
Premio Campiello1964
Premio Viareggio1964Giuseppe Berto (Mogliano Veneto,27 dicembre1914 –Roma,1º novembre1978) è stato unoscrittore,drammaturgo esceneggiatoreitaliano.

Nasce da Ernesto,maresciallo dei Carabinieri in congedo, e Nerina Peschiutta, sua compagna d'infanzia. Il padre, abbandonata l'Arma per amore della moglie, aveva aperto un negozio di cappelli e ombrelli e, con il suo aiuto, s'improvvisava venditore ambulante nei mercatini dei dintorni. La cappelleria era anche sede della locale ricevitoria del Lotto Regio e delle riunioni di ex Carabinieri organizzate da Ernesto.
Nonostante le modeste condizioni economiche della famiglia, il giovane Berto, primo maschio di cinque figli, venne iscritto a frequentare il ginnasio nelCollegio salesiano Astori di Mogliano, dove studiò con grande diligenza soffrendo al pensiero dei sacrifici economici sostenuti dalla famiglia per mantenerlo agli studi. Frequentò successivamente illiceo Antonio Canova a Treviso e lo portò a termine nonostante lo scarso impegno, aiutato dalla fortuna, e da quanto aveva imparato al ginnasio.
Scoraggiato dallo scarso profitto del figlio, il padre lo avvertì che non avrebbe provveduto a mantenerlo all'università. È questo un episodio emblematico del tormentato rapporto col padre, mai risolto, nodo cruciale della sofferta esperienza personale e letteraria di Berto.
Intanto Berto nel 1929 era entrato negliAvanguardisti, successivamente farà parte deiGiovani fascisti.
Costretto ad arrangiarsi, si arruolò nelRegio Esercito e venne mandato inSicilia. Ancora militare si iscrisse alla Facoltà di Lettere dell'Università degli Studi di Padova, perché tra tutte era la meno costosa. Tuttavia fu più attratto dai caffè e dal biliardo che non dalle lezioni diConcetto Marchesi eManara Valgimigli. Entrò neiGruppi universitari fascisti, fu capo manipolo dellaGioventù italiana del littorio.
Scoppiata nel 1935 laguerra d'Abissinia, Berto partì volontario per l'Africa orientale, combattendo per quattro anni comesottotenente in un battaglione diascari, prima di rimanere ferito al piede destro, e, per il suo eroico comportamento in battaglia, fu insignito di unamedaglia d'argento e una dibronzo al valor militare; "un vero affare, poiché ancor oggi - scriveva egli stesso nel 1965 -riscuotevo il relativo assegno". Il sentimento patriottico contraddistinse l'intera giovinezza di Berto come conseguenza dell'educazione fascista.
Nel 1937 fu volontario nellaguerra civile in Spagna.[1]
Tornato inItalia nel 1939, cercò di riprendere gli studi in un clima però poco favorevole, a causa dell'imminente scoppio dellaseconda guerra mondiale nella quale l'Italia entrò nel 1940. Rivestita allora la divisa, terminò gli esami che ancora gli mancavano e si laureò nel 1940 con una tesi inStoria dell'arte. Sempre nello stesso anno, in autunno, pubblicò sulGazzettino sera diVenezia in quattro puntate ilracconto lungoLa colonna Feletti, una sorta direportage su un episodio realmente accadutogli e dedicato alla memoria di quattro compagni coraggiosamente caduti in Africa orientale uno dei quali,Edgardo Feletti, viene citato nel titolo. Il racconto rivela una notevole vocazione narrativa, di tono giornalistico. Esso si "distacca dalla letteratura acclamata in quegli anni", come scriverà lo stesso Berto.
Ancora in autunno, presentata invano una domanda divolontario di guerra, dovette insegnarelatino estoria nell'Istituto Magistrale di Treviso e nell'anno successivoitaliano e storia nell'Istituto tecnico pergeometri della stessa città. Furono due esperienze dalle quali egli ricavò la persuasione che quello non era il suo mestiere.
Abbandonato l'insegnamento e desideroso di andare acombattere al fronte, poiché ilRegio Esercito voleva spedirlo a frequentare un corso di perfezionamento per la promozione acapitano aParma, preferì arruolarsi comeufficiale nellaMilizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, chiedendo di essere inviato a combattere in Africa settentrionale.
Si ritrovò così nel settembre1942 nel VI Battaglione Camicie Nere, Divisione Littorio, aMisurata. Spedito urgentemente al fronte dopo il disastro diEl Alamein, il VI Battaglione partecipò all'affannosa ritirata dallaCirenaica allaTunisia affrontando sulMareth una colossale battaglia e uscendone quasi interamente annientato, sebbene si fosse battuto con coraggio e valore. Su questa vicenda lo scrittore si atterrà, molti anni dopo per la stesura del volume-diarioGuerra in camicia nera (Garzanti,Milano 1955). Berto, addetto al rifornimento viveri se la cavò fuggendo e, fallito un tentativo di rientrare in Italia, venne spedito a rinforzare il X Battaglione Camicie Nere "M", i fedelissimi diMussolini. Con questa unità, in cui era finito per caso, passò gli ultimi giorni della guerra africana rintanato in una buca per scampare alle cannonate degli inglesi, lottando contro i pidocchi e la malinconia, cadendo infine prigioniero al termine dellacampagna di Tunisia il 13 maggio 1943.
Trasferito negliStati Uniti, passando da un campo di prigionia all'altro, finì alCampo di concentramento di Hereford, nelTexas, dove dopo l'8 settembre 1943, optò per la "non cooperazione" subendo violenze e patimenti di ogni genere e dove ebbe come compagni di prigioniaGaetano Tumiati,Dante Troisi,Ervardo Fioravanti eAlberto Burri. Questa esperienza fu molto importante perché fece rinascere in Berto il desiderio di scrivere, passione inconscia e frustrata della sua giovinezza.
Alcuni compagni fondarono unarivista intitolataArgomenti che veniva letta a turno nell'unica copiamanoscritta. Nella ricerca di collaboratori, essi si rivolsero anche a Berto, per il solo fatto che risultava laureato in lettere. Messo per la prima volta davanti a un compito di scrittore e non più di giornalista, elaborò un pezzo diprosaritmica,dannunziana da cima a fondo, dove esaltava la vicenda delle stagioni al suo paese.
Sempre nell'ambiente della prigionia entrò in contatto con laletteratura americana:Furore diSteinbeck e qualche racconto diHemingway. In prigionia, Berto scrisse numerosi racconti, i primi brevi e scherzosi, i successivi sempre più lunghi e impegnati, tre dei quali rielaborati successivamente entrarono a far parte del volumeUn po' di successo (Longanesi, Milano,1963), con i titoliEconomia di candele,Gli eucaliptus,Il seme tra le spine. Più importanti iromanzi, anch'essi del '44:Le opere di Dio, il primo scritto da Berto, e soprattuttoLa perduta gente, di pochi mesi posteriore.
Tornato a casa a fine guerra, nel febbraio del 1946, tentò senza successo di attirare l'attenzione deglieditori sui manoscritti che aveva riportato dalla prigionia. La fortuna gli fece incontrareLeo Longanesi, il quale fiutò l'affare. Il romanzo (La perduta gente) uscì tra il Natale del 1946 e il Capodanno del 1947: «soltanto quando lo vide nelle vetrine dei librai Berto seppe che Longanesi l'aveva intitolatoIl cielo è rosso, era un titolo bellissimo e astuto, che magari aveva poco a che fare col testo ma restava immediatamente impresso in chi lo vedeva. Berto sa che una parte non piccola del successo del romanzo è dovuta a quel titolo», scriverà lo stesso autore neL'inconsapevole approccio.
Ilromanzo[2], che divenne immediatamente un successo internazionale, narra le difficili vicende di un gruppo di ragazzi che la guerra ha abbandonato al loro destino e che tra violenze e orrori ritrovano solidarietà e umanità.
Nel 1948 il romanzo, apprezzato dalla critica nazionale e internazionale, vinse il Premio Firenze per la letteratura[3] assegnato da una giuria di livello:Silvio Benco,Attilio Momigliano,Eugenio Montale,Aldo Palazzeschi,Pietro Pancrazi. L'opera fu pubblicamente lodata anche daErnest Hemingway intervistato daEugenio Montale aVenezia nel 1958. Nel 1950Claudio Gora ne trasse unfilm omonimo mentre nel 1954 venne ristampato da Longanesi e successivamente, nel 1969, daRizzoli. Si aggiudicò anche ilpremio Crotone nel 1957.

Inconsapevolmente Berto si trovò "intruppato in quella schiera di artisti chiamatineorealisti", racconterà in seguito lo stesso autore in un articolo apparso suIl Resto del Carlino il 1º giugno 1965. Sull'onda del successo deIl cielo è rosso, per altro non confermato dalleOpere di Dio, Berto scrisseIl brigante, uscito pressoEinaudi nel 1951, da cui furono tratti un film diRenato Castellani e una riduzione radiofonica.
La sua uscita non risollevò le sorti dell'autore e il libro fu stroncato daEmilio Cecchi. Come nei suoi romanzi precedenti fuori da precisi riferimenti si riflette nelBrigante una congerie sincera e spesso poeticamente patetica di rivendicazione sociale e di umana fratellanza, vale a dire dimarxismo e dicristianesimo, come l'autore li sperimentava nel clima egualitario e rinnovatore suscitato dalla guerra.
Trasferitosi aRoma, tornò a Mogliano a causa dell'aggravarsi delle condizioni di salute del padre, che di lì a poco morirà per uncancro. A Roma conobbe e sposò Manuela Perroni, da cui ebbe una figlia, Antonia, nata il 9 novembre 1954. Gli insuccessi ottenuti aprono la strada di una lungamalattia che verrà diagnosticata comenevrosi daangoscia, che lo affliggerà per quasi un decennio impedendogli di lavorare con continuità.
Prima che la malattia raggiungesse il culmine, Berto ricostruì e ordinò in undiario, edito daGarzanti nel 1955 col titoloGuerra in camicia nera, gli avvenimenti che aveva annotato prima di essere fatto prigioniero. Il romanzo-diario testimonia la dolorosa e lenta evoluzione dal neorealismo ad unopsicologismo a sfondo umoristico. Dal 1955 al 1964 tentò di uscire dalla nevrosi passando da una cura all'altra, si occupò di giornalismo e scrissesceneggiature cinematografiche. Il raccontoLa Luna è nostra del 1957 lo vede nei panni di sé stesso, giornalista, alle prese con Febo Còrtore, uno strano e misterioso meccanico. Nel 1963 rimase famoso nelle cronache lo scontro, a cui seguì una vertenza giudiziaria, conAlberto Moravia, che non apprezzava l'opera di Berto, in occasione dell'assegnazione del premio Formentor alla giovane autriceDacia Maraini per il suo secondo romanzoL'età del malessere.[4]
Finalmente Berto trovò sollievo per le sue condizioni psichiche approdando ad unaterapiapsicoanalitica presso l'abruzzeseNicola Perrotti[5], esperienza questa per lui determinante.
Il 1964 è probabilmente l'anno fondamentale della carriera letteraria di Berto; esce infattiIl male oscuro che, in precedenza rifiutato da più di un editore, si aggiudicò in una sola settimana i due premi letterariViareggio[6] eCampiello.[7] Autentico caso letterario, il romanzo ripercorre autobiograficamente la vita dell'autore alla ricerca delle radici della sua sofferenza; frutto del percorsopsicoanalitico, opera una dissoluzione delle strutture narrative in modo nuovo e personalissimo, in un contesto di generale rinnovamento.
Anche da quest'opera verrà tratto unfilm, diretto nel1989 daMario Monicelli.

Contraendo un debito, frattanto, Berto aveva acquistato un terreno aCapo Vaticano, inCalabria, dove, bonificata la sterpaglia, edificò una villa destinata a diventare il suo rifugio per gran parte dell'anno "l'isola degli aranci sta dall'altra parte celeste e gialla e un poco verde nella sua breve lontananza, e in mezzo c'è un piccolo tratto di mare proprio piccolo ma non ho il coraggio di passarlo, padre non ho coraggio, (...) e del resto non tutti coloro che volevano la terra promessa poterono giungervi, non tutti furono degni della sua stabile perfezione, e così verso sera cerco un posto da dove si possa guardare laSicilia, di notte l'altra costa è una lunghissima distesa di lampadine con segnali rossi e bianchi (...) ecco qui mi costruirò con le mie mani un rifugio di pietre e penso che in conclusione questo potrebbe andar bene come luogo della mia vita e della mia morte" (Il male oscuro, cit.).
Nel biennio successivo al grande successo delMale oscuro pubblica altri due romanzi:La fantarca eLa cosa buffa.
Nella produzione successiva, libri d'impegno si alternano a pagine occasionali, e Berto sciupa quasi coscientemente e con rabbia il suo talento. Lontano da circoli o accademie letterarie, non si associa ad alcun partito, non vota ed è politicamente incerto. «A destra lo ritengono di sinistra, i comunisti pensano che siafascista, e i fascisti lo giudicano un traditore. Egli, per conto suo, è convinto d'essere pressappoco unanarchico»[8].
Dopo anni di silenzio collabora a sceneggiature cinematografiche, tra le quali spicca quella del film del1970Anonimo veneziano diEnrico Maria Salerno. Nel 1971 pubblica per i tipi dellaRizzoli un curiosopamphlet dal titoloModesta proposta per prevenire, che suscitò un certo dibattito politico letterario, ottenendo il plauso diArmando Plebe, allora responsabile culturale delMSI, facendolo divenire ancor più un autore scomodo. Rispondendo alle polemiche che lo vogliono intruppare in questo o in quello schieramento politico, nel saggio egli non si definisce fascista o antifascista, ma "afascista".Alfredo Cattabiani approfittò dell'ostracismo che la cultura dominante gli riservava per portarlo allaRusconi, di cui era direttore editoriale.[9] Nel1972 gli viene assegnato presso la "tavola"mestrina diDino Boscarato il prestigioso premio "Amelia".[10]
Nel 1973 prese parte al «1º Congresso per la difesa della cultura – Intellettuali per la libertà» organizzato per denunciare il monopolio culturale dellasinistra: vi partecipano, fra gli altri,Eugène Ionesco, l'accademico di FranciaThierry Maulnier,Sigfrido Bartolini,Sergio Ricossa eVintilă Horia.[11]
PressoRusconi uscì nel1974 il romanzoOh, Serafina!, che gli fece vincere ilPremio Bancarella[12], e che divenne un film.
Scritto in soli sei mesi il suo ultimo libro,La gloria (Arnoldo Mondadori Editore, 1978) è una riabilitazione diGiuda Iscariota, contraddittoria ed eretica autodifesa in cui Giuda parla di sé stesso come di uno strumento necessario al compiersi di un "evento già scritto".
Dopo un lungo soggiorno in una clinica diInnsbruck e una parimenti lunga convalescenza a Capo Vaticano, durante la quale trovò il tempo per comporre una breveapologia,Intorno alla Calabria, dedicata agli amici, Berto morì di cancro aRoma il 1º novembre 1978.
La salma è tumulata aRicadi, nel cimitero di San Nicolò.
Postumo è uscito daMarsilio Editori nel 1986 il volume disaggiColloqui col cane.
Alla sua memoria sono intitolati i licei diMogliano Veneto e diVibo Valentia. Inoltre, per divulgarne l'opera, è stata costituita l'associazione "Amici di Giuseppe Berto" con sedi a Ricadi e Mogliano, comuni gemellati ormai da anni. Compito dell'associazione è anche quello scegliere il vincitore delPremio Giuseppe Berto che si svolge alternativamente ogni anno nei due comuni.
Altri progetti
| Controllo di autorità | VIAF(EN) 66463667 ·ISNI(EN) 0000 0001 2137 1503 ·SBNCFIV012825 ·Europeanaagent/base/113845 ·LCCN(EN) n78096102 ·GND(DE) 11865859X ·BNE(ES) XX1724147(data) ·BNF(FR) cb11891708g(data) ·J9U(EN, HE) 987007274691105171 ·NSK(HR) 000050018 ·NDL(EN, JA) 00520008 · CONOR.SI(SL) 28697955 |
|---|