La città forma un'area urbana integrata anche amministrativamente con i comuni sloveni diNova Gorica e diSan Pietro-Vertoiba. Il territorio dellacittà slovena di Nova Gorica, anch'essa situata lungo il fiume Isonzo, fu parte integrante del comune di Gorizia fino al 1947, quando l'Istria e gran parte dellaVenezia Giulia vennero cedute allaJugoslavia in seguito altrattato di Parigi. Per la sua posizione e per la sua storia, Gorizia è uno dei punti di congiunzione fra le cultureromanze,slave egermaniche. Come il resto del Goriziano, la città rientra sia nei confini delFriuli sia in quelli dellaVenezia Giulia.
Gorizia è bagnata dal fiume Isonzo, corso d'acqua che scorre per2⁄3 nelGoriziano sloveno e per1⁄3 inprovincia di Gorizia. L'Isonzo entra in territorio italiano proprio presso Gorizia. La sua portata massima è stata registrata nel 1924 aSalcano (frazione di Nova Gorica), quando raggiunse i 2 500 m³/s. In particolare ilfiume Vipacco confluisce nell'Isonzo aSavogna d'Isonzo,comune italiano situato a sud della città.
Lungo il fiume Isonzo, dirimpetto a Gorizia oltre il confine tra l'Italia e la Slovenia, è situata lacittà slovena diNova Gorica, il cui territorio fece parte integrante del comune di Gorizia fino al 1947, quando l'Istria e gran parte dellaVenezia Giulia vennero cedute allaJugoslavia in seguito altrattato di Parigi, che fu la conseguenza della sconfitta dell'Italia nellaseconda guerra mondiale.
Il fiume Isonzo a Gorizia
La città si affaccia sulla pianura friulana orientale, nome della porzione di Pianura Padana prossima al fiume Isonzo, ed è circondata dalle colline delCollio, che sono note per lacoltivazione della vite e per la produzione di vini di qualità. Nel Collio vengono prodotti deivini, ai quali è assegnata laDOC "Collio Goriziano", che sono conosciuti anche a livello internazionale. Nel Collio vengono prodotteciliegie ed è stata riscoperta, dopo decenni di abbandono, la coltura dell'olivo.
Gorizia è riparata a nord dai monti e quindi non risente dei freddi venti settentrionali: nonostante ciò, trovandosi quasi allo sbocco dei valichiprealpini e carsici, è soggetta allabora,vento catabatico di provenienza est/nord-est che soffia con particolare intensità. Tale vento, che generalmente è secco, talvolta può portare abbondanti nevicate. La bora che soffia su Gorizia, dato che proviene dalla valle del fiume Vipacco, incontra prima della città l'ostacolo delle colline a est del suo centro abitato, che ne mitigano sensibilmente la furia.
Il clima di Gorizia, relativamentetemperato, è tuttavia influenzato dai venti freschi e umidi provenienti da sud-ovest, che penetrano nelbassopiano verso cui si apre la città. In estate sono abbastanza frequenti i fenomeni temporaleschi e le grandinate: non è raro loscirocco cui fanno seguito, di norma, abbondantiprecipitazioni. In base alla media trentennale di riferimento 1971–2000, latemperatura media del mese più freddo,gennaio, si attesta a +3,3 °C, mentre quella del mese più caldo,luglio, è di +23,0 °C[11][12][13]:
Ilcastello di Gorizia innevato. La più antica citazione documentale della città è invece legata al castello della vicinaSalcano, poi andato distrutto.
Il nome italianoGorizia deriva dal termine slavogorica, che significa "collina" o "piccola montagna", diminutivo digora, che indica "monte" o "montagna". La radicegora è di origineproto-slava, ed è alla base di numerosi toponimi nelle lingue slave, dove si riferisce a formazioni geografiche come montagne o colline. Il suffisso-ica conferisce il significato di "piccolo" o "diminutivo", indicando quindi una collina o un rilievo di modeste dimensioni.
La città di Gorizia, situata nell'omonima provincia, è conosciuta anche con il nomeGoriza, che in lingua slava significa "villaggio" o "piccola città". La formalatina del nome, "Villa quae Sclavorum lingua vocatur Goriza", significa infatti "il villaggio che nella lingua degli slavi è chiamato Goriza", facendo riferimento alla tradizione linguistica slava che ha influenzato la denominazione del luogo.
Il nome di Gorizia, quindi, si inserisce in un contesto linguistico e geografico più ampio, riflettendo la tradizione toponomastica delle lingue slave, in particolare per quanto riguarda i riferimenti a rilievi montuosi e collinari.[14][15]. Il nome di Gorizia compare per la prima volta nell'anno 1001, riportato su un atto di donazione imperiale diOttone III di Sassonia: su di esso il sovrano sassone cedeva il castello diSalcano e la villa denominataGoriza a Giovanni IV di Ravenna,patriarca di Aquileia, e a Guariento, conte delFriuli, con queste parole:
(latino) «[...] Damus et donamus cum omni jure Johanni Patriarchae et Ecclesiae Aquilejentis medietatem unius castelli quod dicitur Siliganum et medietatem unius ville que Sclavorum lingua vocatur Goriza nec non medietatem omnium domorum, vinearum, camporum, pascuorum… nec non omnium rerum quas in illis locis Syligano atque Goriza vel in finibus locorum que sunt inter Ysoncium et Wipacum et Ortaona atque in iuga Alpium cum finibus et omnibus iuribus antedictis [...]»
(italiano) «[...] Diamo ogni diritto a Giovanni patriarca e alla chiesa d’Aquileia la metà d’un castello che si chiama Salcano e la metà d’una villa che con la lingua slava si chiama Gorizia, e inoltre la metà di tutte le case, le vigne, i campi, i pascoli… e di tutte le cose che in quei luoghi di Salcano e di Gorizia ossia nel territorio fra l’Isonzo, il Vipacco, Vertovino e l’arco alpino [...]»
(Documento di donazione del castello di Salcano e della villa denominataGoriza da parte di Ottone III di Sassonia)
Toponimi diorigine slava sono comuni anche ad altre località sud-orientali dellaBassa friulana, comeGoricizza (frazione diCodroipo) eGorizzo (frazione diCamino al Tagliamento). La loro origine sta a indicare il ripopolamento della zona a opera di gentislave dopo le devastanti incursioni degliUngari (IX secolo).
Mentre il nome friulanoGurìze continua l'originaleGoriza, il toponimo italiano è dovuto a una tradizione notarile che l'ha adattato all'uscita -itia, -icia per attrazione del tipoVenetia[16].
Parte del Friuli e dell'Istria sullaTabula Peutingeriana riferita a una mappa romana del I sec. d.C. È possibile chiaramente riconoscere alcune località e toponimi ancora esistenti fra cui la città di Aquileia, e la dicituraPonte Sonti.
Più o meno nell'area dove attualmente si trova la città di Gorizia, inepoca romana sorgevano, fin dal I secolo a.C., duevici,Castrum Silicanum, da cui trasse la modernaSalcano, ePons Aesontii o (Pons Sontii), corrispondente alla moderna località diMainizza, come indicato sullaTabula Peutingeriana.
Il nome di Gorizia compare per la prima volta nell'anno 1001 nella già citata donazione imperiale cheOttone III di Sassonia fece redigere aRavenna, mediante la quale il sovrano sassone cedeva il castello diSalcano e la villa denominataGoriza a Giovanni IV di Ravenna,patriarca di Aquileia, e a Guariento, conte delFriuli.
Il ricostruitoDuomo di Gorizia, edificato originariamente nel Trecento
La località diGoriza è ricordata successivamente, nel 1015, su un altro documento, con queste parole:Medietatem unius villae que sclavonica lingua vocatur Goriza (it. "la metà del villaggio che in lingua slava è detto Goriza"). Lafamiglia degli Eppenstein ressero Gorizia fino al 1090. A partire da tale data la città fu governata prima daiMosburg, poi daiLurngau, una famiglia originaria dellaVal Pusteria imparentata con iconti palatini di Baviera.
Con costoro si accrebbe la popolazione della città, costituita in massima parte da friulani (artigiani e mercanti),tedeschi (impiegati nell'amministrazione pubblica) esloveni (agricoltori), con questi ultimi insediati principalmente nelle zone periferiche e nei centri rurali limitrofi.
Il centro medievale di Gorizia
Ciò permise alla contea, nel suo periodo di massimo splendore (corrispondente alla seconda metà del XIII e ai primi decenni del XIV secolo) di estendersi su gran parte del nord est italiano (tant'è che comprese per un breve periodo anche le città diTreviso ePadova inVeneto), sulla parte occidentale dell'odiernaSlovenia, sull'Istria cosiddetta "interna" (la contea diPisino) e su alcune zone del moderno territorio austriaco (Tirolo eCarinzia). I conti avevano fissato la propria residenza abituale nella città austriaca diLienz, mentre aMerano si trovava la principale zecca dello Stato.
Durante il regno di Enrico II (1304-1323) l'abitato di Gorizia, che ormai aveva acquisito delle connotazioni tipicamente urbane, ottenne iltitolo di città. Nei primi decenni del secolo successivo l'assorbimento delprincipato patriarcale di Aquileia da parte dellaRepubblica di Venezia indusse i conti di Gorizia ad adottare una politica in equilibrio tra laCasa d'Asburgo e la repubblica veneta. Il passo politico verso la Repubblica di Venezia fu obbligato per la caduta del patriarcato di Aquileia. Gorizia chiese infatti aldoge veneziano l'investitura feudale (1424) per i territori comitali concessi in precedenza al Conte dal Patriarca.
Con tale atto Gorizia si ritrovò nell'ambigua posizione di vassalli della Repubblica di Venezia, Stato successore del Patriarcato, per quanto riguardava alcuni feudi friulani oltre l'Isonzo, e vassalli dell'Imperatore asburgico per quanto concerneva i territori storicamente costituenti l'antica contea. Nel 1455 vennero incorporati a Gorizia, mediante l'estensione dei privilegi cittadini, anche i quartieri non compresi nelle mura difensive, della zona meridionale (la cosiddettaCittà bassa), che erano abitati in parte da sloveni.
Contesa da Venezia e dall'Austria, alla fine del XV secolo Gorizia passò definitivamente alla casa degli Asburgo d'Austria
Il 12 aprile 1500, domenica delle Palme, l'ultimoconte di Gorizia,Leonardo di Gorizia, morì nella città diLienz senza discendenti, lasciando in eredità la contea aMassimiliano I d'Asburgo. Questo passaggio avvenne grazie alla mediazione dell'amministratore di LeonardoVirgilio di Graben con l'aiuto di suo figlioLuca di Graben a Gorizia.[18] L'atto, ritenuto invalido dai veneziani che reclamavano l'annessione della contea di Gorizia allaRepubblica di Venezia per antichi diritti di vassallaggio, fu ilcasus belli che spinse i veneti a denunciare la violazione di questi antichi trattati.
Porta Leopoldina, costruita nel XVII secolo in onore della visita diLeopoldo I d'Asburgo
Ogni tentativo veneziano di impadronirsi della città, anche mediante la forza, risultò vano. Solo fra l'aprile del 1508 e l'agosto del 1509 l'esercito dellaRepubblica di Venezia, allora in guerra anche controLuigi XII di Francia, riuscì a occupare la parte bassa della città, ma non ilcastello di Gorizia. Pochi mesi dopo, in seguito alla sconfitta veneziana nellabattaglia di Agnadello (14 maggio 1509) a opera delle armi francesi, la forza d'occupazione della Repubblica di Venezia fu costretta ad abbandonare Gorizia.
Estensione della Contea Principesca di Gorizia e Gradisca
Come conseguenza dellaterza guerra d'indipendenza italiana, che portò all'annessione delVeneto alRegno d'Italia, l'amministrazione imperiale austriaca, per tutta la seconda metà del XIX secolo, aumentò le ingerenze sulla gestione politica del territorio per attenuare l'influenza del gruppo etnico italiano, temendone lecorrenti irredentiste. Durante la riunione del consiglio dei ministri del 12 novembre 1866, l'imperatoreFrancesco Giuseppe I d'Austria tracciò un progetto di ampio respiro mirante allagermanizzazione o slavizzazione delle aree dell'impero con presenza italiana:
«Sua Maestà ha espresso il preciso ordine che si agisca in modo deciso contro l'influenza degli elementi italiani ancora presenti in alcune regioni della Corona e, occupando opportunamente i posti degli impiegati pubblici, giudiziari, dei maestri come pure con l’influenza della stampa, si operi nelTirolo del Sud, inDalmazia e sulLitorale per la germanizzazione e la slavizzazione di detti territori a seconda delle circostanze, con energia e senza riguardo alcuno. Sua Maestà richiama gli uffici centrali al forte dovere di procedere in questo modo a quanto stabilito.»
La politica di collaborazione con gli slavi locali, inaugurata dallozaratino Ghiglianovich e dal raguseo Giovanni Avoscani, permise poi agli italiani la conquista dell'amministrazione comunale diRagusa nel 1899. Nel 1909 lalingua italiana venne vietata però in tutti gli edifici pubblici e gli italiani furono estromessi dalle amministrazioni comunali[21]. Queste ingerenze, insieme ad altre azioni di favoreggiamento al gruppo etnico slavo ritenuto dall'impero più fedele alla corona, esasperarono la situazione, andando ad alimentare le correnti più estremiste e rivoluzionarie.
Nel corso della prima guerra mondiale, pagando un cospicuo tributo in termini di vite umane, tra cui i cosiddettiGialli del Calvario (così chiamati per il colore delle mostrine), le truppe italiane entrarono per la prima volta a Gorizia nell'agosto 1916.[23]
Durante laSesta battaglia dell'Isonzo (4-17 agosto 1916) le forze italiane attaccarono il campo trincerato di Gorizia, riuscendo a occupare la città il 10 agosto. La battaglia nel suo complesso costò all'esercito italiano la perdita di 51 222 uomini tra cui 338 ufficiali morti, 1 260 feriti e 161 dispersi; 5 972 militari morti, 31 524 feriti e 11 967 dispersi, assieme a circa 12 000 ammalati. In questo clima venne composta la notacanzone popolareO Gorizia tu sei maledetta, scritta da un anonimo militare ed entrata poi a fare parte della tradizione anarchica e antimilitarista. Chi fosse stato sorpreso a cantare questa canzone veniva accusato didisfattismo e fucilato. La versione originale venne trascritta daCesare Bermani[24][25]:
Piazza della Vittoria (già piazza Grande) devastata dai bombardamenti della prima guerra mondiale
«[...] O, Gorizia, tu sei maledetta
per ogni cuore che sente coscienza; dolorosa ci fu la partenza e il ritorno per molti non fu. [...]»
(Ritornello della popolare cantata durante la Grande guerra dai militi italiani)
La presa di Gorizia fu anche decantata dai contemporanei, come testimonia il poemaLa Sagra di Santa Gorizia diVittorio Locchi, pubblicato per la prima volta nel 1918, che ebbe numerose ristampe.
Ripresa dagli austriaci in seguito allavittoria di Caporetto (ottobre 1917), la città venne definitivamente occupata dalRegio Esercito italiano solo a guerra conclusa, il 7 novembre 1918.[26] All'interno del Commissariato generale dellaVenezia Giulia, gli italiani preferirono inizialmente non stravolgere un tessuto amministrativo pluricentenario ed efficiente. LaContea cambiò semplicemente nome, subito dopo l'unione ufficiale al Regno d'Italia (10 settembre 1919), inprovincia di Gorizia.
Il destino della provincia di Gorizia, creata nel 1919, fu segnato dagli esiti delle elezioni politiche del 1921, dove vennero eletti quattro deputatisloveni e un deputato italianocomunista, che misero in agitazione leforze nazionaliste, le quali cominciarono a fare pressione per una normalizzazione dell'amministrazione locale giuliana, in modo che fosse ricondotta al modello generale dello Stato. La neonata provincia di Gorizia fu poi soppressa nel 1923. Tale soppressione fu quindi causata da motivi amministrativi e politici.
Tra il 1927 e il 1947 la provincia di Gorizia era quindi estesa su un territorio sensibilmente più ampio di quello attuale, visto che comprendeva anche l'alta e media valle del fiumeIsonzo, con i suoi affluenti, fino aGradisca, corrispondendo solo in parte allavecchia provincia di Gorizia soppressa nel 1923.
Aree annesse all'Italia nel 1920, passate al Territorio Libero di Trieste nel 1947 con i trattati di Parigi e assegnate definitivamente alla Jugoslavia nel 1975 con il trattato di Osimo
L'opera di ricostruzione fu effettuata soprattutto durante il ventennio fascista. Vennero aperte nuove strade e fu sviluppata una modesta area industriale. Vennero edificati un nuovo cimitero, tra Sant'Andrea e Merna, e le prime strutture funzionanti dell'aeroporto di Gorizia, ancora oggi dedicato aAmedeo Duca d'Aosta, l'Eroe dell'Amba Alagi.
A sud-est del centro cittadino venne realizzata una cittadella sanitaria, comprendente anche l'ospedale in cui, negli anni sessanta, lavorò il medicoFranco Basaglia, fondatore della concezione moderna dellasalute mentale[30][31], riformatore della disciplina psichiatrica in Italia[32]e ispiratore della cosiddettaLegge Basaglia (n. 180/1978) che introdusse un'importante revisione ordinamentale degliospedali psichiatrici in Italia e promosse notevoli trasformazioni nei trattamenti sul territorio.[33]
Per quanto riguarda i rapporti interetnici fin dalla metà degli anni venti il regime fascista aveva iniziato ad applicare anche a Gorizia, come nel resto della Venezia Giulia, la politica diitalianizzazione deglisloveni presenti sul territorio. Si diede prima l'avvio all'italianizzazione dei toponimi; poi, dal 1927, si procedette anche a quella dei cognomi e, nel 1929, al bando dell'insegnamento in sloveno da tutte le scuole pubbliche cittadine di ogni ordine e grado.
In città la lingua slovena fu ancora utilizzata per alcuni anni negli istituti religiosi diocesani, grazie alla protezione e al prestigio personale dell'arcivescovo di GoriziaFrancesco Borgia Sedej, fautore del dialogo interetnico e massimo punto di riferimento dei cattolici goriziani. Nel 1931, subito dopo le dimissioni e la morte di Sedej, lo sloveno fu estromesso, come idioma veicolare, anche dalle scuole diocesane.
Tale politica vessatoria, accompagnata da violenze e sopraffazioni (fra cui l'assassinio del compositore slovenoLojze Bratuž in una frazione di Gorizia), ebbe pesanti ripercussioni nei già deteriorati rapporti fra le nazionalità e suscitò l'ira delle organizzazioni antifasciste slovene come ilTIGR. A partire dal 1941, con l'invasione della Jugoslavia durante laseconda guerra mondiale, le autorità fasciste procedettero all'internamento in campi di concentramento (campo di concentramento di Arbe,campo di concentramento di Gonars,Visco, Poggio Terza Armata[34]), di un certo numero di "allogeni" (o "alloglotti") residenti sia in città sia nella sua provincia, molti dei quali non fecero più ritorno, decimati dalle malattie e dall'inedia.
Nel corso della seconda guerra mondiale, subito dopo ilproclama Badoglio dell'8 settembre 1943 e la conseguente resa italiana, il Goriziano fu teatro di scontri tra i due ex alleati italiani e tedeschi, che dalla città capoluogo presero il nome, labattaglia di Gorizia (11-26 settembre 1943). Per un breve periodo (1943-1945) fu posta sotto l'amministrazione militare tedesca e inclusa nelLitorale austriaco, un Governatorato che a sua volta venne posto sotto il diretto controllo diFriedrich Rainer,Gauleiter dellaCarinzia.
Segnati in arancione, i confini della provincia di Gorizia nel 1941-1943 (quando aveva le stesse dimensioni del periodo 1927-1947). Gli ampliamenti territoriali del Regno d'Italia che si vedono sulla mappa furono causati dall'invasione della Jugoslavia durante laseconda guerra mondiale
Con l'occupazione militare della città da parte dei partigiani del 9º corposloveno, a Gorizia nel maggio del 1945 aseconda guerra mondiale conclusa iniziarono le epurazioni, che toccarono l'apice fra il 2 e il 20 maggio, nei confronti degli oppositori, o possibili oppositori, al regime (italiani soprattutto, ma anche sloveni). Si contarono nel goriziano 332 scomparsi, dei quali 182 civili e 150 militari,[35][36], dato arrivato a 665 persone a disamina storica conclusa[37]. Lamaggior parte dei deportati fu trucidata in varie parti della Jugoslavia, in particolare aLubiana, oppure trasportata verso l'interno della Jugoslavia.
Al termine del conflitto, con iltrattato di Parigi, il comune dovette cedere i tre quinti circa del proprio territorio allaJugoslavia, con il 15% della popolazione residente. Il centro storico e la massima parte dell'area urbana della città restarono però in territorio italiano.
In territoriojugoslavo restò tuttavia parte della periferia situata a settentrione e a oriente (le frazioni diSalcano,San Pietro di Gorizia eVertoiba), come anchegran parte della sua provincia. Ilconfine attraversava una zona semicentrale della città, lasciando nella parte slovena, oltre alle frazioni sopramenzionate, molti edifici e strutture di pubblica utilità.
Manifestazioni pro-Italia a Gorizia nel 1946 in occasione della visita della commissione alleata
Tra queste ultime lastazione ferroviaria di Gorizia Montesanto che si trovava sullalinea ferroviaria Transalpina collegante la "Nizza austriaca", come veniva chiamata Gorizia, all'Europa Centrale. La piazza antistante la stazione, divisa tra le due nazioni, fin dal 2004 è stata resa visitabile liberamente su entrambi i lati dopo l'abbattimento delMuro di Gorizia avvenuto con l'ingresso della Slovenia nell'Unione europea. Al centro di essa sorgono ora un mosaico e una piastra metallica commemorativa che segna il tracciato del confine tra i due Stati.
Nella parte della città in territorio sloveno fu edificata negli anni cinquantaNova Gorica, per volontà della dirigenza politica jugoslava, in quanto i territori della provincia di Gorizia annessi allaJugoslavia, chiusa la frontiera con l'Occidente considerato nemico, erano rimasti senza un centro amministrativo ed economico attorno al quale poter gravitare.
Paragonata aBerlino[38], tagliata in due dal confine protetto da torri armate di mitragliatrici, Gorizia ha rappresentato, nella seconda metà degli anni '40 e negli anni '50, un valico clandestino per molti cittadini jugoslavi e delle nazioni appartenenti alpatto di Varsavia, integratisi poi perfettamente nel tessuto economico e sociale della città.
Dopo la rottura di Tito con gli Stati del blocco sovietico nel 1948, Gorizia, pur vivendo diversi momenti di tensione (nel 1953 Tito minacciò di volere prendere Gorizia e Trieste con le armi, radunando centinaia di migliaia di reduci a Okroglica, a meno di 10 km dalla città), vide i rapporti normalizzarsi progressivamente, soprattutto grazie agliaccordi di Udine, con cui venne introdotto il "lasciapassare" che semplificava le procedure per varcare la frontiera.
Nel corso degli anni '60 Gorizia avviò un rapporto di buon vicinato con Nova Gorica, sorta nel decennio immediatamente successivo alla definizione del confine del 1947: infatti, incontri culturali e sportivi hanno spesso messo in contatto e unito le due città. La presenza di una comunità slovena a Gorizia ha catalizzato la collaborazione. Gliaccordi di Osimo, sancendo definitivamente lo status quo confinario, contribuirono molto alla rappacificazione definitiva con la Jugoslavia e poi con la successiva Repubblica diSlovenia.
Il 21 dicembre del 2007 laSlovenia entrò a tutti gli effetti neltrattato di Schengen e le città di Gorizia e Nova Gorica sono oggi senza interposti confini. Il legame sempre più forte che le unisce ha permesso alle due città di avviare un processo di formazione di un polo di sviluppo unico.
A tale proposito sono stati messi a punto recentemente progetti di mutuo interesse e una serie di incontri bilaterali o multilaterali che interessano non solo i due municipi, ma anche altri centri limitrofi. Vengono anche organizzati incontri periodici che si tengono fra le giunte municipali di Gorizia, Nova Gorica eSan Pietro-Vertoiba per mettere a punto strategie comuni e creare nuove sinergie per lo sviluppo economico della regione.
Lablasonatura dello stemma della città di Gorizia è la seguente[40]:
«D'azzurro, alla muraglia cimata di tre torri, la centrale più alta, muraglia e torri merlate alla ghibellina, il tutto di argento, aperte, finestrate e murate di nero terrazzate di verde.»
«Drappo rettangolare di stoffa azzurra, frangiata d'argento, attaccata per il lato corto a un'asta ricoperta di velluto pure azzurro, con bullette di metallo bianco poste a spirale e cimata di una freccia argentata con lo stemma del comune. Cravatta o nastri tricolorati dai colori nazionali, frangiati d'argento; Al gambo della freccia vengono annesse le medaglie e la croce di guerra, concesse alla Città di Gorizia.»
«In ricompensa delle benemerenze acquistate nella lotta sostenuta in difesa della nazionalità italiana e per il lungo martirio di guerra eroicamente sopportato. Impegnata già dal 1815 nel movimento di liberazione nazionale, Gorizia costituì uno dei centri più attivi dell'irredentismo italiano fra il 1866 e il 1918. Il 9 agosto 1916, cinque giorni dopo la VI battaglia dell'Isonzo, costata 20.000 morti, le truppe italiane occuparono la città.» — 15 luglio 1926[41]
«Luce di civiltà italiana da secoli lontani; speranza d'eroi che per lei offrirono la vita congiungendola alla Patria nel ciclo conclusivo del Risorgimento; intrepida sempre nella difesa delle sue tradizioni; dava, anche nelle recenti fortunose vicende, con il sangue dei suoi figli, la prova del suo indistruttibile patriottismo, segnando di luce gloriosa l'epopea partigiana. Sacra agli Italiani, per la sua incorruttibile fede e per le chiare gesta dei suoi figli, ormai affidate alla storia. Esempio di quanto possano l'animo e il braccio nella difesa dei vincoli della stirpe e della civiltà, monito alle generazioni future dell'Italia e del mondo. 1848 - 1870; 1915 - 18; 1943 - 47.» — 14 maggio 1948[42]
Dedicata ai santi aquileiesiIlario e Taziano ed elevata al rango di cattedrale nel 1752, è il principale edificio ecclesiastico di Gorizia. In origine era una semplice chiesetta, anch'essa intitolata ai due santi, eretta probabilmente a cavallo tra il XIII e il XIV secolo e successivamente incorporata alla vicina cappella di Sant'Acazio.
È un edificiobarocco eretto fra il 1654 e il 1723-1724, che fu consacrato solo nel 1767. Mentre la facciata è una sintesi di elementi austriaci e latini, l'interno è di derivazione schiettamente latina. Contiene tele e affreschi pregevoli.
Chiesa di Sant'Ignazio, iniziata su impulso dei Gesuiti a metà del XVII secolo e conclusa appena nel 1723
Si trova nell'area del vecchioghetto. Costruita nel 1756, sostituì un oratorio eretto provvisoriamente nel 1699 come luogo di preghiera comunitaria.
La sinagoga di Gorizia
Chiesa di San Giovanni
Ubicata nell'omonima via, la chiesa era stata fatta erigere nel 1580 per culto privato dalla famiglia Dornberg e fu dedicata asan Giovanni Battista e aisanti Vito eModesto. Il 19 maggio 1593 fu consacrata dal vescovo Francesco Barbaro (come è testimoniato da una targa sulla parete interna). Nel 1615 la chiesa venne donata, assieme alla casa annessa, aiGesuiti, che la utilizzarono comecollegium (molto frequentato dagli abitanti che provenivano dalle zone limitrofe e anche dallaRepubblica di Venezia). Quando i Gesuiti, alla fine del Seicento, costruirono un nuovo tempio (la citata chiesa di sant'Ignazio) e un nuovocollegium (il Verdenbergico, che sorgeva dove oggi c'è la biblioteca statale), lasciarono la chiesa di san Giovanni, che all'epoca era circondata da un cimitero. Nel corso dell'Ottocento vennero eseguiti dei lavori di abbellimento. Durante la prima guerra mondiale venne notevolmente danneggiata. La chiesa ha unapianta a croce e presenta lanavata centrale, che è sovrastata da un soffitto convolta a crociera (fino al 1979 era ornata da medaglioni con le effigi deiquattro evangelisti), l'abside con ilpresbiterio (che era delimitato da una balaustra in pietra a colonnine), due cappelle laterali e lacantoria, sopra il portale, in cui è collocato un vecchio organo.
Eretta alla fine del XV secolo per servire una piccola comunità agricola sorta poco lontano dalla città antica di Gorizia, se ne hanno notizie già nel 1497; con l'altare maggiore della piccola chiesa fu consacrata l'ultima domenica di agosto del 1500 da Pietro Carlo, vescovo diCaorle. L'edificio di culto mantenne le dimensioni di semplice cappella fino ai primi del XVII secolo quando, passata la pestilenza del 1623, i borghigiani decisero di ampliarla e abbellirla. Chiamarono per lo scopoPalma il Giovane, del quale è possibile ammirare la pala posta nell'abside della chiesa, dove si notano isanti Sebastiano eAgostino rispettivamente alla destra e alla sinistra disan Rocco, osservati benignamente dallaMadonna. La chiesa e l'altare maggiore vennero consacrati dalvescovo di Trieste Pompeo Coronini il 23 agosto del 1637 e da quella data si fa risalire la primasagra di San Rocco che ancora oggi suscita grande interesse in città e nell'interoFriuli-Venezia Giulia (già nell'agosto dell'anno 1500, dopo la consacrazione della cappella, ci fu una festa da ballo). Altri interventi furono unavia Crucis di Antonio Paroli del 1750 e la facciataneoclassica attuale, che si deve a Giovanni Brisco, del 1898. Il contesto è impreziosito da altri due monumenti: ilseminario teologico centrale, progettato dal benedettino Padre Anselmo Werner e oggi sede del corso di laurea in scienze internazionali e diplomatiche dell'Università di Trieste, e la fontana con l'obelisco (inaugurata il 25 aprile del 1909) prospiciente la chiesa, dono di un famoso borghigiano, l'architettoAntonio Lasciac Bey, che fu per molta parte della sua vita architetto ai palazzi khediviali inEgitto,[43].
Chiesa di Santo Spirito
Eretta nel centro storico della città, in prossimità delcastello, su commissione dei Rabatta, famiglia nobile di origini toscane. L'edificio, costruito in stile gotico fra il 1398 e il 1414, custodisce una bella croce lignea del Seicento (che è una copia, dal momento che l'originale si può ammirare nei musei provinciali) e un'Assunta, attribuita a Fulvio Griffoni[44]
Chiesa dell'Immacolata
Pregevole edificio di gusto barocco, edificato nel XVII secolo nei pressi dell'odierno municipio. La chiesa venne edificata tra il 1647 e il 1685 come esempio del "barocco goriziano" tipicamente espresso da fasto e raffinato senso artistico. Seppure nelle modeste dimensioni, gli interni riecheggiano gli stili delle vicine Venezia e Vienna. L'Immacolata Concezione, costituita da un'unica navata con solo un'abside, nel XVII secolo presentava più altari lignei laterali e un soffitto riccamente decorato con stucchi floreali che incorniciavano dipinti di forma ovale rappresentantiLagloria disanta Maria Assunta.
Chiesa Esaltazione della Croce
La cappella, inclusa nel complesso del palazzo Cobenzl, sede dal 1751 dell'arcidiocesi di Gorizia, è stata edificata nel 1746. L'ingresso principale, sormontato dallo stemma della casa Codelli, è sovrastato da un balcone con balaustra. La pianta dell'edificio ovale è scandita da paraste che reggono un cornicione sovrastato da una copertura a volta. L'aula e l'altare, con un tabernacolo in marmo bianco e la mensa sostenuta da due statue con angeli, sono illuminati da una lanterna centrale, frutto di un rifacimenti risalenti al 1878.
Chiesa del Sacro Cuore
Nella chiesa è presente una grande pala dietro all'altare, realizzata dalla pittrice goriziana Galli, che rappresenta ilSacro Cuore troneggiante sopra all'altare, sormontato dall'ostia e dal calice raggianti, con a fianco santaMargherita Maria Alacoque e sanClaudio de La Colombière e sotto ilpapa Pio XI che offre la corona delle regalità e monsignor Margotti che presenta il modello della chiesa. Diversi validi artigiani impreziosirono con la loro maestria questa chiesa; tra questi gli argentieri Egidio Lipizer e Giuseppe Leban. Anche i dipinti ivi racchiusi e rappresentantisan Giuseppe, sanFrancesco Saverio,san Antonio esan Gaetano vennero dipinti dalla pittrice goriziana Galli.
Chiesa dei Frati Cappuccini
Sede del convento deifrati Cappuccini. La fondazione del convento risale, per volere dellaRepubblica di Venezia, al 1591; diciotto anni più tardi, sotto le pressioni dell'arciduca Ferdinando, divenne la sede della curia del commissariato diStiria, che soltanto un anno prima, nel 1608, si era staccato dalla provincia austro-boema. Del convento, per come appariva in quegli anni, resta però ben poco. In gran parte andò distrutto durante laprima guerra mondiale e soltanto nel 1926 venne nuovamente edificato, stavolta grazie ai frati cappuccini che vi si erano insediati tre anni prima.
Chiesa di San Giusto
Le origini della chiesa di San Giusto, consacrata nel 1926, sono strettamente legati alle sorti di Villa Locatelli, acquistata daiFatebenefratelli dalla baronessa Carlotta de Hagenauer nel 1923. Oggi come allora, le due strutture si trovano in una posizione ottimale rispetto al centro cittadino, che dista poche centinaia di metri, e anche dalla vicina stazione ferroviaria.
Chiesa dei Santi Vito e Modesto
La chiesa nacque per volere del barone Gian Vito Del Mestri. La prima pietra dell'edificio religioso fu posta dal vescovo Francesco Massimiliano Vaccano il 18 novembre 1656, dedicata a san Vito, in onore del suo fondatore. Nel 1768-69 la chiesa fu restaurata e ingrandita con la facciata e l'interno d'aspetto barocco. La chiesa fu distrutta nel 1916, durante la prima guerra mondiale, rimanendo per parecchi anni in pieno abbandono; venne ricostruita tra il 1926 e il 1928 e riconsacrata nel 1929. Negli anni Settanta, con la ristrutturazione postconciliare, sono stati tolti il pulpito in legno di noce, la balaustra di marmo, il quadro disanta Barbara (ora nella chiesa di santa Maria Regina in via Montesanto) e le antiche stazioni dellavia Crucis.
Situata nell'omonima frazione, venne edificata nel 1930 in sostituzione della precedente cappella demolita durante laGrande Guerra. Al suo interno sono visibili la tela ritraente laGloria di Sant'Andrea con le Sante Elena e Barbara, collocata sulla parete sinistra, un dipinto settecentesco raffigurante laMadonna e una pala eseguita Clemente Del Neri[45].
Palazzo Coronini Cronberg dove il 6 novembre 1836 morì Carlo XIn palazzo Strassoldo, sito nella zona del Duomo, vi stabilì l'entourage di Carlo X. Vi soggiornò anche il famoso matematico Cauchy.
Teatro comunale Giuseppe Verdi
IlTeatro di Società fu costruito nel 1740 su iniziativa di Giacomo Bandeu, appaltatore deidazi per lacontea di Gorizia, i cui metodi avevano fatto esplodere la cruenta rivolta dei Tolminotti. L'edificio andò a fuoco per un incendio il 26 marzo 1779 (è ironia della sorte, o forse anche coincidenza non casuale, che sempre il 26 marzo ma del 1713, fosse scoppiata la detta rivolta). L'attuale teatro, riedificato a cura del figlio di Bandeu, Filippo, che affidò il progetto all'udinese Ulderico Moro e l'affrescatura al cividalese Francesco Chiarottini, risale al 1782. La struttura conobbe diverse difficoltà di ordine finanziario: chiuse già nel 1797, per riaprire nel 1799, finché nel 1810 fu ceduto a una società di nobili che negli anni seguenti lo modificarono profondamente. Nel 1856, furono ridipinti gli interni, mentre nel 1861 rifatta la facciata. Fu luogo di numerose azioniirredentiste italiane, tra cui quella per il carnevale del 1867 che costò sei anni di carcere duro aCarlo Favetti. Alla fine dell'Ottocento fu dedicato aGiuseppe Verdi. Dopo recenti restauri, è tornato il principale edificio culturale della città, cui si sono affiancati nel corso del secondo dopoguerra l'Auditorium della Cultura Friulana e i due centri cultuali della comunità slovena, il Kulturni Dom (casa della cultura) e il Kulturni Center Lojze Bratuž (Centro culturale Lojze Bratuž).
Forse il più noto monumento della città, sorge sul punto più alto di un ripido colle. Il maniero accoglie i visitatori con unleone veneziano, che però non è quello che fu apposto dallaRepubblica di Venezia durante la breve occupazione della città (1508-1509) bensì dal governofascista, al termine di un radicale restauro, conclusosi nel 1937. Con tale restauro, resosi necessario a seguito dei gravi danni subiti dall'edificio durante laGrande Guerra, non venne però ripristinato il palazzorinascimentale precedente, intonacato di bianco, bensì le sembianze che aveva probabilmente il castello di Gorizia nel Trecento, al tempo del massimo splendore deiconti di Gorizia, con la pietra a vista, prestando particolarmente attenzione però a ricostruirlo con una merlatura guelfa, per simboleggiarne la pretesa italianità, al posto di quella originale ghibellina, simbolo di fedeltà alSacro Romano Impero. A occidente del castello sorge il centro storico della città con laCappella del Santo Spirito e il borgo medievale.Costruito nel 1938 il Sacrario militare di Oslavia custodisce le spoglie di 57.740 soldati, morti nelle battaglie di Gorizia.
A partire dal Settecento, su impulso diMaria Teresa d'Austria, nel Goriziano iniziò l'industrializzazione. Ciò si deve soprattutto allo spirito imprenditoriale della famiglia Ritter de Zahony, che in seguito a fortunate speculazioni si arricchì e poté investire, aprendo a Gorizia nel 1819 uno stabilimento per la raffinazione dellozucchero di canna, nel 1839 unmulino moderno, nel 1854 uno stabilimento per la lavorazione dellaseta, nel 1861 unacartiera, nel 1868 unatintoria e nel 1880 una fabbrica dicellulosa. Non molto è visibile ormai, a eccezione del villaggio operaio del 1871, conservatosi pressoché intatto, benché si tratti di case private. In tale villaggio ancora si riconoscono due tipi di abitazione, quelle per 1-2 famiglie, e quelle per così dire con scopi sociali, ospitanti lavanderie comuni, una scuola, sale riunioni. Un altro edificio degno di nota è villa Ritter, appartenuta alla stessa famiglia.
La più ampia della città, su cui si affaccia la chiesa di Sant'Ignazio. Qui troviamo anche la Casa Torriana, di origine cinquecentesca, oggi sede della Prefettura. Fra i molti ospiti illustri che vi abitarono, ci fu ancheGiacomo Casanova, che vi soggiornò nel 1773. Al centro della Piazza si trova la Fontana del Nettuno, eseguita verso la metà del Settecento dal padovano Marco Chiereghin su progetto di Nicolò Pacassi, mentre davanti allachiesa di Sant'Ignazio si trova la Colonna di Sant'Ignazio, donata dal Conte Andrea di Porcia e qui collocata nel 1687.Vista notturna di piazza della Vittoria da via Rastello.
Piazza Sant'Antonio
Scorcio di piazza Sant'Antonio Delimitata da un arioso colonnato, che un tempo apparteneva alchiostro di un convento fondato nel XIII secolo – come vuole la leggenda – dasant'Antonio da Padova. Sulla piazza si affacciano due fra i più interessanti palazzi della città, il Palazzo dei Baroni Lantieri e il Palazzo dei Conti di Strassoldo.
Piazza della TransalpinaLa piazza della Transalpina prende il suo nome dallalinea ferroviaria Jesenice-Trieste (impropriamente chiamata in italianoferrovia Transalpina) di cui fa parte la stazione situata in territorio sloveno[46]. Questo tratto, che venne inaugurato dall'arciduca Francesco Ferdinando nel 1906, collegaTrieste conJesenice per poi addentrarsi nell'Europa Centrale. In tempi moderni l'intera piazza appare ristrutturata in modo da formare un unico spazio pubblico dove è permessa la libera circolazione dei pedoni. In luogo della parte centrale delMuro di Gorizia che divideva la piazza c'è un mosaico circolare e ilconfine di stato – rimossa la barriera fisica – è ora indicato da una linea di mattonelle di pietra.[46] In seguito al ridisegno della piazza è stato proposto dallaSlovenia di rinominare l'area in piazza dell'Europa Unita, ma tale proposta non ha avuto seguito. Per la sua simbolicità l'area viene sovente utilizzata per l'organizzazione di manifestazioni ed eventi di respiro internazionale.
Piazza Camillo Benso conte di Cavour
Delimitata dalla lineare facciata del Palazzo degli Stati Provinciali, che ora ospita la Questura. Edificato nel 1200 e ampliato nel Cinquecento, il palazzo fu la sede dei "padri della patria goriziana", l'assemblea, di cui facevano parte rappresentanti della nobiltà, del clero e della contea, che amministrò per sei secoli la città e il suo territorio. Sulla piazza si affacciano altri antichi palazzi: la cinquecentesca Casa del Comune, con il caratteristico sporto ai piani superiori, dimora del Gastaldo; la Casa degli Ungrispach, una delle più antiche della città, in stile tardo gotico, sulla cui facciata spicca una targa con la dataMccccxli. Da segnalare la presenza di antiche case all'imbocco di via Rastello.
Piazza Edmondo De Amicis
La piazza è dominata dalla facciata di palazzo Attems Petzenstein, che è stato realizzato su progetto di Nicolò Pacassi e che è stato terminato intorno al 1754 in stile rococò. La facciata del palazzo – con un corpo centrale aggettante e due ali laterali – culmina con un'elegante balaustra decorata con statue. Imponente anche l'interno, sede dei Musei Provinciali. Antistante al palazzo una volta c'era la fontana dell'Ercole, tolta in seguito per motivi di viabilità.
Piazza del Municipio
Nel pieno centro cittadino, la piazza ospita il palazzo Attems-Santa Croce, oggi sede del municipio del comune di Gorizia.
Piazza San Rocco
Poco distante dal centro storico, la piazza ospita la chiesa di San Rocco, consacrata nel 1637 dal goriziano Pompeo Coronini. Antistante alla chiesa si trova la fontana-obelisco inaugurata il 25 aprile 1909 progettata dall'architetto Antonio Lasciac, alta 8 metri e 10 centimetri, che è composta da tre parti principali: il basamento, le vasche e l'obelisco.
Piazza Cesare Battisti
La piazza si affaccia sui giardini pubblici dove è stata collocata la statua dedicata al bersagliereEnrico Toti, morto il 6 agosto 1916 durante lasesta battaglia dell'Isonzo. Il monumento risale al 1958 ed è opera dello scultore bersagliere Mario Montemurro. Enrico Toti è raffigurato privo della gamba sinistra, con il classico cappello piumato dei bersaglieri in testa e la leggendaria stampella, lanciata poco prima di morire verso le trincee nemiche. Il basamento posto sotto la statua riporta un'unica frase,Al Bersagliere Enrico Toti eroe nazionale caduto il 6 agosto 1916.::Piazza delle erbe :Antica piazza della città, dove un tempo, come suggerisce il nome, vi era il mercato delle erbe. La piazza si trova nell’ultimo tratto del corso Giuseppe Verdi, lo spazio ha perso il suo uso divenendo negli ultimi tempi spazio per il capolinea dei bus urbani.
Piazza Nicolò Tommaseo
Lasciando il complesso di Palazzo Coronini attraverso l’antica via dei Coronini si giunge in piazza Tommaseo, dove sorge la chiesa originariamente dedicata a San Giovanni, costruita nel 1656 a fianco dell'Ospedale dell’ordine dei Misericorditi o Fatebenefratelli per volontà del barone Giovanni Vito del Mestri. La maggior parte dei goriziani continua a chiamare questa piazza con l’antico nome di “Piazzutta”, dal friulano Plazuta, piccola piazza, con cui veniva indicata in passato per distinguerla dalla vicina Piazza Grande, oggi piazza Vittoria.
Piazza San Francesco D'Assisi
La piazza si trova tra il centro cittadino e il quartiere San Rocco, dimora la Chiesa dei Frati Cappuccini fondata dalla Provincia Veneta nel 1591.Durante la prima guerra mondiale il convento fu quasi totalmente distrutto. La chiesa primitiva, dedicata all’Assunta e a S. Francesco d’Assisi, venne ampliata negli anni 1909-10 e riconsacrata il 18 giugno 1911. A fianco la chiesa c'è la statua dedicata al santo che chiude la piazza.
Inizialmente chiamata piazza Nuova, dal 1851 al centro vi sorgeva una fontana circolare con basamento in granito e una spina in metallo, cui attingevano l’acqua gli abitanti della zona. Inoltre, a partire dal 1887, nella piazza si teneva il mercato del fieno, spostato da piazza Battisti; in virtù di ciò, la piazza assunse la denominazione volgare dipiazza del fieno. Ai primi del Novecento divenne piazza Carlo Bertolini (1827-1899) in onore dell’avvocato e patriota trentino. L’11 maggio 1941 si passò all’intitolazione al nome glorioso della Divisione Julia. Oggi la fontana non c’è più e ovviamente non c’è nemmeno il mercato del fieno, e la piazza, sfruttata in ogni suo spazio, è ridotta a un parcheggio su cui si affaccia il liceo scientifico “Duca degli Abruzzi”.
«Un ornamento particolare della città sono i numerosi giardini, in parte assai estesi, che nell'interno circondano i palazzi e le case. Qui soprattutto si notano chiaramente gli effetti del mite clima goriziano.»
Statue al parco di villa Coronini-CronbergEdicola nel parco del municipioIl monte Sabotino visto da Gorizia
Gorizia, già definita laNizza austriaca, colpisce per le estese aree verdi che la circondano e che punteggiano il centro abitato. Vi sono numerosi parchi e giardini pubblici all'interno della città, oltre quelli che circondano le molte ville ottocentesche. Vi sono poi spazi verdi restati allo stato naturale, quali il Parco del Castello e la Valletta del Corno, che si estende tra il rione di Straccis e il centro cittadino, lungo il corso del torrente Corno, dove sono presenti anche appezzamenti di terreno a destinazione agricola.
Lungo il corso del fiumeIsonzo si snodano alcuni parchi di notevole valore paesaggistico, fra cui quello di Piuma-Isonzo, costituito da una parte fluviale e una collinare boscosa, e quello della Campagnuzza, che presenta un ambiente di bosco golenale. Tra le superfici non protette, è particolarmente suggestivo il primo tratto del fiume Isonzo in territorio comunale, incassato in una gola dalle cui pareti sgorgano acque sorgive, con copertura vegetale estremamente varia, e l'ultimo tratto tra le frazioni di Sant'Andrea eLucinico, contraddistinto da una vasta distesa dipioppi esalici.
Altro complesso boschivo è quello delmonte Calvario, che saldandosi a quello del monte di Piuma del già citato Parco Piuma-Isonzo forma un corpo unico di svariate centinaia di ettari e, infine, la zona delmonte Sabotino, rilievo prealpino di naturacarsica.
La presenza di vaste aree boschive continua. Degne di nota sono la vegetazione del monte San Marco (Mark) e quella dellaCastagnevizza-Panovizza (Kostanjevica-Panovec). Inoltre, la grandeSelva di Tarnova (Trnovski gozd, con una superficie di diverse migliaia di ettari) dista da Gorizia meno di quindici chilometri. Da citare inoltre il Parco dell'Isonzo, detta Campagnuzza, igiardini pubblici di Gorizia e le Rovine di Villa Frommer con l'annesso parco.
La città, che si trova, fin da epoca medievale, al crocevia tra il mondolatino e quelloslavo, è attualmente punto d'incontro e di confronto tra due grandi realtà nazionali che condividono lo stesso destino europeo: quellaslovena e quellaitaliana. Fino allaGrande guerra erano anche presenti in città due componenti minoritarie, ma socialmente e politicamente influenti: quellaebrea e quellaaustro-tedesca (i germanofoni costituivano l'11% circa della popolazione urbana totale secondo i dati del censimento del 1910).
La complessità etnica della città e della sua zona di influenza ha provocato, negli ultimi due secoli, una serie di attriti, frizioni e talvolta anche di scontri interetnici. Nella seconda metà del XIX secolo, e nei primi decenni del secolo successivo, si erano andate sviluppando tensioni politiche e sociali tra lacomponente romanza (friulana,veneta e regnicola[48]) e quellaslovena, della città, a causa del diffondersi dei rispettivinazionalismi. Fu all'epoca che nacque il Partito Cattolico Popolare Friulano, guidato daLuigi Faidutti eGiuseppe Bugatto, che aveva però il suo punto di forza non a Gorizia, ma nelle campagne del goriziano e nei piccoli centri del Friuli orientale.
Le tensioni fra la componente slava e quella romanza transitarono irrisolte negli ultimi anni di governo asburgico e nelprimo dopoguerra, dopo l'annessione della città all'Italia. L'avvento del fascismo e la politica diitalianizzazione messa in atto dalregime fascista determinarono, dopo il 1922, un ulteriore inasprimento dei rapporti interetnici, costellati da violenze e soprusi di ogni tipo nei confronti dellaminoranza slovena presente in città.
Con lo scoppio dellaseconda guerra mondiale e l'invasione della Jugoslavia, Gorizia si trovò coinvolta in una guerra che contrappose le varie etnie, talvolta combattuta all'interno delle stesse mura cittadine, che raggiunse il suo culmine negli ultimi anni del conflitto e subito dopo la fine della guerra, prima durante l'amministrazione militare della Germania nazista (1943-1945) e successivamente durante l'occupazione jugoslava dell'Istria e della Venezia Giulia (1945), durante i quali la popolazione goriziana subì eccidi, sopraffazioni e deportazioni che colpirono alternativamente i diversi gruppi etnici.
Un cartello trilingue posto a indicare una scuola della città in italiano, friulano e sloveno.
Da ricordare la componente ebraica della città, in prevalenzaaschenazita, proveniente cioè dall'Europa centrale germanofona e da quella orientale, che ha lasciato numerosi segni e donato a Gorizia personaggi illustri:Carlo Michelstaedter, e altri ancora. Essa era pienamente integrata nella città e alcuni ebrei furono ferventi patrioti italiani (per esempioCarolina Luzzatto eGraziadio Isaia Ascoli, il quale era però di origine livornese).
La vitalecomunità ebraica di Gorizia fu praticamente cancellata con la deportazione e lo sterminio nei lager tra il 1943 e il 1944. Al deportato più giovane, Bruno Farber, è stato dedicato il giardino adiacente alla sinagoga: aveva tre mesi. Il 23 aprile 2009[49] si è svolto, dopo oltre sessant'anni, il primo matrimonio con rito ebraico nella locale sinagoga, tra due cittadini israeliani di cui uno originario di Gorizia.
Al 31 dicembre 2023 gli stranieri residenti nel comune erano 3 962, ovvero il 11,8% della popolazione. Di seguito sono riportati i gruppi più consistenti:[50][51]
(Hugo Blotius, resoconto di un suo viaggio del 1571)
Gorizia è una città tradizionalmente multilingue. Originariamente le lingue parlate erano tre: ilfriulano (maggioritario), iltedesco e losloveno (minoritaria in città, ma molto diffusa nelle campagne e nei villaggi limitrofi). Alle soglie dell'era moderna iniziò a propagarsi a Gorizia anche ilveneto, portato prima dalle truppe di occupazione dellaRepubblica di Venezia (1508-1509), poi dagli immigrati.
Principali lingue amministrative, in etàbassomedievale, furono invece il tedesco e illatino (in tale idioma venivano redatti tutti gli atti giudiziari). Il latino fu anche la più importante lingua scritta e di cultura nell'Europa medievale, cui si affiancarono successivamente (dal XVI secolo), sia il tedesco che l'italiano, quest'ultimo con una chiara influenza veneta, diventata marcata durante il regno diMaria Teresa d'Austria.
L'italiano sembrò prevalere sul tedesco nel Seicento perché utilizzato come lingua d'insegnamento, insieme al latino, in alcune prestigiose scuole appartenenti all'ordine deigesuiti. Nel secolo successivo si assistette invece a una ripresa del tedesco, determinata non solo dalla chiusura delle scuole gesuite (1773), ma anche dallo sviluppo della burocrazia statale centralizzata dell'Impero austriaco, in massima parte germanofona.
Inetà napoleonica (che a Gorizia durerà meno di un quinquennio, dal 1809 al 1813) l'italiano farà la sua ricomparsa nelle scuole e nei pubblici uffici, per essere nuovamente sostituito dal tedesco durante laRestaurazione dell'Impero austriaco. Negli anni sessanta dell'Ottocento si ebbe un processo di ampliamento e consolidamento del plurilinguismo, che sembrò divenire inarrestabile nei tre decenni successivi e che coinvolse anche il gruppo etnico sloveno e quello tedesco[52]:
«[...] I tedeschi che restano a Gorizia abbastanza a lungo finiscono per assimilarsi agli Italiani, e comunque ne imparano la lingua»
(Liliana Ferrari)
Una frangia della borghesia goriziana, che aveva l'italiano come lingua di cultura e d'uso (insieme al veneto e/o al friulano), fece in parte sue le dottrine nazionaliste che in quegli anni si stavano diffondendo nel vicinoRegno d'Italia, chefu proclamato nel 1861, rivendicando l'impiego ufficiale di tale idioma. Tuttavia nel 1869 un censimento austriaco della città di Gorizia conteggiava ifriulanofoni in circa 10 000 unità, glislovenofoni in 3 500, itedescofoni in 1 800 e gliitalofoni in sole 1 000 unità (da notare il fatto che in detto censimento la componente friulana viene distinta da quella italiana).
A partire dagli ultimi anni dell'Ottocento, anche il gruppo sloveno (e alcune frange minoritarie di quello friulanofono), che fino ad allora era stato propenso a integrarsi nelle altre due componenti etniche della popolazione cittadina, iniziò a prendere sempre più coscienza delle proprie specificità etniche e linguistiche.
Se nel censimento del 1900 furono conteggiati solo 4 754 goriziani di lingua slovena, nel censimento successivo (1910) se ne contarono 10 790, pari a circa un terzo della popolazione urbana totale (compresi quindi i regnicoli e gli altri stranieri residenti).
L'aumento dell'etnia slovena viene così spiegato da Liliana Ferrari nel suo testoGorizia ottocentesca, fallimento del progetto della Nizza austriaca[53]:
«[...] L'aumento [dell'etnia slovena] non si deve tanto a immigrazione, quanto a diversa dichiarazione della propria lingua. Chi usava lo sloveno soltanto in famiglia e l'italiano al lavoro, ora si dichiara sloveno. [...]»
(Liliana Ferrari nel suo testoGorizia ottocentesca, fallimento del progetto della Nizza austriaca)
A questi vanno aggiunti altri 5 679 locutori sloveni dei tre comuni limitrofi (Sant'Andrea,Piedimonte del Calvario eLucinico) che fanno oggi parte del comune di Gorizia. I parlanti sloveni del territorio attualmente compreso nel comune di Gorizia, arrivavano, secondo il censimento del 1910, al 40% della popolazione totale, contro un 45% di italofoni (comprendente i parlanti friulano) e un 9% di germanofoni.[54] Nell'intero territorio urbano e semi-urbano di Gorizia (comprendente, quindi anche i comuni diSan Pietro di Gorizia,Vertoiba, eSalcano, che verranno annessi alla città negli anni venti), nel 1910 i parlanti sloveni erano il 51% contro un 39% di parlanti italiano (esclusi i cittadini del Regno d'Italia).[54]
Il 23 novembre 1919 si svolse l'Assemblea Costitutiva della Società Filologica Friulana presso la sede municipale di Gorizia; In questo modo si poté prendere maggiormente in considerazione lalingua friulana a Gorizia e nel resto delFriuli.
Con la guerra e la successiva annessione alRegno d'Italia, il gruppo slovenofono iniziò a decrescere mentre la componente italofona tornò a incrementarsi (secondo il censimento del 1921) divenendo, durante ilventennio fascista, l'unica a essere ufficialmente riconosciuta e censita.
La seguente tabella riassume la composizione etnica di Gorizia dal 1869 al 1936.
Mappa indicante la diffusione dei dialetti dellalingua slovena. In blu è indicata l'area di utilizzo dei dialetti appartenenti al gruppo dialettale litoraneo, che è parlato anche a Gorizia[55].
Dopo la fine dellaseconda guerra mondiale lalingua tedesca, già fortemente regredita fin dagli anni dell'immediatoprimo dopoguerra (1918-1920), è scomparsa quasi completamente dalla città e attualmente il numero di germanofoni autoctoni è minimo.
Oltre alla variante standard, sono presenti sul territorio goriziano il dialetto carsolino, tradizionalmente parlato aSant'Andrea, e il dialetto del Collio, tradizionalmente parlato aPiedimonte del Calvario), e ilveneto nelle suevarietà coloniali. Quest'ultimo, la cui presenza è documentata in città fin dal XVI secolo, si andò imponendo sempre più nei secoli successivi (soprattutto nel Novecento) e attualmente è ampiamente diffuso a Gorizia, grazie anche allanotevole immigrazione istriana prodottasi nel secondo dopoguerra. Spesso è utilizzato comelingua franca nei contesti sociali informali.
I goriziani, siano essi appartenenti al gruppo etnico italiano o sloveno, sono in massima parte di religionecattolica. Va ricordato, a tale proposito, che Gorizia è sede arcivescovile fin dal 1751, anno in cui cessò di esistere ilpatriarcato di Aquileia e furono create l'arcidiocesi di Gorizia e l'arcidiocesi di Udine. È presente fin dalla prima metà dell'Ottocento una piccola comunitàprotestante originariamenteluterana e divenuta, dopo laprima guerra mondiale, di culto evangelicometodista.
Lacomunità ebraica, un tempo fiorente, si è invece praticamente estinta, come si è già avuto modo di sottolineare. Nel 1969 è stata definitivamente chiusa lasinagoga di Gorizia per mancanza di fedeli.[57] Fra gli immigrati sono diffuse anche altre confessioni cristiane nonché le religionimusulmana,induista ebuddhista, che contano in città un numero limitato di aderenti.
I musei di Gorizia posseggono un'importante collezione diAntonio Rotta, nato a Gorizia e naturalizzato veneziano, che fu uno dei più importanti rappresentanti al mondo dellaPittura di genere. Rotta si specializzò in un primo tempo nella pittura di scenette e figure diPittura di genere d'ambiente veneziano, alcune volte venate d'umorismo, che risultano le più pregiate[59], per poi cimentarsi in alcuni quadri di tema storico (Tiziano istruisceIrene di Spilimbergo) e sacro.Non soddisfatto dei risultati ottenuti si volse nuovamente alrealismo dei suoi soggetti preferiti, come gli umili o l'infanzia[60].
Ogni anno si svolgono in questa città numerosi concorsi musicali internazionali. Tra questi, degno di nota, è quello riguardante ilcanto corale "Cesare Augusto Seghizzi", in cui decine di cori di altissimo livello e provenienti da ogni parte del mondo si confrontano suddivisi in varie categorie. Il concorso Seghizzi rientra nel circuito delGran Premio Europeo di Canto Corale. L'ultimo Gran Premio è stato ospitato a Gorizia nel 2004. L'Ensemble Dramsam è un ensemble musicale vocale e strumentale, specializzato nell'esecuzione dimusica antica, attivo nella città di Gorizia dal 1985.
Nellacucina goriziana c'è una fusione della cucina tipicamitteleuropea,friulana e anchetriestina, che influenzano la cucina goriziana rendendola ricca e varia. I piatti tipici della cucina goriziana sono ilcotechino con icrauti, ilgulasch e lefrittate alle erbe. Contorni tipici sono le patatein tecia o il fresco abbinato a radicchio e fagioli.
Il dolce più caratteristico è lagubana. I vini sono prodotti soprattutto nella zona diOslavia e nelCollio, dove spicca il "Collio Goriziano", vino aDenominazione di Origine Controllata. La gubana goriziana, il miele e i vini d'Oslavia sono oggi riuniti sotto il marchioprodotti tipici goriziani.
Piazza della Transalpina, con segnato il confine tra Italia e Slovenia, che divide Gorizia da Nova Gorica. I caseggiati che si vedono nell'immagine appartengono a Gorizia, mentre la foto è stata scattata a Nova Gorica.Ingresso a Nova Gorica dal valico di Casa Rossa provenendo da Gorizia prima della fine dei controlli confinari tra laSlovenia e l'Italia.
Lungo i confini comunali tra Gorizia eNova Gorica corre ilconfine tra l'Italia e la Slovenia. Sono presenti diversi valichi di frontiera tra le due città, il cui attraversamento è diventato sempre più agevole grazie al cambiamento della politica estera tra i due Stati, fino a giungere al 21 dicembre 2007, quando la Slovenia ha fatto il suo ingresso nell'Unione europea. Da tale data la Slovenia è entrata nell'area Schengen, che ha permesso il libero movimento di persone e merci.I valichi di frontiera presenti lungo il confine comunale delle due città sono:
Casa Rossa-Valdirose: il più importante valico di frontiera, che ha rilievo internazionale.
Piazza della Transalpina: è la piazza dove un tempo passava ilMuro di Gorizia, che divideva Gorizia da Nova Gorica. Dopo la sua rimozione, è diventata consentita la libera circolazione dei pedoni. In luogo della parte centrale del Muro di Gorizia, che divideva la piazza, c'è un mosaico circolare, e ilconfine di stato – rimossa la barriera fisica – è ora indicato da una linea di mattonelle di pietra.[46]. In seguito altrattato di Parigi la piazza venne divisa traItalia eRepubblica Socialista Federale di Jugoslavia, mentre dal 1991 è divisa traItalia eSlovenia[46]. Fino al 22 dicembre 2007, data d'ingresso dellaSlovenia nell'area degli accordi di Schengen, la libera circolazione era possibile solo all'interno della piazza, anche se il Muro di Gorizia in quel tratto venne eliminato già nel 2004[46].
Via San Gabriele-Erjavčeva ulica: precedentemente destinato al traffico locale, è stato potenziato, anche con il ripensamentourbanistico della zona, per potere permettere un maggiore afflusso di persone e merci[62]. È il più vicino al centro storico di Nova Gorica.
Via del Rafut-Prestava: precedentemente destinato al traffico locale, è stato potenziato, anche con l'aggiunta di strutture tipo la sede di un'agenzia di promozione sociale di livello internazionale, per potere permettere un maggiore afflusso di persone e merci[63].
Sant'Andrea-Vertoiba: è localizzato nelle periferie delle due città, a sud del confine comunale che le divide.
Via Vittorio Veneto/San Pietro: è localizzato nelle periferie delle due città, a sud del confine comunale che le divide.
Il sistema dei trasporti di Gorizia è gestito dallaAPT Gorizia, la quale gestiscenove linee urbane e diverse linee suburbane compresi i collegamenti da e per l'aeroporto regionale Pietro Savorgnan di Brazzà di Ronchi dei Legionari.
La città di Gorizia è collegata anche con Nova Gorica per mezzo di un servizio di linea giornaliero di autobus, gestito congiuntamente da APT Gorizia e dalla omologa Avrigo di Nova Gorica[64].
Fra il 1909 e il 1935 la città fu servita da unarete tranviaria urbana realizzata dalla Società Goriziana Trenovie e in seguito gestita direttamente dal comune. Tale rete si componeva fondamentalmente di due linee per il collegamento del centro con le due stazioni cittadine e con il sobborgo diSan Pietro di Gorizia.
L'aeroporto di Gorizia, che fu costruito negli anni 1910 dagli austriaci, venne dopo poco tempo messo in disarmo. Recuperato negli anni 1920, e inizialmente intitolato aEgidio Grego, negli anni a seguire ebbe un ruolo operativo nella prima e nella seconda guerra mondiale. Questo lo fece obbiettivo di un pesante bombardamento da parte degli alleati della seconda guerra mondiale, che distrusse quasi tutti gli hangar.
Panorama di Gorizia in una foto precedente al 1905. Fino al 1915 a capo dell'amministrazione cittadina di Gorizia ci fu ilPodestà (nell'accezione medievale del termine), dal 1918 al 1926 ilSindaco, dal 1926 al 1945 ilPodestà (nell'accezione fascista del termine) e dal 1945 nuovamente il Sindaco
La squadra dipallacanestro maschile dellaUnione Ginnastica Goriziana è stata per anni protagonista nella massima serie del campionato italiano arrivando nellastagione 1982-1983 ai quarti di finale dei play off. Il 21 marzo 1999 con una vittoria 65-63 sullaPallacanestro Treviso ha disputato l'ultima partita cessando poi l'attività nei campionati maggiori per motivi economici[66].
^Tabella climatica, suclima.meteoam.it.URL consultato il 28 febbraio 2019.
^Tabella CLINO, suclima.meteoam.it.URL consultato il 28 febbraio 2019.
^< Giovanni Frau,I nomi dei castelli friulani, inStudi Linguistici Friulani, vol. 1, 1969, p. 311.
^ Sergio Tavano,Il castello di Gorizia, Libreria Adamo, 1978.
^Giovan Battista Pellegrini,Contatti linguistici slavo-germanico-romanzi, inGli Slavi occidentali e meridionali nell'alto medioevo. Settimane del centro italiano di studi sull'alto medioevo, Spoleto, 1983, p. 927.
^La signora di Schwarzenegg. Un feudo goriziano sul Carso alle porte di Trieste, XIV-XIX secolo, S. 38, von Ugo Cova (2009)
^Die Protokolle des Österreichischen Ministerrates 1848/1867. V Abteilung: Die Ministerien Rainer und Mensdorff. VI Abteilung: Das Ministerium Belcredi, Wien, Österreichischer Bundesverlag für Unterricht, Wissenschaft und Kunst 1971
^"Epurazione di frontiera Le ambigue sanzioni contro il fascismo nella Venezia Giulia 1945-1948" Roberto Spazzali, Collana: "LEGuerre", Libreria Editrice Goriziana 2000 rif. pag. 58-63
^Riporta Pirina che l'ultima registrazione del campo di Lubiana è del 30 dicembre 1945. Un'annotazione documenta l'annullamento di forniture alimentari perché, spiega la nota con una sinistra frase «il problema italiano (i prigionieri italiani) è stato eliminato». cfr. "Scomparsi" Marco Pirina, Annamaria D'Antonio Adria Storia, Silentes Loquimur 1995 rif. pag. 206-220
^In modo forse inopportuno: Gorizia ebbe il confine all'estrema periferia orientale, poche case agricole e qualche villa di campagna rimase oltreconfine. Perse tuttavia oltre il 60% del territorio comunale e più del 90% di quello provinciale
^Liliana Ferrari,Gorizia ottocentesca, fallimento del progetto della Nizza austriaca, sta in: AA.VV., Roberto Finzi, Claudio Magris e Giovanni Miccoli (a cura di),Il Friuli-Venezia Giulia, della serie Storia d'Italia, le Regioni dall'unità ad oggi, Torino, Giulio Einaudi Ed., 2002, vol. I, p. 316
^Liliana Ferrari, AA.VV. e Roberto Finzi, Claudio Magris e Giovanni Miccoli (a cura di), op. cit., p. 372
^abSpezialortsrepertorium der Österreichischen Länder. Spezialortsrepertorium für das Österreichisch-Illyrische Küstenland. Bearbeitet auf Grund der Ergebnisse der Volkszählung vom 31. Dezember 1910. Herausgegeben von der Statistischen Zentralkommission (Wien: Verlag der Deutschösterreichischen Staatsdruckerei, 1918), p. 8-11
^Ceduta al comune di Gorizia in uno stato di semiabbandono, la sinagoga è stata restaurata e riaperta negli anni ottanta. Non più adibita al culto, ospita attualmente un museo e un centro di cultura ebraica. Cfr. ilsito ufficiale del Comune di GoriziaArchiviato il 3 luglio 2008 inInternet Archive.
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Liliana Ferrari,Gorizia ottocentesca, fallimento del progetto della Nizza austriaca, sta in: AA.VV., Roberto Finzi, Claudio Magris e Giovanni Miccoli (a cura di),Il Friuli-Venezia Giulia, della serie Storia d'Italia, le Regioni dall'unità ad oggi, Torino, Giulio Einaudi Ed., 2002, vol. I, p.313-375,ISBN 88-06-14977-6
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Autori vari,Guriza, Società filologica friulana, Udine 1969
In neretto icapoluoghi di regione, in corsivo lecittà metropolitane. (1): lo statuto dell'Emilia-Romagna indica lacittà metropolitana di Bologna come capoluogo della regione.