Victor-Amédée Sallier de la Tour (1726-1800), ottenne la destituzione di Lazary che venne comunque pensionato con onore per il valore dimostrato durante laguerra di successione austriaca, de Courten, invece, venne sostituito dal suo rivale conte di Sant'Andrea,Carlo Francesco Thaon di Revel, finendo a governareCuneo e ricevendo il titolo di marchese diSampeyre.

L'ingresso delle truppe francesi aChambéry il 22 settembre 1792.

Il comando dell'esercito piemontese era nominalmente nelle mani delre, tuttavia nella sostanza erano i suoi figli e il suo fratellastro, ilduca del Chiablese, ad averne realmente il comando anche se non erano coinvolti direttamente nella vita da campo. Oltre al "partito piemontese", energicamente antifrancese, si era nel frattempo venuto a creare un "partito austriaco" a guida dell'ottuagenario De Vins, decisamente più cauto e con un atteggiamento difensivo se non contenitivo dei successi francesi. Il duca d'Aosta, il futuro reVittorio Emanuele I, era apertamente contrario alle intromissione diVienna e aveva creato una sorta di "consiglio segreto" anche in polemica con il lassismo e la scarsa determinazione di suo fratello, ilprincipe di Piemonte.

Nel frattempo anche il controllo delMediterraneo era nell'agenda francese e sicuramente laflottiglia sarda non poteva occuparsene adeguatamente. LaRepubblica di Genova, da secoli ostile al regno sardo, garantiva la sua neutralità se non la celata collaborazione con gli agenti francesi, ilgranducato di Toscana, sebbene fosse governato da unarciduca austriaco, cercava di mantenersi fuori dal conflitto mentre solo ilregno di Napoli pareva interessato a contrastare gli interessi francesi ergendosi quindi a probabile futura potenza marittima mediterranea. Tuttavia, nel dicembre del 1792, la marina francese fece un atto dimostrativo aNapoli facendo naufragare ogni sogno di supremazia navale napoletana. L'aiuto giunse infine dall'Inghilterra la quale aveva tutto l'interesse di contrastare l'espansionismo francese: nella primavera del 1793 le corti di Torino e Londra sottoscrissero un accordo di cooperazione contro la Francia destando non poche polemiche a Vienna[22].

La fallita controffensiva del 1793

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Fuciliere delReggimento vallesano "de Courten". La capitolazione, ovverosia il reclutamento, di reggimenti svizzeri era pratica comune di molti stati diAntico Regime. Il regno sardo, durante la guerra delle Alpi, giunse ad avere all'attivo ben sette reggimenti mercenari elvetici.

Il 1793 si aprì con l'esercito austro-piemontese attestato sulleAlpi e diviso in quattroCorpi d'Armata:

Nei variStati Maggiori, quindi, coesistevano sia l'elemento piemontese sia quello austriaco e, benché formalmente il capitano generale restava il re, la strategia da adottare veniva studiata dal generale austriaco De Vins. I rapporti fra gli alleati erano pessimi: il conte di Sant'Andrea, ad esempio, era in perenne disaccordo con Colli. Ma pure fra i piemontesi esistevano gelosie e rivalità a tal punto che i primi due corpi d'armata vennero riuniti sotto il comando nominale del duca del Chiablese per ovviare le invidie fra Bertone e il Cordon.

Parimenti, i sospetti di tradimento degli ideali della Repubblica e di simpatia delpassato regime e la ritenuta inefficienza di alcuni generali portarono al trasferimento o al deferimento aParigi dei responsabili. Il generale Montesquiou-Fézensac, ad esempio, dopo aver occupato la Savoia nella campagna precedente, fu ritenuto responsabile di collusione con il governo dellaRepubblica di Ginevra, di conseguenza, per timore di ritorsioni, preferì passare il confine rifugiandosi in Svizzera[23]. Da Parigi fu inviato il generaleFrançois-Christophe Kellermann[24]. Non se la passò bene nemmeno d'Anselme il quale, dopo aver occupato il nizzardo, tentò, infruttuosamente, di conquistareOneglia, città costiera della riviera ligure in mano sabauda: il fallimento di questa azione sommata alle difficoltà di mantenere l'ordine delle sue truppe attirò le antipatie dellaConvenzione Nazionale la quale decise di richiamarlo a Parigi sostituendolo con il generaleGaspard de Brunet[25].

In questo clima di sospetti v'erano, tuttavia, delle buone intenzioni: la rinnovata intesa anglo-piemontese e l'appoggio che Londra garantiva al regno di Napoli insieme alla flotta dellaSpagna potevano offrire al Piemonte unachance per scacciare i francesi dalleAlpi e, magari, spingersi sino al Delfinato dove, era giunta voce, si erano rifugiati molti simpatizzanti della causa realista. Il regno sardo, quindi, avrebbe guidato, insieme agli austriaci, due offensive, una in Savoia e una a Nizza mentre le marine di Gran Bretagna, Spagna e Napoli si sarebbero occupate della Provenza e specialmente del porto militare diTolone. Se le offensive sabaude fossero andate a buon fine, dal Nizzardo si sarebbero ricongiunti con gli alleati più a Occidente mentre, dalla Savoia, si avrebbe avuto buon gioco di raggiungereLione grazie al ritenuto certo appoggio della popolazione[26].

Le attività francesi nel Nizzardo

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Lo stesso argomento in dettaglio:Combattimento di Levenzo, Battaglia di Saorgio (1793) e Battaglia dell'Authion (1793).
Il generaleSérurier. Veterano già ai tempi dei primi moti rivoluzionari, stava sinceramente accarezzando l'idea di andare in pensione poco prima dell'arrivo di Bonaparte.[27] L'arrivo del nuovo comandante riaccese in lui la passione e decise di restare nell'esercito a completare la campagna militare.

Nel febbraio del 1793 l'Armata del Varo, guidata dal generaleArmand-Louis de Gontaut-Biron, iniziava l'offensiva verso le ilCol de Braus, nei pressi diSospello, supportando l'avanzata centrale del suo collega Brunet. I movimenti ebbero successo permettendo ai francesi di conquistare Sospello in aprile arrivando a minacciareLantosca[28]. Poiché Biron venne trasferito al comando dell'Armata della Vandea, il comando tornò a Brunet ponendolo, tuttavia, sotto il comando di Kellermann, comandante in capo dell'Armata delle Alpi. L'intenzione del generale francese era quella di attaccare ilmassiccio dell'Authion, dove si erano asserragliati i piemontesi comandati dal conte di Sant'Andrea e dal generale Colli-Marchini, nel tentativo di aggirare la fortezza diSaorgio[29]. Una prima battaglia, iniziata l'8 giugno, vide i francesi in vantaggio e gli austro-piemontesi in ritirata. A causa dei preparativi affrettati, le forze repubblicane non riuscirono a guadagnare una vittoria decisiva e fermarono la propria avanzata[30]. Insoddisfatti dei progressi, i commissari inviati sul luogo, tra cui anche il futuro membro delDirettorioBarras, obbligarono Brunet a cercare nuovamente lo scontro, a costo di combattere sotto la pioggia ed i fulmini[31]: i francesi tentarono quasi disperatamente di assaltare le posizioni fortificate dei piemontesi sull'Authion per compiacere i commissari politici, ma fallirono e vennero respinti su tutta la linea[32]. Nella battaglia si distinse per il vigore il corpo franco degli emigrati francesi guidati daDominique-Fidèle de Bonneaude. Pochi giorni dopo, in concomitanza con il timore di uno sbarco spagnolo aVillafranca, le forze di Brunet indietreggiarono verso Nizza, lasciando la possibilità ai loro rivali la possibilità di tornare ad occupare le loro precedenti posizioni[33].

La rivolta di Tolone

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Lo stesso argomento in dettaglio:Assedio di Tolone (1793).
Flotta anglo-spagnola aTolone nel 1793.

Forti del successo piemontese all'Authion, gli inglesi, dopo aver sottoscritto un trattato di cooperazione militare anche con il regno di Napoli, decisero di passare all'offensiva appoggiando la controrivoluzione guidata dal contrammiraglioJean-Honoré de Trogoff de Kerlessy (1751-1794) ed avvallata dal barone franceseThomas Lebret d'Imbert a Tolone. Il 28 luglio la flotta britannica diSamuel Hood entrava nel porto militare francese e contemporaneamente chiedeva rinforzi alle corti di Torino, Napoli e Vienna. Quest'ultima rifiutò seccamente mentre sia Napoli sia il Piemonte inviarono uomini. Vittorio Amedeo, deciso a cooperare con gli inglesi per continuare l'avanzata nel nizzardo, inviò il giovaneIgnazio Thaon di Revel con circa2500 uomini mentreFerdinando IV di Napoli ne inviò circa6500 comandati dal principeFabrizio Pignatelli di Cerchiara (1747-1796). L'arrivo ulteriore degli spagnoli guidati daJuan de Lángara y Huarte e daFederico Carlo Gravina de Montevago fecero ben sperare della riuscita dell'impresa. Revel, tuttavia, si rese ben presto conto che agli inglesi poco interessava della buona riuscita dei disegni espansionistici del monarca piemontese e, anzi, i rapporti fra i britannici e gli spagnoli, con i quali v'erano pure delle brigate irlandesi mercenarie, era decisamente teso se non apertamente ostile. L'autunno, tuttavia, si apriva nel peggiore dei modi per gli alleati, la controffensiva piemontese sulVaro guidata dalduca d'Aosta era, come si vedrà, miseramente fallita e larivoluzione dei federalisti a Lione, in qualche modo spalleggiata anche dai monarchici, era stata repressa nel sangue. La comparsa di un giovane ufficiale d'artiglieria,Napoleone Bonaparte, diede il colpo di grazia all'avventura alleata a Tolone: dopo aver presentato un piano alternativo a quello giudicato troppo temerario elaborato dal vegliardo generale del genioJean-Claude Le Michaud d'Arçon (1733-1800), fu deciso che la conquista della "Piccola Gibilterra" era vitale per costringere il reimbarco degli inglesi e la loro conseguente fuga. Dopo aver respinto una sortita alleata guidata dal generale ingleseCharles O'Hara, che fu fra l'altro catturato dai francesi, a metà dicembre si procedette all'attacco.Massena,Dugommier e Bonaparte guidarono l'offensiva generale che terminò nel giro di tre giorni costando la sconfitta e la ritirata alleata da Tolone[34].

La campagna in Savoia

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Lo stesso argomento in dettaglio:Battaglia di Epierre.
Ritratto delduca del MonferratoMaurizio Giuseppe di Savoia (1762-1799) custodito presso laReggia della Venaria Reale. Il duca guidò la sfortunata offensiva in Savoia nell'autunno 1793.

Mentre Lione si sollevava contro la Convenzione Nazionale (9 agosto) e la flotta inglese entrava a Tolone (28 luglio), l'esercito sabaudo, forte anche dell'entusiasmo guadagnato dopo la vittoria all'Authion (12 giugno), si muoveva per riconquistare la Savoia e, si prospettava, anche di dilagare nel Delfinato. Il comando supremo era affidato alduca del Monferrato che si trovava, insieme adArgenteau, inTarantasia, poi v'erano altre due divisioni, una inMoriana guidata dai fratelli de la Tour e un'altra di riserva e più piccola comandata dal settuagenario generale baronePio Chino (1722-1794) lasciata alMoncenisio. I francesi, inferiori di numero in quanto Kellermann aveva dovuto inviare una parte della suaArmata a sedare la rivolta lionese e ad aiutare i colleghi a Tolone, erano così disposti: il generaleCharles-Philippe Badelaune, con il grosso delle forze, stava in Tarantasia mentre il generaleJean-Denis Le Doyen (1751-1802) in Moriana. Alla metà di agosto, dunque, iniziava, molto cautamente, l'offensiva in Savoia, già in qualche maniera inaugurata alla fine di luglio con i movimenti del marchese di Cordon contro Le Doyen. Il duca del Monferrato puntava suMoûtiers e, coadiuvato dall'abile baroneJoseph-Amédée de la Tour che nel frattempo gli era stato inviato dal marchese di Cordon, vi faceva il suo ingresso trionfale il 22 agosto. Victor-Amédée de la Tour, tuttavia, dal canto suo, si muoveva ancora più lentamente del duca del Monferrato adducendo a scarsi se non quasi assenti ordini da Torino da parte del generale De Vins: il 18 agosto i piemontesi entravano aModane e, poi, aSaint-Jean de Maurienne lasciando tuttavia che Le Doyen potesse nel modo più indisturbato ritirarsi dalle sue posizioni. Il duca del Monferrato contava in una sicura sollevazione dei savoiardi a danno degli occupanti francesi ma ci si rese ben presto conto che più ci si inoltrava nella regione più la presenza dei repubblicani era forte. Ciononostante il rampollo sabaudo attendeva a Moûtiers che ilFaucigny si sollevasse fiducioso che la popolazione avrebbe dato vita ad una guerriglia come in modo analogo era avvenuto nel nizzardo ma, quando si venne a sapere che un ufficiale piemontese era stato linciato dai rivoluzionari adAnnecy e che Kellermann era riuscito a domare i ribelli federalisti a Lione, la già debole offensiva austro-sarda perse ancor più vigore. La mancata presa diConflans da parte dei sabaudi, inoltre, aveva dato maggiori prospettive di vittoria ai francesi tant'è che, fra il 15 ed il 22 settembre, questi ripresero in mano la situazione cominciando ad abbandonare l'atteggiamento difensivo avuto sinora. Proprio quando l'offensiva francese avrebbe dovuto iniziare, da Parigi giunse l'ordine di arresto per Kellermann, accusato di essere stato troppo moderato nei confronti degli abitanti di Lione rivoltatisi contro la Convenzione. Sebbene Kellermann fosse stato deferito alla capitale, i generali Le Doyen, Badelaune,Antoine Joseph Santerre eHenri-Alexandre de Sarret (1767-1794) iniziarono le operazioni offensive seguendo i disegni di Kellermann. Mentre Santerre veniva respinto nel Faucigny, Sarret e Le Doyen riuscivano a costringere la ritirata delle brigate del marchese di Cordon dal Chiablese e dalla Moriana, frattanto, da Conflans, Baudelaune avanzava vigorosamente contro Argenteau. Scacciate le avanguardie sabaude, Baudelaine poté ora occuparsi del grosso della divisione del duca del Monferrato il quale decise di sgomberare Moûtiers, ripresa trionfalmente dai francesi il 2 ottobre. Nel giro di pochi giorni l'offensiva piemontese era fallita e l'esercito sardo era ritornato nelle posizioni precedenti[35].

Movimenti piemontesi nel Nizzardo

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Lo stesso argomento in dettaglio:Battaglia di Gilette.
Ritratto del duca d'AostaVittorio Emanuele di Savoia (1759-1824) custodito presso la Reggia di Venaria Reale. Il duca d'Aosta fu uno dei principali responsabili del fallimento dell'offensiva nel nizzardo del 1793.

Mentre il duca del Monferrato si apprestava a preparare l'offensiva in Savoia, anche sul fronte nizzardo, dove già era stata riportata unagrande vittoria in giugno, ci si preparava ad una trionfale ed inarrestabile avanzata: Vittorio Amedeo era così fiducioso della buona riuscita delle operazioni che, il 21 agosto, era partito insieme a De Vins e ai due figli minori,Carlo Felice duca del Genevese eGiuseppe Placido conte di Moriana, alla volta delColle di Tenda. Il piano di attacco era stato studiato da De Vins ma, ilduca d'Aosta, ostile alle intromissioni austriache ed ansioso di riportare una grande vittoria militare così da contentare sia lamoglie sia il suo desiderio di rivalsa contro gli austriaci, approntò un piano tutto personalizzato. Il piano ideato da De Vins consisteva essenzialmente in un attacco massiccio guidato dal conte di Sant'Andrea suLantosca coadiuvato dal duca d'Aosta il quale avrebbe dovuto raggiungere l'esercito alleato dal lato destro del fiumeVesubia, in più questi avrebbe dovuto mantenere i contatti conStrassoldo inviando un distaccamento aSaint-Dalmas-le-Selvage. Il generaleColli, invece, si sarebbe occupato del diversivo sul lato sinistro della Vesubia. Così studiato il piano pareva buono, tuttavia l'eccessiva distanza di Strassoldo e l'avanzata del corpo del duca d'Aosta in sentieri montani impervi lo rendeva di difficile esecuzione se non altro che pure l'eccessivo protagonismo di Vittorio Emanuele ritardò la già complessa offensiva. Il 4 settembre, tuttavia, il rampollo sabaudo, alla sua prima esperienza di comando, comunicava il suo personalissimo piano a De Vins che, rispondendo il giorno seguente di attenersi scrupolosamente invece a quello concordato, non restò altro che attendere. Iniziato l'attacco del conte di Sant'Andrea, ora questi attendeva i rinforzi del duca d'Aosta i quali, tuttavia, non giunsero mai: Vittorio Emanuele, infatti, aveva sbagliato strada e anziché raggiungere l'alleato dalla valle, arrivò attraverso un ripido sentiero di montagna ben l'8 settembre. Da quella posizione Revel non riusciva a vedere il duca d'Aosta che si imbatté in alcune ridotte controllate dai francesi. Non potendo sostenere l'attacco in solitaria, De Vins comunicò a Revel di ritirarsi tuttavia questi disobbedì fiducioso dell'arrivo del duca. Dal canto suo Vittorio Emanuele, non potendo continuare un attacco prolungato lungo un sentiero montano dovette ritirarsi versoVenanson. I francesi, ciononostante, decisero di abbandonare comunque Lantosca per meglio trincerarsi più indietro lasciandola ai sabaudi. Scontento dell'insuccesso, il re se ne tornò aDemonte mentre De Vins ritenne opportuno prendere egli stesso le redini della situazione. Cominciato l'attacco il 15 ottobre, gli austro-piemontesi guadarono ilVaro schierandosi tuttavia troppo distanti gli uni dagli altri; i francesi, benché inferiori di numero, ne approfittarono costringendo gli alleati a sloggiare la piana diGiletta in soli tre giorni. Il conte di Sant'Andrea, il 21, provò dunque ad attaccareUtello venendo tuttavia respinto dagli uomini di Dugommier: di fronte all'ennesimo fallimento, De Vins, a fine novembre, si vide costretto a ripiegare anche se è da segnalare un ultimo tentativo di ripresa da parte della divisione del duca d'Aosta[36].

Anche i francesi, tuttavia, attraversavano un delicato periodo politico ed il regime di Robespierre non trascurò i fallimenti dei vari ufficiali sul fronte italiano. Il generale Brunet, così come accadde anche al generale Biron, fu chiamato a Parigi e ghigliottinato per alto tradimento, come conseguenza per la pessima prestazione offerta dalla sua armata nella prima battaglia di Saorgio e nello scontro dell'Authion. Il sostituto di Brunet fu il generalePierre-Jadart Dumerbion (1737-1797) in aprile[37]. In realtà il potere stava saldamente nelle mani diAntoine Saliceti,Augustin de Robespierre eJean-François Ricord (1759-1818), il triumvirato di commissari del popolo che vigilavano sull'andamento della guerra.

La campagna del 1794: le spallate francesi

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Mutamenti di comando e il piano d'attacco francese

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Il 6 gennaio il Regio Consiglio di Guerra respinse la proposta avanzata dal Segretario di Stato per gli Affari InterniGiuseppe Graneri (1730-1797) di passare dalla parte francese e, nonostante le forti rimostranza perorate dal duca d'Aosta e dal duca del Chiablese, si decise di scorporare l'Armata in due Comandi Superiori ciascuno su due divisioni: il primo Comando, quello delle Alpi Occidentali, avrebbe dovuto essere piemontese e guidato da Vittorio Emanuele mentre il secondo, misto austro-piemontese, avrebbe dovuto essere guidato direttamente da De Vins.

  • Armata delle Alpi Occidentali: Vittorio Emanuele duca d'Aosta comecapitano generale e in sottordine il duca del Monferrato come capitano generale della divisione di Aosta mentre il principe di Carignano, promosso capitano generalead hoc, per la divisione diDemonte, con loro anche il maggior generale Chino nelleAlpi Cozie settentrionali (Val di Susa eVal Chisone) e il maggior generale Provera nelle Alpi Cozie meridionali (Valle Maira,Val Varaita eValle Grana);
  • Armata "mista" austro-sarda: De Vins capitano generale e in sottordine i tenenti generali Colli-Marchini e Dellera al Colle di Tenda e i maggiori generali Argenteau e il marchese diMontafia,Luigi Costa della Trinità (†1803), adOrmea, fra le Alpi Marittime e l'Appennino ligure.
Carta rappresentante le valli delPiemonte.

Le novità dal punto di vista militare, tuttavia, estromisero molti dei protagonisti del precedente anno, che lasciavano il loro ruolo. Il marchese di Cordon ed il conte di Sant'Andrea[N 5] si ritirarono dal comando attivo. Il principe di Carignano, Carlo Emanuele di Savoia, come si è scritto, prese il posto del generale Strassoldo il quale venne collocato a riposo[38][39][40].

Ritratto del generale Dumas, soprannominato poi "il Diavolo Nero" per il colore della sua pelle.

Dal lato francese, il comando dell'Armata delle Alpi passò al generaleAlexandre Dumas mentre quello dell'Armata del Varo al generaleDumerbion. A vigilare sopra questi due generali rimanevano i commissari governativi Saliceti, Robespierre e Ricord, ora affiancati anche dall'italianoFilippo Buonarroti[41]. In piùLazare Carnot, responsabile militare delComitato di Salute Pubblica, aveva aumentato i ranghi francesi grazie allalevée en masse favorendo l'amalgama fra le nuove reclute e i veterani.

L'obiettivo dell'Armata del Varo e di quella delle Alpi era quello di penetrare in Piemonte facendolo capitolare così da avere buon gioco per il resto dell'Italia settentrionale. Caduto il regno sardo, si pensava infatti, il resto dei potentati italiani non avrebbero rappresentato una seria minaccia per la Francia. Carnot, inoltre, aveva ideato tre direttrici d'attacco per mettere in crisi la difesa austro-sarda: per minacciare Torino e Aosta si avrebbe dovuto occupare ilMoncenisio e ilPiccolo San Bernardo, frattanto si sarebbe aperta l'offensiva su Saorgio e il Tenda per avanzare suCuneo coadiuvata dal controllo della sabaudaOneglia e dei valichi versoCeva e quindi Ormea-Col di Nava eGaressio-San Bernardo. Le operazioni sulleAlpi Liguri, tuttavia, prevedevano lo sconfinamento nei territori dellaRepubblica di Genova, sinora rimasta neutrale ed inviolata sia dai piemontesi sia dai francesi. Per tale motivo, il Comitato di Salute Pubblica, approvò il progetto escludendo però il transito militare in territorio genovese ed approvando un attacco via mare su Oneglia, considerato di vitale importanza per la riuscita del progetto[38][39].

La prima fase: teatro ligure e quello valdostano

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Mappa delle operazioni attorno a Saorgio nel 1794.

Dumerbion aveva posto particolare fiducia in tre emergenti generali, distintisi nel precedente anno, ovvero Sérurier, Massena ed il giovanissimo Bonaparte. Quest'ultimo, in particolare ebbe immensi meriti nella realizzazione dei piani di guerra che portarono alla caduta di Saorgio e all'avanzata francese verso la Repubblica di Genova. Bonaparte, avendo visitato nel 1792 sotto Anselme i luoghi dove i francesi avrebbero dovuto combattere e dove si erano incagliati l'anno precedente ed avendo studiato lecampagne francesi del 1744-1745, si era reso contro che il Milleforche, l'Authion ed il Raus non sarebbero mai caduti con un attacco frontale e quindi Saorgio risultava inespugnabile. Tuttavia, rinunciando ad un attacco diretto, ma agendo tramite un'accurata manovra, era possibile costringere gli austro-piemontesi ad abbandonare le cime e la stessa Saorgio: bisognava aggirare la posizione dei coalizzati sulla sinistra, passando per laRoia, laArgentina e laNervia, conquistando le montagne su quel lato. Così facendo sarebbero state recise le comunicazioni con la fortezza di Saorgio: caduta la fortezza, le posizioni delle forze antifrancesi sulle montagne circostanti sarebbero state presto abbandonate e le forze repubblicane avrebbero rapidamente potuto marciare verso il Colle di Tenda, bloccando l'accesso alla Contea di Nizza ed aprendo la strada verso Cuneo. Unico ostacolo a questo piano era il supporto diplomatico della Repubblica di Genova, per la quale i francesi erano costretti a passare e da cui bisognava attendere il benestare.[41] Gli obiettivi fissati dalRegime di Robespierre erano tutto sommato allineati con il piano di Bonaparte: il punto focale delle operazioni dell'armata di Dumerbion era quello di bloccare l'accesso al mare al Regno di Sardegna, impedendo così alle truppe della coalizione di ricevere il supporto britannico via mare. Similmente, l'Armata delle Alpi avrebbe dovuto cercare di conquistare i passi alpini che collegavano l'Italia alla Francia.[42] Il veterano generale Dellera, tuttavia, che aveva combattuto nella guerra di successione austriaca, capì le intenzioni francesi e tentò di perorare una piano difensivo volto a rinforzareDolceacqua arretrando sul Tenda mantenendo però una linea di contatto fra Saorgio e la Valle Stura. In realtà, anche altri numerosi esponenti dell'esercito piemontese, memori dell'impresa delmaresciallo di Malleibois del 1747, avevano insistito per assumere la stessa linea difensiva utilizzata all'epoca. Da Torino, però, Dellera ricevette esito negativo nonostante il parere concorde anche del re, in quanto De Vins riteneva assurdo che i francesi attaccassero Oneglia poiché ciò avrebbe significato una loro potenziale esposizione al fuoco della marina inglese.[43] Argenteau, inoltre, aveva ricevuto il compito da De Vins di presidiare la direttrice Oneglia-Albenga così da garantire il fianco sinistro verso laLombardia ove si stava radunando un'armata austriaca lasciando tuttavia scoperto il fianco destro ove si trovavano gli alleati piemontesi[44].

Vista di Saorgio.

I francesi, nel frattempo, cominciarono le manovre offensive: il 5 aprile Massena, insieme a Bonaparte, oltrepassò il confine della Repubblica di Genova aVentimiglia continuando a violare il territorio genovese per tutto il litorale di ponente giungendo sino aTaggia. Da lì preparò due teste di ponte, una in direzione di Oneglia l'altra verso il Colle Ardente da cui si avrebbe potuto discendere versoBriga Marittima. Nel frattempo, poco più a nord, altre due divisioni francesi si attestarono alla volta di Saorgio. Se però l'attacco su Saorgio venne respinto a causa delle abbondanti nevicate, quello su Oneglia riuscì perfettamente anche a causa del mancato intervento austriaco di Argenteau: il generale Costa della Trinità, difensore delprincipato, evacuò verso le posizioni austriache verso ilNava permettendo ai francesi di entrare a Oneglia il 10 aprile. Su consiglio di Bonaparte, inoltre, il generaleAndré Mouret (1745-1818) si apprestò anche ad occupareAlbenga eLoano. Il generale Colli, nel frattempo, organizzò una linea difensiva che da Briga giungeva aBreglio passando per Saorgio: da lì decise di inviare un presidio al Colle Ardente, obiettivo di una delle divisioni francesi inviate da Massena. Allarmato dal successo francese sul litorale ligure, il re si risolse ad inviare il marchese di Albarey[N 6] in Belgio ad insistere per un formale accordo difensivo con l'imperatore. Nel frattempo i movimenti francesi continuavano, il 16 aprile Massena e Mouret attaccarono le posizioni di Argenteau il quale non solo sgomberò Ormea e ilSan Bernardo ritirandosi a Ceva ma pure accusò ingiustamente Colli di averlo abbandonato alla mercé nemica. Il 27 iniziarono i primi attacchi francesi su Briga: attaccato dal lato sinistro da tre colonne guidate rispettivamente daClaude d'Allemagne (1754-1813), daJacques Desjardin (1759-1807) e daJoseph-David de Barquier (1757-1844) e dal lato destro dal generaleNicolas Brûlé (1758-1794), il generale Colli resistette, ma al mattino del 28 Massena scatenò tutta la potenza di fuoco francese riuscendo definitivamente a far sloggiare i piemontesi da Briga subendo tuttavia non poche perdite. Poco dopo anche il forte di Saorgio, per ordine dello stesso Colli, si arrese ai francesi[45].

Colle del Piccolo San Bernardo visto dai monti adiacenti.

Le ostilità sul fronte alpino ebbero inizio il 24 marzo, principalmente con lo scopo di distrarre le forze sabaude dal fronte meridionale, sebbene i due comandi fossero indipendenti da entrambe le parti. Le posizioni sabaude erano attestate lungo le Alpi, dalle Cozie alle Graie e dalMonviso alMonte Bianco. Aprì le "danze" il generale francese Sarret guidando un attacco al Moncenisio, presieduto dall'ottuagenario generale Chino, venendo tuttavia non solo respinto ma ivi trovò pure la morte. Siccome le posizioni piemontesi lungo il confine del Piemonte occidentale erano ben difese, Dumas decise di attaccare dallaValle d'Aosta sapendo inoltre che il duca del Monferrato si trovava a Torino poiché riteneva impossibile un attacco nemico massiccio con i passi alpini ancora innevati: l'intera vallata era custodita dalbrigadier generale berneseGeorges-Benoît de Rochmondet. Il 20 aprile i francesi, guidati dai generaliLouis Alméras (1768-1828) e Badelaune, iniziarono i movimenti verso ilPiccolo San Bernardo e, sfruttando il tradimento di un ufficiale bernese, il 23 cadde nelle mani francesi ilMonte Vallesano: i piemontesi dovettero quindi sgomberare anche il Piccolo San Bernardo. Giunto ad Aosta il 25 aprile, il duca del Monferrato trovò l'Alto comando piemontese in piena crisi in quanto i più accusavano di tradimento i bernesi dei quali, fra l'altro, faceva parte proprio Rochmondet. Constatata l'indifendibilità di Aosta stessa, il duca si risolse a retrocedere dapprima aSaint-Pierre dipoi alcastello di Quart ordinando pure lo svuotamento del più a valleforte di Bard. Il generale Dumas, tuttavia, non aveva l'intenzione di discendere laDora Baltea versoIvrea ma come obiettivo aveva quello di aggirare più a sud il Moncenisio così da permettere alla divisione alleata di penetrare in Val di Susa[46].

La seconda fase: la crisi del Piemonte e la politica italiana di Vienna

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Il 7 maggio iniziò la seconda fase dell'attacco: innanzitutto dal Delfinato partirono tre colonne per attaccare le Valli Varaita e Susa, una prima colonna francese conquistò velocementeChianale dopo aver passato ilColle dell'Agnello, una seconda fu fermata dalforte Bramafam prima di entrare aBardonecchia mentre la terza occupòCesana eOulx. Ilforte di Exilles si trovava dunque circondato su tre lati subendo le numerose operazioni di assedio del generaleLouis Joseph Marie Rogon de Carcaradec (1742-1802). Contemporaneamente anche Massena si muoveva a sud per prendere il Colle di Tenda, difeso da Colli e Dellera. Il 7 i generali Claude Louis Brun (1735-1811), dettoLebrun, e D'Allemagne partirono da Briga alla volta del Tenda sostenuti da Massena, i piemontesi, dopo che il fianco sinistro era ceduto, decisero di ripiegare versoLimone Piemonte. Nel frattempo i piemontesi approntarono gli ultimi trinceramenti difensivi aBorgo San Dalmazzo. Sulle Alpi occidentali il generale Dumas stava approntando la presa del Moncenisio difeso da Chino. L'attacco francese, coadiuvato anche da guide alpine filofrancesi, ebbe un rapido successo a tal punto che in soli tre giorni il contingente sabaudo non solo perse il controllo del Colle ma pure dovette attestarsi più a sud difeso dall'artiglieria delforte della Brunetta. Il generale Chino rassegnò le dimissioni al re il quale tuttavia, vista la lunga carriera e onestà, decise di collocarlo temporaneamente a riposo nella sua città natale,Montemagno, dove poi morì pochi mesi dopo. Lo sostituì il marcheseCarlo Vittorio Damiano di Salicetto (1733-1810), fratello del futuro Segretario di Stato per l'InternoClemente Damiano di Priocca (1749-1813)[47].

Ferdinando Carlo d'Asburgo-Lorena, arciduca austriaco e ultimo governatore delducato di Milano.

Nel frattempo la politica austriaca stava comprendendo perfettamente che il regno sardo presto o tardi sarebbe caduto e l'Austria era ben pronta a sacrificarlo per tutelare i propri domini in Italia. Se Vienna considerava il Piemonte già spacciato,Milano era più ottimista. Ilgovernatore di Milano nonché comandante supremo delle forze austriache in Italia,Ferdinando Carlo d'Asburgo-Lorena, cercava di mantenere ancora una parvenza di collaborazione con Vittorio Amedeo e, scontento dell'operato fallimentare di De Vins, nominò comandante in capo delle truppe della Lombardia il generale d'artiglieriaOlivier Remigius von Wallis auf Carrighmain, il quale aveva il compito di avanzare verso Savona. Quando in aprile Massena aveva sferrato l'attacco su Oneglia e Loano, l'armata di Argentau aveva proprio il compito di coprire quella proveniente dalla Lombardia di Wallis. La politica del ministroThugut, ostile ai Savoia, si faceva sempre più dichiaratamente antisabauda a tal punto che, in un tentativo di allestire unaLega italiana, pensò di escludere proprio il regno di Sardegna, che pure aveva aderito altrattato di Aranjuez, includendo invece laRepubblica di Venezia, rimasta sempre nella sua proverbiale "neutralità armata". Come era lecito aspettarsi, Venezia si smarcò subito dalla proposta austriaca ed egualmente fece loStato della Chiesa e persino ilgranducato di Toscana, insofferente sia al controllo inglese diLivorno sia al conseguentestatus di cobelligerante contro la Francia, adducendo ad evidenti problemi di politica interna in caso di adesione al progetto austriaco. Soltanto i piccoli ducati padani, quello diParma eModena, costretti dalle clausole deltrattato del 1752, si risolsero, controvoglia, ad inviare qualche piccolo simbolico contingente. Fra tutti gli Stati italiani, soltanto laCorte di Napoli decise di aiutare la causa inviando un sussidio pecuniario al Piemonte e radunando un'armata da inviare in Settentrione aSessa. L'accampamento napoletano, tuttavia, fu un fiasco causa epidemie ed ammutinamenti. Di fronte al fallimento delle missioni diplomatiche presso le corti italiane, il governo di Vienna si vide costretto a rivalutare le proposte piemontesi avanzate dal plenipotenziario marchese d'Albarey, inviato presso lo Stato Maggiore austriaco aValenciennes da Vittorio Amedeo già da metà aprile: il 23 maggio, un più mite Thugut e Albarey sottoscrissero la tanto controversa «convenzione militare» che stabiliva effettivamente un maggiore impegno austriaco al fianco dei piemontesi ma anche il passaggio di una divisione di Colli, quella al comando di Argentau, sotto l'egida di Wallis. Restava comunque comandante in capo delle forze austriache in Italia De Vins forse perché si riteneva che ben presto sarebbe stato giubilato per gli oltrepassati limiti di età e per le scarse condizioni di salute[48].

La campagna del 1795

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Il 1795 si aprì con delle importantissime novità sia dal punto di vista militare sia da quello diplomatico. Innanzitutto, le forze dell'Armata del Nord sotto il comando del generalePichegru erano riuscite ad entrare in Olanda, destituire il regime dellostatolder ed instaurare unarepubblica sul modello francese. Questo successo permise ai francesi e agli alleati di ridurre la lunghezza del fronte al solo fiume Reno. Inoltre, nei sei mesi successi, tre trattati di pace estromisero laSpagna, la Prussia e laToscana dalla guerra, con l'effetto collaterale di rinsaldare le relazioni tra Austria ed Inghilterra, intenzionate a proseguire lo sforzo bellico contro la giovane repubblica francese. Mentre gli scontri sul Reno si conclusero in un nulla di fatto, la situazione in Italia evolveva lentamente.[49][50] Sul fronte erano presenti45000 soldati francesi, per un terzo dislocati tra la Savoia ed i passi alpini verso la Valle d'Aosta mentre i restanti erano impiegati sul fronte nizzardo, estendendosi daSanto Stefano di Tinea versoTenda e sino aVado. Le due armate che agivano su questo fronte, quella delle Alpi e quella del Var furono riunite in un nuovo corpo, l'Armata d'Italia: il comando fu assegnato al generale Kellermann, il cui capo di stato maggiore fu individuato inLouis Alexandre Berthier. Anche le forze alleate erano state soggette a qualche cambiamento: l'arrivo della cavalleria napoletana e il reclutamento di diverse migliaia di volontari piemontesi aveva portato lo schieramento controrivoluzionario in un netto vantaggio numerico. De Vins, tuttavia, non riuscì a sfruttarlo[49][50][51].

La campagna militare si aprì all'insegna della conquista dei passi alpini in Val d'Aosta. Il primo tentativo del generale Moulin di prendere il Colle di Monte fu effettuato il 17 aprile ma le nevi ancora abbondanti minarono la riuscita dell'impresa. Circa un mese più tardi, il 12 maggio, i francesi attaccarono il passo alpino. I sabaudi provarono a contrattaccare, concentrando parte dei loro sforzi anche sul passo del piccolo San Bernardo, ma non riuscirono a scalzare i repubblicani dalle loro posizioni. I tentativi sabaudi si protrassero fino ad inizio settembre, non producendo alcun risultato[52]. Anzi, il 14 ottobre i francesi riuscirono ad occupare il villaggio diNovalesa, sul versante piemontese delle Alpi.[53] Sulle Alpi marittime, invece, il fronte si fece molto movimentato nella seconda metà di giugno. Il 23 il generale Wallis ingaggiò battaglia con i francesi nei pressi di Savona, minacciando la destra dello schieramento francese. La città, strategicamente preziosa a causa del suo porto, dopo aver assistito da vicino agli scontri dichiarò la propria neutralità, forzando le due parti a cessare la lotta per il suo controllo. Gli scontri si spostarono il giorno successivo nei pressi di Vado, occupata dagli uomini di Laharpe. Wallis, alla testa di10000 uomini, voleva cacciare Laharpe e i suoi2000 soldati dalla ridotta di Madonna del Monte: attaccò in tre colonne ma venne respinto con gravi perdite, avendo per miracolo salva la propria vita.[54] Dopo questi primi fatti d'arme un attacco più deciso di svolse a Melogno.

1796: Bonaparte al comando

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Lo stesso argomento in dettaglio:Campagna di Montenotte e Campagna d'Italia (1796-1797).
Bonaparte nella Prima Campagna d'Italia.

L'anno1795 si era concluso senza grandi avvenimenti sul fronte italiano, con l'eccezione dellabattaglia di Loano, che aveva permesso alle truppe francesi di penetrare nel territorio dell'attualeLiguria, ma che non aveva trovato seguito, parzialmente per colpa delle condizioni pessime dell'Armata d'Italia, parzialmente a causa dell'atteggiamento prudente del generaleSchérer. Nell'inverno seguente il comandante dell'armata francese, stanco di ricevere ordini da parte del Direttorio su come gestire la campagna, rassegnò le proprie dimissioni. IlDirettorio accettò le dimissioni di Schérer nel marzo del1796, inviando al suo posto un giovane generale corso alla prima esperienza di comando di un'armata[55]. Così posta, quella di Napoleone Bonaparte, almeno inizialmente, sembrava una promozione più di natura politica che militare, in particolar modo come ricompensa per aver sedato larivolta realista di Parigi[56][57]. Molti dei soldati di vecchia data, però, ricordavano bene il periodo dell'assedio di Tolone e conservavano un buon ricordo dell'ufficiale d'artiglieria che era riuscito a portare alla vittoria i rivoluzionari. Inoltre, Bonaparte aveva servito come ispettore dell'artiglieria nell'Armata d'Italia nel 1794 e la presa diSaorgio avvenne soprattutto grazie ad un piano di sua creazione[58].

L'energia e il carisma di Bonaparte furono indispensabili per la riuscita della sua campagna: spostò il quartier generale francese da Nizza aSavona ed iniziò immediatamente a raccogliere tutte le informazioni possibili sui posizionamenti delle proprie truppe e su quelle nemiche. Nel tempo di un mese dal proprio arrivo, aveva già formulato un piano di azione per eliminare i piemontesi dal conflitto, facendo uso della "strategia della posizione centrale": sfruttando la separazione geografica tra l'esercito piemontese e quello austriaco, unita alla scarsa collaborazione e fiducia reciproca, Bonaparte pianificò si attaccare il punto più debole dello schieramento nemico, individuato nella cittadina diCarcare, per poi combattere separatamente contro i due eserciti. In questo modo, invece di affrontare un unico esercito con 60000 uomini, ne avrebbe dovuti affrontare due molto meno numerosi[59]. Nello specifico, Napoleone intendeva fare uso di una strategia, ideata nel1745 dalmaresciallo di Francia marcheseJean-Batiste Desmarets de Maillebois, che faceva leva sulla conquista della roccaforte diCeva per estromettere i piemontesi dal conflitto: presa la fortezza, l'armata francese avrebbe direttamente puntato a Torino, costringendo le forze monarchiche sabaude alla resa[60].

Bandiera colonnella delReggimento Savoia nel 1796.

Ad ogni modo, le condizioni dell'esercito di Bonaparte erano misere: le paghe dei soldati erano in ritardo di mesi; le malattie dilagavano tra i vari reparti; le diserzioni e gli ammutinamenti non erano novità o casi isolati; spesso le razioni erano insufficienti se non del tutto assenti. Inoltre, non solo il fronte era considerato secondario rispetto a quello tedesco, ma il Direttorio puntualmente prelevava soldati dall'Armata d'Italia per dislocarli a più nord. Con la sua solita infinita energia, Napoleone iniziò a scrivere decine e decine di lettere al Direttorio, chiedendo nuove scarpe, munizioni, fondi e qualsiasi cosa ponente essere utile alla sua causa. Venne in parte di accontentato, sebbene con i soliti ritardi che riflettevano lo scarso interesse nei confronti della sua armata e del fronte italiano. Comunque, non furono tanto le nuove risorse ricevute a portare alle fortune dell'Armata d'Italia quanto invece fu lo stesso spirito di Bonaparte, che lavorava instancabilmente ed incessantemente per rimettere in condizione il proprio esercito. La cosa non passò inosservata, specialmente tra gli ufficiali, ed in molto iniziarono da subito ad apprezzare il loro nuovo comandante[61].

Bonaparte aveva progettato di iniziare la campagna il 15 aprile. Aveva collocato una brigata sotto il comando del generaleCervoni aVoltri, non lontano da Genova, per tenere sotto controllo la città portuale e mantenere sotto osservazione gli austriaci di Beaulieau. Ad ovest, le tre divisioni al comando dei suoi tre generali più anziani (Sérurier,Augereau eMassena) si stavano preparando per marciare sulpasso di Cadibona e penetrare rapidamente in Piemonte. Questi progetti andarono a monte quandoBeaulieau, convinto che Napoleone puntasse a Genova, organizzò unimprovviso attacco al corpo isolato di Cervoni, che dopo un'iniziale resistenza, fu sloggiato. Una divisione austriaca rimase di stanza nel capoluogo mentre una brigata al comando di Argenteau si diresse aCairo Montenotte. I ricognitori francesi individuarono il corpo di Argenteau e segnalarono la sua presenza al comandante francese: Napoleone, che aveva studiato attentamente tutte le mappe della zona, era ben consapevole che nessun altro reparto austriaco avrebbe potuto raggiungere in breve tempo la brigata di Argenteau e si decise ad attaccarla immediatamente, anticipando tutta l'operazione militare dal 15 aprile al 12[62].

Rampon difende la ridotta di Monte Negino.

Le tre divisioni francesi al comando di Augereau, Sérurier e Massena si mossero verso Cairo Montenotte, dove il giorno precedente Argenteau aveva tentato di prendere la ridotta del Monte Negino, tenacemente difesa dal colonnello Antoine-Guillaume Rampon (1759-1842) e dai suoi uomini. Argenteau non si rese conto del pericolo corso dalle proprie forze di fino a che non fu troppo tardi: si ritrovò quasi circondato dai francesi, che lo attaccarono da tre lati distinti e per poco non vennero del tutto annientate[63]. Le perdite austriache furono notevoli, con oltre 2500 tra feriti, caduti e prigionieri. Quelle francesi non arrivarono al migliaio. La prima battaglia di Napoleone poté quindi definirsi un successo: un intero distaccamento austriaco era stato sbaragliato e il morale delle truppe era salito alle stelle in seguito alla vittoria, la prima di una lunga serie[62].

Le settimane seguenti furono coronate da una frenetica avanzata dei repubblicani, che seguendo la strategia del loro comandante, volevano respingere e schiacciare del tutto i piemontesi prima di rivolgere le proprie attenzioni agli austriaci, che avevano appena appreso della debacle di Montenotte[64]. Il corpo di Augereau fu il primo a raggiungere il passo di Cadibona mentre le altre divisioni si occuparono di attaccare i villaggi diMillesimo eDego, che ospitavano numerosi reparti delle armate della coalizione. Sebbene i risultati fossero eccelsi dal punto di vista militare, la fretta e la scarsa disciplina si dimostrano nemiche dei francesi: a Dego gli uomini di Massena si diedero al saccheggio della cittadina, venendo colti di sorpresa da un gruppo di austriaci e perdendo per qualche ora il controllo del paesino[65] mentre la divisione di Augereau, dopo aver sconfitto gli austro-piemontesi si lanciò nella conquista delcastello di Cosseria, una postazione ottimamente difesa dalle forze coalizzate. Le perdite a Cosseria furono consistenti, quasi 1500 tra morti e feriti, e sarebbero state decisamente maggiori se gli assediati non avessero terminato le munizioni e si fossero arresi dopo un solo giorno[66].

Carica deiDragoni di Sua Maestà alColle del Bricchetto (21 aprile 1796). Da notare lacornettaRenato Roberti di Castelvero che utilizza lo stendardo come lancia nel corso del combattimento.

Allontanati gli austriaci da Dego, Bonaparte fece convergere le proprie forze sulla fortezza di Ceva, seguendo alla perfezione la strategia da lui stesso programmata. Il 16 aprile Bonaparte mandò la divisione la divisione di Augereau ad attaccare la fortezza sul centro, Massena dalla sinistra e Sérurier dalla destra: gli assalti furono numerosi e sanguinosi, soprattutto per i repubblicani, ma la piazzaforte e le vicine ridotte alla fine della giornata rimasero in mano ai monarchici. Nella notte, il comandante piemontese abbandonò la fortezza e si rifugiò dietro allaCorsaglia. I francesi scacciarono la debole guarnigione rimasta ed il 18 aprile fecero della fortezza il loro nuovo quartier generale[67]. Ancora una volta, i francesi seguirono i piemontesi nella loro ritirata e li attaccarono nei pressi diMondovì: Colli-Marchini, che intendeva solamente guadagnare tempo per ritirarsi, non riuscì a fermare le forze repubblicane e venne sconfitto per l'ennesima volta. Nonostante il lodevole comportamento dell'esercito piemontese, che era sempre riuscito a rimanere compatto, l'incontrastabile forza dei francesi era stata sufficiente a penetrare nel cuore del Regno di Sardegna e pareva molto complicato riuscire a fermare la loro avanzata verso la capitale[68].

Conseguenze

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Lo stesso argomento in dettaglio:Armistizio di Cherasco.

Larecente serie di vittorie repubblicane non lasciavano presagire alcun dubbio su quale sarebbe stata la sorte dell'esercito regio se la guerra fosse proseguita. Mentre le divisioni francesi avanzavano nella pianura piemontese, due giorni dopo labattaglia di Mondovì, il 23 aprile, i generali sabaudi richiesero un armistizio separato con le forze francesi, mediato dal ministro spagnolo Ulloa. Il trattato fu firmato il 28 aprile 1796 nella città diCherasco: ilRegno di Sardegna si arrendeva alla Francia, consegnando ad essa laSavoia e tutta laContea di Nizza. È da segnalare in questo periodo di 5 giorni la nascita e la fine della breveRepubblica di Alba, stato filogiacobino esistito per soli due giorni nellacittà piemontese[69].

Lista dei reggimenti piemontesi durante la guerra

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A partire dalla fine del 1792 e l'inizio del 1793 ciascun reggimento di fanteria di linea si provvide di battaglioni di granatieri e di cacciatori che, all'occorrenza, venivano usati anche autonomamente dal reggimento di provenienza[70].

Unità militareSpecialitàTipologia

(solo per la fanteria di linea)

Anno di impiego in guerra

(a partire da)

Reggimento "Guardie"Fanteria di linea d'éliteOrdinanza nazionale1792
Reggimento "Savoia"Fanteria di linea
Reggimento "Monferrato"
Reggimento "Piemonte"
Reggimento "Saluzzo"
Reggimento "Aosta"
Reggimento "La Marina"
Reggimento "La Regina"
Reggimento "Sardegna"
Reggimento "Lombardia"
Reggimento "Oneglia"1793
Reggimento "Chiablese"Ordinanza estero1792
Reggimento "Real Alemanno"Ordinanza alemanno
Reggimento vallesano "de Courten" poi "de Streng"Ordinanza svizzero
Reggimento bernese "Rochmondet" poi "Stettler"
Reggimento grigione "Christ de Santz"
Reggimento sangallese "Bachmann"1793
Reggimento grigione "Peyer-im-Hof"
Reggimento lucernese "Zimmermann"
Reggimento glarone "Schmidt" (di stanza in Sardegna)
Reggimento dei Granatieri RealiProvinciale
Reggimento del Genevese1792
Reggimento di Moriana
Reggimento di Nizza
Reggimento di Ivrea
Reggimento di Torino
Reggimento di Vercelli
Reggimento di Mondovì
Reggimento di Asti
Reggimento di Pinerolo
Reggimento di Casale
Reggimento di Novara
Reggimento di Tortona
Reggimento di Susa
Reggimento di Acqui
Legione LeggeraFanteria leggera
Legione degli Accampamenti
Cacciatori di Bonneaud (emigrati francesi)Irregolari1793
Cacciatori di Piano
Cacciatori di Martin-Montù Beccaria
Cacciatori di Canale
Corpo franco disertori graziati
Reggimento "Piemonte Reale"Cavalleria pesante d'élite1792
Reggimento "Savoia Cavalleria"Cavalleria pesante
Reggimento "Aosta Cavalleria"
Reggimento "Dragoni di Sua Maestà"
Reggimento "Dragoni di Piemonte"
Reggimento "Dragoni della Regina"
Reggimento "Dragoni del Chiablese"
Reggimento "Dragoni di Sardegna"
Reggimento "Cavalleggeri di Sua Maestà"Cavalleria leggera

Note

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Note esplicative

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  1. ^Regno fantoccio creato dai britannici dopo l'occupazione della Corsica nel 1793.
  2. ^Gli inglesi costrinsero il reticente granduca a sottoscrivere una convenzione militare antifrancese il 28 ottobre 1793 ma già il 4 febbraio 1794 il governo granducale firmerà un trattato di neutralità con la Francia.
  3. ^abNel 1794 il ducato di Parma e quello di Modena, in quanto vincolati daltrattato di Aranjuez del 1752, furono costretti ad inviare simbolicamente alcuni reparti in aiuto degli austriaci.
  4. ^La bandiera usata rappresenta quella della Repubblica di Alba, entità statale esistita dal 26 al 28 aprile 1796 ed emblema del giacobinismo in Piemonte.
  5. ^Il marchese di Cordon divenne nuovo Gran Maestro della Casa Reale mentre il conte di Sant'Andrea fu nominato governatore diAsti.
  6. ^Alessandro Giovanni Valperga di Masino marchese d'Alberey (1748-1808) fu l'inviato sardo a Valenciennes. L'accordo con gli austriaci prevedeva essenzialmente, in caso di vittoria contro la Francia, la cessione aFrancesco II dei territori lombardi acquisiti dai piemontesi a seguito delle due guerre di successione.

Note bibliografiche

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  1. ^Carutti, pp. 120-121.
  2. ^Carutti, pp. 121-122.
  3. ^Carutti, pp. 125-130.
  4. ^Carutti, pp. 134-135.
  5. ^abBotta, p. 20.
  6. ^Carutti, pp. 141-142.
  7. ^Botta, pp. 20-21.
  8. ^Carutti, pp. 147-148.
  9. ^Carutti, pp. 148-149.
  10. ^Carutti, pp. 149-150.
  11. ^Pillnitz - Enciclopedia, suTreccani.URL consultato il 29 gennaio 2025.
  12. ^ Antonio Coppi,Annali d'Italia dal 1750, vol. 1, Roma, Libreria Moderna, 1828, pp. 224-225.
  13. ^Carutti, pp. 163-165.
  14. ^Carutti, p. 166.
  15. ^Carutti, pp. 167-170.
  16. ^Carutti, pp. 172-175.
  17. ^abBotta, p. 25.
  18. ^ Antonio Coppi,Annali d'Italia dal 1750, Roma, Libreria Moderna, 1828, p. 228.
  19. ^Carutti, pp. 180-181.
  20. ^Carutti, pp. 186-188.
  21. ^Carutti, pp. 194-196.
  22. ^Ilari, pp. 25-29.
  23. ^Anne Pierre de Montesquiou-Fezensac (1739-1798), suwww.frenchempire.net.URL consultato il 15 settembre 2025.
  24. ^François Etienne Christophe Kellermann (1735-1820), suwww.frenchempire.net.URL consultato il 15 settembre 2025.
  25. ^Hugo (1833), pp. 46-47.
  26. ^Hugo (1833), p. 141.
  27. ^Roberts, pp. 104-105.
  28. ^Tuetey, pp. 57-58.
  29. ^Jomini III, p. 281.
  30. ^Tuetey, p. 60.
  31. ^Jomini III, pp. 288-289.
  32. ^Carutti, pp. 230-231.
  33. ^Ilari, pp. 35-50; 105-120.
  34. ^Ilari, pp. 84-99.
  35. ^Ilari, pp. 121-133.
  36. ^Ilari, pp. 133-143.
  37. ^Hugo, p. 142.
  38. ^abCarutti, pp. 249-250.
  39. ^abCoppi, pp. 44-45.
  40. ^Ilari, pp. 145-147.
  41. ^abCarutti, pp. 250-251.
  42. ^Jomini V, pp. 196-197.
  43. ^Carutti, pp. 251-252.
  44. ^Ilari, pp. 149-150.
  45. ^Ilari, pp. 150-160.
  46. ^Ilari, pp. 160-163.
  47. ^Ilari, pp.164-170.
  48. ^Ilari, pp. 173-178.
  49. ^abCoppi, pp. 67-76.
  50. ^abBotta, pp. 66-67.
  51. ^Hugo (1835), p. 27.
  52. ^Hugo (1835), pp. 27-28.
  53. ^Coppi, pp. 76-77.
  54. ^Hugo (1835), p. 28.
  55. ^Barthélemy-Louis-Joseph Schérer (1747-1804), suwww.frenchempire.net.URL consultato il 15 gennaio 2025.
  56. ^Roberts, pp. 106-107.
  57. ^Molti si aspettavano la promozione ad interim di Massena al comando dell'armata d'Italia, dopo le brillanti prove di Giletta e Loano. Il futuro maresciallo si disse inizialmente deluso ma si ricredette rapidamente dopo le prime settimane sotto il comando del futuro imperatore.
  58. ^David G. Chandler,Le campagne di Napoleone, vol. I, 9ª edizione, Milano, BUR, 2006[1992], pp. 76-78,ISBN 88-17-11904-0.
  59. ^Roberts, pp. 112-114.
  60. ^Roberts, p. 105.
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  63. ^Boycott-Brown, pp. 221-228.
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  65. ^Botta, pp. 90-91.
  66. ^Fiebeger, p. 8.
  67. ^Coppi, pp. 101-102.
  68. ^Botta, pp. 94-95.
  69. ^Hugo (1835), pp. 80-82.
  70. ^Da visionare le unità dislocate nei vari anni di guerra., sunapoleon-series.org.URL consultato il 27 gennaio 2025.

Bibliografia

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