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Granducato di Toscana

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Granducato di Toscana
Motto:Sotto una Fede et Legge un Signor solo[senza fonte]
Granducato di Toscana - Localizzazione
Granducato di Toscana - Localizzazione
Il Granducato nel 1815
Dati amministrativi
Nome completoGranducato di Toscana e Ducati di Firenze e Siena
Nome ufficialeMagnus Ducatus Tusciæ (o Etruriæ), Granducato di Toscana
Lingue ufficialiitaliano
Lingue parlatedialetti toscani,italiano
InnoLa Leopolda
CapitaleFirenze  (141 934 ab. / 1860)
Altre capitaliSiena(per loStato Nuovo di Siena)
Dipendente daSacro Romano Impero(1569-1801)
Dipendenze
  • marchesato diGroppoli
  • marchesato di Santa Sofia di Marecchia
  • feudi imperiali in accomandigia
Politica
Forma di governomonarchia assoluta(1569–1801, 1814–1848, 1852–1860)
monarchia costituzionale(1848–1852)
GranducaGranduchi di Toscana
Organi deliberativiSenato eConsiglio dei Dugento
Nascita27 agosto 1569 conCosimo I de' Medici
CausaConcessione del titolo di Granduca di Toscana al Duca di FirenzeCosimo I de' Medici
Fine29 aprile 1859 (de facto) e 15 marzo 1860 (de iure) conFerdinando IV di Toscana
Causaannessione plebiscitaria alRegno di Sardegna del 1860
Territorio e popolazione
Bacino geograficoItalia centrale
Territorio originaleToscana del Nord (Fiorentino e Pisano) eStato Nuovo di Siena
Massima estensione
Popolazione1 815 243 ab. nel 1860[1]
Economia
Valuta
Risorseferro, mercurio, marmo, alabastro, allume, grano, vini, olio, seta greggia
Produzionitessuti di lino, di cotone, di seta e di velluto, metalli lavorati, porcellana, maiolica, sapone, seta, manufatti di paglia (cesti e cappelli), intarsi di pietre dure, mobili, opere in ghisa, vetro
Commerci conStati Italiani, Spagna, Francia, Gran Bretagna, Levante, Crimea, America
Esportazionigrano, vino, marmo, alabastro, ferro, olio, paglia, seta, tessuti, lana, cuoio, manufatti tessili e metallici
Importazioniderrate alimentari, prodotti coloniali
Religione e società
Religioni preminentiCattolicesimo
Religione di StatoCattolicesimo
Religioni minoritarieEbrei: 0,40%
Altri: 0,11%(1860)[2]
Classi socialinobili e patrizi, clero, borghesi e commercianti, artigiani, mezzadri e contadini
Evoluzione storica
Preceduto daDucato di Firenze(dal 1532 al 1569)
Stato Nuovo di Siena (dal 1559 al 1766)
Regno d'Etruria(dal 1807 al 1814)
Ducato di Lucca
Succeduto daRegno di Etruria(dal 1801 al 1807)
Italia (bandiera)Province Unite del Centro Italia
Ora parte diItalia (bandiera) Italia
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IlGranducato di Toscana fu unantico Stato italiano esistito tra il1569 ed il1860, esclusa una parentesi tra il1801 e il1814, nel territorio dell'attualeregione omonima.

Fu istituito con unabolla pontificia emessa dapapa Pio V il 27 agosto 1569, e in qualche modo convalidata dall'imperatoreMassimiliano II d'Asburgo nel 1575. La costituzione del Granducato faceva seguito alla conquista dellaRepubblica di Siena da parte diquella di Firenze – ormai saldamente in mano alla famiglia deiMedici – nella fase conclusiva delleguerre d'Italia del XVI secolo. Fino alla seconda metà delXVIII secolo fu uno stato confederale costituito dalDucato di Firenze (detto "Stato vecchio") e dalloStato Nuovo di Siena, in unione personale nel granduca.

Dopo l'estinzione della dinastia medicea, nel1737 subentrò quella degliAsburgo-Lorena, che resse le sorti del granducato sino all'unità d'Italia, anche se con l'interruzione verificatasi durante l'epoca napoleonica. Tra il 1801 ed il 1807, infatti,Napoleone Bonaparte occupò laToscana e l'assegnò, comeregno d'Etruria, allacasata dei Borbone-Parma. Questo però fu successivamente annesso alla Francia con la stipula deltrattato di Fontainebleau del 27 ottobre 1807.[3]

Col crollo dell'impero napoleonico nel 1814 e il successivoCongresso di Vienna, il Granducato tornò agli Asburgo Lorena. Nel 1859, dopo la rassegnata partenza del granduca, venne costituito unGoverno provvisorio della Toscana, che confluì quindi nelle "Province Unite del Centro Italia". La Toscana fu annessa alregno sardo il 15 marzo 1860, come parte del processo di unificazione nazionale, dopo ilplebiscito popolare in cui si sfiorò il 95% dei sì. La consultazione, la prima a suffragio universale maschile, fu effettuata a voto palese.

Storia

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L'ascesa dei Medici: dalla repubblica al Granducato

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Lo stesso argomento in dettaglio:Repubblica di Firenze, Medici e Ducato di Firenze.

A partire dal1434, anno in cuiCosimo il Vecchio fa trionfalmente ritorno dall'esilio veneziano al quale l'aveva costretto l'anno precedente il governo oligarchico reggitore della città, la famigliaMedici prende a esercitare su Firenze un potere di fatto (per il quale è stata coniata la definizione di "criptosignoria") che si consoliderà sottoPiero di Cosimo detto il Gottoso e suo figlioLorenzo il Magnifico. Nel1494Piero di Lorenzo dettoil Fatuo olo Sfortunato, incapace di opporsi efficacemente all'ingresso delre di FranciaCarlo VIII in Firenze, è costretto alla fuga. In città viene restaurato il regime repubblicano, mentre laRepubblica di Pisa riacquista la propria indipendenza, che tuttavia perderà nuovamente nel1509.

Verso il Granducato

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Lo stesso argomento in dettaglio:Repubblica di Siena, Stato dei Presidi, Repubblica di Siena riparata in Montalcino e Ducato di Siena.
Cosimo I, primoGranduca, insieme al figlioFrancesco I de' Medici

Il ritorno dei Medici (1512) vede al governo della città il cardinale Giulio, figlio naturale diGiuliano di Piero di Cosimo, che nel1523 sarà eletto papa con il nome diClemente VII. Nel1527, tuttavia, dopo ilSacco di Roma da parte delle truppe diCarlo V, i fiorentini insorgono proclamando nuovamente la repubblica: solo l'accordo tra il papa Medici e l'imperatore consentirà la sconfitta definitiva dell'ultimo regime repubblicano, dopo unlungo assedio. Nel1531Alessandro de' Medici prende possesso del governo della città; l'anno dopo riceve il titolo ducale, dà vita alSenato dei Quarantotto e alConsiglio dei Dugento, riformando le antiche istituzioni repubblicane e comunali. Morirà nel1537 per mano diLorenzo di Pier Francesco de' Medici, meglio noto come Lorenzino o Lorenzaccio. Il governo viene dunque assunto daCosimo, figlio diGiovanni delle Bande Nere, discendente del ramo cadetto, e diMaria Salviati, nipote di Lorenzo il Magnifico.

Nel giro di pochi anni il nuovo duca riuscì a imporre un modello statuale caratterizzato dall'esercizio diretto e personale del potere, accentrando nelle proprie mani non solo il potere legislativo ma anche l'amministrazione ordinaria. A partire dal 1543 diede avvio ad una serie di riforme istituzionali ed amministrative di forte carattere innovativo.[4]

Cosimo dette anche inizio a una politica espansionistica che avrà una tappa fondamentale nellaBattaglia di Scannagallo (1554), preludio alla resa diSiena e della formazione dellaRepubblica di Siena riparata in Montalcino. La fine dei senesi sarà poi decretata al termine delleGuerre d'Italia franco-spagnole dallapace di Cateau-Cambrésis (1559), con l'assegnazione a Cosimo dei diritti feudali sul territorio dellaRepubblica di Siena, eccezion fatta per alcune località della costa maremmana che andarono a costituire loStato dei Presidi, posto sotto il controllo spagnolo tramite ilViceré di Napoli per controllare i protettorati italiani. Cosimo ebbe sotto la sua persona laRepubblica di Firenze (detto "Stato vecchio") e ilDucato di Siena (detto "Stato Nuovo"), che manterrà una certa autonomia amministrativa con proprie magistrature, naturalmente gradite aiSovrani di Toscana.

Con labolla emessa dapapa Pio V il 27 agosto1569 Cosimo ottenne il titolo digranduca di Toscana. Alla sua morte (1574), gli succedette il figlioFrancesco. La costituzione del granducato fu osteggiata dall'imperatoreMassimiliano II e dal reFilippo II di Spagna, in quanto considerata come una sorta di invasione di campo da parte del papato, e solo con diploma rilasciato aRatisbona il 2 novembre 1575 il primo attribuì finalmente a Francesco il titolo di granduca, che fu poi riconosciuto diplomaticamente dal secondo l'anno successivo.[5]

La dinastia medicea reggerà le sorti del granducato fino alla morte diGian Gastone (1737), quando la Toscana, priva di un erede legittimo diretto, sarà concessa aFrancesco III Stefano,duca di Lorena, consorte diMaria Teresa,arciduchessa d'Austria, in base ad accordi già stipulati tra le dinastie europee nel1735.

Durante laLega Santa del 1571, la Toscana combatté contro l'Impero ottomano a fianco delSacro Romano Impero. La Lega Santa inflisse una pesante sconfitta agli ottomani nellabattaglia di Lepanto, fatto che ancora una volta non fece che apportare benefici al governo dei Medici sulla Toscana.[6]

Negli ultimi anni del suo regno Cosimo I dovette affrontare una serie di disgrazie familiari: dopo che diversi dei suoi figli erano deceduti in fasce o comunque ancora in giovane età, nel 1562 nel giro di un mese morirono sua moglieEleonora di Toledo e due dei suoi figli maschi, a causa della malaria che imperversava sulle coste toscane. Queste morti improvvise colpirono profondamente il granduca il quale, già gravato dalla malattia personale, ufficiosamente abdicò dal 1564 lasciando che fosse il primogenitoFrancesco a governare per lui lo stato. Cosimo I morì diapoplessia nel 1574, lasciando uno stato stabile e prospero e distinguendosi per essere stato il Medici più a lungo sul trono toscano.[7]

Francesco I e Ferdinando I

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Il granduca Ferdinando I.

Malgrado la pesante eredità lasciatagli dal padre nel governo di un intero stato, Francesco mostrò sempre ben poco interesse negli affari della politica, preferendo dedicarsi alle scienze ed ai suoi interessi personali.[8] L'amministrazione del granducato venne quindi sempre più delegata a dei burocrati che gestirono asetticamente lo stato, continuando sostanzialmente la linea politica intrapresa da Cosimo I con l'alleanza asburgica, cementata dal matrimonio tra il granduca in carica eGiovanna d'Austria.[9] Francesco I è ricordato in particolar modo per essere morto il giorno stesso della sua seconda moglie,Bianca Cappello, il che diede adito a voci di avvelenamento.[9] Gli succedette suo fratello minore, Ferdinando I, che egli detestava personalmente.[9]

Ferdinando I si dimostrò al contrario del fratello un ottimo statista nel governo della Toscana.[10] Da subito si impegnò in una serie di opere pubbliche a beneficio del popolo che governava: avviò la bonifica delle paludi toscane, costruì una rete stradale nella Toscana meridionale e fece fiorireLivorno come polo commerciale di grande rilievo.[11] Per aumentare l'industria serica toscana supervisionò personalmente la piantumazione digelsi (necessari per l'alimentazione deibachi da seta) lungo le strade principali del granducato, sull'esempio di quanto accadeva a Milano.[10] Lentamente ma progressivamente, spostò gli interessi della Toscana lontano dall'egemonia asburgica sposando la prima candidata moglie non asburgica dall'epoca diAlessandro de' Medici,Cristina di Lorena, nipote diCaterina de Medici, regina di Francia. La reazione spagnola (anche la Spagna era governata dagli Asburgo) fu la costruzione di una cittadella fortificata sull'isola d'Elba.[11] Per rafforzare questo nuovo orientamento della diplomazia della Toscana, fece sposare la figlia minore del defunto Francesco,Maria, col reEnrico IV di Francia. Enrico, dal canto suo, esplicitò la sua intenzione di difendere la Toscana ad ogni costo, in particolare dalle possibili aggressioni della Spagna.[11] Le crescenti pressioni politiche da parte della Spagna, ad ogni modo, costrinsero Ferdinando a ritrattare le proprie posizioni e a far sposare il suo primogenito, Cosimo, con l'arciduchessaMaria Maddalena d'Austria, la cui sorella era appunto regina consorte di Spagna.[11] Ferdinando sponsorizzò personalmente unaspedizione coloniale nelle Americhe con l'intenzione di stabilire un insediamento toscano nell'area corrispondente all'attualeGuiana francese. Malgrado tutti questi incentivi alla crescita economica ed alla prosperità, la popolazione di Firenze all'inizio del XVII secolo era di appena 75 000 persone, ben al di sotto di molte altre città importanti in Italia come Roma, Milano, Venezia, Palermo e Napoli.[12] Francesco e Ferdinando ebbero entrambi a disposizione notevoli ricchezze personali dal momento che non vi fu mai (forse intenzionalmente) una netta distinzione tra il patrimonio personale del granduca e quello dello Stato.[13] Del resto solo il granduca aveva il diritto di sfruttare le risorse di sale e minerarie presenti in tutto il paese e quindi si comprende bene come le fortune dei Medici fossero direttamente legate a quelle dell'economia toscana.[13]

Ferdinando, che per salire al trono aveva rinunciato al cardinalato, continuò anche come granduca ad avere una notevole influenza sui conclavi pontifici svoltisi durante il periodo del suo governo. Nel 1605, Ferdinando riuscì a proporre il suo candidato, Alessandro de' Medici, per l'elezione col nome diLeone XI, ma questi morì a meno di un mese di distanza. Il successore,Paolo V, si dimostrò comunque favorevole alla politica dei Medici.[14]

Cosimo II e Ferdinando II

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Maria Maddalena, Cosimo II e Ferdinando II; dipinto diJustus Sustermans

Il primogenito di Ferdinando I, Cosimo II, gli succedette al trono dopo la sua morte. Come suo zio Francesco I, Cosimo non si dimostrò mai interessato particolarmente dagli affari di governo e la Toscana finì ancora una volta per essere governata dai suoi ministri.[15] I dodici anni del governo di Cosimo II vennero contraddistinti dal suo matrimonio con Maria Maddalena e dal suo appoggio personale all'astronomoGalileo Galilei.

Quando Cosimo II morì, suo figlio primogenitoFerdinando era ancora in minore età per succedergli al trono. Questo rese necessario creare un consiglio di reggenza guidato dalla nonna di Ferdinando,Cristina di Lorena, e dalla madre del piccolo granduca, Maria Maddalena d'Austria. Cristina si interessò particolarmente alla vita religiosa del granducato, intervenendo contro alcune leggi approvate a suo tempo da Cosimo I contro gli ordini religiosi e promuovendo invece il monachesimo. Cristina continuò ad essere una figura influente a corte sino alla sua morte avvenuta nel 1636.[16] Furono del resto sua madre e sua nonna ad organizzare il suo matrimonio conVittoria Della Rovere, nipote del duca di Urbino, nel 1634. La coppia ebbe insieme due figli:Cosimo, nel 1642, eFrancesco Maria de Medici, nel 1660.[17]

Ferdinando era ossessionato dalle nuove tecnologie, dotandosi di una vasta collezione diigrometri,barometri,termometri etelescopi che fece installare aPalazzo Pitti aFirenze.[18] Nel 1657,Leopoldo de Medici, fratello minore del granduca, fondò l'Accademia del Cimento, che attrasse alla capitale toscana molti scienziati.[19]

La Toscana prese parte alleguerre di Castro (l'ultima volta in cui la Toscana medicea venne coinvolta direttamente in un conflitto) ed inflisse una pesante sconfitta alle forze dipapa Urbano VIII nel 1643.[20] Questo conflitto, ad ogni modo, prosciugò in breve tempo le casse dello stato toscano e l'economia era a tal punto peggiorata che nei mercati contadini si era tornati albaratto.[20] Le entrate erano appena sufficienti a coprire le spese del governo, portando così alla fine delle imprese banchiere dei Medici.[21] Ferdinando II morì nel 1670, venendo succeduto dal primogenito Cosimo.[22]

Cosimo III

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Ritratto di Cosimo III in età avanzata

Il regno di Cosimo III venne caratterizzato da cambiamenti drastici e da un declino sempre più imminente del granducato. Cosimo III aveva fama di essere un puritano e un conservatore religioso, fatto che lo portò a bandire una serie di festività e celebrazioni, costringendo le prostitute a pagare una tassa per esercitare la loro professione efacendo decapitare isodomiti[senza fonte]. Egli istituì anche una serie di leggi sulla censura e sull'educazione ai giovani[23], introducendo anche le prime norme dirette anti-giudaiche della Toscana.[24] Aumentò le tasse[25] mentre la popolazione del paese era in continuo declino. Dal 1705, il tesoro granducale era virtualmente in bancarotta e la popolazione diFirenze era scesa del 50% mentre in tutto il ducato la popolazione era calata del 40%.[26] Anche la marina, un tempo fiorente, venne ridotta a poche imbarcazioni.[27]

Cosimo ad ogni modo non si dimenticò mai di omaggiare l'imperatore del Sacro Romano Impero, almeno formalmente suo signore feudale.[28] Inviò delle munizioni per sostenere labattaglia di Vienna e rimase neutrale durante laguerra di successione spagnola (nel 1718 l'esercito del granducato contava appena 3000 uomini, molti di questi ormai troppo anziani o malati per un servizio attivo).[29] La capitale, si riempì di accattoni e poveri.[30] Per salvare la tragica situazione in cui la Toscana sembrava essere piombata, si mosse anche l'imperatoreGiuseppe I il quale avanzò delle pretese di successione al granducato in virtù di una sua discendenza dai Medici, ma morì prima che tali pretese potessero concretizzarsi.

Cosimo sposòMargherita Luisa d'Orleans, nipote diEnrico IV di Francia e di Maria de Medici. La loro unione fu particolarmente combattuta ma, malgrado queste tensioni continue, la coppia ebbe insieme tre figli:Ferdinando,Anna Maria Luisa eGian Gastone.

Cosimo III, conscio delle precarie condizioni del proprio governo, pensò addirittura di restaurare larepubblica di Firenze per il bene del suo popolo,[31][32] una decisione che ad ogni modo si rivelò impossibile perché complicata dallo status feudale raggiunto dal granducato.[31] La proposta stava quasi per avere successo ad una riunione convenuta aGeertruidenberg quando Cosimo all'ultimo aggiunse che se sia lui che i suoi due figli maschi fossero premorti a sua figlia, l'elettrice palatina, questa avrebbe ottenuto il trono, stabilendo la repubblica solo dopo la morte di quest'ultima.[33] La proposta naufragò e decadde definitivamente con la morte di Cosimo nel 1723.

Gli ultimi anni del governo mediceo

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Ritratto dell'incoronazione di Gian Gastone de Medici; fu l'ultimo monarca mediceo della Toscana

Cosimo III venne succeduto dal figlio secondogenito,Gian Gastone, dal momento che il primogenito gli era premorto, piagato com'era dalla sifilide. Gian Gastone, che aveva vissuto la propria vita in grande oscurità sino a quel momento, venne ritenuto un monarca inappropriato sin dalla sua ascesa al trono toscano. Gian Gastone ripropose le leggi puritane del padre.[34] Dal 1731, Vienna iniziò ad interessarsi attivamente alla futura successione al trono di Gian Gastone e venne abbozzato iltrattato di Vienna che avrebbe assegnato il trono granducale aCarlo, duca di Parma. Gian Gastone non fu in grado di contrattare attivamente il futuro della Toscana come suo padre e semplicemente si trovò in balia delle potenze straniere che fecero scempio anche del suo governo. Anziché promuovere la successione dei suoi parenti maschi Medici, i principi di Ottajano, consentì che la Toscana venisse concessa poi aFrancesco Stefano di Lorena. Carlo, duca di Parma, divenne invece re di Napoli in virtù deltrattato di Torino. Poco dopo, Francesco Stefano di Lorena venne proclamato erede al trono toscano.[35] Il 9 luglio 1737, Gian Gastone morì e con lui terminò la linea granducale dei Medici.[36]

I Lorena

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Lo stesso argomento in dettaglio:Asburgo-Lorena di Toscana, Asburgo-Lorena e Casato di Lorena.

Francesco Stefano

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Francesco Stefano di Lorena negli abiti di granduca di Toscana

Il primo granduca delladinastia lorenese riceve l'investitura della Toscana con diploma imperiale del 24 gennaio 1737; destinato ad affiancare la moglie alla testa dellamonarchia asburgica (prima coreggente della stessa, verrà poi elettoSacro romano imperatore nel1745), affida il governo della Toscana a una reggenza presieduta daMarc de Beauvau, principe di Craon, compiendo una sola visita nella regione (1739).

La Toscana, divenendo di diritto e di fatto un feudo dell'impero, è in questi primi anni una pertinenza politica ed economica della corte diVienna. Il celebre mecenatismo dei Medici con le loro numerose e famose committenze, improvvisamente cessa: anzi il nuovo granduca ereditando le vaste e cospicue proprietà medicee, fa incetta delle imponenti collezioni raccolte nel corso dei secoli. In occasione della visita diFrancesco Stefano a Firenze, vengono trasferite a Vienna numerosissime opere d'arte dei palazzi medicei, con una lunga processione di carri che per tre giorni escono da Porta San Gallo. Questo suscita lo sdegno degli stessi fiorentini che si sentono legittimi eredi e della stessa principessa elettrice palatina Anna Maria, ultima rappresentante della famiglia Medici che, alla sua morte, lascia i propri beni e collezioni private alla città di Firenze, andando così a costituire il primo nucleo della "Galleria Palatina".

Questo periodo non è caratterizzato dalla tradizionale affezione della popolazione e della dirigenza toscana verso i propri regnanti. Con l'arrivo del nuovo dinasta e della nuova classe politica lorenese,che si dimostra spesso ottusa e sfruttatrice della situazione toscana,[senza fonte] si crea un netto distacco con l'alta società fiorentina, che si vede defraudata in parte delle antiche cariche politiche.Tuttavia, nel complesso il "Consiglio di Reggenza", coordinato daEmmanuel de Nay, conte di Richecourt, lavora bene avviando una serie di riforme per modernizzare lo stato.[senza fonte] Tra le più significative si ricorda il primo censimento della popolazione (1745), l'applicazione di alcune tasse anche al Clero (finora esente da tutto), la legge sulla stampa (1743), la regolamentazione dei fidecommessi e della manomorta (1747, 1751), l'abolizione formale dei feudi (1749), la legge sulla nobiltà e cittadinanza (1750), la piena accettazione delcalendario gregoriano con l'anticipo delCapodanno dal 25 marzo al primo di gennaio (1750). Nonostante i vari scandali dati dalle azioni delle società che ricevono in appalto numerosi servizi pubblici, si riesce a dare una prima spinta verso la modernizzazione del paese, creando le basi per quelle che saranno le idee riformatrici diPietro Leopoldo di Lorena.Solo con la dichiarazione del 14 luglio 1763, il granducato, da pertinenza imperiale, viene qualificato nella dinamica dinastica come secondogenitura con la clausola che, nel caso di estinzione della linea cadetta, lo Stato sarebbe ritornato tra i possedimenti imperiali.

Pietro Leopoldo

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Pietro Leopoldo d'Asburgo-Lorena, granduca di Toscana, in un ritratto diAnton Raphael Mengs.

Deceduto il secondogenitoCarlo Giuseppe, venne nominato erede dello Stato toscano il terzogenito Pietro Leopoldo a cui, dopo la morte del padre occorsa nel 1765 in concomitanza col suo matrimonio, fu attribuita l'investitura del granducato, con dignità sovrana, tramite rescritto imperiale del 18 agosto di quell'anno.

Nelle mani di Pietro Leopoldo, destinato a reggere il suo nuovo stato fino al 1790, il granducato conosce la fase più innovativa del governo lorenese, in cui una solida politica agraria si accompagna alle riforme del commercio, dell'amministrazione pubblica e della giustizia.

Come Granduca di Toscana, Leopoldo è un chiaro esempio di sovrano illuminato e le sue riforme si contraddistinguono per una propensione agli scopi pratici più che a quelli teorici.

Nella sua opera riformatrice si avvale di importanti funzionari comeGiulio Rucellai,Pompeo Neri,Francesco Maria Gianni,Angiolo Tavanti.

Il granduca avvia unapolitica liberista raccogliendo l'appello diSallustio Bandini del quale fa pubblicare l'ineditoDiscorso sulla Maremma, promuovendo labonifica dellearee paludose nellaMaremma e nellaVal di Chiana e favorendo lo sviluppo dell'Accademia dei Georgofili. Introduce la libertà nel commercio dei grani, abolendo i vincoli annonari che bloccavano le colture cerealicole, ma l'avvenimento capitale è, dopo tanti secoli, la liquidazione dellecorporazioni di originemedievale, ostacolo principale per un'evoluzione economica e sociale dell'attivitàindustriale. Introduce poi la nuova tariffadoganale del1781, in base alla quale vengono aboliti tutti i divieti assoluti, che sono sostituiti da dazi protettivi, tenuti, del resto, a un livello molto basso in confronto a quelli allora in vigore.

La trasformazione delsistema fiscale è da Pietro Leopoldo intrapresa fin dai suoi primi anni di regno e nel1769 viene abolito l'appalto generale e cominciata lariscossione diretta delle imposte. Esitante si rivela invece il sovrano fra la politica di Tavanti, che fino al 1781 attraverso ilcatasto, intende prendere la proprietà fondiaria come termine di misura per l'imposizione fiscale e, dopo la morte di Tavanti, nel 1781, quella diFrancesco Maria Gianni, suo maggiore collaboratore dal quel momento, che concepisce un piano di eliminazione deldebito pubblico attraverso la vendita dei diritti fiscali che lo Stato ha sulla terra dei sudditi. Si sarebbe poi passati a un sistema fondato esclusivamente sull'imposizione indiretta; operazione questa che, iniziata nel1788, non è ancora ultimata nel1790 quando Leopoldo diviene Imperatore.

Monumento a Pietro Leopoldo a Pisa

Leopoldo riforma alcuni aspetti dellalegislazione toscana ma il suo maggior progetto, la redazione di un nuovocodice, chePompeo Neri avrebbe dovuto realizzare, non giunge a termine per la morte del Neri stesso, mentre i progetti dicostituzione non hanno seguito a causa della sua partenza perVienna. In campoecclesiastico Pietro Leopoldo si ispira ai principi delgiurisdizionalismo, sopprimendo iconventi e abolendo i vincoli di manomorta. Inoltre l'alto clero dellaToscana si volge religiosamente verso ilGiansenismo, rappresentato dal vescovo diPistoiaScipione de' Ricci, tanto che il granduca gli fa organizzare unsinodo a Pistoia nel1786 per riformare l'organizzazione ecclesiastica toscana secondo i principi giansenisti.

Il programma uscito da questo sinodo, riassunto in 57 punti e frutto dell'intesa con Pietro Leopoldo, interessa gli aspetti patrimoniali e culturali e afferma l'autonomia delle Chiese locali rispetto alPapa e lasuperiorità del Concilio, ma le forti opposizioni del resto delclero e delpopolo lo spingono a rinunciare a questa riforma.

Nel periodo1779-1782 Pietro Leopoldo avvia un progetto costituzionale che continua ulteriormente nel1790 per fondare i poteri del sovrano secondo un rapporto contrattualistico. Anche questa politica però suscita forti opposizioni e il granduca, che proprio in quell'anno saliva al trono imperiale è costretto a rinunciarvi.

Ma lariforma più importante introdotta da Pietro Leopoldo è l'abolizione degli ultimi retaggi giuridici medievali in materia giudiziaria. All'inizio del suo regno in tema di giustizia vige la più assoluta confusione, data dalla sovrapposizione incontrollata delle migliaia di norme accumulatesi nel corso dei secoli. I vari provvedimenti e leggi principesche (decreti, editti,motu proprio, ordinanze, dichiarazioni, rescritti) validi in tutto il granducato incontravano eccezioni e particolarismi comunali, statutari e consuetudinari che ne limitavano grandemente l'efficacia. L'esigenza di dare una prima riorganizzazione mediante una loro raccolta sistematica è fatta dal Tavanti, che collaziona tutte le leggi toscane dal 1444 al 1778. Una prima fase riguarda le abolizioni di privilegi giuridici comunali e corporativi come l'abolizione della censura ecclesiastica e i vantaggi riconosciuti agli Ebrei di Livorno, la limitazione degli effetti del maggiorascato, del fidecommesso e della manomorta degli enti ecclesiastici.

In materia penale vigevano ancora, fino alla riforma del 1786, i "quattro delitti infami" di origine medievale (lesa maestà, falso, buon costume e delitti atroci e atrocissimi). In un colpo solo Pietro Leopoldo abolisce il reato dilesa maestà, laconfisca dei beni, latortura e, cosa più importante, lapena di morte grazie al varo del nuovocodice penale del1786 (che prenderà il nome di "Riforma criminale toscana" o "Leopoldina"). La Toscana sarà quindi il primo Stato nel mondo ad adottare i principi degli Illuministi fra i qualiCesare Beccaria, che nella sua operaDei delitti e delle pene invocava appunto l'abolizione della pena capitale.

Nel 1790, alla morte del fratelloGiuseppe, privo di eredi, riceve la corona asburgica e per fronteggiare i disordini scoppiati alla sua partenza, ripristina, dopo soli quattro anni, la pena di morte. Il figlioFerdinando III diviene così Granduca in un periodo che già si presentava agitato alla luce degli avvenimenti rivoluzionari francesi.

Ferdinando III

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Ferdinando III, granduca di Toscana

In politica interna, il nuovo Granduca non ripudiò le riforme paterne che avevano portato la Toscana all'avanguardia in Europa, precedendo in alcuni campi persino larivoluzione francese, allora in corso, ma cercò di limitarne alcuni eccessi, soprattutto in campo religioso, che erano stati accolti malvolentieri dal popolo.

In politica estera, Ferdinando III cercò di restare neutrale nella tempesta succeduta alla rivoluzione francese ma fu costretto ad allinearsi alla coalizione antirivoluzionaria su forti pressioni dell'Inghilterra, che minacciava di occupareLivorno e l'8 ottobre1793 dichiarò guerra alla Repubblica Francese. La dichiarazione non ebbe però effetti pratici e anzi, la Toscana fu il primo Stato a concludere la pace e a ristabilire le relazioni conParigi nel febbraio1795.

La cautela del Granduca non servì però a tenere fuori la Toscana dall'incendio napoleonico: nel1796 le armate francesi occupavano Livorno per sottrarla all'influenza britannica e lo stessoNapoleone entrava in Firenze, ben accolto dal sovrano, e occupava il Granducato, pur non abbattendo il governo locale. Solo nel marzo1799 Ferdinando III fu costretto all'esilio aVienna, in seguito al precipitare della situazione politica della penisola.

La Toscana "giacobina" (marzo-aprile 1799)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Governo provvisorio della Toscana.

In seguito all'occupazione da parte dei Francesi nel1799, anche laToscana (che fino ad allora era riuscita a preservarsi libera, proclamando la neutralità e pagando una tassa annuale aNapoleone), vide la formazione di municipalità giacobine nei vari comprensori del paese. Una manifestazione tipica delle istanze giacobine fu l'erezione deglialberi della libertà che vennero issati nelle piazze di numerosissimi paesi e città toscane, col concorso entusiasta delle forze più avanzate e la tacita rassegnazione o la palese avversità dei ceti più conservatori.L'intento ideale di tali governi cittadini giacobini fu quello di formare una repubblica toscana sul modello di quellaPiemontese, ma l'eterogeneità delle visioni politiche della nuova classe dirigente rese ciò una palese chimera. C'è poi da osservare che la prima occupazione della Toscana fu assai breve: iniziò il 25 marzo del 1799 e già ad aprile iniziarono i primi moti delViva Maria che portarono all'allontanamento dei francesi. Infatti l'occupante fu ben presto inviso alla stragrande maggioranza dei toscani, soprattutto a causa del prevalere di esigenze militari e di approvvigionamento di materiali e denari per le guerre in corso, concretizzatosi mediante le imposizioni di tasse e requisizioni di animali. Già a luglio del 1799 i francesi, incorsi nei rovesci dellaspedizione d'Egitto e in varie sconfitte in Italia, erano stati cacciati completamente dalla Regione dalle truppe aretine, ingrossate progressivamente da forti contingenti di varie municipalità toscane (vedi il movimento delViva Maria); per tale motivo la vagheggiata 'Repubblica Toscana' non divenne mai una realtà effettiva[37]

Spoliazioni napoleoniche

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Le truppe francesi rimasero in Toscana fino al luglio1799, quando furono scacciate da una controffensiva austrorussa a cui diedero aiuto gli insorti sanfedisti del «Viva Maria», partito dall'insurrezione di Arezzo (difatti l'esercito venne nominato Armata austro-russo-aretina). La restaurazione fu breve; già l'anno dopo Napoleone tornava in Italia e ristabiliva il suo dominio sulla Penisola; nel1801 Ferdinando doveva abdicare al trono di Toscana, ricevendo in compenso prima (1803) ilGranducato di Salisburgo, nato con la secolarizzazione dell'ex stato arcivescovile e poi (1805) ilGranducato di Würzburg, altro Stato sorto con la secolarizzazione di un principato vescovile.

Lespoliazioni nel Granducato di Toscana vennero portate a termine dallo stesso direttore del Louvre,Dominique Vivant Denon. Tra l'estate e l'inverno 1811, setacciò prima Massa, Carrara, Pisa, poi Volterra e infine Firenze. In ciascuna annotò le opere da spedire a Parigi. A Pisa Denon selezionò in totale nove opere ed un bassorilievo, tra le principali spedite e rimaste al Louvre si ricordanoLa Maestà diCimabue e leStigmate di San Francesco diGiotto, entrambe in origine aPisa nellachiesa di San Francesco, e anche ilTrionfo di San Tommaso d'Aquino fra i Dottori della Chiesa diBenozzo Gozzoli, oggi alMuseo del Louvre, in origine proveniente dalDuomo di Pisa. A Firenze, Denon raccolse e spedi in Francia la maggior parte delle opere, tra le qualiLa Visitazione diDomenico Ghirlandaio, oggi al Louvre, in origine nellachiesa di Santa Maria Maddalena dei Pazzi di Firenze,Pala Barbadori, dipinta daFra Filippo Lippi, oggi alMusée du Louvre, proveniente dalla sagrestia di Santo Spirito di Firenze,Incoronazione della Vergine diBeato Angelico, oggi al Louvre, in origine aFiesole il convento di San Domenico,Presentazione al tempio, diGentile da Fabriano, oggi al Louvre, in origine dall'Accademia delle Belle Arti di Firenze,La Madonna con Bambino, Sant'Anna, San Sebastiano, San Pietro e San Benedetto, diJacopo da Pontormo, proveniente dalla chiesa di Sant'Anna sul Prato di Firenze, oggi tutte conservate al Louvre.

Il Regno di Etruria

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Lo stesso argomento in dettaglio:Regno di Etruria e Primo Impero francese.

Il 9 febbraio1801, con iltrattato di Lunéville, la Toscana viene ceduta dall'Austria allaFrancia. Soppresso il Granducato di Toscana, viene istituito ilRegno di Etruria, al cui comando si succedonoLudovico di Borbone (1801-1803) eCarlo Ludovico di Borbone (1803-1807).

Nel dicembre1807 il Regno d'Etruria viene soppresso e la Toscana è amministrata per conto dell'Impero francese daElisa Bonaparte Baciocchi, nominata a capo del restaurato Granducato di Toscana. Suddiviso amministrativamente in tre dipartimenti dipendenti ognuno da un prefetto (Dipartimento dell'Arno, con capoluogo Firenze;Dipartimento del Mediterraneo, con capoluogo Livorno; eDipartimento dell'Ombrone, avente per capoluogo Siena), il Granducato vede rovinata la propria economia, già in crisi per le lunghe guerre e invasioni: il cosiddettoblocco continentale, imposto da Napoleone a tutti i territori marittimi a lui sottoposti, determina il tracollo di quello che rimaneva dei floridi traffici che avevano caratterizzato ilporto di Livorno per tutto il XVII e XVIII secolo e di conseguenza l'economia della Toscana.

Granducato di Toscana nel 1815

La Restaurazione, gli eventi del 1848 e lo Stato unitario italiano

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Ferdinando III tornò in Toscana solo nel settembre1814, dopo la caduta di Napoleone. AlCongresso di Vienna, ottenne alcuni ritocchi del territorio con l'annessione delPrincipato di Piombino, delloStato dei Presidi, dei feudi imperiali diVernio,Monte Santa Maria Tiberina eMontauto e con il riconoscimento del diritto di reversione sulDucato di Lucca (transitoriamente attribuito aiBorbone-Parma), seppur previa cessione alDucato di Modena di tutte leexclave lucchesi, di alcune di quelle toscane inLunigiana, inVersilia (Pietrasanta) e nella valle delSerchio (Barga).

LaRestaurazione in Toscana fu, per merito del Granduca, un esempio di mitezza e buon senso: non vi furono epurazioni del personale che aveva operato nel periodo francese; non si abrogarono le leggi francesi in materia civile ed economica (salvo ildivorzio) e dove si effettuarono restaurazioni si ebbe il ritorno delle già avanzate leggi leopoldine, come in campo penale.

Molte istituzioni e riforme napoleoniche sono mantenute o marginalmente modificate: la legislazione con i codici di commercio, il sistema ipotecario, la pubblicità dei giudizi, lo stato civile, conferma e supera molte delle innovazioni introdotte dai francesi, tanto da rendere lo Stato uno dei più moderni e all'avanguardia in materia. Da qui un orientamento indipendente dello spirito pubblico che diviene scarsamente sensibile agli appelli delle società segrete e carbonare che stanno sorgendo nel resto d'Italia.

Le maggiori cure del restaurato governo lorenese furono per le opere pubbliche; in questi anni si realizzarono numerose strade (come la Volterrana), acquedotti e si diede inizio ai primi seri lavori di bonifica dellaVal di Chiana e dellaMaremma, che videro l'impegno personale dello stesso sovrano. Ferdinando III pagò questo lodevole impegno personale con la contrazione dellamalaria, che lo condusse a morte nel1824.

Leopoldo II di Toscana in un ritratto diPietro Benvenuti,1828

Alla morte del padre nel 1824Leopoldo II assunse il potere e subito dimostrò di voler essere un sovrano indipendente, appoggiato in questo dal ministroVittorio Fossombroni, che seppe sventare una manovra dell'ambasciatore austriaco conte di Bombelles, per influenzare l'inesperto granduca. Questi non solo confermò i ministri che aveva nominato il padre ma diede subito prova della sua sincera voglia di impegnarsi con una riduzione della tassa sulla carne e un piano di opere pubbliche che prevedeva la continuazione della bonifica dellaMaremma (tanto da essere soprannominato affettuosamente "Canapone" e ricordato dai Grossetani con un monumento scultoreo collocato inpiazza Dante), l'ampliamento delporto di Livorno, la costruzione di nuove strade, un primo sviluppo delle attività turistiche (allora chiamate "industria del forestiero") e lo sfruttamento delle miniere del granducato.

Dal punto di vista politico, il governo di Leopoldo II fu in quegli anni il più mite e tollerante negli stati italiani: la censura, affidata al dotto e mite padreMauro Bernardini daCutigliano, non ebbe molte occasioni di operare e molti esponenti della cultura italiana del tempo, perseguitati o che non trovavano l'ambiente ideale in patria, poterono trovare asilo in Toscana, come accadde aGiacomo Leopardi,Alessandro Manzoni,Guglielmo Pepe,Niccolò Tommaseo. Alcuni scrittori e intellettuali toscani comeGuerrazzi,Giovan Pietro Vieusseux eGiuseppe Giusti, che in altri stati italiani avrebbero sicuramente passato dei guai, poterono operare in tranquillità. È rimasta celebre la risposta del granduca all'ambasciatore austriaco che si lamentava che "in Toscana la censura non fa il suo dovere", al quale ribatté con stizza "ma il suo dovere è quello di non farlo!". Unico neo in tanta tolleranza e mitezza fu la soppressione della rivistaAntologia diGiovan Pietro Vieusseux, avvenuta nel1833 per le pressioni austriache e comunque senza ulteriori esiti civili o penali per il fondatore.

La bandiera del Granducato nel1848: iltricolore, con sovraimpresse le armi della casata degli Asburgo-Lorena.

La pena di morte, già abolita nel 1786 da suo nonnoPietro Leopoldo, ma poi dallo stesso ripristinata nel 1790 a seguito dei gravi disordini avvenuti in occasione del suo trasferimento sul trono imperiale, continuò ad essere mantenuta vigente, ma, dopo due uniche uniche esecuzioni praticate nel 1820 e 1830, Leopoldo II ne decise la moratoria dal 1831 e, nel 1838, stabilì il principio che la pena capitale fosse irrogabile solo con l'unanimità del collegio giudicante. In sede di reversione anticipata delducato di Lucca alla Toscana, con una legge in data 11 ottobre 1847, il granduca dispose inopinatamente l'abolizione della pena di morte nel suo nuovo dominio,[38] facendone così l'unico territorio in cui tale misura fosse all'epoca giuridicamente in vigore. Nel 1845 il precedente duca di LuccaCarlo Lodovico di Borbone-Parma aveva rifiutato la grazia a cinque ladroni condannati a morte e li aveva fatti ghigliottinare, con grande afflusso di pubblico, davanti allaPorta San Donato.[39] Leopoldo II voleva probabilmente mettere l'accento fin dall'inizio sul carattere programmaticamente diverso del suo governo rispetto a quello deiBorboni. La Corte di cassazione di Firenze, per parte sua, con una sentenza del febbraio 1848, si affrettò a sancire l'estensione dell'abolizione a tutto il territorio granducale.[40]

Coltrattato segreto di Firenze, stipulato nel 1844 per regolare le pendenze territoriali lasciate aperte nel nord della Toscana dal Congresso di Vienna, Leopoldo II si vide ovviamente confermato il diritto di reversione sul ducato di Lucca al momento di ritorno a Parma del ducaCarlo Lodovico di Borbone, conservando anche i capitanati di Pietrasanta e di Barga, ma si impegnò in cambio a cedere tutte le altre (non più solo alcune) exclave toscane e lucchesi inGarfagnana,Lunigiana e sullariviera apuana alDucato di Parma e Piacenza e aquello di Modena e Reggio, concedendo in aggiunta qualche minore aggiustamento territoriale. L'applicazione concreta del trattato ebbe inizio in anticipo nell'ottobre del 1847, a causa dell'abdicazione imprevista dello stesso Carlo Lodovico, prima di poter accedere effettivamente al trono di Parma (cosa poi avvenuta due mesi dopo, alla morte della duchessa regnanteMaria Luigia).

Il 15 febbraio1848 Leopoldo II firmò lo "Statuto fondamentale del Granducato di Toscana"[41], concedendo una Costituzione ai suoi sudditi[42].

Nell'aprile1859, nell'imminenza dellaSeconda guerra d'indipendenza italiana contro l'Austria, Leopoldo II proclamò la neutralità, ma ormai il governo granducale aveva i giorni contati: in Firenze la popolazione rumoreggiava e le truppe davano segni di insubordinazione.

Il 27 aprile, mercoledì, verso le quattro, accompagnato da pochi intimi e dagli ambasciatori esteri (escluso quello sardo), Leopoldo II e la sua famiglia abbandonarono Firenze partendo con quattro carrozze daPalazzo Pitti, uscendo per la porta di Boboli verso la strada diBologna. Aveva appena rifiutato di abdicare a favore del figlioFerdinando.

La pacifica rassegnazione al corso della storia (il granduca non pensò mai a una soluzione di forza) e le modalità del commiato, con gli effetti personali caricati nelle poche carrozze e le attestazioni di simpatia al personale di corte, fecero sì che negli ultimi momenti di permanenza in Toscana gli ormai ex sudditi riacquistassero l'antica stima per Leopoldo: la famiglia granducale fu salutata dai fiorentini, levantisi il cappello al passaggio, con il grido "Addio babbo Leopoldo!" e accompagnata con tutti i riguardi da una scorta fino alleFiligare, ormai ex dogana con loStato Pontificio. Alle sei pomeridiane di quello stesso giorno, il municipio diFirenze constatò l'assenza di alcuna disposizione lasciata dal sovrano e nominò ungoverno provvisorio.

Chiesto asilo presso lacorte viennese, l'ex granduca abdicò ufficialmente solo il successivo 21 luglio; da allora visse inBoemia, recandosi poi aRoma nel1869, dove morì il 28 gennaio1870. Nel1914 la sua salma fu poi trasportata aVienna per essere sepolta nel mausoleo degliAsburgo, laCripta dei Cappuccini.

Ferdinando IV salì virtualmente al trono diToscana dopo l'abdicazione del padre nel1859, fu un protagonista involontario delRisorgimento, in quanto fino al passaggio della Toscana alRegno d'Italia (1860) ne era diventato granduca anche se non viveva a Firenze e non fu mai incoronato veramente. A seguito del decreto reale del 22 marzo 1860, che riuniva la Toscana alRegno di Sardegna, Ferdinando IV pubblicò a Dresda il 26 marzo successivo la sua protesta ufficiale verso tale annessione e a seguito della soppressione dell'indipendenza toscana con decreto reale del 14 febbraio 1861, pubblicò una successiva protesta del 26 marzo 1861 contestando il titolo di "re d'Italia" a Vittorio Emanuele II.

Nonostante ciò, anche dopo la soppressione del granducato, Ferdinando, avendo mantenuta lafons honorum e la collazione degli ordini dinastici, continuò a elargire titoli e decorazioni. Il 20 dicembre 1866 Ferdinando IV e i suoi figli rientrarono nella casa imperiale e la casa di Toscana smise di esistere come casa reale autonoma, venendo riassorbita da quella imperiale austriaca; a Ferdinando IV fu permesso di mantenere la suafons honorum vita natural durante, mentre i figli divennero solo principi imperiali (archiduchi o arciduchesse d'Austria) e non più principi o principesse di Toscana: Ferdinando IV abdicò ai diritti dinastici al granducato di Toscana (1870) a favore dell'imperatore Francesco Giuseppe d'Austria[43][44] e pertanto anche i suoi discendenti persero ogni diritto dinastico sulla Toscana[45]. Il gran magistero dell'ordine di Santo Stefano cessò invece con la morte di Ferdinando IV[46]. L'imperatore Francesco Giuseppe I (1830-1916) aveva infatti proibito, dopo la morte del granduca Ferdinando IV avvenuta nel 1908, di assumere i titoli di granduca o di principe o principessa di Toscana[47].

Ottone d'Asburgo-Lorena, successore legale di Francesco Giuseppe, nel 1961 rinunciò formalmente alla pretesa al trono imperiale e riconobbe la repubblica austriaca. Con tale atto cessò ogni pretensione sul trono d'Austria-Ungheria della sua discendenza e, collateralmente, anche sul trono di Toscana[48]

Capi di Governo sotto la dinastia lorenese

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Ordini cavallereschi toscani

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Bandiera delle Galee dell'Ordine di Santo Stefano, 1562-fine del XVIII secolo.

Rappresentanze estere

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Il Granducato di Toscana, nel corso delXIX secolo, fu rappresentato da propriambasciatori all'estero presso le corti dell'Impero austriaco, delRegno delle Due Sicilie, dellaFrancia, delBelgio, dellaGran Bretagna, delRegno di Sardegna e delloStato Pontificio; inSpagna e nell'Impero ottomano la Toscana era, invece, rappresentata da diplomaticiaustriaci.

Di contro, varie potenze estere furono accreditate presso la corte lorenese di Firenze: Austria, Due Sicilie, Francia, Regno Unito,Portogallo,Prussia, Russia, Sardegna e Stato Pontificio, Svizzera. Invece, il Belgio, ilBrasile e laRussia ebbero propri ambasciatori con sede aRoma, mentre ilRegno di Svezia e Norvegia aveva il proprio aNapoli.

Più numerose furono le rappresentanze consolari a Firenze, Livorno e in altre città toscane:Amburgo, Austria,Baviera, Belgio, Brasile,Brema,Cile,Danimarca, Due Sicilie,Ecuador, Francia, Gran Bretagna,Grecia,Hannover,Lubecca,Messico,Modena e Reggio,Meclemburgo,Oldenburgo,Paesi Bassi,Parma e Piacenza, Portogallo, Prussia, Sardegna,Sassonia, Spagna,Stati Uniti d'America, Svezia e Norvegia,Svizzera,Tunisi, Turchia,Uruguay,Württemberg.

Numerosi sono, infine i consolati toscani nel mondo a dimostrazione dei vasti commerci e affari: Aleppo, Alessandria d'Egitto, Algeri, Amburgo, Amsterdam, Ancona, Anversa, Atene-Pireo, Bahia, Beirut, Barcellona, Bastìa, Bayreuth, Bona, Bordeaux, Cadice, Cagliari, Civitavecchia, Corfù, Francoforte sul Meno, Genova, Gibilterra, Ginevra, Lima, Lione, Lisbona, Londra, Malta, Marianopoli, Marsiglia, Mobile, Montevideo, Napoli, Nizza, New Orleans, New York, Odessa, Palermo, Roma, S. Pietroburgo, Ragusa, Salonicco, Smirne, Stoccolma, Trieste, Tripoli di Libia, Tunisi, Venezia.

Amministrazione e Ministeri

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Con l'avvento dei Lorena l'amministrazione statale fu riorganizzata in modo più razionale e moderno.[senza fonte] Il governo, inizialmente, in assenza del granduca, impegnato a regnare come imperatore (1745-64), fu composto da un Consiglio di Reggenza, formato da esponenti vicini alla causa lorenese e da notabili fiorentini. Nonostante nel consiglio fossero presenti uomini comeGaetano Antinori,Neri Venturi,Carlo Rinuccini eCarlo Ginori, tutti di un certo livello e rigore morale e con iniziative imprenditoriali e moderne, l'economia e il bilancio statale non decollava.

Sebastiano Ricci,Allegoria della Toscana, 1706

I Presidenti del consiglio di Reggenza, nominati dal granduca, non furono all'altezza della situazione e si rivelarono uomini rapaci e senza scrupoli (de Craon,Richecourt) che impoverirono ulteriormente le già esauste casse statali e favorivano la nuova classe dirigente lorenese che spesso provvedeva allo sfruttamento indiscriminato.

Il proliferare di nuove tasse e il dare in appalto, a far data dal 1741, a privati avventurieri francesi tutti i principali servizi pubblici (dogane, gabelle, poste, zecca, magona, ecc.) senza alcun obbligo di rendiconto, rese il governo reggente inviso alla popolazione toscana, spesso sostenuta da parte dell'antica nobiltà che non aveva gradito l'arrivo di un sovrano straniero.

L'amministrazione centrale era costituita da varie Segreterie (ministeri) che dipendevano giuridicamente dalla Signoria delConsiglio dei Dugento (organo esecutivo della Reggenza), mentre l'antico Senato fiorentino composto da 48 membri era ormai quasi completamente esautorato.

Con il nuovo granducaPietro Leopoldo il potere sovrano ritorna direttamente a Firenze. Riformatore illuminato il principe, coadiuvato da ministri dalla mentalità moderna e aperta, procede a riformare le istituzioni dello Stato, eliminando gli organi ormai desueti e inutili e sostituendoli con uffici più moderni e aderenti alla realtà. Il primo intervento viene fatto verso le antiche magistrature fiorentine, provvedendo alla loro riorganizzazione o abolizione.

Tra le sedici magistrature civili della città di Firenze, sono abolite o riformate: Commissari dei quartieri, Capitani delle quattro compagnie del Popolo e i relativi Gonfalonieri di compagnia, il Maggior Generale Sergente delle Milizie a capo della Milizia cittadina, Proconsole delle Arti, Cinque Uffiziali Magistrati del Tribunale di Mercatanzia, Consiglio delle Sette Arti Maggiori e relativi Gonfalonieri, Consiglio delle quattordici Arti Minori e relativi Gonfalonieri, Banchi delle Corporazioni.

Le Segreterie all'avvento diPietro Leopoldo erano coordinate dalla Superiore Direzione degli Affari dello Stato ed erano quella:

  • di Stato: gestione degli affari interni
  • delle Finanze: erario statale e regie rendite (Regia Depositerìa)
  • del Regio Diritto: interpretazione e applicazione del diritto statale
  • di Sanità: tutela della salute pubblica
  • Scrittoio delle Fabbriche: opere pubbliche
  • Scrittoio delle Possessioni: amministrazione delle proprietà granducali
  • dei Dieci Commissari di Guerra: abolita nel 1769 e ricostituito come dicastero unitario (1770)
  • degli Studi: istruzione, scuole e Università
  • del Buon Governo
  • degli Affari esteri (1770)
  • dell'Interno (1770)

In ossequio al particolarismo giuridico-amministrativo, inoltre, per il ducato diSiena vi erano proprie istituzioni.

Con la riforma del 16 marzo 1848 la Superiore Direzione degli Affari dello Stato fu ripartita in 5 ministeri poi divenuti 7. Alla vigilia della caduta dei Lorena, il governo era organizzato con i seguenti ministeri:

  • Affari Esteri: rapporti internazionali e gestisce anche l'ufficio Passaporti e visti
  • Interno: dal 1852 assorbe la sezione di Pubblica Beneficenza ed è organizzato in tre sezioni (Amministrazione e Ordini cavallereschi, Polizia amministrativa e sanitaria, Pubblica Beneficenza); vi fa parte anche una sezione relativa ai Municipi
  • Giustizia e Grazia
  • Guerra
  • Finanze, Commercio e Lavori Pubblici: suddiviso in due sezioni (affari amministrativi e contabili della Corte dei conti, censimento, registro, poste, banche, reali possessioni, bonifiche, regia avvocatura, archivio di stato e quella degli affari generali delle dogane, marina mercantile, zecca, lavori pubblici, ferrovie, telegrafi ecc.)
  • Pubblica Istruzione: a cui dipendeva fino al 1853 la sezione di Pubblica Beneficenza
  • Affari Ecclesiastici (sezione ecclesiastica e quella di stato civile e statistica generale).

Vi era inoltre il Consiglio di Stato che andò progressivamente a sostituire il Consiglio privato del Principe con specifiche competenze amministrative e di giustizia.

Con la Legge di riforma del 22 luglio 1852 fu diviso in tre sezioni (Giustizia e Grazia, Interno, Finanze). Come Consulta del Principe dava pareri negli affari a lui sottoposti (di sua volontà, su richiesta ministeriale, nei casi di legge); come Tribunale Supremo del contenzioso amministrativo era giudice inappellabile di supremo grado (ricorsi della Corte dei conti, delle Prefetture compartimentali, ricorsi dei Consigli di Prefettura in materia di appalti pubblici, sulle vertenze per le affrancazioni dell'ex principato di Piombino, sulle vertenze delle bonifiche e corsi d'acqua della Maremma pisana, sulla tassa delle macellazioni).

L'amministrazione locale gestiva le varie comunità toscane con rappresentanti del governo centrale fiorentino per i centri più importanti (governatori e capitani) e dai magistrati delle comunità che variavano per ogni centro in base alle tradizioni storiche delle proprie istituzioni. Infatti ogni città e centro toscano, anche dopo la conquista fiorentina, aveva generalmente mantenuto le proprie magistrature, usi e organizzazioni. Ricorrenti, nelle varie comunità, erano tuttavia il Consiglio degli Anziani e ilGonfaloniere togato, avente poteri analoghi a quelli degli odierni sindaci.Il governo era perifericamente rappresentato dai vari Governatori, Capitani, Vicari e podestà che esercitavano anche attività giurisdizionali, sanitarie, di polizia. La figura del Commissario regio aveva funzioni straordinarie e temporanee per particolari situazioni con l'accentramento di tutti i poteri statali a livello locale (legislazione, sanità, polizia).

Al fine di uniformare le datazioni degli atti ufficiali con gran parte delle altre potenze europee, nel 1750 il calendario toscano fu riformato. Fino a tale data si faceva infatti uso del cosiddetto "stile fiorentino" per il quale la datazione andava dal 25 marzo "ab incarnatione", primo giorno dell'anno toscano, variando così il computo degli anni rispetto al calendario gregoriano.

Confini e ripartizione amministrativa

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Cippo di confine tra il Granducato di Toscana e ilDucato di Parma e Piacenza pressoMiscoso. Nel 1847 il confine tra i due stati scomparve e il territorio venne annesso alDucato di Modena e Reggio.

La Toscana granducale aveva i confini diversi da quelli regionali attuali, anche se al momento dell'Unità d'Italia nel 1859 erano ormai assai simili, cioè seguendo indicativamente quelli naturali.

Nel periodo pre-napoleonico, a nord c'erano le dueexclave dellaLunigiana conPontremoli eFivizzano e la piccola porzione diAlbiano Magra eCaprigliola nellaval di Magra, separate dal resto della Toscana dalDucato di Massa e dallaGarfagnanaestense. Sulla costa versiliese si trovava l'exclave diPietrasanta (conSeravezza), e, nellavalle del Serchio, il piccolo distretto diBarga. Il corpo principale del granducato abbracciava grosso modo l'intera regione. Ne era esclusa la provincia attuale diLucca, che allora costituiva unarepubblica e poi dal 1815 unducato indipendente (eccetto la Garfagnana che era sotto il dominio estense), ilducato di Massa e Carrara, e a sud ilprincipato di Piombino con l'isola d'Elba e loStato dei Presidi. A est lo Stato toscano abbracciava anche i territori appenninici del versante romagnolo (Romagna granducale) fin quasi alle porte diForlì, comprendendo i centri diTerra del Sole,Castrocaro,Bagno di Romagna,Dovadola,Galeata,Modigliana,Portico e San Benedetto,Premilcuore,Rocca San Casciano,Santa Sofia,Sorbano,Tredozio,Verghereto,Firenzuola,Marradi, in gran parte sottratti nel 1923. SulMarecchia comprendeva l'exclave diSanta Sofia Marecchia e Cicognaia, oggiCa' Raffaello nel comune diBadia Tedalda. Rimanevano esclusi ifeudi imperiali diVernio, diSanta Maria Tiberina e delMarchesato di Sorbello, rispettivamente contea deiBardi e marchesati deiBourbon del Monte fino alle soppressioni napoleoniche e alla conseguente annessione toscana.

Sulla base dei deliberati delcongresso di Vienna, nel 1815, furono ceduti alla duchessa di MassaMaria Beatrice d'Este (e da questa quasi subito al ducato di Modena) gli ex feudi imperiali dellaLunigiana, mentre ilprincipato di Piombino e loStato dei Presidi furono annessi dal Granducato. Dal 1847, in applicazione deltrattato di Firenze del 1844 fu acquisito il Ducato di Lucca, con l'eccezione delle sue exclave disseminate nell'alta Toscana, le quali passarono invece al Ducato di Modena, insieme alle exclave lunigianesi del Granducato che furono spartite con ilDucato di Parma e Piacenza.

Origini

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Lo Stato toscano, unificato dai Medici, era suddiviso amministrativamente inDucato vecchio o "fiorentino",Ducato nuovo o "senese" e laprovincia pisana come parte integrante del ducato vecchio. Il ducato nuovo, annesso con la caduta dell'anticarepubblica di Siena, aveva proprie magistrature e proprie istituzioni, in una sorta di unione personale del granduca con quello fiorentino.Questo stato di cose rimase sostanzialmente immutato fino alla seconda metà delXVIII secolo con la nuovadinastia lorenese. Il Granducato così, fino alle riforme amministrative del granducaPietro Leopoldo, era ripartito in:

  • Stato fiorentino (Ducato Vecchio) con capitale Firenze (centro politico di tutto il Granducato). Questo era distinto incontado fiorentino (la campagna circostante la città), e suddiviso e amministrato nel quartiere di San Giovanni con il vicariato di Pontassieve e Rignano da cui dipendevano varie podesterie, il quartiere di Santa Croce con i vicariati di S. Giovanni in Valdarno e di Radda da cui dipendevano varie podesterie, il quartiere di Santa Maria Novella con il capitanato di Prato e il vicariato di Scarperia e numerose podesterie, il quartiere di Santo Spirito con il capitanato di San Miniato al Tedesco, il vicariato di Certaldo e alcune podesterie.

Molti dei comunelli della campagna, che raggruppavano le piccole comunità, erano spesso aggregati in leghe rurali. Molte di queste avevano origini antichissime e gestivano gli interessi comuni che rappresentavano. Tra le più note si ricordano:[senza fonte]

Vi era poi il vastodistretto fiorentino che, pur non facente parte della campagna di Firenze, godeva di alcune prerogative ed esenzioni fiscali concesse dalla "Dominante", come era soprannominata la capitale. Il distretto era ripartito nei contadi di Pistoia (Cortine delle porte Carratica, Lucchese, al Borgo, San Marco), cui faceva capo il capitanato omonimo con i vicariati diSan Marcello eCutigliano,Pescia,Montecarlo e varie podesterie. Ne facevano parte anche ilCasentino con il vicariato diPoppi da cui dipendevano varie podesterie, laRomagna toscana con i capitanati diCastrocaro eTerra del Sole, Portico eSan Benedetto in Alpe,Palazzuolo eMarradi,Rocca San Casciano e i vicariati diSorbano,Firenzuola e Montagna fiorentina,Verghereto,Bagno di Romagna e Val di Sarnio, dai quali dipendevano le podesterie diGaleata,Modigliana,Dovadola,Tredozio,Premilcuore e infine il contado dellaVal di Chiana costituito dal capitanato diArezzo con i vicariati diPieve Santo Stefano e diMonte San Savino e alcune podesterie, il capitanato diSansepolcro con i vicariati diSestino e Massa Trabaria,Badia Tedalda, il capitanato diMontepulciano con il vicariato diAnghiari e il capitanato diCortona con i vicariati diValiano e diMonterchi.

Facevano parte del distretto fiorentino anche varie exclaves territoriali: il capitanato diLivorno e del Porto con la podesteria diCrespina, il capitanato dipendente da Livorno diPortoferraio nell'Elba, il capitanato dellaVersilia conPietrasanta e le podesterie diSeravezza e diStazzema, il capitanato diPontremoli e il capitanato diBagnone, Castiglione e del Terziere in Lunigiana con il vicariato diFivizzano, Albiano eCaprigliola e varie podesterie (poi uniti nel governatorato dellaLunigiana, il vicariato diBarga con il suo distretto (Barghigiano), il vicariato diSan Gimignano con la podesteria diColle Valdelsa. Infine il feudo allodiale mediceo diSanta Sofia di Marecchia, concesso ai milanesiColloredo.

Parte integrante dello Stato fiorentino, ma esclusa dai privilegi concessi al distretto, era la Provincia pisana, cioè il territorio già appartenuto all'anticarepubblica di Pisa al momento della sua annessione: capitanato diPisa con i vicariati diVicopisano e diLari da cui dipendevano numerose podesterie, i capitanati diVolterra, diBibbona, diCampiglia, diCastiglione della Pescaia da cui dipendevano varie podesterie, e il capitanato delGiglio con sede nel castello dell'isola.

I maggiori centri dello Stato erano distinti in città, terre e borghi.Tra le città si ricordano:[senza fonte]

  • Firenze, capitale dello Stato detta "La Dominante" che continua a godere di privilegi ed esenzioni fiscali; alla metà del XVIII secolo aveva circa 73 950 abitanti, ponendosi come ottava città italiana per sviluppo demografico, seguendo Napoli, Palermo, Venezia, Milano, Roma, Torino, Genova.
  • Pisa, capoluogo della Provincia Pisana e principale centro universitario dello Stato; verso il 1750 ha circa 9 000 abitanti e la città è in netta decadenza economica.
  • Siena, capoluogo dello Stato Senese, dalla sua conquista medicea è oppressa da leggi e vincoli economici e fiscali pur mantenendo un proprio governo e proprie magistrature cittadine; a metà del XVIII secolo ha circa 18 000 abitanti.
  • Livorno, città dal 1606 è il maggior porto dello Stato ed è un centro cosmopolita caratterizzato da un vivace sviluppo demografico, economico e culturale; verso il 1750 ha circa 41 000 abitanti ed è la seconda città toscana e dodicesima italiana per sviluppo demografico dopo Firenze, Bologna, Catania e Messina.
  • Pistoia, sotto i Lorena ritrova un notevole sviluppo economico per la produzione di lana, seta e ferriere.
  • Prato, in concorrenza con la vicina Pistoia per la produzione di lana e panni, diviene città nel 1653 ed è famosa sin dal Medioevo per la sua Fiera annuale di settembre.
  • Arezzo, è il principale centro agricolo e politico della Toscana orientale e dellaVal di Chiana in corso di bonifica.
  • Cortona, antichissima città etrusca e principale centro della Val di Chiana è nota come centro culturale archeologico; nel 1799 capeggia con Arezzo la rivolta delle popolazioni contro i Francesi ("Viva Maria").
  • Borgo San Sepolcro, è un importante centro della valle tiberina toscana, noto per la sua vita economica e la produzione di merletti.
  • San Gimignano, cittadina fortificata ha perso ogni importanza dopo le guerre regionali e subisce un grave crisi economica provocata anche dall'assenza di strade carrozzabili praticabili, decadendo al grado di castello.
  • San Miniato al Tedesco, città dal 1622, domina la strada maestra del medio Valdarno che da Firenze conduce a Pisa e al mare; ha un certo rilievo culturale e qui vi ha origine la famiglia deiBuonaparte.
  • Pietrasanta insignita da Leopoldo II nel 1841 del titolo di città nobile è da sempre territorio toscano, disputata dai lucchesi dai pisani e dai fiorentini fin dalla sua nascita diviene stabilmente fiorentina nel 1513 grazie lodo di Papa Leone X, prima sotto la Repubblica Fiorentina e infine sotto il Granducato. Possiede notevoli monumenti risalenti a tale fiorente periodo.
  • Volterra, antichissima città, è possente fortezza e nota per la produzione dell'allume e dell'alabastro.
  • Montalcino, centro della Valdorcia, fu l'ultima roccaforte senese a resistere ai Medici.
  • Montepulciano, domina parte della Val di Chiana e ha perso di importanza dopo lo smantellamento della sua fortezza.
  • Colle di Val d'Elsa, centro agricolo della Val d'Elsa e centro amministrativo della zona al confine amministrativo con lo Stato senese.
  • Pescia, città dal 1699, è strategicamente importante essendo sul confine lucchese.
  • Portoferraio, acquistata nel 1559, diviene città nel 1637 ed è, dopo Livorno, la piazzaforte più munita dello Stato e base navale dal 1751 di quello che resta della flotta militare toscana.
  • Grosseto, capoluogo dellaMaremma senese, è in piena decadenza economica e demografica, anche a causa della malaria che minaccia tutta la zona, tanto che in estate rimane praticamente spopolata trasferendosi a Scansano perfino gli organi amministrativi (estatatura); nel 1750 ha circa 1 500 abitanti.
  • Massa di Maremma, altra città della zona in netta decadenza; verso il 1750 ha circa 600 abitanti.
  • Pontremoli è annessa nel 1650 e diviene città nel 1778; è capoluogo dellaLunigiana granducale e progressivamente ha una buona vita culturale ed economica, essendo sulla direttrice commerciale per la Lombardia.

Dopo le riforme leopoldine, che crearono laProvincia senese inferiore con Grosseto (1766; capitanati di Grosseto,Massa Marittima,Sovana,Arcidosso e le podesterie diScansano,Giglio,Castiglione della Pescaia,Pitigliano,Sorano,Santa Fiora,San Giovanni delle Contee,Castell'Ottieri) e istituirono le comunità (1774), e superata la suddivisione napoleonica nei tre Dipartimenti d'Arno (Firenze), Ombrone (Siena), Mediterraneo (Livorno) ognuno suddiviso in prefetture, con la restaurazione si ricreò in parte l'antica organizzazione amministrativa.

Periodo post-napoleonico

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Intorno al 1820 lo Stato toscano era diviso amministrativamente nelle tre Province di Firenze, Pisa, Siena, con quattro governatorati (Firenze, Livorno, Pisa, Siena), sei commissariati regi (Arezzo, Pistoia, Pescia, Prato, Volterra, Grosseto), trentasei vicariati nella provincia fiorentina, cinque in quella pisana, sette in quella senese e nove in quella grossetana con un centinaio di podesterie.

A)Provincia Fiorentina (Campagna, Montagna, Romagna, Lunigiana, Valdarno, Versilia, Porto)

  • Governo di Firenze: vicariati di Pontassieve, San Giovanni Valdarno, Radda e Chianti, Scarperia e Mugello, Firenzuola, Fucecchio, San Miniato, Empoli, Certaldo, Colle Valdelsa, Barga, Pietrasanta, Bagno di Romagna, Rocca San Casciano, Modigliana, Marradi, Pontremoli, Fivizzano, Bagnone;
    • Commissariato di Arezzo e Val di Chiana: vicariati di Monte San Savino, Montepulciano, Cortona, Castiglion Fiorentino, Valiano, Anghiari;
    • Commissariato di Pistoia: vicariato di San Marcello e Cutigliano;
    • Commissariato di Pescia: podesterie di Borgo a Buggiano, Montecarlo;
    • Commissariato di Prato: podesteria di Carmignano;

B)Provincia Pisana (Campagna, Volterrano, Maremma, Principato di Piombino)

  • Governo di Pisa: vicariati diVicopisano,Lari e, più tardi,Pontedera,
  • Governo di Livorno e Porto: vicegoverno di Portoferraio;
    • Commissariato di Volterra: vicariati di Campiglia, Piombino; podesterie di San Giuliano, Vicchio, Palaia, Peccioli, Pomarance, Rosignano, Castagneto, Monteverdi;

C)Provincia Senese (Interna, Maremmana)

  • Governo diSiena: vicariati di Casole,Pienza,Radicofani, Asinalunga (Sinalunga),Montalcino,Abbadia San Salvatore,Chiusi; podesterie di Radicondoli, Chiusdino, Sovicille, Torrita, San Quirico, San Casciano dei agni, Piancastagnaio, Asciano, Rapolano, Murlo, Castelnuovo della Berardenga, Monticiano, Montieri, Buonconvento, Sarteano, Chianciano, Cetona;
    • Commissariato di Grosseto: vicariati di Scansano, Massa di Maremma, Pitigliano, Orbetello, Arcidosso, Castiglione della Pescaia, Manciano: podesterie di Monticello, Roccastrada, Campagnatico, Gavorrano, Monterotondo, Sorano, San Giovanni d'Asso, Magliano, Montiano, Giglio Castello, Castel del Piano, Cinigiano, Santa Fiora, Roccalbegna, Montepescali, Capalbio.

Compartimenti del 1848

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Compartimenti e Governi del Granducato di Toscana, così come istituiti nel 1848.

Una sostanziale riforma amministrativa del territorio si ebbe con il regio decreto del 9 marzo 1848, che istituì sette compartimenti (Compartimento di Firenze,Compartimento di Pistoia,Compartimento di Lucca,Compartimento di Pisa,Compartimento di Arezzo,Compartimento di Siena,Compartimento di Grosseto) e due governi (Governo di Livorno,Governo dell'Isola d'Elba). Alle precedenti province, divenute prefetture, furono aggiunte Lucca e l'Isola d'Elba, quest'ultima dipendente da Livorno che aveva un governatore civile e militare. Le prefetture erano suddivise in circondari, a loro volta suddivisi in delegazioni di prima, seconda e terza classe.

Nel 1850 furono istituite alcune sottoprefetture: Pistoia, San Miniato, Rocca San Casciano, Volterra, Montepulciano, Portoferraio, mentre rimasero delegazioni di governo di prima classe solo quelle di Firenze (quartieri di San Giovanni, Santa Croce, Santo Spirito, Santa Maria Novella) e di Livorno (terzieri del Porto, San Marco, San Leopoldo). Tale situazione rimarrà sostanzialmente immutata fino alla sua abolizione con la Legge del 20 marzo 1865 del nuovoRegno d'Italia.

Feudi e proprietà terriere granducali

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Come ogni stato costituitosi nell'Ancien Régime anche la Toscana con la signoria granducale medicea aveva sviluppato la propriafeudalità. Lo Stato toscano, purfeudo immediato dell'impero, aveva a sua volta la possibilità, per mezzo dei propri granduchi, di esercitare la podestà feudale tipica dei sovrani del tempo.

A partire dal XVII secolo, conFerdinando I si cominciarono a concedere i primi feudi a famiglie che si erano dimostrate particolarmente vicine allacasa medicea, assicurandosene la fedeltà con la concessione di vaste terre in forma di vassallaggio feudale.

Tra i primi feudi concessi vi fu la contea diSanta Fiora, presso ilMonte Amiata; contea sovrana di un ramo degliSforza (poi Sforza Cesarini) che aveva ceduto i propri poteri sovrani al granduca, il quale la restituì alla famiglia sotto forma di feudo granducale. A partire dalla fine degli anni venti delXVII secolo tali concessioni divennero sempre più numerose e frequenti. Tale situazione rimase pressoché immutata fino alla legge sull'abolizione dei feudi, promulgata dallaReggenza toscana nel 1749 cui seguì la promulgazione della Legge del 1º ottobre 1750 che disciplinò le regole dellanobiltà toscana. Di fatto, tuttavia, molti feudi continuarono a sopravvivere fino quasi alla fine del regno diPietro Leopoldo. I feudi erano distinti inmarchesati econtee ed erano classificati in feudi granducali (di nomina granducale), misti (di origine imperiale o pontificia), autonomi (in accomandigia).

Tra i marchesati si ricordano:[senza fonte]

Le contee erano:[senza fonte]

Altri feudi vassalli con autonomia:[senza fonte]

Vi erano inoltre alcuni feudi imperiali che, seppure sovrani e autonomi, erano posti sotto il protettorato toscano (accomandigia). Erano questi molti dei marchesati dellaLunigiana (Mulazzo,Groppoli,Tresana, Olivola, ecc.) e le contee diVernio e di Santa Maria in Val Tiberina.

Anche la famiglia sovrana aveva molte proprietà immobiliari e vaste estensioni fondiarie. In particolare in forma di tenute e fattorie. Con le bonifiche delle campagne vasti appezzamenti di terreno passarono alla Corona e all'Ordine di Santo Stefano; è il caso delle varie fattorie granducali della Val di Chiana e della Val di Nievole. Con la politica di economia attuata dai Lorena, molte di queste proprietà, di fatto da tempo trascurate ed abbandonate, vennero alienate a privati. Anche le numeroseville medicee e le bandite di caccia furono in parte vendute o liberate dal vincolo della caccia anche con specifiche leggi dello Stato come quella del 13 luglio 1772.Di seguito alcune proprietà terriere granducali:[senza fonte]

Comunicazioni e trasporti

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Strade

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La cattiva amministrazione del territorio degli ultimiMedici aveva generalmente reso inagibile la già insufficiente viabilità della Toscana, aggravata anche dal fenomeno delbrigantaggio nelle zone più remote dello Stato come laVal di Chiana e laMaremma. Tracciate senza pianificazione, prive di regolamenti e di manutenzione, le strade toscane erano in stato di semi abbandono, risultando spesso dei semplici sentieri appena visibili per scomparire in pantani o nella polvere, interrotte da torrenti o guadi privi di segnalazioni. Specie nella stagione invernale divenivano in gran parte del tutto impraticabili per la pioggia. Con l'avvento dei Lorena si avvertì l'esigenza, già sotto la Reggenza, di potenziare e risarcire la rete viaria non solo per usi militari, ma anche e principalmente per sviluppare il commercio dei prodotti agricoli e delle derrate. La necessità di rendere le strade non più tratturi o sentieri per i trasporti di merci "con il basto a soma" ma anche a uso dei barrocci, carriaggi e diligenze, andò di pari passo con la liberalizzazione del commercio interno a cominciare da quello delle granaglie della Maremma senese. Occorreva ristrutturarne i tracciati, aprirne di nuovi, regolamentare il loro uso. Nel 1769 la competenza della loro manutenzione e controllo fu tolta ai "Capitani di Parte Guelfa" sottoposti al magistrato dei "Nove Conservatori" per passare con la riforma del 1776 alla cura delle comunità che venivano attraversate dalle strade regie postali.

Il primo regolamento organico per il servizio di posta dei corrieri, procaccia e vetturini risale al1746, con il quale la figura professionale del procaccia fu l'unica abilitata a condurre le diligenze fuori città. Le strade erano classificate in base alla competenza amministrativa per la loro gestione: maestre o regie postali (di lunga comunicazione a cura del governo), comunitative (collegavano le varie città o paesi, a cura dei comuni), vicinali (tra varie proprietà, a cura dei proprietari che le usavano).

La loro tecnica costruttiva variava secondo le esigenze distinguendole in lastricate (solo per le vie delle grandi città), selciate (fatte con pezzi di macigno; erano le più conosciute), alla "rinfusa" con pietre a secco o con calcina per resistere all'erosione. In pianura invece erano semplicemente massicciate di terra battuta. Le strade maestre erano principalmente adibite al trasporto della posta e dei viaggiatori con le diligenze e come tali erano servite da luoghi di sosta per il cambio dei cavalli e il ristoro dei passeggeri con osterie e locande. Nel piano lorenese di recupero della rete stradale ovviamente i maggiori sforzi si orientarono verso le strade postali maestre.

Tra le principali strade maestre di età medicea poi divenute in età lorenese "Regie Maestre Postali" si ricordano:

  • via Bolognese (oggiSS. 65): conduceva daFirenze, uscendo daPorta San Gallo (Firenze) aBologna, attraverso ilPasso della Futa; fu la via postale più antica tracciata nell'Appennino tosco-emiliano. Da mulattiera fu trasformata in carrozzabile con la costruzione del nuovo tratto osteria di Novoli-Pietramala e poi daPorta San Gallo oltre le Filigare fino al confine pontificio. I lavori durarono dal1749 al1752, mentre in territorio papale dal1759 al1764 a causa delle difficoltà nelle trattative tra i due governi per aprire una comunicazione più agevole e le frequenti proteste delle comunità diScarperia eFirenzuola che si videro così tagliate fuori dalla direttrice commerciale. Nel tratto toscano furono aperte sei poste per il cambio dei cavalli: Fontebuona, Cafaggiolo, Montecarelli, Futa (sede di dogana), Covigliaio, Scaricalasino (oggiMonghidoro), la Posta di Filigare;
  • via Romana (oggiSS. 2, Cassia): andava da Firenze (Porta Romana) fino aSiena (Porta Camollia) per uscire di nuovo da Porta Romana e correre fino aRadicofani, Ponte Centino sul torrente Evella ed entrare in territorio papale. Nel1757 il reggenteAntoniotto Botta-Adorno decise di ristrutturarla senza modificarne il tracciato; i lavori continuarono dal 1759 fino al1763, finché nel1783-90, furono costruiti i ponti in muratura sui vari fiumi e torrenti che attraversava (Ombrone,Orcia). Nei confini toscani furono aperte 15 poste per il cambio:Galluzzo, San Casciano,Tavarnelle,Poggibonsi, Staggia, Castiglioncello diMonteriggioni,Siena, Monteroni d'Arbia,Buonconvento, Torrenieri, La Poderina, Ricorsi, Le Conie, Radicofani, Torricella;
  • via Aretina (oggiSS. 69 e71): andava da Firenze (Porta La Croce, Pontassieve, Incisa, San Giovanni Valdarno, Figline Valdarno fino adArezzo, passava sottoCortona (Camucia) ed entrava nei territori papali presso illago Trasimeno. I primi lavori di ristrutturazione furono iniziati nel1761 daPorta San Niccolò al borgo diIncisa, tagliando fuori l'antico tratto che partiva da Firenze uscendo daPorta San Nicolò per San Donato in Collina, Bagno a Ripoli, Incisa, per essere terminati sottoPietro Leopoldo; aveva le poste di Pontassieve, Incisa, Figline, San Giovanni, Montevarchi, Lèvane, Ponticino, Arezzo, Puliciano, Castiglion Fiorentino, Camicìa, Terontola;
  • via Pisana (oggiSS. 67): iniziava da Firenze (Porta San Frediano) per arrivare lungo ilValdarno inferiore alla Porta Fiorentina aPisa. Da qui si diramava (Porta Santa Maria) perPietrasanta a nord e a sud (Porta a Mare) perLivorno (Porta a Pisa). Diversi restauri con varianti di tracciato si ebbero negli anni1754-1757 e poi nel1771 al confine con la provincia pisana (ponte alla Cecinella) e alla macchia diTombolo a nord di Livorno (1777). Furono costruiti anche numerosi ponti sui torrenti che attraversava; aveva molte fermate di posta:Lastra a Signa,Montelupo, Cortenuova, Scala, San Romano, Castel del Bosco,Pontedera,Cascina, Riglione, Pisa, verso nord al confine lucchese con Torre del lago, verso sudSan Piero a Grado eLivorno;
  • via Lucchese: da Pisa (Porta a Lucca) andava aiBagni di San Giuliano e passando "sotto monte" raggiungeva Rigoli,Ripafratta per entrare nello Stato lucchese presso Cerasomma a4 km dalla città con le poste di San Giuliano, Ripafratta. Si denominava via Lucchese anche la strada che da Firenze (Porta al Prato) conduceva al confine lucchese presso Pescia con le poste di Castello, Sesto fiorentino, Calenzano, Prato, Agliana, Pistoia (Porta Fiorentina) e con la variante Peretola, San Piero, Poggio a Caiano, Olmi, Pistoia;
  • via Versiliese (oggiSS. 1 e62): coincideva con la via pisana fino a Pietrasanta (exclave toscana) per andare poi, presso ilLago di Porta aMontignoso ed entrare nelDucato di Massa. SuperataAvenza entra in territorio genovese. Una diramazione daSarzana portava inLunigiana ePontremoli, divenendo una mulattiera che ripercorreva l'anticavia Francigena. Solo nel1809 fu iniziata una carrozzabile per laCisa che fu completata solo nel1859;
  • via Traversa (oggiSS. 429): seguiva l'antica variante di fondovalle dellavia Francigena; si diramava dalla strada pisana presso la località "Osteria bianca" aPonte a Elsa, vicinoEmpoli, risaliva laValdelsa fino aPoggibonsi dove si ricongiungeva con la Romana. Fu nuovamente tracciata in età medicea per il trasporto delle derrate, attraversando i vari borghi agricoli daCastelfiorentino aCertaldo fino a Poggibonsi dove di congiungeva allavia Romana perSiena;
  • via del Littorale o dei Cavalleggeri (oggiSS. 1 evia della Principessa): tracciata nel XVI secolo, unendo vari tratti più antichi, partiva da Bocca d'Arno, passando per la Torre di Mezzapiaggia e dalla spiaggia delCalambrone e quella antistante laTorre del Marzocco per arrivare aLivorno da dove riusciva (Porta ai Cappuccini) e seguiva la linea della costa fino aTorre Nuova dopoSan Vincenzo, presso il confine con ilPrincipato di Piombino. Aveva funzioni eminentemente militari, a uso dei Cavalleggeri della costa, attraversando zone spopolate e spesso paludose, unendo in comunicazione le varie postazioni e leTorri costiere del granducato di Toscana. Era percorribile solo a cavallo, ma dal1776 è inclusa nelle "Strade Regie o Maestre" con la costruzione di una massicciata più adeguata e di numerosi ponticelli per l'attraversamento dei vari torrenti. ATorre Nuova un imbarco portava aPortoferraio;
  • via Lauretana: restaurata e rettificata da Pietro Leopoldo;
  • via Grossetana: andava da Siena (Porta San Marco) fino aPaganico,Batignano, eGrosseto. Detta anche "consolare grossetana" ed era in uso dal1626. Anche tale strada fu restaurata nel1765, con la sostituzione di ponti di legno con quelli di muratura;
  • via dell'Abetone (oggiSS. 12 e66): fu tracciata con scopi militari e strategici per volontà del governo austriaco che voleva unire i propri stati con ifeudi imperiali diMantova,Modena e la Toscana. Il tratto modenese fu aperto nel1777 daPistoia (Porta al Borgo), risalendo verso le Piastre, Campo Tizzoro,San Marcello Pistoiese, Pianosinatico fino Boscolungo presso il valico dell'Abetone dove tuttora due piramidi in pietra segnavano i confini degli stati modenese e toscano. Nel1778 divenne carrozzabile con inaugurazione della strada nel1781. L'opera fu considerata ciclopica per il tempo essendo per molti tratti scavata nella roccia e con la costruzione di due arditi ponti sullaLima e sulSestaione, quest'ultimo con un'altezza di 28 metri;
  • via Pistoiese: andava da Pistoia al valico di Serravalle e discendeva nella Val di Nievole fino a Borgo a Buggiano;
  • via della Valdinievole: risarcita con nuovi tratti e unioni con strade preesistenti, fu aperta nel 1783. Andava da Pistoia (Porta Lucchese) aSerravalle, Borgo a Buggiano, Bellavista, Poggio di San Colomba (Santa Maria a Monte) ePescia fino al confine lucchese (dogana del Cardino);
  • via della Romagna: iniziata nel1783 come barrocciabile partiva da Firenze per arrivare a Pontassieve e, risalendo la valle, raggiungeva San Godenzo, quando nel1788 i lavori di prosecuzione verso le valli romagnole fu interrotta. Il tratto da Ponticino aCastrocaro Terme e Terra del Sole fino al confine pontificio fu terminato nel 1836.

Dal 1825 sono tracciate nuove strade regie per migliorare i traffici dello Stato: la Firenze-Pontassieve-Incisa, la Sarzanese, la Pisa-Pistoia, Pisa-Piombino, delle Colmate o Arnaccio; sono aperti nuovi passi appenninici (Muraglione, 1835, Porretta, 1847, Cerreto, 1830, Cisa, 1859).

Di maggiore uso furono invece le cosiddette "vie d'acqua". I fiumi e i canali erano per il tempo più pratici e rapidi per gli spostamenti di persone e merci. Quelli più noti furono:

  • Arno: fino alXX secolo il suo corso era in gran parte navigabile dalla foce fino alPorto di Mezzo, poco prima diLastra a Signa, alle porte di Firenze, dove le merci scaricate, proseguivano via terra. Era percorso dai caratteristici navicelli, imbarcazioni larghe a basso pescaggio che potevano portare fino a 140 sacchi di grano;
  • canale dei Navicelli: fu scavato entro il1575 per congiungere ilporto di Livorno con Pisa (Porta a Mare); qui passata la dogana, con una serie di chiuse il naviglio veniva immesso in Arno. Era molto usato anche dai viaggiatori per evitare il tratto della strada pisana, disastrato e paludoso del Tombolo. Partito da Livorno il navicello impiegava quasi 5 ore per arrivare a Pisa;
  • Fosso del Mulino: a Pisa ci si imbarcava dalla cosiddetta "Darsena delle gondole" pressoPorta di Santa Marta e si arrivava a Ripafratta presso ilSerchio, dove iniziava ilCanale Ozzeri in territorio lucchese che portava fino a Lucca attraverso il canale della Formicola che arrivava al porto fluviale della città aSan Concordio (Il Fiumicello) e allago di Sesto e di nuovo in Arno;
  • canale Maestro della Chiana: scavato per drenare laVal di Chiana dalle vaste paludi che la ricoprivano, col tempo divenne un canale a uso commerciale essendo navigabile per circa 30 miglia. Vi si affacciavano i porti diTorrita di Siena, diCortona e scalo di Foiano (località Ponte presso Foiano), il porto di Brolio, quello di Cesa, quello di Puliciano, di Pieve al Toppo, di Ponte alla Nave ove le merci erano sbarcate e spedite a soma via terra ad Arezzo e Firenze;
  • canale del Terzo: emissario delPadule di Fucecchio era percorso dai navicelli che dall'Arno lo risalivano fino al padule ai porti delle Case e delle Morette. Da qui una mulattiera, poi barrocciabile (1783) conduceva a soma le merci fino aMonsummano Terme e Pistoia.
  • Ombrone: il fiume maremmano era parzialmente navigabile con i navicelli dalla foce fino alla dogana diTorre della Trappola e da qui la merce prendeva la via di terra fino aGrosseto.

Per le Ferrovie vediFerrovie toscane.

Demografia

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Con ilRinascimento e il risorgere delle attività economiche riacquistano importanza numerosi centri rurali posti lungo le principali direttive commerciali. Le città poste sulle strade che da nord scendono versoRoma si sviluppano nuovamente. Sono dissodate e colonizzate nuove terre con i primi tentativi di bonifica e tra i secoli XVII e XVIII prende progressivamente forma il tipico paesaggio toscano.

Natalità e mortalità nel Granducato di Toscana tra il 1828 e il 1837

Dai primi censimenti documentati si rileva che nel 1552 (Primo censimento ordinato da Cosimo I) l'allora ducato fiorentino raggiunge la stima di circa un milione di abitanti, mentre verso il 1745 sono aumentati di circa 200 000 unità. Secondo fonti più precise nel 1738 vi sono circa 890.600 sudditi e nel 1766 945.063, ripartiti in 2.559 parrocchie. La densità della popolazione si ritiene che ammonti nel corso del XVIII secolo a circa 110 abitanti per chilometro quadrato con punte minime di 17 abitanti nel Senese e di 9 abitanti nel Grossetano (4% della popolazione). La più alta densità si trova nel Valdarno e nelle campagne circostanti Firenze e Pisa. Il maggiore incremento demografico si rileva nelle campagne, nonostante le periodiche carestie che ne falcidiano la popolazione. Quella dal 1764 è particolarmente terribile con folle di poveri affamati che accorrono nelle città o si aggirano nella campagna mangiando erbe, ghiande e cortecce degli alberi. Tale crisi demografica fu accentuata anche dal concomitante arruolamento forzato imposto ottusamente dal reggenteAntoniotto Botta Adorno, facendo fuggire molti contadini dalla Toscana.Anche la politica liberistica dei primi Lorena favorì il ripopolamento delle zone rurali; determinante fu la legge sulla libera circolazione dei grani della Maremma (1739), restaurando così una certa libertà di commercio che soffriva dei pesanti vincoli doganali e fiscali interni allo Stato. Anche la legge del 1749 sull'abolizione dei feudi, favorisce una parcellizzazione delle proprietà terriere e una maggiore diffusione della ricchezza immobiliare e liberando le comunità municipali da tutte le imposizioni feudali che le opprimevano.

Con il nuovo secolo la popolazione nel 1801 raggiunge il 1 096 641 abitanti, arrivando nel 1814 a 1.154.686 e nel 1836 1.436.785. La capitale Firenze è seguita per densità demografica da Livorno che nel 1836 ha 76.397 abitanti e da Pisa che raggiunge i 20.943 a fronte della sua provincia che assomma 329.482 abitanti. Seguono Siena con 139.651 (18.875 in città), la città di Pistoia con 11.266 abitanti, Arezzo con 228.416 (di cui 9.215 in città), e Grosseto con 67.379 abitanti (2.893 in città).La popolazione toscana nel 1848 ha un totale di 1 724 246 abitanti ripartiti per compartimenti (province):

Società

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Anche in Toscana si erano andate formando nei secoli le classi sociali che caratterizzano gli Stati dell'ancient regime (nobiltà, clero e popolo).La corte fiorentina era il fulcro della società e della politica toscana e anche quando ai Medici si sostituirono i Lorena, la reggia di palazzo Pitti, sebbene privata fino al 1765 di un reale granduca, continuò a essere considerata il centro ideale dello Stato insieme al Palazzo vecchio. All'antica nobiltà medicea, in gran parte conservatrice e bigotta, cominciò ad affiancarsi una nuova dirigenza lorenese spesso costituita non solo da nobili fedeli alla casa lorenese, ma anche avventurieri e sfruttatori della nuova situazione politica toscana a loro favorevole. Tuttavia, questo scontro che ben presto si verificò tra la classe dirigente medicea, austera e immobilista e la nuova dirigenza più moderna e imprenditoriale rinnovò la stasi sociale che era andata creandosi negli ultimi decenni della dinastia toscana.

Nobiltà

Fino al 1750 la Toscana non ha un propriodiritto nobiliare, continuando ad avvalersi deldiritto comune e delle norme relative all'Ordo decurionum introdotto neimunicipi delbasso impero romano.La "Legge per Regolamento dellanobiltà ecittadinanza" promulgata a Vienna il 31 luglio 1750 si richiama in gran parte agli Statuti e alla giurisprudenza dell'Ordine di Santo Stefano del 1748. Per l'occasione è creata una "Deputazione sopra la nobiltà e cittadinanza" composta da 5 deputati di nomina granducale cono lo scopo di identificare e riconoscere le famiglie aventi diritto a far parte del patriziato e della nobiltà. Con questa legge si dettano i principi generali per riconoscere a un soggetto la dignità di nobile ed entrare a far parte della nobiltà civica: il godimento della cittadinanza da lungo tempo in una della "Patrie nobili" distinguendo quelle antiche in cui vi sono patrizi, cioè nobili che hanno diritto al cavalierato dell'Ordine di Santo Stefano e i semplici nobili, cioè quelli che possono dimostrare patenti di nobiltà da almeno 200 anni - o come a Firenze prima del 1532 - (Firenze, Siena, Pisa, Pistoia, Arezzo, Volterra, Cortona) da quelle nuove cui vi appartengono i semplici nobili (Montepulciano, San Sepolcro, Colle Valdelsa, San Miniato, Prato, Livorno, Pescia), avere un ricco patrimonio anche con feudi nobili, appartenere a uno degli ordini nobili, aver ricevuto diploma di nobiltà dal sovrano, vivere con decoro proporzionato alle proprie entrate o esercitare la mercatura o professione nobile, essere o appartenere a una famiglia che ha rivestito la carica di Gonfaloniere della città (nobiltà civica). La legge per porre fine alla confusione e gli arbitri del passato pone come fonte legittimante per lo status di nobile il solo atto del sovrano. Il loro riconoscimento ne permette l'iscrizione nel "libro d'oro" della propria città. Succede di un anno la precedente legge del 15 marzo 1749 "Sopra i feudi e i feudatari" che a sua volta riorganizza i poteri feudali in Toscana.La classe aristocratica toscana basava fondamentalmente la propria ricchezza sulle rendite fondiarie. Era rappresentata dalla nobiltà locale che godeva dei numerosi privilegi, specialmente fiscali concessi dai granduchi per comprarsi la loro fedeltà e servigi. I suoi esponenti, proprietari terrieri ascendevano alle più alte magistrature dello Stato ed entravano nel cavalierato dell'ordine toscano di Santo Stefano spesso di diritto se residenti nelle "Patrie Nobili", che a sua volta godeva di uno status privilegiato in tema di riscossioni ed esenzioni da tributi. La nobiltà oltre a possedere un proprio patrimonio privato (beni allodiali) poteva riceve l'investitura di feudi dello Stato, spesso dietro versamento di somme alla cassa granducale, da cui ricevevano ulteriori introiti. Solo con la legge del 1749 sull'abolizione dei feudi e dei relativi diritti feudali sulla terra si pone un freno al potere economico che aveva assunto la classe aristocratica. La legge promulgata dal granduca-imperatore tramite il segretario della giurisdizione granducaleGiulio Rucellai, riduce il potere politico dei feudatari, proibisce la loro ingerenza sulle entrate delle comunità, equiparandoli in materia fiscale a tutti gli altri sudditi. Le lunghe controversie e resistenze condotte dalla nobiltà portano solo alla fine del secolo alla progressiva nascita di una media borghesia terriera che si svilupperà solo nel secolo successivo. La stessa legge disciplina i casi di esclusione dei soggetti e loro successori dallo status di nobile (delitto di lesa maestà, esercizio di arti vili come il commercio al minuto, notariato, medicina, meccanica), mentre altre attività artistiche come pittura e scultura non sono cause ostative.Questo permette l'iscrizione nellibro d'oro diFirenze di 267 famiglie nobili, aSiena di 135 famiglie (103 patrizie e 32 nobili), aLivorno di 46 famiglie nobili.

Clero

Il clero che sotto gli ultimi Medici dominava la corte, continua a influenzare la politica del periodo della Reggenza lorenese. Analogamente ai nobili, prelati e preti continuavano ad avere molti privilegi di natura fiscale e giuridica, esentandoli dagli obblighi dell'autorità statale (privilegia canonis,fori,immutatis,competentiae).

Borghesia

La borghesia è la classe emergente ed eterogenea che ha sempre caratterizzato la società cittadina toscana. Il medio ceto mercantile, professionista, artigiano e finanziario si avviava a divenire anche proprietario fondiario.Dal periodo medievale continuava a essere suddivisa in base al mestiere svolto. Continuava a sussistere l'antica struttura corporativa con le sette Arti Maggiori (giudici e notai, mercanti di Calimala, cambiatori e banchieri, mercanti della lana, mercanti della seta, medici e speziali), le cinque arti medie (beccai, fabbri, calzaioli, maestri di pietre e legnami, galigai) e le nove arti minori (vinattieri, fornai, oliandoli, chiavaioli, linaioli, legnaioli, corazzai e armieri, vaiai e cuoiai, albergatori). Queste corporazioni avevano propri privilegi con magistrati civili e penali, statuti e propri tribunali, propri consoli che ne rappresentavano l'autonomia e la rappresentanza, ne facevano uno Stato nello Stato.

Contadini

La società rurale era in maggioranza costituita dai contadini, generica categoria che non era neppure considerata come classe sociale, comprendendovi anche i piccoli proprietari coltivatori diretti e i salariati vincolati alla terra da contratti dimezzadria. L'incertezza giuridica e l'assenza di reali tutele sociali tenevano il contadino in una prevalente condizione di instabilità e povertà finanziaria. Contro le angherie e i privilegi dei padroni terrieri non vi era possibilità d'appello. Indipendentemente dalla produzione annuale, la metà del ricavato dal podere andava al proprietario terriero spesso riducendo il contadino e la sua famiglia alla "miserabile condizione di consumarsi di stento e di fame". Inoltre erano obbligati a pagare del proprio la metà della "decima parrocchiale" sul fondo coltivato.Nonostante il grave sfruttamento, l'ignoranza, l'alta mortalità, il grave indebitamento, la denutrizione e la drammatica vita itinerante per le frequenti disdette annuali delle mezzadrie, la popolazione rurale non abbandona le campagne incrementando anzi lo sviluppo demografico.Prima delle riforme leopoldine che portarono a vasti appoderamenti moderni delle campagne, i mezzadri vivevano in capanne di legno con il tetto di paglia con famiglie di 10-15 membri in stretta promiscuità, spesso in compagnia di animali. Vi erano inoltre su quasi un milione di abitanti nello Stato circa 40.000 disoccupati e mendichi. I disoccupati si arrangiavano facendo i "pigionali" rurali, cioè braccianti che prestavano occasionalmente la propria mano d'opera (ad opra) nei campi per lavori straordinari o per le raccolte stagionali (mietitura, vendemmia, ecc.).

Economia

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Le riforme lorenesi sono tese a risanare con una politica economica programmatica la situazione disastrosa ereditata dagli ultimi Medici. Favorendo la libera iniziativa privata e il libero sviluppo della produzione i governi lorenesi spingono le innovazioni in tre principali settori: l'agricoltura valutata come principale attività economica del paese, il commercio e l'attività manifatturiera, la realizzazione di opere pubbliche tesa ad agevolare una più agile circolazione del commercio e dare lavoro ai sudditi, migliorandone così il tenore di vita. A queste Pietro Leopoldo vi affianca le importanti riforme civili, amministrative, giudiziarie e sociali, portando così il Granducato a raggiungere l'avanguardia europea in molti settori.

Una caratteristica dell'economia rurale toscana è l'istituto di origini comunali dellamezzadria che coinvolge la popolazione contadina nella produzione terriera dei grandi proprietari. Il podere, inteso come fondo terriero organizzato (culture, allevamento, casa colonica, approvvigionamento idrico, ecc.) diviene elemento essenziale del mondo contadino del tempo. Si ritiene che all'avvento di Pietro Leopoldo i poderi toscani siano circa 48.000, benché la maggior parte di essi non assicurassero una piena sussistenza ai coloni e alle loro famiglie. La proprietà fondiaria è distribuita tra il patrimonio della Corona (Possessioni granducali), costituito da palazzi, tenute, bandite di caccia, residenze, fattorie e poderi che assicuravano le rendite alla famiglia regnante, patrimonio privato delle grandi famiglie nobili e dai feudi concessi loro, dal patrimonio ecclesiastico dei vari ordini religiosi, enti, pievi e ospedali, vincolato dallamanomorta, dal patrimonio di ordini laicali e di altre istituzioni (ordini cavallereschi, Opere pie, ospedali laici). La nobiltà locale a lungo contrasterà la spinta governativa dell'abolizione dei feudi e privilegi terrieri (1749-1783). Tra le famiglie possidenti, si stima che alla metà del XVIII secolo, i marchesi Riccardi fossero i più facoltosi. Benché l'80% della popolazione si dedichi all'agricoltura, per i suddetti limiti, la produzione spesso non è sufficiente al fabbisogno interno statale. Durante le frequenti carestie si devono così importare granaglie dalLevante e poi dallaCrimea russa. Le prime bonifiche inVal di Chiana e nellaMaremma Pisana danno però già un primo incremento frumentario, passando dai 5.200 quintali del 1765 ai 90.900 del 1783 a seguito delle nuove terre messe a cultura. Apprezzabile è anche la produzione dell'olio un po' su tutto il territorio, mentre la produzione di vino raggiunge una produttività e qualità apprezzabili solo nel corso del XIX secolo, tale da renderlo prodotto di esportazione. Altre forme di produzione rurale sono i foraggi e il bestiame nellaMaremma.

Molto ricca invece la produzione di legname ricavato dalle foreste della catena appenninica. I tagli sono ben regolamentati e periodici o a rotazione, impedendo l'impoverimento del manto forestale in gran parte di proprietà demaniale o ecclesiastica. Il legname era usato per gli arsenali navali di Pisa e Livorno o per i carbonai. L'attività manifatturiera, benché inizi a svilupparsi e ad assumere connotati industriali solo dalla metà del XIX secolo, già dal secolo precedente si ha la produzione della paglia per fabbricarne i famosi "cappelli di Firenze" poi esportati in tutto il mondo (New York, 1822; Vienna, 1836; Australia, 1855). La produzione tessile e in particolare della seta, benché abbia perso la prosperità dei secoli passati e venga fatta in condizioni di arretratezza dei telai continua a sussistere, sebbene con la grave limitazione del divieto di esportazione della cosiddetta "seta soda" (seta greggia); analogamente l'industria del cotone è ormai limitata alle attività domestiche e rurali dei telai casalinghi, se si considera che al tempo di Pietro Leopoldo in Toscana vi sono appena 4.000 telai sparsi nelle comunità rurali. Più rilevante la produzione delle porcellane diDoccia a opera diCarlo Ginori, le terrecotte dell'Impruneta.Tra le attività estrattive gran parte delle miniere sono quasi esaurite per il secolare sfruttamento: in Maremma le principali materie sono lo zolfo di Pereta e il marmo di Campiglia, la pietra serena di Firenzuola, Gonfolina e Fiesole, il raro rame che viene ricavato a Montecatini in Val di Cecia, le allumiere di Volterra e di Montioni, il mercurio presso Montaione, il marmo statuario di Serravezza, le saline di Livorno e Portoferraio con tutte le limitazioni di natura giuridica che ancora il diritto romano in uso riconosce al proprietario terriero che continua ad avere il dominio assoluti "dal cielo all'inferno", avendo così la facoltà di impedire l'escavazione delle miniere sottostanti le sue proprietà. Anche l'estrazione del ferro continua ad avere un certo rilievo benché la proprietà delle miniere elbane sia dei principi di Piombino. La lavorazione del ferro (le Magone) è localizzata sulla costa maremmana con forni e ferriere (una dal 1577 a Follonica poi specializzata nella ghisa, una a Valpiana presso Massa Marittima dal 1578 e l'altra al Fitto di Cecina dal 1594), sul lago dell'Accesa (1726), già usufruito in età etrusca, e ancora in Versilia, nella Montagna pistoiese ricca di carbone di legna e di acqua dove il materiale ferroso viene faticosamente portato attraverso il mare fino a Livorno, i canali e l'Arno fino al porto di Signa e da qui fino a Pistoia su carri per proseguire con i muli fino alla montagna (Pracchia, Orsigna, Maresca, Mammiano, Sestaione, Cutigliano e la stessa Pistoia).

La dinastia Asburgo-Lorena fin dalXVIII secolo intraprese politiche di tipoliberista e non protezioniste, al contrario degli altri Stati italiani preunitari.[49] La libertà di importare e esportare grano, legata alla politica liberistica del governo granducale, non diede grande impulso alla produzione agricola: benché l'80% della popolazione si dedichi all'agricoltura la produzione agricola delle campagne toscane era sufficiente al fabbisogno interno, ma non consentiva l’esportazione dei cereali, nonostante la continua opera di bonifica della Maremma e delle altre paludi, con la conseguente messa a coltura di nuovi terreni.[49]

Sanità e assistenza sociale

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Dopo la grande pestilenza del 1630, il governo granducale rafforzò le proprie misure sanitarie non solo sulle frontiere terrestri ma soprattutto su quelle marittime. Livorno fu sede del dipartimento di Sanità Marittima con un'importante capitaneria di porto con giurisdizione su tutto il mare toscano, isole comprese. Vi facevano capo sia i comandi della Marina militare sia di quella Mercantile, l'Ufficio di Ispezione di Sanità da cui dipendevano anche le amministrazioni dei Lazzeretti portuali. Altre deputazioni di sanità, riorganizzate con la riforma del 1851 erano distinte per ordine di giurisdizione e d'importanza in tre classi: Portoferraio, Porto Longone (Porto Azzurro), Porto S. Stefano, Viareggio (Uffici di sanità e della marina mercantile) appartenevano alla 1ª classe, Talamone, Porto Ercole, Castiglione della Pescaia, Piombino-porto appartenevano alla 2ª classe e infine alla 3ª classe Porto Vecchio di Piombino, Rio Marina, Marciana Marina, Marina di Campo. Vi erano inoltre degli uffici distaccati di sanità per il controllo della costa (Pianosa, scalo di Follonica, Baratti, Giglio porto, scalo di Bocca d'Arno, scalo di Pietrasanta (frazione Forte dei Marmi).La popolazione quando non era curata e assistita nelle proprie abitazioni, condizione questa per le classi più agiate, era ricoverata in ospedali e asili, generalmente gestiti da Opere Pie di beneficenza pubblica. Tra questi si ricordano a Firenze l'Arcispedale di Santa Maria Nuova, il San Bonifazio e Santa Lucia, lo Spedale degl'Innocenti, la Casa Pia del Lavoro (1815), l'orfanatrofio delBigallo (per i bambini abbandonati e gli orfani tra i 3 e i 10 anni), gli ospizi di S. Onofrio, i due notturni, di S. Domenico, e di S. Agnese. Nelle altre città tra i principali nosocomi si ricordano gli Spedali di S. Antonio e della Misericordia a Livorno, la Casa di Carità, le Case Pie e del Refugio, a Lucca lo Spedale civile e l'ospizio di maternità, il manicomio di Fregionaia, a Pisa gli Spedali Riuniti di S. Chiara e dei trovatelli, la Pia Casa della Misericordia, e ancora gli Spedali Riuniti di Siena, il Misericordia e Dolce a Prato, gli Spedali di S. Maria sopra i ponti ad Arezzo, la Pia Casa di mendicità, gli Spedali Riuniti di Pistoia e quello di Grosseto.In particolare, le varie confraternite laicali, e in particolare quelle dellaarciconfraternita della Misericordia che si diffusero, grazie anche alla benevolenza e gli aiuti economici dati dagli stessi granduchi, in tutta la regione erano particolarmente attive nell'assistenza alle classi meno abbienti. Proprietarie di chiese, ospedali, istituti di cura, asili, camposanti assistevano gli abbandonati e i mendicanti, curavano i malati poveri e i pellegrini, assistevano carcerati e tumulavano con esequie religiose i giustiziati a morte e i deceduti per le pubbliche strade, distribuivano viveri e vestiario o assegnavano doti alle ragazze indigenti. Il loro vasto patrimonio fu in gran parte incamerato dallo Stato a seguito delle soppressioni leopoldine del 1785. Al momento delle soppressioni si stima che solo a Firenze e suo distretto vi fossero circa 398 istituti laici di carità.

Cultura

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Istruzione

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Fino alla prima metà del XIX secolo non vi è una vera istruzione pubblica, le classi più agiate istruiscono i figli o con insegnanti privati (maestri e precettori) o presso istituti tenuti da religiosi (Barnabiti,Scolopi,Gesuiti). Le poche scuole vivono con i sussidi dello Stato o di qualche benefattore e sono male organizzate.

Le materie insegnate sono suddivise in vari corsi (umanità, retorica, filosofia, geometria, grammatica, teologia morale, fisica, latino, greco, ecc.). Dalla metà del XVIII secolo si cominciano a organizzare anche Scuole femminili pubbliche per l'insegnamento del leggere, scrivere, fare di conto, arti femminili (cucito, ricamo, cucina, ecc.), doveri sociali, religione, grammatica italiana, francese, geografia, musica, disegno, ballo. Ma con le riforme leopoldine molti istituti furono soppressi e le scuole riorganizzate e aggregate tra loro.

Centro di cultura europea per tutto ilRinascimento, il Granducato eredita e sviluppa l'enorme patrimonio artistico e intellettuale anche nei secoli successivi, sia pure in forma più dimessa e circoscritta. Con i Lorena viene rivivacizzata l'attività artistica e viene ricostituito una classe dirigente di intellettuali toscani che insieme all'attività economica è l'aspetto più vistoso dello Stato in tutto il panorama ristagnante dell'Italia del Settecento. Viene rinnovata e ridata dignità agli Studi universitari de"La Sapienza" di Pisa, famosa per l'insegnamento del diritto e de "Lo Studio" diSiena, divenendo i centri dell'illuminismo toscano e italiano, mentre a Firenze c'è una nota scuola chirurgica presso Santa Maria Novella. Da questi centri di cultura si formano uomini comeBernardo Tanucci,Leopoldo Andrea Guadagni,Claudio Fromond,Paolo Frisi,Antonio Cocchi,Leonardo Ximenes.

Con l'abolizione della censura ecclesiastica (1754) si passa algiusnaturalismo che libera in molti aspetti la cultura toscana dal controllo dellaChiesa e dall'aristotelismo. Questo permette una maggiore libertà nel transito delle idee e delle correnti culturali, in forma diversa, ma complementare, attraverso due centri importanti: Firenze, raccordi dei contatti di tipo continentale del mondo mitteleuropeo e francese e Livorno, centro portuale e mercantile cui affluiscono le tendenze anglosassoni. Per tutto il XVIII secolo, infatti, nel giudizio comune britannico, Livorno costituisce un riferimento economico importante come si rileva anche dai registri deiLloyds di Londra.

Accademie e società culturali

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Aspetto caratteristico toscano furono le numerose Accademie e Società fondate per scopi letterari o scientifici. A Firenze si ricordano:

  • Accademia Fiorentina (1549) per la purezza della lingua fiorentina sugli altri dialetti toscani;
  • Accademia della Crusca (1583) per la purezza della lingua letteraria italiana del XIV e XV secolo, curando la pregevole pubblicazione periodica e aggiornata di un apposito Vocabolario;
  • Accademia degli Apatisti (1635) con finalità letterarie e fusa nel 1783 a quella della Crusca e Fiorentina;
  • Accademia dei Georgofili (1753) fondata per iniziativa del conteLudovico Fantoni e dell'abateUbaldo Montelatici per lo studio delle coltivazioni e dell'agricoltura intesa come primariolavoro produttivo;
  • Accademia Etrusca (1727), fondata a Cortona per lo studio dei reperti archeologici etruschi che andavano acquistando sempre più interesse e reviviscenza per gli studi antiquari;
  • Accademia delle Arti e del Disegno (1563) per l'insegnamento delle Belle Arti e il controllo critico nel campo della figurativa tradizionale;
  • Accademia degli Intronati (1460) fondata a Siena con scopi scientifico-letterari;
  • Accademia dei Fisiocritici (1691), fondata a Siena per l'arte medica;
  • Accademia dei Dubbiosi (1644), fondata a Livorno per scopi letterati e storici;
  • Accademia Labronica, fondata ancora a Livorno per interessi letterari;
  • Accademia Società Letteraria La Colombaria (1735) fondata a Firenze come centro studi di scienze morali e letterarie; ne fu socio lo stessoLudovico Antonio Muratori;
  • Società Botanica (1716) a Firenze per lo studio della botanica e sua raccolta sistematica in un museo, divenendo presto un centro di ricerche sistematiche dipendente dallo Studio fiorentino di scienze mediche dell'Ospedale di Santa Maria Nuova.
  • Accademia della Valle Tiberina Toscana di scienze, lettere ed arti (1830), fondata aSansepolcro per iniziativa di Francesco Gherardi Dragomanni, con scopi scientifico-letterari e agronomici.

Divertimenti

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Nelle classi più agiate, dove il tempo libero era maggiore, sono diffusi i giochi di società come quelli delle carte, gli scacchi, il biliardo. Dalla Francia, sin dalla fine del '600 comincia ed essere in uso la "pallacorda" con l'apertura di ambienti per tale gioco in varie città, mentre dal '700 entrano in uso, per l'influenza inglese, le prime corse ippiche che godono della partecipazione di molti cittadini. Continuano ed essere diffusi i vari giochi e gare popolari come espressione del folclore cittadino. È il caso delcalcio fiorentino che viene occasionalmente giocato anche in altre città, delgioco del ponte a Pisa, delpalo della cuccagna, o delpalio marinaro a Livorno.

Le occasioni di divertimento erano poi offerte dalla "villeggiatura" nei mesi estivi che, nata per sfuggire il pericolo di epidemie, più frequenti nella stagione calda, porta le classi ricche a trascorrere lunghi periodi nelle residenze di campagna facendone una vera moda. Nel XVIII secolo riacquista una certa importanza anche l'attività termale di cui la Toscana è ricca di centri. Già il granduca Giangastone de' Medici amplia e sviluppa le antiche terme pisane diSan Giuliano, già note aCarlomagno. Ma è conPietro Leopoldo che, con l'apertura delle nuove terme diMontecatini, l'attività termale acquista rinomanza e caratteri di una moda che coinvolgerà presto tutta l'alta società europea, creando i presupposti per un vero turismo in senso moderno che caratterizzerà tutto l'800. Tra i maggiori centri termali si ricordano, oltre quelli già citati,Uliveto Terme,Bagno a Ripoli,San Casciano in Val di Pesa,Poggibonsi,Casciana Terme,Caldana,Monsummano,Chianciano,Rapolano Terme,Bagno Vignoni,Saturnia,San Casciano dei Bagni.

Stato e Chiesa

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Benché la religione di Stato sia quella cattolica romana, i Medici hanno sempre favorito la tolleranza verso altre religioni in particolare nella loro nuova città diLivorno. Per ragioni di natura economico-demografica è incoraggiata la presenza di comunità straniere anche acattoliche come quella ebraica (comunità di Firenze,Livorno,Pisa,Pitigliano) o quelle di varia fede protestante (anglicani,calvinisti,luterani), per arrivare ai Greci e Russi ortodossi e ai musulmani.

Su tale situazione laSanta Inquisizione vigila attentamente, intervenendo presso il governo nei casi che ritiene opportuni.Il clero, specie con iGesuiti introdotti sottoCosimo III, domina l'ambiente della corte fiorentina. Gode da tempo di molti privilegi e immunità di origine medievale e feudale come l'esenzione dagli obblighi verso l'autorità civile (esonero dal giudizio dei Tribunali di stato, speciale tutela penale, esenzioni fiscali, ecc.). Con il fenomeno dellamanomorta il clero è in possesso di vaste proprietà immobiliari con una rendita annua che sotto la Reggenza ammonta a oltre 1.700.000 scudi contro la rendita statale di 335.000 scudi. Tale situazione non più tollerabile sotto il governo illuminato dei Lorena viene progressivamente smantellata con l'abolizione delle prigioni dell'Inquisizione (1754) e la chiusura di molti suoi uffici periferici, fino alle più drastiche riforme leopoldine che eliminarono i Tribunali del S. Uffizio (1782) e gran parte dei privilegi ecclesiastici, seguiti da tutta una serie di limitazioni sulle forme esteriori di religiosità, l'interdizione delle sepolture nelle chiese, fino ad arrivare a un tentativo di costituire una propria Chiesa nazionale toscana con l'aiuto diScipione de' Ricci,vescovo di Pistoia.Nel 1749 sono regolamentate le feste di precetto:

  • quelle riferite alla vita di Cristo (Natale, Circoncisione, Epifania, Ascensione, Corpus Domini);
  • quelle riferite alla vita di Maria (Concezione, Natività, Annunciazione, Purificazione, Assunzione o Dormizione);
  • tutte le domeniche, e le feste dei SS. Pietro e Paolo, Ognissanti, dei patroni delle varie città.

Lo Stato è ripartito in tre Province ecclesiastiche:

Vi sono poi Diocesi dipendenti direttamente dalla Provincia Romana della Santa Sede:

Oltre al clero ordinario anche le numerose famiglie religiose possiedono vaste proprietà e privilegi. Tra i maggiori ordini religiosi distribuiti nello Stato vi sono:

  • gliAgostiniani, in ordini maschile e femminile e terziario (priorato di San Giovanni)
  • iDomenicani, proprietari di molti conventi (Fiesole, Livorno), in decadenza per la politica ostile del governo toscano nei loro riguardi
  • iCarmelitani scalzi, organizzati nella Congregazione di San Elia (1599)
  • iFrancescani distinti nelle famiglie deiMinori,Cappuccini eConventuali
  • iFatebenefratelli, con la stessa regola degli agostiniani
  • iBarnabiti, che godettero di grande prestigio specie sotto i Medici che li incoraggiarono ad aprire scuole e istituti per l'educazione dei giovani fino alle soppressioni leopoldine
  • iTeatini, che ebbero il loro centro principale al santuario mariano diMontenero (Livorno) fino al loro allontanamento nel 1791
  • iBenedettini, proprietari di vaste tenute ed eremi erano distinti inCamaldolesi, feudatari delle foreste appenniniche della zona diBadia Prataglia con sedi aCamaldoli, Monte Corona (sede principale fino al 1861),Buonsollazzo e San Lorenzo in Firenze,Certosini con le certose del Galluzzo (1344), della Gorgona (1705-1776), diCalci (1366), di Maggiano (fino al 1785), Pontignano (1343-1782) eBelriguardo (1345-1782) tutte a Siena, iVallombrosani, con i centri diVallombrosa, San Salvi a Firenze,Passignano, Santa Trinita a Firenze, Montenero dal 1791, e i feudi della contea di Magnale e marchesato di Monteverdi e Canneto,Olivetani, con centro aMonte Oliveto
  • iServiti, della regola agostiniana, con centro aMontesenario
  • iGesuiti, dapprima molto influenti, decaddero per le ostilità governative fino alla loro cacciata e soppressione nel 1773.

Forze armate

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Esercito

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Con le proprie ambizioni espansionistiche,Cosimo I de' Medici comprese la necessità di presidiare il territorio creando proprie truppe locali. Nel 1537 vennero costituite le "bande" o compagnie locali con arruolamento a ruolo. I maschi toscani erano arruolati nella fascia di età tra i 20 e i 50 anni sia con arruolamento volontario che coatto, procedendo con un commissario generale ad una selezione ogni 3 o 4 anni in base alle esigenze contingenti, escludendo i cittadini fiorentini per inaffidabilità e quelli pistoiesi perché ritenuti troppo turbolenti ed indisciplinati. Con le periodiche riviste militari si procedeva ad ispezioni che aggiornavano lo stato dei componenti (inabilità, inidoneità fisica, limiti di età raggiunti, trasferimenti). Dipendevano in ambito giudiziario per delitti in servizio o procedimenti disciplinari da un "magistrato delle bande", dipendente a sua volta dal Segretario di Guerra.DalXVII secolo il granducato era ormai privo di ambizioni espansionistiche. Dopo le lunghe guerre che portarono Firenze all'annessione di gran parte dell'odierna Toscana e con l'ultima grande guerra contro Siena, il governo mediceo e poi lorenese mantennero un esercito composto da poche unità di mercenari e da veterani che spesso svolgevano solo un controllo interno sul territorio per l'assoluta assenza di nemici limitrofi, affiancando nei compiti di tutela dell'ordine pubblico il bargello e i suoi birri. Le uniche fortezze che continuarono ad assolvere un rilievo militare e difensivo furono le piazzeforti diLivorno e diPortoferraio per la sicurezza del mare e delle coste, continuamente minacciate dai corsari barbareschi magrebini e turchi. Per tale ragione fu costituita nel corso del XVI secolo una linea difensiva ditorri costiere con circa 81 località fortificate dallaVersilia allaMaremma Grossetana.Le truppe delle bande andarono drasticamente riducendosi, tanto che alla fine del principato mediceo erano poco più di 12.000 con molti veterani, di cui circa 7.000 professionisti tra graduati e soldati.

Sotto la Reggenza nel 1738 si procedette alla riforma, costituendo a fianco della struttura per bande con reclutamento locale introdotta da Cosimo I, un Reggimento di Guardie lorenesi ed uno toscano. Il 16 ottobre 1737 si procede al licenziamento dei Corpi di Guardia medicei. Nel 1740 i Reggimenti divennero tre: "Capponi", poi denominato "Lunigiana", "Pandolfini" poi divenuto "Romagna" ed uno squadrone di cavalleria con un totale di circa 6.000 uomini con gli invalidi e i veterani. Una prima riorganizzazione dell'esercito toscano si ha nel febbraio 1741 con la creazione di un Corpo di Guardie Svizzere (sciolto nel 1745), un Corpo di Guardie Nobili, 2 Reggimenti di fanteria, 2 Reggimenti di Bande (Milizia Nazionale) ed 1 Reggimento di Bande a cavallo, mentre l'anno dopo furono create 5 Compagnie del Battaglione Alemanno (assorbito nell'esercito austriaco nel 1744). Nel 1745 è creato il 3º Reggimento della Milizia Nazionale e nel 1747 un Battaglione di Fanteria di Marina. Nel luglio 1748 è costituito il Battaglione di Artiglieria e lo scioglimento della Compagnia dei Bombardieri.

Con legge del 13 settembre 1753 si proceder alla nuova riforma dell'esercito e furono abolite le Bande locali (la Milizia è sostituita dalla Guardia della Sanità) e mantenuti i soli tre Reggimenti di Fanteria regolare, a Livorno è creata la Guardia Marina a cavallo e costituita una Compagnia di Fanteria a Grosseto e una Milizia urbana all'isola del Giglio, mentre a dicembre è creato il Corpo degli Invalidi delle Fortezze.

Nel 1755 è creato il Corpo degli Ingegneri e l'anno dopo il 2º Distaccamento della Guardia Marina a cavallo, mentre nel 1748 furono costituiti il Corpo dei Dragoni toscani e la 1º Compagnia Urbana a Portoferraio.

Fu introdotto nuovamente il servizio militare obbligatorio fino a reclutare 7.500 uomini. Per il suo totale disuso da lungo tempo e fattosi gravoso durante laguerra dei Sette Anni (1756-1763), ci furono molte diserzioni e fughe delle giovani generazioni, specialmente rurali, nei vicini Stati della Chiesa. Nel 1756 i tre battaglioni di 3.159 toscani furono mandati alla guerra e nel 1758 con l'accordo "per sussidi di soldati all'impero" questi vennero posti al servizio diMaria Teresa d'Asburgo (Toskanischen Infanterie Regiment). Le 5 Compagnie toscane, integrate nell'esercito austriaco, furono impegnate in vari scontri contro i Prussiani e combattendo con onore persero 1.542 uomini. I superstiti rientrarono a Firenze nel giugno 1764.

Nel 1798 con le prime campagne napoleoniche la Toscana poteva contare su un esiguo numero di militari, essendo state le spese relative ridotte al minimo. In servizio del granduca vi era:

  • una Compagnia di Guardie nobili da 156 unità
  • una Compagnia di 48 Guardie a cavallo
  • un Reggimento di linea - "Real Toscano" - da 2 531 unità
  • quattro Compagnie di Guarnigione da 777 unità distribuite tra Firenze, Livorno, Arezzo e Portoferraio
  • tre Squadroni di Dragoni da 300 unità suddivise tra Firenze, Livorno ed Arezzo
  • quattro Batterie di artiglieri da Piazza da 198 unità in stanza a Firenze, Livorno, Arezzo e Portoferraio.

Verso il 1820 l'apparato militare dello Stato dipendeva dal Dipartimento della Guerra, diretto dal ministroVittorio Fossombroni, segretario di stato. Il Comandante Supremo delle truppe era il generaleIacopo Casanova, mentre capo dello Stato Maggiore era il colonnelloCesare Fortini.

Le piazze militari erano: Firenze con le fortezze da Basso e di Belvedere, Livorno, Portoferraio, Pisa, Siena, Grosseto, Volterra, Arezzo, Pistoia, Prato, Isola del Giglio, Isola di Gorgona e successivamente Orbetello, Follonica, Monte Filippo, Talamone, Porto Santo Stefano, Lucca, Viareggio.

L'esercito era composto da 4 500 unità distinte in:

  • Stato Maggiore
  • Regia Guardia del Corpo (anche detta Guardia Nobile)
  • Regia Guardia degli Anziani
  • Battaglione Granatieri
  • Reggimento di Linea "Regio Ferdinando"
  • Reggimento di Linea "Regio Leopoldo"
  • 3 Battaglioni di Guarnigione (Firenze, Livorno e Siena)
  • Battaglione dei Coloniali
  • 3 Battaglioni Cacciatori Volontari (Pisa, Cecina e Grosseto)
  • 4 Squadroni Dragoni (Firenze, Pisa, Livorno e Siena)
  • Battaglione d'Artiglieria
  • 4 Compagnie Cannonieri Guardacoste dell'Elba
  • Corpo dei Veterani
  • Corpo degli Invalidi

Nel 1836 l'esercito era composto da 7.600 uomini di cui 2.560 nei due reggimenti di fanteria, 3.200 in tre reggimenti di fucilieri, 880 nel battaglione d'artiglieria, 360 in un battaglione pistoiese, 300 nei fucilieri a cavallo e 300 nei cavalleggeri del Littorale.

Nella seconda metà del XIX molti reparti militari furono riformati:

  • il Reggimento dell'Imperiale e Regia Gendarmeria, fu istituito con decreto del 24 ottobre 1849 e riformato il 10 aprile 1856 in Reggimento di Stato Maggiore e di Stato Minore, due battaglioni con 4 compagnie ciascuno e uno squadrone di cavalleria (1800 uomini con 160 cavalieri);
  • il Corpo degli Ingegneri militari, fu istituito il 28 dicembre 1849 per i lavori alle fortezze e fabbriche militari, ripartito nelle 5 direzioni di Firenze, Livorno, Lucca, Portoferraio, Orbetello;
  • il Real Corpo d'Artiglieria, fu istituito il 10 agosto 1853 in sostituzione del Reggimento d'Artiglieria, con due compagnie di campo e una da piazza, 2 battaglioni di cannonieri e 4 compagnie di Guardiacoste continentali;
  • i Cacciatori a cavallo, il cui reggimento, sciolto il 13 maggio 1852, è sostituito da una divisione in stato maggiore e minore e 2 squadroni con 260 uomini e 234 cavalli;
  • la Fanteria di linea, distinta dal 13 maggio 1852 in 8 battaglioni, ognuno con 618 uomini e ripartita in 2 brigate da 4 battaglioni, divenendo poi 11 battaglioni (veliti, bersaglieri);
  • il Battaglione di cannonieri guardacoste insulari, dall'8 giugno 1856, in 4 compagnie per un totale di 402 uomini;
  • i Cacciatori Volontari di costa e di frontiera, distinti in 6 battaglioni (Pisa, Volterra, Orbetello, Arezzo, Firenze, Pistoia).
Comandanti supremi e comandanti generali delle Truppe del Granducato dopo la restaurazione
  • ten. gen. VincenzioVettori 1816-1820 – comandante supremo[50]
  • magg. gen. Jacopo Casanuova 1821-1835 - comandante supremo[51]
  • magg. gen. Cesare Fortini 1836-1846 – comandante supremo
  • magg. gen. Francesco Trieb 1847 comandante supremo[52]
  • Il comando generale viene soppresso con reale ordinanza del 29 ottobre 1848[53]
  • Il comando generale viene ripristinato, con sovrano decreto del 10 ottobre 1851, integrato con reale decreto del 2 luglio 1854
  • magg. gen.Federigo Ferrari da Grado 1852-1859 – comandante generale
Commisari generali di guerra e capi di stato maggiore generale dopo la restaurazione
  • magg. Cesare Fortini 1816-1835 – commissario generale di guerra, poi capo di stato maggiore generale dal 1821[54]
  • 1836-1844 - la carica di capo di stato maggiore Generale, è vacante
  • col. Francesco Caimi 1845-1846 – capo di stato maggiore generale[55]
  • ten. col. Michele Ceccherelli 1847 – capo di stato maggiore generale[56]
  • ten. col.Carlo Corradino Chigi 1848 – capo di stato maggiore generale
  • col. Giacomo Belluomini 1850 - capo di stato maggiore generale[57]
  • magg. Celeste Mirandoli 1852 – il capo di stato maggiore non è presente, il magg. Mirandoli, è l’ufficiale più in alto in grado allo stato maggiore generale[58][59]
  • ten. col. Carlo Ripper 1853-1858 – capo di stato maggiore generale[60][61][62]
  • ten. col.Lorenzo Fineschi 1858-1859 – capo di stato maggiore generale[63][64]
Uffici e comandi dipendenti dal comando generale
  • Il comando superiore militare di Livorno
  • Il governo militare dell’Isola d'Elba
  • I comandi delle piazze
  • I tribunali militari
  • Il battaglione invalidi-veterani
  • Il reggimento I. e R. gendarmeria
  • Il corpo degli ingegneri militari
  • IlLiceo militare Arciduca Ferdinando
  • Il collegio per i figli dei militari
  • Il R. corpo di artiglieria
  • La divisione dei cacciatori a cavallo
  • Le brigate e battaglioni di fanteria
  • La divisione di castigo
  • I cacciatori volontari di costa e di frontiera
  • La compagnia dei pompieri di Firenze, per la sola disciplina[65]
Precedenza nelle Imperiali e Regie Truppe toscane

La precedenza secondo il sovrano rescritto del 12 dicembre 1849:

  • Guardie del corpo
  • Sergenti di palazzo
  • Stato maggiore generale e delle piazze
  • Invalidi e veterani
  • I. e R. gendarmeria
  • Veliti
  • Marina
  • Ingegneri militari
  • Liceo militare Arciduca Ferdinando
  • Collegio per i figli dei militari
  • Artiglieria
  • Cavalleria
  • Bersaglieri
  • Fanteria di linea
  • Tribunali di amministrazione militare
  • Battaglione insulare
  • Cacciatori volontari di costa
  • Cacciatori volontari di frontiera

Marina

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Lo stesso argomento in dettaglio:Marina del Granducato di Toscana.

Grazie all'Ordine di Santo Stefano il granducato poté usufruire sin dalla sua costituzione e per incremento degli stessi sovrani di una propria flotta militare. La sede della flotta divenne ilporto di Livorno che custodiva al sicuro nelle sue darsene legalee o galere stefaniane. Base della marina militare toscana, Livorno fu fino a metà del XVIII secolo, il porto di partenza della guerra di corsa dei cavalieri di Santo Stefano che nelle loro "caravane" annuali andavano a contraccambiare le scorrerie dei corsari ottomani e barbareschi. Al riguardo, tra le varie imprese militari si ricordano la difesa diMalta dall'invasione ottomana del 1565, con l'invio di quattro galee nell'isola assediata, la spedizione di 15 unità navali controTunisi nel 1573, la partecipazione allabattaglia di Lepanto con 12 galere guidate dall'ammiraglia "La Capitana" e condotta daCesare Canaviglia eOrazio Orsini. Oltre alla "Capitana", parteciparono alla battaglia di Lepanto sotto le insegne pontificie, la "Grifona", la "Toscana", la "Pisana", la "Pace", la "Vittoria", la "Fiorenza", la "San Giovanni", la "Santa Maria", la "Padrona", la "Serena" e "Elbigina". In questa fase, la bandiera da guerra era rossa bordata di giallo su tre lati (escluso quello dell'asta) con al centro una croce di Malta in un disco bianco[66]

Nel 1604 la flotta era costituita dalle grosse galere la "Capitana", "Padrona", "Fiorenza", "Santa Maria", "Siena", "Pisana" e "Livornina" con un equipaggio composta da 1055 schiavi imbarcati. Nel 1611 la flotta fu incrementata da nuove grosse galere: "San Cosimo", "Santa Margherita", "San Francesco", "San Carlo", "Santa Cristina", con un totale di 1400 schiavi imbarcati. La flotta toscana raggiunge così nel 1615 un totale di dieci grosse galere, due galeoni, e vari vascelli e navicelli, rendendola rispettata e temuta in tutto il Mediterraneo occidentale.

La politica di neutralità toscana che iMedici decisero di assumere negli anni successivi, portò nel 1649 alla cessione dell'intera flotta allaFrancia, mantenendo solo quattro galee per il servizio di controllo della costa (Capitana, Padrona, San Cosimo, Santo Stefano) con un equipaggio che nel 1684 raggiungeva i 750 schiavi imbarcati.

Le nuove acquisizioni territoriali delcongresso di Vienna e le scorrerie barbaresche portano Ferdinando III nel 1814 a richiedere all'Austria le navi della flotta ex-napoleonica, ma senza esito, e quindi vengono messe in cantiere alcune imbarcazioni di stazza non elevata (una galeotta e un felucone), e successivamente altre unità minori, unbrigantino, unagoletta, unosciabecco, quattrocannoniere e tresperonare[67].Nel 1749, con la sottoscrizione di pace con la Porta Ottomana e le Reggenze barbaresche di Tripoli, Tunisi e Algeri, il governo lorenese ritenne non più necessario mantenere una base militare navale e una numerosa flottiglia[67]. Così dal 1751 le tre galere rimaste furono trasferite aPortoferraio che divenne la nuova base della flotta. In questo periodo la sua marina ammonta a circa 200 unità con 12 ufficiali inglesi e vari sottufficiali e vengono costituite 5 fregate. Verso il 1749, con l'ascesa al trono di Francesco III, granduca di Toscana e marito di Maria Teresa d'Asburgo, venne adottata la bandiera asburgica, con aquila bicipite nera coronata e spada nelle due zampe su sfondo giallo, che venne sostituita nel 1765[66].

Flotta commerciale

La Toscana non ha mai avuto una vera flotta commerciale propria, né propri equipaggi. I bastimenti toscani si riducevano a navigli di piccola stazza convela latina, dove la presenza di marinai toscani era minima. Molto diffusi erano i navicelli a vela latina, usati principalmente per il trasporto di merci e derrate sull'Arno fino al porto fluviale diPorto di Mezzo, nei pressi diLastra a Signa, mentre lungo le coste per il piccolo cabotaggio erano in uso latartana e illeuto di proprietà di alcuni elbani.

Fino alla pace con l'Impero ottomano il commercio marittimo era poco sicuro e i commercianti toscani non si sentivano sicuri ad affidare le proprie merci a navi toscane, la cui bandiera non poteva essere efficacemente difesa a livello internazionale. Veniva perciò fatto frequentemente uso di navi appartenenti alla marina commerciale dellaRepubblica di Ragusa, repubblica marinara dalmata neutrale e posta sotto il protettorato degli Ottomani.ILorena per primi incoraggiarono dalla seconda metà delXVIII secolo la creazione di una piccola marina mercantile toscana. Il porto di Livorno divenne nuovamente un importante punto strategico e si tentò di favorire proprio qui la costituzione di una flotta mercantile per creare un commercio autonomo attivo con l'"Editto di Marina e di Navigazione mercantile toscana" del 10 ottobre 1748.

La preoccupazione maggiore fu di formare uno specifico ceto di marinai locali, quando la maggior parte di essi erano stranieri (francesi, corsi, napoletani, britannici, danesi, genovesi, greci), stabilitisi a Livorno nel corso delSettecento.

Nel 1750 dagliArsenali di Pisa uscirono tre grandivascelli, armati con 50 cannoni e 300 soldati per il trasporto di mercanzie fino aCostantinopoli. Ultimo intervento temporale per incoraggiare il commercio marittimo toscano fu la nascita nel 1786 della "Compagnia di commercio toscana" per le rotte con le Americhe.

Le coste toscane non hanno avuto grandi approdi se si esclude l'anticoporto pisano. In età moderna l'unico vero porto, peraltro costruito artificialmente, era quello diLivorno; gli altri erano approdi o comunque attracchi per navi di basso pescaggio.Si ricordano i seguenti porti in uso tra i secoli XV e XIX:

  • scalo dei marmi (Forte dei Marmi): con l'annessione dellaVersilia alla Toscana medicea (1513), il papa Leone X impose a Michelangelo di abbandonare le cave di marmo diCarrara per rifornirsi da quelle diSeravezza e delmonte Altissimo; nel '600 ilporto di Motrone fu progressivamente abbandonato e fu aperto un magazzino ed uno scalo dei marmi sulla costa dove finiva la via del marmo di Querceta fino alla costruzione del fortino del 1788;
  • scalo diMotrone: porto antichissimo dell'XI secolo, fu progressivamente abbandonato dopo la conquista fiorentina per il suo progressivo interramento avvantaggiando quello di Livorno, l'antica fortezza che lo vigilava fu distrutta dagli inglesi nel 1813;
  • scalo della Bufalina: relativamente recente, fu organizzato con lo scavo del relativo canale lucchese aperto nel 1704 come ulteriore emissario dellago di Massaciuccoli in aggiunta al Burlamacca; nel 1741 lo Zendrini vi costruisce le nuove chiuse dette “porte vinciane” dall'ideatore Leonardo;
  • scalo diBocca d'Arno: più volte modificato per i danni subiti dalle piene, serviva essenzialmente per scaricare i cereali provenienti via mare dal porto di Livorno;
  • scalo dei Portacci (Torre del Marzocco): insenatura naturale sabbiosa, antistante il forte del Marzocco, formatasi alla fine del XVII secolo e già interratasi nel giro di 70 anni;
  • porto di Livorno: vasto porto artificiale, capolavoro dei primi Medici e divenuto preso il primo scalo marittimo del granducato e porto internazionale;
  • scalo dei Cavalleggeri: insenatura naturale posta tra ilForte dei Cavalleggeri a sud di Livorno e il borgo di S. Jacopo;
  • scalo dell'Ardenza: posto alla foce dell'omonimo rio fu scavato nello scoglio per servire da approdo di servizio per la guarnigione dei cavalleggeri di stanza nella vicina torre;
  • scalo diCastiglioncello: approdo nella rada del Quercetano con analoga funzione di quello dell'Ardenza;
  • scalo diVada: antichissimo porto etrusco diVolterra, fu porto di rilievo sotto la dominazione pisana che vi eresse una torre poi ristrutturata dai Medici; con l'impaludamento della zona circostante ed il suo spopolamento, decadde divenendo di uso quasi esclusivo del corpo dei Cavalleggeri della costa; nel 1771 fu visitato daPietro Leopoldo per un progetto di bonifica;
  • scalo diBocca del Cecina: aperto ad uso della villa e tenuta diCecina del marcheseCarlo Ginori nel 1738;
  • scalo di l'Ilatro: piccolo scalo sulla spiaggia posto tra Cecina eBibbona, tra il fosso delle Tane e la Cecinella;
  • scalo diSan Vincenzo: benché decaduto per l'impaludamento della zona retrostante, fu sempre il porto diCampiglia Marittima; era tutelato da una torre;
  • scalo diTorre Nuova: sorto per sbarcare il materiale ferroso dell'Elba, agli inizi del XVIII secolo con l'apertura di un canale emissario dellago di Rimigliano e dei paduli circostanti, vi fu eretta una torre per i cavalleggeri, alla cui base fu aperto lo scalo per l'imbarco per Portoferraio da cui militarmente dipendeva;
  • porto di Castiglioni (Castiglione della Pescaia): antico porto dellarepubblica pisana, posto alla foce del vasto padule retrostante, fu il porto diGrosseto e dellaMaremma;
  • scalo dellaTorre della Trappola: posto poco dentro la foce dell'Ombrone, fu usato per il commercio del sale e del legname; posto militare e di dogana;
  • scalo diCala di Forno: ad uso principalmente di presidio militare della costa;
  • porto di Portoferraio: munitissimo porto dell'Elba costruito daCosimo I; dal 1751 base della flotta militare;
  • porto delIsola del Giglio.

Monete e misure

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Il sistema toscano monetario e di misura si basava sull'antichissimo sistema duodecimale di origini etrusco-romane. La moneta di cambio per eccellenza era ilFiorino d'oro, conosciuto e apprezzato in tutta Europa per il suo valore aureo intrinseco e oggetto di numerose falsificazioni e imitazioni da parte di altre potenze. Ovviamente il valore di cambio delle monete toscane mutava nel corso dei secoli. Al momento dell'Unità italiana la moneta di conto base del granducato era laLira toscana o fiorentina, equivalente a 84 centesimi di lira italiana del tempo. Una Lira era costituita da 20 soldi toscani. Lazecca era a Firenze e a Pisa.Le unità di misura, richiamandosi alle loro origini medievali, in particolare quelle agrarie, potevano variare da città a città, anche se diventavano sempre più di uso comune quelle fiorentine.Di seguito le monete di corso e di conto in circolazione nel Granducato.

  • 1Leopoldino d'oro = 200 Paoli = 133,33 lire toscane = 80 fiorini d'oro
  • 1Ruspone d'oro = 60 Paoli = 40 Lire toscane = 24 Fiorini = 3 Zecchini
  • 1Zecchino o Fiorino d'oro = 20 Paoli = 13,33 Lire = 8 Fiorini
  • 1Francescone d'argento = 10 Paoli = 1 Scudo o Piastra = 6,66 Lire = 4 Fiorini (5,60 lire italiane)
  • 1Francescone d'argento o 1/2 Francescone = 5 Paoli = 1/2 Scudo
  • 1Paolo = 40 Quattrini = 0,4 Fiorini = 8 Crazie (0,56 lire italiane)
  • 1Lira = 20 soldi = 1,50 Paoli = 0,60 Fiorini (0,84 lire italiane)
  • 1Testone = 3 Paoli = 2 Lire
  • 1Crazia = 5 quattrini o 1 soldo e 8 denari = 0,125 Paoli = 0,083 Lire (7 centesimi italiani)
  • 1Fiorino toscano = 100 quattrini = 2,5 Paoli = 1,66 Lire (1,40 lire italiane)
  • 1Soldo = 3 quattrini = 12 denari = 0,075 Paoli = 0,05 Lire = 0,03 Fiorini
  • 1Quattrino = 4 Denari = 0,025 Paoli = 0,0155 Lire = 0,01 Fiorini

Le unità di misura più diffuse:

  • 1 miglio toscano =1,660 km
  • 1 braccio fiorentino =0,583 m
  • 1 pertica =2,90 m pari a 5 braccia
  • 1 canna =2,32 m pari a 4 braccia
  • 1 passetto =1,167 m
  • 1 denaro =0,24 m
  • 1 quattrino =0,944 cm
  • 1 scrupolo =8,744 m²
  • 1 staio =1703 m² (equivalente alla superficie seminata con uno staio di grano)
  • 1 stioro o staioro =525 m²
  • 1 pertica agraria =600 m²
  • 1 tavola =340,619 m²
  • 1 quadrato di 10 tavole =3406,19 m²
  • 1 staioro a corda =525 m² (in pianura)
    • a Pisa:
  • 1 moggiola =525 m²
  • 1 stioro =562,02 m²
    • a Livorno:
  • 1 pertica =52 m²
  • 1 saccata = 2 ettari
    • a Siena:
  • 1 staio =1300,91 m²
  • 1 quartuccio = 0,38 litri aridi per cereali
    • a Grosseto:
  • 1 staio =1300,90 m²
  • 1 moggio =31221,82 m² e 584,70 litri aridi
  • 1 oncia = 28,16 g
  • 1 denaro = 2,35 g (1/12 di oncia)
  • 1 grano = g 0,058 (1/24 di denaro)
  • 1 granetto = 1/24 di grano
  • 1 libbra = 333,33 g (circa 1/3 kg.)
  • 1 scrupolo = 1,175 g = 20 grani
  • 1 boccale = 1,140 l
  • 1 quartuccio = 0,28 l di vino, 0,26 di olio
  • 1 fiasco = 2,279 l
  • 1 barile = 45,58 l di vino, 33,43 di olio (a Pisa = 32,68 l)
  • 1 moggio = 585 l
  • 1 staio = 24,36 litri aridi (per granaglie)
  • 1 sacco = 3 staia
  • 1 moggio = 24 staia

Calendario

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Sin dall'età medievale era invalso l'uso nelle tre grandi repubbliche toscane (Firenze, Pisa, Siena) di computare l'anno dal 25 marzo, "ab Incarnatione" secondo la formula diStile dell'Incarnazione. Tuttavia, tale calendario con l'adozione progressiva negli altri stati europei del calendario gregoriano, creava complessi problemi di natura giuridica ed economica con particolare riferimento alla redazione di atti pubblici e contratti privati.Così la nuova dinastia Lorenese fu indotta ad adeguarsi, come fecero nello stesso periodo Gran Bretagna e Svezia, al nuovo calendario, anticipando - con la legge del 18 settembre 1749 - il Capodanno al 1º gennaio 1750.

Simboli

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Stemma

L'arma granducale era costituita da uno stemma inquartato. Il primo quarto era partito a quattro fasce rosse in campo bianco (pretensione degli Angiò di Napoli) e lacroce di Lorena in oro (arma diUngheria), il secondo quarto era costituito da un leone rampante in oro, coronato in campo azzurro (arma diBoemia), il terzo quarto era tripartito in bande azzurre su campo bianco e un palo rosso, il tutto bordato da gigli d'oro in campo azzurro (arma diBorgogna), il quarto quarto rappresentava due barbi d'oro addossati in campo azzurro, seminato da quattro croci in oro ai lati (pretensione del Ducato di Bar)[68]. Sopra tutto campeggiava uno scudo al centro sormontato dalla corona granducale, interzato in palo: nel primo una banda in rosso caricata da trealerioni d'argento (Lorena), nel secondo o centrale, interzato di rosso con fascia bianca (Medici e Asburgo), nel terzo cinque palle di rosso disposte a cinta, sormontate da una più grande d'azzurro, caricata da tre gigli d'oro (Medici), il tutto su campo d'oro. Al grande scudo sono accollate le insegne degli ordini di Santo Stefano, del Toson d'oro e poi di San Giuseppe. Il grande stemma è sovrastato dalla grande corona granducale e accolto nel manto principesco rosso foderato diermellino.

Bandiera
Lo stesso argomento in dettaglio:Bandiera del Granducato di Toscana.

La bandiera del granducato si identificò sotto iMedici con il loro stemma di famiglia su sfondo, dapprima tripartito di rosso con fascia bianca poi solo bianco. Con il cambio dinastico bandiera di stato e stemma si fecero più complessi. La bandiera, dapprima avente l'aquila bicipite dell'impero sopra quattro fasce orizzontali in campo oro, fu sostituita conPietro Leopoldo da un tricolore rosso e bianco a fasce trasversali, analogo a quello dell'Austria, su cui campeggiava lo stemma deiLorena.

Cronologia dell'espansione fiorentina e toscana

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Note

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  1. ^Castiglioni, 1862, p. 57
  2. ^Castiglioni, 1862, p. 53
  3. ^ Rossella Santolamazza,Regno d'Etruria, 1801 - 1807, suSIAS Sistema informativo degli Archivi di Stato, Ministero della cultura.
  4. ^ Elena Fasano Guarini,COSIMO I de' Medici, duca di Firenze, granduca di Toscana, Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 30 (1984).
  5. ^ Gino Benzoni,FRANCESCO I de' Medici, granduca di Toscana, inDizionario biografico degli italiani, vol. 49, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1997.URL consultato il 27 agosto 2025.
  6. ^Frieda, pp. 271–272
  7. ^Strathern, pp. 340–341
  8. ^Hale, p. 145
  9. ^abcHale, p. 147
  10. ^abHale, p 151
  11. ^abcdHale, p. 150
  12. ^Hale, p. 158
  13. ^abHale, p. 160
  14. ^Hale, p. 165
  15. ^Hale, p. 187
  16. ^Strathern, pp. 375–37, 380–381.
  17. ^Acton, p. 30
  18. ^Acton, p. 27
  19. ^Acton, p. 38
  20. ^abHale, p 180
  21. ^Strathern, p. 381
  22. ^Strathern, p. 382.
  23. ^Strathern, p. 391.
  24. ^Acton, p. 140–141.
  25. ^Acton, p. 185
  26. ^Strathern, p 392
  27. ^Strathern, pp. 390–391.
  28. ^Acton, p. 243
  29. ^Acton, pp. 272 –273
  30. ^Strathern, p. 400
  31. ^ab François Velde,The Grand-Duchy of Tuscany, sugoogle.com, heraldica.org, 4 luglio 2005.URL consultato il 19 agosto 2009.
  32. ^Acton, p. 254
  33. ^Acton, p. 255
  34. ^Strathern, pp. 402–405
  35. ^Strathern, pp. 408–409
  36. ^Strathern, p. 410
  37. ^E. A. Brigidi,Giacobini e realisti o il Viva Maria. Storia del 1799 in Toscana (rist. anastatica Siena, 1882, Bologna, Forni, 1965)
  38. ^Pasquale Stanislao Mancini,Contro la pretesa necessità della conservazione della pena di morte in Italia, inPrimo Congresso Giuridico Italiano in Roma. Relazione sulla Tesi I.ª Abolizione della pena di morte e proposta di una scala penale, Roma, Pallotta, 1872, pp. 59-61.
  39. ^ Cesare Sardi,Esecuzioni capitali a Lucca nel secolo XIX. Studio di documenti e ricordi, Introduzione di Mario Seghieri. Ristampa anastatica dell'edizione Giusti del 1911, Lucca, Maria Pacini Fazzi, 1972, p. 47 e ss.
  40. ^Cfr. sentenza della Corte di cassazione, presieduta da Giuseppe Puccioni del 25 febbraio 1848:PENA DI MORTE – Abolizione. FURTI VIOLENTI – Pena, inAnnali di giurisprudenza, Anno X, Firenze, Niccolai, 1848, pp. 148 ss..URL consultato il 2 dicembre 2022.
  41. ^Statuto del Granducato di Toscana, sudircost.unito.it.
  42. ^15 febbraio 1848: il granduca Leopoldo II firma lo «Statuto fondamentale», sustoriadifirenze.org.
  43. ^Bernd Braun:Das Ende der Regionalmonarchien in Italien. Abdankungen im Zuge des Risorgimento. In: Susan Richter, Dirk Dirbach (Hrsg.):Thronverzicht. Die Abdankung in Monarchien vom Mittelalter bis in die Neuzeit. Böhlau Verlag, Köln, Weimar, Wien 2010, pp. 251–266
  44. ^Heinrich Benedikt,Kaiseradler über dem Apennin. Die Österreicher in Italien 1700 bis 1866. Vienna: Herold Verlag, 1964
  45. ^Annuario della nobiltà italiana, XXXII edizione, 2014, parte I
  46. ^Rivista araldica, anno 1913, volume 11, pagina 381, Roma, Collegio araldico: "Da informazione ufficiale assunta a Vienna togliamo quanto segue «A Sua Altezza I. R. il defunto Granduca Ferdinando IV di Toscana era stato permesso dall'Impero austro-ungarico e dagli Stati dell'Impero germanico, di conferire i tre Ordini toscani, inerenti alla Sovranità, che anche spodestato, rimase all'Augusto principe fino alla sua morte. Il titolo di Principe di Toscana fu solo autorizzato ai membri della famiglia granducale nati prima del 1866. Dopo la morte del Granduca (1908) tutti gli augusti figli del defunto dovettero solennemente rinunciare ad ogni qualsiasi diritto di cui personalmente ed eccezionalmente godeva il padre. Quindi il Gran Magistero dell'Ordine di S. Stefano per volontà di S. M. l'Imperatore e Re è terminato col defunto Granduca, né più sarebbe accettato dagli augusti Principi Lorenesi"
  47. ^Silva Tarouca,Adler, Vienna, 1954, p. 165
  48. ^Borella, Andrea (a cura di):Annuario della Nobiltà Italiana, XXXIII edizione (2015-2020), parte I.
  49. ^abEconomia del Granducato di Toscana, suAmanti della storia, 13 febbraio 2016.URL consultato il 25 luglio 2024.
  50. ^Commendatore del’Ordine di Malta, Consigliere di Stato Finanza e Guerra,Ciambellano di S.A.I e R.
  51. ^Comm. dell’Ordine di San Giuseppe di Toscana, Cavaliere degli Ordini di Leopoldo d’Austria e dellaLegion d’Onore di Francia, Ciambellano di S.A.I. e R.
  52. ^Cavaliere dell’Ordine di Santo Stefano P. & M., Cav. dell’Ordine di San Giuseppe di Toscana
  53. ^tutte le informazioni sul Comando Generale, sono estratte dalle pubblicazioni ufficiali annuali del Granducato, gli Almanacchi Toscani, dal 1816 al 1859 - per gli anni 1848 e ’49, l’Almanacco non fu pubblicato per le note vicende storiche
  54. ^successivamente promosso fino al grado di Maggiore Generale, Cavaliere dell’Ordine di Santo Stefano P. & M., Comm. dell’Ordine di San Giuseppe, Cav. dell’Ordine di Leopoldo d’Austria, Ciambellano di S.A.I. e R.
  55. ^poi promosso Maggiore Generale, Cav. dell’Ordine di Santo Stefano P. & M., Cavaliere dell’Ordine di San Giuseppe Toscana, Cav. dell’Ordine della Legion d’Onore
  56. ^Cavaliere dell’Ordine della Legion d’Onore
  57. ^decorato di II Classe della Croce di San Giorgio di Parma
  58. ^poi promosso a Tenente Colonnello, aggregato allo Stato Maggiore, proveniente dall'Esercito del Ducato di Modena, esperto dicartografia, Cav. dell’Ordine Militare di San Giorgio e dell’Ordine Civile di San Lodovico di Parma, Cavaliere dell'Ordine della Corona di Ferro d'Austria
  59. ^Almanacco Toscano, Firenze, Tipografia Granducale, 1858.
  60. ^Karl von Ripper, italianizzato in Carlo Ripper, promosso poi colonnello, Cavaliere di II Classe dell’Ordine del Merito Militare Toscana, Cavaliere dell'ordine di Leopoldo d'Austria, decorato di II Classe dellaCroce Austriaca al Merito Militare; nel 1859 è Comandante della Piazza di Livorno e viene destituito da grado e comando dal Governo provvisorio toscano; lo troviamo al comando dell'I. e R. 45º Reggimento di Fanteria "Arciduca Sigismondo", dal 1863 al 1866
  61. ^Fonti per la Storia d'Italia pubblicate dall'Istituto Storico Italiano per l'Età Moderna e Contemporanea, Roma, Istituto Storico Italiano per l'Età Moderna e Contemporanea, 1959.
  62. ^I. e R. 45º Reggimento di Fanteria "Arciduca Sigismondo" (PDF), sutraditio.it.
  63. ^promosso poi colonnello, Cavaliere di II Classe dell’Ordine del Merito Militare
  64. ^tutte le informazioni sui Commissari Generali di Guerra e i Capi di Stato Maggiore Generale, sono estratte dalle pubblicazioni ufficiali annuali del Granducato, gli Almanacchi Toscani, dal 1816 al 1859 - per gli anni 1848 e ’49, l’Almanacco non fu pubblicato per le note vicende storiche
  65. ^Almanacco Militare della Uffizialita Toscana per l'Anno 1855, Firenze, Stamperia sulle Logge del Grano, 1855.
  66. ^abToscana su rbvex.it, surbvex.it.
  67. ^abMarina Militare, sumarina.difesa.it.
  68. ^Stemma del Granducato, sudigilander.libero.it.

Bibliografia

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Voci correlate

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Collegamenti esterni

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  • Granducato di Toscana, inTreccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
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