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Giuseppe Di Cristina

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Giuseppe Di Cristina

Giuseppe Di Cristina (Riesi,22 aprile1923Palermo,30 maggio1978) è stato unmafiosoitaliano.Soprannominato "la tigre" nacque all'interno di una famiglia di consolidatatradizionemafiosa. Suo padre,Francesco Di Cristina, e suo nonno, Giuseppe soprannominatoBirrittedda, erano a loro volta capi mafiosi.

Nel1961, alla morte di suo padreFrancesco Di Cristina, prese in mano le redini dellafamiglia mafiosa di Riesi; Di Cristina era anche il rappresentante mafioso dellaprovincia di Caltanissetta e, per questa ragione, nel1975 divenne membro della "Commissione interprovinciale" diCosa Nostra. Tre anni doposarà assassinato da una fazione opposta, quella deiCorleonesi diSalvatore Riina eBernardo Provenzano.

Biografia

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Derivazione mafiosa

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Suo nonno, omonimo Giuseppe Di Cristina, fu un membro di spicco dellacoscamafiosa diRiesi, che con l'intimidazione riuscì ad ottenere l'occupazione digabellotto. Arrivato il momento di nominare il proprio successore, scelse il giorno in cui, aRiesi, si festeggia la festa diSan Giuseppe. Quando la processione si fermò sotto il balcone di Don Giuseppe, il vecchio padrino baciò suo figlio Francesco davanti a tutta la folla per mostrare ai suoi uomini il passaggio di nomina, quindiFrancesco Di Cristina, dettoDon Cicciu, fece cenno alla processione di continuare.Da questo momento era diventato chiaro a tutto il paese che Don Ciccu era diventato il nuovo boss di tuttaRiesi.Francesco Di Cristina ebbe forti legami con le famiglie mafiose diPalermo e con molti gruppi politici. Morì il 19 marzo del1961 di morte naturale.

Intrecci politici

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Di Cristina ad un processo

Giuseppe Di Cristina fu conosciuto come "l'elettore" diCalogero Volpe dellaDemocrazia Cristiana. Il fratello del boss, Antonio Di Cristina, diventerà Sindaco diRiesi e sottosegretario del partito dellaDC nellaprovincia di Caltanissetta.Disse il pentitoAntonino Calderone:"Loro furono i boss incontrastati diRiesi per tre generazioni... il supporto dellaDemocrazia Cristiana... erano tutti appartenenti alla DC".[1]

Sposò l'insegnante Antonina Di Legami, figlia di un dirigente delPCI diRiesi e per un periodo anche sindaco del paese[2]. I suoi testimoni di nozze furonoGiuseppe Calderone – fratello di Antonino e boss incontrastato diCatania – e il senatore della DC,Graziano Verzotto.Verzotto era anche presidente dell'Ente Minerario Siciliano, istituito dopo laSeconda guerra mondiale con lo scopo di porre fine alla crisi che stava avvolgendo l'industria delloZolfo inSicilia.[1]

Lavorò come impiegato dibanca presso lefiliali dellaCassa di Risparmio diCaltanissetta eGela per poi essere assunto dalBanco di Sicilia presso le succursali diMonreale,Catania eMilazzo[3]. Dopo essere ritornato dalsoggiorno obbligato aTorino, a causa della forte azione repressiva delle autorità nei confronti diCosa Nostra, Di Cristina fu assunto come tesoriere in una delle compagnie facenti capo all'Ente Minerario Siciliano, la So.Chi.Mi.Si. (Società Chimica Mineraria Siciliana), per intercessione diAristide Gunnella, deputato delPartito Repubblicano (PRI), sebbene lui stesso fosse riconosciuto come figura mafiosa dalle forze dell'ordine.[3][4][5]

Messo alle strette, Don Peppe decise di schierarsi da un altro lato, a causa della scarsità di voti ricevuti nelle file della DC per coinvolgimenti con la giustizia. Decise allora di favorire lo stessoGunnella, che nelle successive elezioni ricevette improvvisamente una valanga di voti rispetto al passato[1][4]. Nonostante le polemiche sollevate dallaCommissione parlamentare antimafia riguardo al suo coinvolgimento con il Di Cristina, Gunnella fu difeso dal Leader del Partito Repubblicano,Ugo La Malfa: quest'ultimo lo fece eleggere con la carica di ministro[6][7][3].

Coinvolgimento negli omicidi

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Giuseppe Di Cristina al processo per l'uccisione di Candido Ciuni

Secondo gli inquirenti e stando alle rivelazioni del pentitoTommaso Buscetta, Di Cristina fu coinvolto nell'assassinio del presidente dell'ENIEnrico Mattei[8] per via dei suoi legami con il deputatoGraziano Verzotto, anche lui implicato nell'omicidio[9][10][11].

Sempre stando alle rivelazioni di Buscetta, Di Cristina è stato coinvolto anche nel rapimento e successivo omicidio del giornalistaMauro De Mauro[10], che a sua volta indagava sul caso Mattei.

Nel1970 fu ricostituita la commissione diCosa Nostra. Una delle prime questioni che doveva essere affrontata fu l'offerta del principeJunio Valerio Borghese per supportare i suoi piani per un golpe ai danni dello Stato.Calderone e Di Cristina incontrarono Borghese aRoma maGaetano Badalamenti si oppose al piano. Ad ogni modo, ilGolpe Borghese fallì nella notte dell'8 dicembre1970.

Uno degli uomini di Di Cristina,Damiano Caruso, fu uno dei killer che, insieme aSalvatore Riina,Calogero Bagarella,Bernardo Provenzano,Emanuele D'Agostino eGaetano Grado tutti travestiti da militari dellaGuardia di Finanza, ucciseroMichele Cavataio il 10 dicembre1969 in Viale Lazio, aPalermo.

Di Cristina fu arrestato ma prosciolto per mancanza di prove nel "processo dei 114" che si concluse nel luglio del1974[12]. E ancora fu protagonista in un altro processo adAgrigento che aveva ad oggetto una vendetta tra il clan mafioso diRiesi e quello diRavanusa sul rifiuto di mettere al sicuro un carico disigarette di contrabbando appartenenti al boss (la cosiddetta "faida di Ravanusa"): Di Cristina era infatti accusato di essere il mandante di un paio di omicidi, tra cui quello dell'albergatore Candido Ciuni, mafiosoravanusano freddato nell'ottobre1970 da trekillers travestiti dainfermieri mentre era ricoverato all'Ospedale Civico diPalermo dopo essere sopravvissuto ad un precedente agguato[3][7]. Ancora una volta tutti gli imputati, incluso Di Cristina, furono assolti da quest'accusa permancanza di prove nel marzo del1974. SecondoAntonino Calderone eFrancesco Di Carlo, gli omicidi avvenuti aRavanusa (compreso quello dell'albergatore Ciuni) vennero eseguiti daDamiano Caruso su ordine di Di Cristina senza consultare i boss locali (Angelo Ciraulo diRavanusa e Antonio Ferro diCanicattì), facendo crescere così il risentimento di questi ultimi nei confronti del boss riesino che li portò ad associarsi con iCorleonesi diTotò Riina, seguiti da Giuseppe Di Caro diCanicattì e daCarmelo Colletti diRibera[13].

Il confronto con i Corleonesi

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Giuseppe Di Cristina si scontrò duramente con iCorleonesi sull'uccisione del Colonnello deiCarabinieri,Giuseppe Russo, avvenuto il 20 agosto del1977. Russo, che secondo iCorleonesi era confidente dello stesso Di Cristina, fu ammazzato senza il consenso dellaCommissione regionale, la quale si era opposta alle richieste diRiina dando ragione a Di Cristina.

Per queste ragioni, Di Cristina divenne uno dei principali obiettivi deiCorleonesi, così comeGiuseppe Calderone; iCorleonesi infatti stavano attaccando gli alleati delle famiglie palermitane in altre province, per isolare uomini comeStefano Bontate,Salvatore Inzerillo eGaetano Badalamenti.

Il fallito attentato del '77

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Il duplice omicidio degli uomini di Giuseppe Di Cristina

Il 21 novembre1977, Di Cristina riuscì a salvarsi da un attentato nei suoi confronti, dove ebbero la peggio i suoi due uomini: quel giorno, intorno alle ore 7:45, in contrada Palladio, nel trattoRiesi -Sommatino dellaS.S. 190 delle zolfare, un'autovetturaFiat 127, simulando un incidente, speronava frontalmente un'altra auto, unaBMW a bordo della quale viaggiavano Giuseppe Di Fede, alla guida del mezzo, e Carlo Napolitano, seduto a fianco del conducente.Subito dopo l'urto violento, due killer spietati, scesi dalla127, esplodevano numerosi colpi di fucile da caccia e di rivoltella contro i predetti Di Fede e Napolitano, assassinandoli barbaramente.

Nel gennaio1978, Di Cristina, insieme aibossGaetano Badalamenti eGiuseppe Calderone, incontròSalvatore "Cicchiteddu" Greco, giunto dalVenezuela dove risiedeva, per discutere sull'eliminazione di Francesco Madonia, capo dellacosca diVallelunga Pratameno, inprovincia di Caltanissetta, il quale era sospettato di aver ordinato il fallito attentato ai danni di Di Cristina su istigazione diTotò Riina, a cui era strettamente legato; Greco però consigliò di rimandare ogni decisione a data successiva ma, ripartito perCaracas, vi morì prematuramente per cause naturali, il 7 marzo1978. In seguito alla morte di Greco, Madonia venne ucciso il 16 marzo da Di Cristina e daSalvatore Pillera, inviato daGiuseppe Calderone. Riina allora accusò Badalamenti di aver ordinato l'omicidio di Madonia senza autorizzazione e lo mise in minoranza, facendolo espellere dalla "Commissione" e facendolo sostituire conMichele Greco, un suo socio[12].

Informatore della Polizia

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Di Cristina venne isolato sempre di più. Decise allora di informare iCarabinieri sul pericolo del potere Corleonese. La prima riunione ebbe luogo il 16 aprile1978 aRiesi, nella campagna di suo fratello Antonio.Diede un quadro completo delle divisioni interne diCosa Nostra[14] tra i Corleonesi guidati daLuciano Liggio e la fazione opposta diGaetano Badalamenti eStefano Bontate. Secondo Di Cristina, la squadra dei Corleonesi era formata da 14 boss sanguinari ed infiltrati nelle altre famiglie mafiose, i quali facevano capo aTotò Riina eBernardo Provenzano, colpevoli di numerosi omicidi, specialmente quello del tenente colonnelloGiuseppe Russo, avvenuto su istigazione di Liggio dal carcere[15].

Morte

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Di Cristina fu aggredito[16] il 30 maggio1978 alla fermata di un autobus, in Via Leonardo Da Vinci aPalermo, daLeoluca Bagarella eAntonino Marchese. Di Cristina provò a difendersi con un revolver e riuscì a ferire uno dei killer,Leoluca Bagarella, il cognato diTotò Riina, ma Di Cristina ebbe la peggio e venne finito a colpi di pistola. Nelle sue tasche,Boris Giuliano troverà alcuni assegni legati al traffico di droga traSicilia eAmerica e al banchiereMichele Sindona, firmati daDomenico Balducci, esponente di spicco dellaBanda della Magliana che verrà anch'egli assassinato pochi anni dopo.

Per l'omicidio di Di Cristina,Michele Greco,Totò Riina eBernardo Provenzano furono condannati all'ergastolo come mandanti nelmaxiprocesso di Palermo.

La sua morte fu il preludio della cosiddetta «seconda guerra di mafia» che iniziò nel1981 con l'omicidio diStefano Bontate. La morte di Di Cristina, avvenuta aPasso di Rigano nel territorio diSalvatore Inzerillo, fece cadere i sospetti proprio su quest'ultimo[17].

Dieci anni dopo il suo assassinio, anche il fratello Antonio venne ucciso aRiesi da un sicario che lo freddò con 7 proiettili[14].

Note

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  1. ^abcInterrogatorio del collaboratore di giustizia Antonino Calderone (PDF), suarchiviopiolatorre.camera.it.
  2. ^VITA E MORTE DEL BOSS PENTITO - la Repubblica.it, suArchivio - la Repubblica.it, 5 febbraio 1986.URL consultato il 5 maggio 2023.
  3. ^abcdSi avvia il processo Ciuni: respinte le istanze della difesa dei mafiosi (PDF), suarchivio.unita.news, L'Unità, 30 ottobre 1973.
  4. ^ab'DI GUNNELLA E LIMA VI PARLO IO...' - la Repubblica.it, suArchivio - la Repubblica.it, 13 marzo 1988.URL consultato il 2 novembre 2021.
  5. ^L'Antimafia interrogherà Gunnella e Verzotto (PDF), suarchivio.unita.news, L'Unità, 17 febbraio 1971.
  6. ^GUNNELLA, UOMO D'ONORE? - la Repubblica.it, suArchivio - la Repubblica.it, 24 febbraio 1988.URL consultato il 2 novembre 2021.
  7. ^abPresto nuovi arresti per il delitto Ciuni (PDF), suarchivio.unita.news, L'Unità, 26 febbraio 1971.
  8. ^BUSCETTA: 'COSA NOSTRA UCCISE ENRICO MATTEI' - la Repubblica.it, suArchivio - la Repubblica.it, 23 maggio 1994.URL consultato il 2 novembre 2021.
  9. ^Omicidio De Mauro|Articoli ArretratiArchiviato il 24 febbraio 2013 inInternet Archive.
  10. ^abCASO DE MAURO, NUOVA PISTA - la Repubblica.it, suArchivio - la Repubblica.it, 9 aprile 1991.URL consultato il 2 novembre 2021.
  11. ^Graziano Verzotto l'uomo dei misteri - la Repubblica.it, suArchivio - la Repubblica.it, 15 giugno 2010.URL consultato il 25 marzo 2023.
  12. ^abIl contesto mafioso e don Tano Badalamenti - Doc. XXIII n. 50, sucamera.it.URL consultato il 2 novembre 2021.
  13. ^ Enrico Bellavia,Un uomo d'onore, Bur, 31 maggio 2011,ISBN 978-88-586-0569-1.URL consultato il 2 novembre 2021.
  14. ^abUNA RAFFICA DI PROIETTILI CONTRO L'ULTIMO DI CRISTINA - la Repubblica.it, suArchivio - la Repubblica.it, 9 settembre 1987.
  15. ^e il boss ordino': "uccidete lo sbirro", suCorriere.it, 6 aprile 1992.
  16. ^Tra bravate, pizzo e affari carriera di un aspirante boss - cronaca - Repubblica.it, suRepubblica.it, 28 febbraio 2008.
  17. ^E LEGGIO SPACCO' IN DUE COSA NOSTRA - la Repubblica.it, suArchivio - la Repubblica.it, 3 ottobre 1984.

Bibliografia

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  • Dickie, John (2004).Cosa Nostra. A history of the Sicilian Mafia, London: CoronetISBN 0-340-82435-2
  • Gambetta, Diego (1993).The Sicilian Mafia: The Business of Private Protection, London: Harvard University Press,ISBN 0-674-80742-1
  • Servadio, Gaia (1976).Mafioso. A history of the Mafia from its origins to the present day, London: Secker & WarburgISBN 0-436-44700-2
  • Stille, Alexander (1995).Excellent Cadavers. The Mafia and the Death of the First Italian Republic, New York: VintageISBN 0-09-959491-9
  • Tescaroli Luca,Le faide mafiose nei misteri della Sicilia, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2003.
  • Anonimo,Uomo di Rispetto, Mondadori, Cles, 1988.
  • Giuseppe Martorana - Sergio Nigrelli,Leonardo Messina - La carriera di un uomo d'onore, Musumeci, Quart, 1993.

Voci correlate

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