Figlio di Torquato e Argentina Testoni, lavorò durante la sua adolescenza nella bottega di stufe del padre, con studi d'autodidatta. Militante anarchico-socialista, partecipò nel 1914 alla "Settimana rossa", entrando nello stesso periodo in contatto con l'ambiente letterario e artistico bolognese: legami d'amicizia di una vita, conGiorgio MorandiFilippo de PisisCarlo Carrà.
La precipua sua formazione avviene nell'orma di Péguy, sulle pagine della memorabile rivistaCahiers de la Quinzaine, cui deve il primo incontro con il pensiero di Pascal ("Pascal mi ha insegnato a ragionare. Dallalettura, ripetuta infinite volte, dei suoi pensieri, mi accorgo che mi è divenuta naturale la consuetudine diconfrontare ogni atto, ogni avvenimento della mia vita quotidiana, all'idea della morte e della precarietà di ogni nostra decisione" cfr.:Debito con Pascal, in 'L'Italiano, Anno I, Luglio 1926).
Al termine della prima guerra mondiale iniziò la sua brillante carriera letteraria collaborando alla rivista futurista diretta da Bino Binazzi,La Brigata, pubblicandovi un saggio, assai lodato da Derain, su Carrà; contemporaneamente dirigevaLa Raccolta[1],laboratorio per l'imminente e ben più autorevole esperienza deLa Ronda (1919/1922). Diverrà, nel 1926-28 -anni per lui di vasto approfondimento critico dell'opera di Paul Valéy-, assieme a Cardarelli e Pellizzi, tra i maggiori collaboratori del LonganesianoL'Italiano: sarà Raimondi ad avvicinarne il giovanissimo direttore a gli sviluppi dell'arte di Giorgio Morandi: "e fu proprio Morandi a educare Leo Longanesi a un disegno più attento, ad affinargli ancora il già elegante gusto tipografico" (M.Staglieno). Separatosi, nel maggio del '28, dal movimento diStrapaese, negli anni '30 diraderà la sua presenza pubblicistica, in intimo raccoglimento sui temi delle poetiche di Porta e Poliziano; e il suo zibaldone oGiornale 1925-1930 vedrà luce in pubblico, mutato assai il clima culturale dell'epoca, soltanto in prossimità della caduta del fascismo. E negli ultimi anni del fascismo Raimondi s'accostò al gruppoazionista diCarlo Lodovico Ragghianti venendo arrestato nell'aprile del 1943 insieme aFrancesco Arcangeli e Giorgio Morandi.
Nel 1949 pubblica il suo capolavoroGiuseppe in Italia, ove la vicenda personale s'intreccia con ulteriori fatti storico-sociali, sino alla Liberazione di Bologna. L’arco temporale preso in considerazione dalla narrazione è ampio: dal 1898, anno di nascita del protagonista Giuseppe in una famiglia di artigiani anarchico-socialisti (chiari riferimenti autobiografici), fino al 1945, con la liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo. Attraverso la prospettiva di un personaggio che vive appartato nella provincia emiliana, Raimondi ha voluto narrare non solo la storia di un singolo individuo ma anche uno scorcio sull’esperienza collettiva della Storia italiana nella prima metà del XX secolo. Si tratta di un romanzo autobiografico particolare, perché tutti gli elementi narrati hanno una corrispondenza con l’esperienza diretta dell’autore, ma è anche come il ritratto di un’intera generazione che ha vissuto intensamente i mutamenti della storia italiana del primo Novecento.[2]
La sua biblioteca e il suo archivio sono custoditi nella Biblioteca del Dipartimento di Italianistica dell'Università di Bologna[3].
Ritorno in città: 8 capitoli e due canti del popolo bolognese, Milano, Il saggiatore, 1958
Lo scrittoio, Milano, Il saggiatore, 1960
Le domeniche d'estate [ove son raccolte queste opere: Stagioni; Morte di Ottone imperatore; Piccoli scenari per la commedia;; Galileo ovvero dell'aria; Domenico Giordani; Testa o croce; Magalotti; Anni di Bologna; Vita di Garibaldi; Album; RomanziPascaliani], Milano, A. Mondadori, 1963
Grande compianto della città di Parigi, 1960-1962, Milano, Il saggiatore, 1963
L'ingiustizia, Milano, A. Mondadori, 1965
I divertimenti letterari: 1915-1925, Milano, A. Mondadori, 1966