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Il giornalismo è stato spesso definito "quarto potere" per l'importanza che in unoStato democratico dovrebbe rivestire e per gli interessi che coinvolge e contrasta, nonché per la capacità di condizionare l'opinione pubblica.
Se il termine "giornalismo" è relativamente moderno, la sua storia è molto antica e si innesta con quella dellastampa, da quando cioè lostampatoreJohann Gutenberg perfezionò la tecnica di riproduzione di testi attraverso l'uso di caratteri mobili, rendendo così possibile l'abbassamento dei prezzi del libro, oggetto fino a quel momento riservato ad ambienti molto ristretti. I lontani antenati deigiornali, noti inFrancia comecanards (dal francese anatre, indicavano cioè il pettegolezzo), iniziano a circolare tracommercianti ebanchieri nella seconda metà delDuecento e hanno una forte espansione nella prima metà delSettecento: si tratta di fogli a numero variabile di pagine che raccolgono notizie di argomenti vari, spesso di caratteremiracoloso o catastrofico.
Nel corso del tempo, e in particolare nella seconda metà delXX secolo, il giornalismo – e con esso lalibertà di stampa – è stato al centro di importanti battaglie: il presupposto di partenza era che un'editoria libera da ogni condizionamento possa garantire una società e un convivere civile migliori. Per queste ragioni il giornalismo è definito anche il "quarto potere" (dopo quellilegislativo,esecutivo egiudiziario).
Vi sono due tipi di fonti: quelle dirette, che è il giornalista a dover rintracciare, e quelle indirette, dette anche intermedie, che si organizzano autonomamente allo scopo di divulgare notizie. Nel primo caso la fonte dà informazioni grezze, che vengono trasformate innotizia dai giornalisti, previaverifica dei fatti. Nel secondo caso la fonte ha un ruolo più attivo, in quanto è essa stessa a produrre materiale (ad esempio ilcomunicato stampa). Fanno parte delle fonti indiretteuffici stampa,pubbliche relazioni,addetti stampa, uffici di promozione, segreterie,portavoce e ingenerale leagenzie di stampa e le agenzie d'informazione.
Ordinamenti che regolano l'attività giornalistica nel mondo
Duesentenze dellaCorte di giustizia dell'Unione europea hanno fatto giurisprudenza in materia. Sono le sentenze Goodwin (27 marzo1996, Goodwin c.Regno Unito) e Roemen (25 febbraio2003, Roemen e Schmit c.Lussemburgo, Procedimento n. 51772/99). In esse la Corte ha affermato che il diritto alla protezione delle fonti giornalistiche è da considerarsi strettamente connesso al diritto diricevere notizie. Inoltre ha stabilito l'illegittimità delle perquisizioni negli uffici e nelle abitazioni dei giornalisti, nonché negli studi dei loroavvocati, volte alla ricerca delle fonti confidenziali. Se tale protezione non esistesse, cioè se le fonti confidenziali sapessero che un giudice può ordinare al giornalista di rivelare il loro nome, sarebbero dissuasi dal fornire notizie. Ma ciò sarebbe a detrimento della completezza dell'informazione e, in definitiva, della stessa libertà di stampa.
«Ogni persona ha diritto alla libertà d'espressione. Tale diritto include la libertà d'opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiere.»
(Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali)
LaCorte europea dei diritti dell'uomo ha ulteriormente rafforzato la tutela delle fonti di carattere fiduciario. Interpretando estensivamente l'articolo 10, ha stabilito che tale norma comprenda anche la tutela delle fonti giornalistiche, in virtù dello stretto legame tra diritto di informare e diritto di cercare notizie. Grazie a questa interpretazione estensiva, l'articolo 11 della Convenzione garantisce sia il diritto di un individuo alla libertà di espressione sia il diritto della collettività a ricevere informazioni. In tal modo i giudici sopranazionali hanno previsto una tutela più ampia rispetto a quella offerta da ordinamenti giuridici nazionali, tra cui quelloitaliano, che garantiscono un diritto attivo a fare informazioni, ma non uno passivo a riceverle.
Non esistendo una definizione legale di giornalismo, anche in virtù della libertà di stampa garantita costituzionalmente, non esiste una fonte primaria normativa a cui riferirsi. LaCorte di cassazione, nellasentenza20 febbraio1995, n. 1827 ha tuttavia fornito una generale definizione di giornalismo:
«Per attività giornalistica deve intendersi la prestazione dilavoro intellettuale volta alla raccolta, al commento e all'elaborazione di notizie destinate a formare oggetto di comunicazione interpersonale attraverso gli organi di informazione. Il giornalista si pone pertanto come mediatore intellettuale tra il fatto e la diffusione della conoscenza di esso... differenziandosi la professione giornalistica da altre professioni intellettuali proprio in ragione di una tempestività di informazione diretta a sollecitare i cittadini a prendere conoscenza e coscienza di tematiche meritevoli, per la loro novità, della dovuta attenzione e considerazione.”»
(Cass. Civ., sezione lavoro, 20 febbraio 1995, n. 1827)
Il pubblico è pertanto un termine di riferimento fondamentale per la professione giornalistica: una notizia viene scritta affinché possa essere resa pubblica.
«qualificata e caratterizzata da obiettività, imparzialità, completezza e correttezza; dal rispetto della dignità umana, dell'ordine pubblico, del buon costume e del libero sviluppo psichico e morale dei minori nonché dal pluralismo delle fonti cui [i giornalisti] attingono conoscenze e notizie in modo tale che il cittadino possa essere messo in condizione di compiere le sue valutazioni, avendo presenti punti di vista differenti e orientamenti culturali contrastanti”»
Per quanto concerne la figura del giornalista, l'Ordine dei giornalisti e laFIEG riconoscono l'articolo 1 della legge istitutiva dell'Ordine, il qualenarticolo, a proposito di tutela delle fonti, afferma:
«[Giornalisti ed editori] sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse.»
(legge professionale n. 69/1963)
La violazione di questo segreto comporta una sanzione disciplinare ai sensi dellaLegge3 febbraio 1963, n. 69, articolo 48, e successive modificazioni e integrazioni.
I giornalistiitaliani devono rifiutarsi di fornire i nomi delle persone dalle quali hanno avuto notizie di carattere fiduciario anche di fronte ai giudici. L'obbligo della segretezza della fonte può essere rimosso soltanto nel caso in cui larivelazione della fonte si riveli indispensabile ai fini della prova del reato. In questo caso il giudice (mai unpubblico ministero) ordina al giornalista di indicare la fonte delle sue informazioni (cfr. articolo 200 delcodice di procedura penale). Solo il giornalista professionista ha la facoltà di opporre al giudice il segreto sulle proprie fonti. I pubblicisti e i praticanti, invece, sono sempre tenuti a rispondere ai giudici sul segreto professionale.[3]
La sentenza influenzò anche, decenni dopo, il giudizio reso suJudith Miller delThe New York Times nel caso Plame-Wilson: dopo che Miller rivelò in uno dei suoi articoli l'identità dell'agente dellaCIAValerie Plame (gli agenti della CIA devono rimanere completamente anonimi), Miller ha rifiutato di dire quale fosse la fonte governativa che le aveva rivelato il nome dell'agente; incarcerata il6 luglio2005, fu rilasciata dal carcere tre mesi e mezzo dopo che la fonte (Lewis Libby, capo dellostaff del vicepresidente statunitenseDick Cheney) aveva revocato la clausola di riservatezza cui aveva vincolato la sua rivelazione.
Alessandro Barbano,Manuale di giornalismo. In collaborazione con Vincenzo Sassu, Roma, Editori Laterza (collana "Manuali di base"), 2025,ISBN9788842098980.
Omar Calabrese ePatrizia Violi,I giornali. Guida alla lettura e all'uso didattico, Roma, L'Espresso (n. 9 della collana "Strumenti"), 1980.