Ilgiansenismo fu un movimento religioso, filosofico e politico che proponeva un'interpretazione delcattolicesimo sulla base dellateologia elaborata nelXVII secolo daGiansenio.
L'impianto di base del giansenismo si fonda sull'idea che l'essere umano nasca essenzialmentecorrotto e, quindi, inevitabilmente destinato a commettere ilmale.Senza lagrazia divina, l'uomo non può far altro chepeccare e disobbedire allavolontà di Dio; ciononostante, alcuni esseri umani sono predestinati allasalvezza, mentre altri non lo sono[1][2] (doppia predestinazione).
Con tale teologia, Giansenio intendeva ricondurre il cattolicesimo a quella che egli riteneva la dottrina originaria diAgostino d'Ippona, in contrapposizione almolinismo (corrente teologica che prende il nome dalgesuitaspagnoloLuis de Molina), allora prevalente, che concepiva la salvezza come sempre possibile per ogni essere umano dotato di buona volontà.
Il giansenismo fu un fenomeno estremamente complesso: partito da un problema eminentemente teologico, entrò ben presto in campoetico, assunse posizioniecclesiologiche estremiste e si mosse anche come una specie dipartito politico; influenzò, infine, pratiche di religiosità popolare.
Tra le varie tendenze e manifestazioni storiche del giansenismo
«esiste comunque unminimum unificante:
la concezione di un cristianesimo profondamente esigente, che dovrebbe essere vissuto senza compromessi né concessioni,
una coscienza intensa dei diritti della persona e soprattutto del pensiero individuale, di fronte all'assolutismo dell'autorità: è una reazione personalista ad opporre Saint-Cyran al sistema politico-religioso di Richelieu, a comandare il silenzio rispettoso di Arnauld riguardo alla decisione papale sulla "questione di fatto", a provocare la rivolta degli "appellanti" contro una bolla ai loro occhi totalmente erronea.»
Impersonato da Giansenio e sostanzialmente a lui limitato, durerà nella coscienza dei giansenisti fino ad Arnauld (con la distinzione tra "questione di diritto e questione di fatto"), quindi per poco più di dieci anni dopo la pubblicazione dell'Augustinus.
Semplificandone la visionesoteriologica, possiamo dire che il giansenismo ritiene che Dio non intervenga per cambiare questo mondo, dominato dall'ingiustizia e dal peccato, ma prepari piuttosto per il credente un premio nell'aldilà. Come ognicattolico, anche Giansenio crede che la corruzione sia stata originata dalpeccato originale e venga trasmessa ereditariamente, ma nella prospettiva giansenista lacaduta dell'uomo è talmente distruttiva che l'essere umano non ha più alcunlibero arbitrio, e senza lagrazia divina non potrebbe far altro chepeccare e disobbedire alla volontà di Dio: la "grazia sufficiente" di cui Dio aveva dotato l'uomo all'atto dellacreazione è ormai completamente perduta. Attraverso la morte in croce diGesù Cristo, però, Dio concede una "grazia efficace" ad alcuni uomini da luipredestinati, resi giusti dalla lorofede e dalle opere che la grazia stessa consente loro di realizzare.
Per quanto riguarda il rapporto fra la grazia divina e il libero arbitrio dell'uomo, argomento su cui all'epoca si disputava aspramente, il giansenismo, influenzato anche dalla dottrina diMichele Baio, cercava una via equidistante fracattolicesimo eprotestantesimo, asserendo che, con il conferimento della grazia, questa si compenetra alla volontà umana che si conforma così anche alla volontà divina.
È la diretta conseguenza della prospettiva dogmatica, anche se appare già con Saint-Cyran (sostenitore delcontrizionismo) ancora prima della pubblicazione dell'Augustinus. Si svilupperà poi con Arnauld, diventerà eclatante con Pascal, e perdurerà come carattererigorista fino agli ultimi sviluppi del giansenismo. Come osservavaGiacomo Martina,
«[Tra l'aspetto dogmatico e quello morale del giansenismo] c'è una connessione più psicologica e storica che logica: di fronte a un Dio arbitro assoluto della nostra sorte, che elegge a suo piacere un piccolo numero di eletti, e muore solo per essi, l'atteggiamento più spontaneo non è l'amore, ma il timore.»
Questo rigorismo verrà poi assunto dai giansenisti anche come fondamento per il loro attacco contro iGesuiti (i quali erano, da parte loro, antigiansenisti dichiarati): il giansenismo accuserà con durezza i teologi gesuiti per il lorolassismo e per leposizioni probabiliste in ambito etico.
Il giansenismo, nel particolare contesto in cui sorse, assunse anche un'esplicita connotazione di opposizione all'autorità delpapa.
PerSaint-Cyran, l'agostinismo era stato uno strumento per la riforma dellaChiesa. Tuttavia, l'opposizione da parte dei Gesuiti, fortemente centralizzati e appoggiati da Roma, e la persecuzione che ilregime assolutistico scatenerà - di concerto con il papa - contro il giansenismo spingeranno i giansenisti su una posizione fortemente anti-romana. QuandoFénelon li attaccherà addirittura in nome dell'infallibilità pontificia, l'atteggiamento dei giansenisti si sposterà ancora di più su posizioni antipapali. ConPasquier Quesnel e poi nell'opposizione allacostituzione apostolicaUnigenitus, infine, l'autorità del papa verrà messa in discussione non più sui fatti, ma anche sui principi di fede.
Questo aspetto ecclesiologico, in senso riformatore e fortemente segnato da tendenzegiurisdizionaliste, caratterizzerà anche il giansenismo "d'esportazione", soprattutto in Italia.
In ambitopedagogico,Jean Delumeau ha messo in evidenza la forte preoccupazione dei giansenisti per l'istruzione popolare:
«Quesnel affermò che il deposito della fede sta nel corpo intero della Chiesa, il che implica che la lettura dellaSacra Scrittura è per tutti, che «la Bibbia è il latte del cristiano» e dunque che «è molto pericoloso volerlosvezzare». Il gruppo di Port-Royal, in cui era molto viva la preoccupazione dell'istruzione e dell'educazione - pensiamo allePetites écoles - non la pensava diversamente. Fu così che nacque la pubblicazione, nel1667, delNouveau Testament de Mons, la cui vigorosa e rigorosa versione era dovuta aSacy,Nicole e Arnauld; ad essa seguì poi la grande Bibbia in francese, cominciata da Sacy nel1672 e pubblicata nel1696.»
Il giansenismo, come si è detto, si caratterizza anche come ideologia politica. Questa elaborazione teorica inizia con lo stesso Giansenio e il suoMars Gallicus, un intervento a difesa della purezza della fede compromessa dagli intrighi diRichelieu. A poco a poco, questa contrapposizione con l'ancien Régime da teologica si fa più esplicitamente politica: al di là delle vicissitudini della congiuntura politica esisteva tra teologia giansenista eragion di Stato una fondamentale incompatibilità.[4]
Nell'ambito dello sviluppo storico culturale, il giansenismo si pone in una posizione paradossale. Da una parte, in quanto movimento "anti-umanista",[5] il giansenismo è una forza decisamenteconservatrice. Ma proprio per questo, paradossalmente appunto, il giansenismo diventa una forza "moderna", per la sua rivendicazione contro la ragion di Stato e l'argomento di autorità.[6]
Genesi, sviluppo e declino del giansenismo in Francia
Il lungo contrasto con ipelagiani, che esaltavano la libertà umana e le sue possibilità di salvezza, aveva portato Agostino a farsi "campione" dell'assoluta e libera grazia di Dio. Ciò, naturalmente, lo spinse a diminuire il valore dellibero arbitrio dopo la cosiddettacaduta di Adamo, così da rendere l'essere umano, senza la grazia, incapace di alcun bene. Per Agostino, poi, la grazia divina ègratis data, cioè donata in modo assolutamente gratuito, quindi non prevedibile né tantomeno meritabile, a coloro che Dio, liberamente e segretamente, ha scelto epredestinato.
Agostino aveva goduto di un immenso credito nelMedioevo, e ancheTommaso d'Aquino, parlando della grazia, partì dall'autorità di Agostino, sforzandosi però di conciliare quella dottrina con la suametafisica e soprattutto di salvare lo spazio della libertà umana.
AncheMartin Lutero eGiovanni Calvino si richiamavano, per quanto riguardava lagiustificazione, ad Agostino, trovando consonante con la propria affermazione delsola fide et sola gratia la centralità della grazia nella teologia del convertito di Ippona. L'enorme accento posto sulla caduta dell'essere umano (soprattutto in Calvino, che nega completamente il libero arbitrio per effetto delpeccato originale) tende evidentemente ad esaltare la grandezza dell'opera redentiva diGesù Cristo, così come la rigidadoppia predestinazione da parte di Dio tende ad eliminare ogni apporto umano alla libera volontà di Dio, cui l'uomo può solo aderire con l'abbandono di una fede totale.
IlConcilio di Trento si attenne alla teologia medievale, evitando di entrare in merito alla questione, e limitandosi a ribadire in maniera generica due punti fermi: la libertà di Dio (dichiarando la necessità della grazia divina) e - nello stesso tempo - la libertà dell'uomo (quindi l'esistenza e la realtà del libero arbitrio). La loro conciliazione spettava alle diverse scuoleteologiche.
(latino) «[Can. 3:] Si quis dixerit, sine praeveniente Spiritus sancti inspiratione atque eius adiutorio hominem credere, sperare et diligere, aut paenitere posse, sicut oportet, ut ei iustificationis gratia conferatur, anatema sit.
[Can. 4:] Si quis dixerit, liberum hominis arbitrium a Deo motum et excitatum nihil cooperari assentiendo Deo excitanti atque vocanti, quo ad obtinendam iustificationis gratiam se disponat ac praeparet, neque posse dissentire, si velit, sed velut inanime quoddam nihil omnino agere mereque passive se habere, anatema sit.»
(italiano) «Necessità della grazia: Se qualcuno ha affermato che l'essere umano potrebbe, senza una previa ispirazione ed aiuto dello Spirito santo, credere, sperare ed amare, o pentirsi come si conviene, cosicché gli venisse conferita la grazia della giustificazione, sia anàtema.
Libero arbitrio: Se qualcuno ha affermato che il libero arbitrio dell'essere umano, mosso e stimolato da Dio, non coopera in nessun modo con quel Dio che lo muove e lo stimola perché si disponga e si prepari ad ottenere la grazia della giustificazione; e che egli non potrebbe dissentire, se lo volesse, ma che, come un qualcosa di inanimato, non opera in nessun modo e si comporta del tutto passivamente, sia anàtema.»
(Concilio di Trento, sessione VI, 13 gennaio 1547,Canoni sulla dottrina della giustificazione,DS 1554-1555)
ALovanio, dopo il1550, fu professoreMichele Baio: specialista dipatristica, Baio ambiva a trattare i problemi relativi alla grazia soltanto con il linguaggio deiPadri della Chiesa, senza ricorrere allateologia scolastica. Ben presto lo si accusò di insegnare tesi molto vicine a quelle di Lutero e Calvino: di negare il carattere soprannaturale della condizione originale dell'uomo nelparadiso terrestre e perciò di dedurne la corruzione totale dell'uomo dopo il peccato originale e l'impossibilità di resistere alla grazia. Negando il libero arbitrio, Baio avrebbe perciò favorito ilcalvinismo. Le tesi di Baio furono condannate nel1567 dapapa Pio V e poi ancora dapapa Gregorio XIII nel1580.[7]
Alla fine delCinquecento scoppiò un'altra polemica traDomenicani eGesuiti a proposito del teologo gesuitaLuis de Molina e di un suo testo del1588,De concordia liberi arbitrii cum divinae gratiae donis. Molina proponeva la teoria della "grazia sufficiente" al posto della "grazia efficace": la grazia di Dio dà all'uomo tutto ciò che è necessario per compiere il bene, ma non può produrre effetto se non è accettata dal libero arbitrio. La posizione molinistica era rilevante anche nel contesto della pratica diproselitismo gesuita, tesa a incoraggiare l'ingresso del maggior numero di persone nel seno della Chiesa.
I Domenicani, che vedevano intaccata l'autorità di Tommaso d'Aquino, reagirono con violenza; ne nacque una pesante disputa, tra questi ultimi, che ponevano l'accento sulla grazia divina (ma si trovarono addirittura accusati dicalvinismo), e i Gesuiti, che accentuavano il libero consenso dell'uomo (ma venivano accusati dai loro avversari disemipelagianesimo). La Santa Sede avocò a sé la questione: venne insediata la "Commissionede auxiliis" (1598-1607), ma sebbene la gran parte dei consultori fosse sulla linea di Agostino e Tommaso (o comunque fosse contraria almolinismo), per non contrastare i gesuiti si giunse a una soluzione compromissoria: venne proibito ai teologi di trattare la questione del rapporto tra grazia e libero arbitrio. La Compagnia di Gesù, in effetti, si era quasi universalmente compromessa nella difesa di Molina, e una condanna di Molina avrebbe rischiato di indebolire considerevolmente il prestigio dei Gesuiti, che rendevano alla Santa Sede - soprattutto in campo politico - immensi servizi.[8]. Il decreto di proibizione, emesso dapapa Paolo V nel 1607 e rinnovato nel1625, era peraltro formulato in modo molto vago, senza sanzioni penali,[9] tanto che cadde presto in oblio: di fatto, esso sarebbe stato tirato fuori dai Gesuiti soltanto in occasione della pubblicazione dell'Augustinus di Giansenio.
Schema cronologico del giansenismo francese
Stampa da un almanacco gesuita: "La sconfitta e la confusione dei giansenisti, o trionfo di Molina su sant'Agostino"
Prima fase (teologica) 1635 -Mars Gallicus 1638 - morte di Giansenio 1640 - pubblicazione dell'Augustinus 1642 - bollaIn eminenti 1643 - Morte di Saint-Cyran;De la fréquent communion di Arnauld 1656 - bollaAd sacram 1657 -Le provinciali di Pascal 1661 - imposizione del "Formulario" antigiansenista da parte di Luigi XIV 1665 - ribellione dei quattro vescovi 1669 - "pace clementina"
Seconda fase (politica) 1679 - ripresa delle ostilità da parte di Luigi XIV contro Port-Royal 1685 - inizio dell'amicizia tra Arnauld e Quesnel 1701 - "Caso di coscienza" 1703 - arresto di Quesnel 1709 - distruzione di Port-Ro<yal 1713 - bollaUnigenitus 1717 - appello ad un concilio contro laUnigenitus 1730 - laUnigenitus legge dello Stato 1754 - morte dell'ultimo vescovo giansenista
Al momento della sua ascesa politica (1624), Richelieu si era appoggiato al cosiddetto"partito devoto", che aveva grande fortuna presso la corte dellareggenteMaria de' Medici. Inizialmente Richelieu era stato appoggiato soprattutto dal cardinalPierre de Bérulle, leader dei "devoti". In seguito, le posizioni di Richelieu e del "partito devoto" si divaricarono: per quest'ultimo, la politica doveva essere sempre e comunque subordinata alla religione; per Richelieu, al contrario, l'obiettivo più importante era il predominio europeo dellamonarchia francese. Nel1626-1627, per esempio, nel regolare laquestione della Valtellina con laPace di Monzón, il partito devoto favoriva gliSpagnoli, mentre Richelieu era favorevole a un'alleanza con laGermaniaprotestante pur di ridimensionare il potere - ormai notevole - della Spagna; da questo scontro derivò il declino e la disgrazia politica del de Bérulle, che sarebbe poi morto nel1629.
Proprio contro Richelieu, nel1635 Giansenio scaglierà il suoMars Gallicus, un pesante e violentopamphlet contro la politica del cardinale e la sua alleanza con i protestanti di Germania.[10]
La spiritualità cattolica nella Francia del XVII secolo; la proposta spirituale di Saint-Cyran (1581-1643)
La nascita del giansenismo si colloca nel contesto dellaControriforma (la Francia aveva accolto idecreti tridentini soltanto nel1615). Nella prima metà del XVII secolo si assiste in Francia e inBelgio
ad uno sviluppo deglistudi biblici, che porterà anche a nuove edizioni dellaBibbia,
Pierre de Bérulle, pur essendo anche un uomo politico,
«è il grande uomo dell'ambiente devoto, e la sua spiritualità personale, centrata sul mistero dell'Incarnazione, è tutta impregnata disant'Agostino. Ma l'agostinismo di Bérulle, eminentemente pratico, si situa soltanto sul piano della pietà. [...] Partendo dai principi agostiniani, si sforzava soprattutto di condurre le anime ad un'attitudine di umile dipendenza verso Dio loro creatore e Gesù loro redentore, al fine - sull'esempio di Agostino - di elevare la gloria del Creatore sull'abbassamento e le miserie della creatura.»
Jean-Ambroise Duvergier de Hauranne, abate di Saint-Cyran
Jean Duvergier de Hauranne,abbé de Saint-Cyran, era un amico di Giansenio, con il quale aveva studiato per cinque anni, dal1611 al1616. Convertitosi ad una vitapresbiterale più autentica grazie all'incontro con de Bérulle nel1618, alla morte di quest'ultimo divenne il punto di riferimento del"partito devoto". Dal punto di vista spirituale, Saint-Cyran
«non poteva ammettere che una vita cristiana potesse essere fatta di continue alternanze tra lo stato di grazia e il peccato, e riteneva abusiva la pratica troppo facile dei sacramenti dellapenitenza e dell'eucaristia, allora corrente. Così egli chiedeva ai suoidiretti di convertirsi autenticamente, di entrare in una vita nuova attraverso un "rinnovamento". Per provocare lo choc psicologico necessario per questa rottura con il passato, il diretto doveva passare attraverso lo stato intermedio dipenitente: gli si rinviava l'assoluzione di alcune settimane, durante le quali egli si privava dell'eucaristia.»
Alla luce di questa prassi nellacura d'anime, sembra ormai certo che Saint-Cyran non debba essere indebitamente schiacciato sulla teologia giansenistica, ma vada piuttosto ricollocato nella grande corrente dellariforma cattolica francese:
«[Giansenio e Saint-Cyran] sono entrambi discepoli delvescovo di Ippona, ma, rappresentanti di due famiglie di spirito opposte, essi non lo leggevano allo stesso modo. Intellettuale, Giansenio vi cerca la soluzione scientifica del problema preciso di cui egli considerava l'attualità accademica. Duvergier, al contrario, ha delle preoccupazioni pratiche; esse restano d'altronde assai vaghe: il ritorno alla spiritualità agostiniana era ai suoi occhi il mezzo per far rifiorire nel XVII secolo la Chiesa primitiva.»
Saint-Cyran entrò in un rapporto di profonda amicizia con la famiglia Arnauld: madreAngélique Arnauld, riformatrice dell'abbaziacistercense diPort-Royal, si sottopose alla direzione spirituale di Saint-Cyran, con il quale sperimentò questa tecnica del "rinnovamento".
Port-Royal divenne presto un punto di attrazione anche per il mondo politico (risale al1635, per esempio, la conversione diAntoine Le Maistre, nipote di madre Angélique, giovane e brillante avvocato). Molti convertiti del "bel mondo" si ritiravano a Port-Royal senza diventare né preti néreligiosi (i "solitari di Port-Royal"), e Saint-Cyran venne accusato di sottrarre forze preziose alla vita pubblica. Il clima peggiorò ulteriormente quando Giansenio, notoriamente amico di Saint-Cyran, pubblicò ilMars Gallicus e attaccò violentemente Richelieu.
Nel1638 Saint-Cyran venne arrestato con un pretesto[11] e internato nelcastello di Vincennes. La prima intenzione di Richelieu era quella di intentargli un processo pereresia. Le sue carte vennero esaminate, i suoi discepoli e le persone che lo avevano frequentato furono minuziosamente interrogate, ma questa inchiesta non portò nulla di utilizzabile.[12] Saint-Cyran venne allora messo sotto processo canonico per una questione teologica: la sua posizione a sostegno dellanecessità della contrizione per la salvezza del credente (Richelieu sosteneva invece la sufficienza dell'attrizione). Sottoposto ad un interminabile processo, Saint-Cyran passò in reclusione quasi tutto il resto della sua vita: sopravvisse a Richelieu, dopo la morte del quale (nel1642) tornò in libertà per qualche mese, prima di morire anche lui.
Dopo aver compiuto gli studi teologici all'università di Lovanio, Giansenio aveva proseguito la sua carriera universitaria arrivando appunto ad ottenere, nel1630, la cattedra diSacra Scrittura.
Già dal1621 Giansenio aveva cominciato a leggere in modo sistematico tutte le opere diAgostino d'Ippona, maturando il progetto di un'opera sulla sua teoria della grazia. Era nato così l'Augustinus, iniziato di fatto nel1627 e concluso nel1638, appena prima che Giansenio morisse dipeste.
«Per testamento, Giansenio sottometteva la propria opera al giudizio dellaSanta Sede, ritenendo però che non fosse possibile apportarvi grandi cambiamenti, e affidava la cura della pubblicazione postuma a due amici di Lovanio.»
nel secondo, Giansenio affronta prima di tutto (Liber proëmialis) il rapporto tra filosofia e teologia, opponendosi ai metodirazionalisti dellateologia scolastica e rivendicando l'autorità di Agostino sui problemi relativi alla grazia; Giansenio riflette poi sullo stato dellanatura decaduta dell'uomo: dopo ilpeccato originale l'essere umano è stato corrotto intimamente, e non gli è rimasta altra libertà che per il male; per Giansenio, d'altronde, uno stato di "natura pura" non esiste, perché fin dallacreazione l'essere umano era stato elevato a una vocazione soprannaturale, perduta la quale ormai non può fare altro che peccare;
nel terzo, Giansenio espone la sua concezione della grazia diGesù Cristoredentore, l'unica che può guarire la natura decaduta: la grazia è assolutamente necessaria e raggiunge infallibilmente il proprio effetto, ed ègratis data, cioè concessa da Dio in virtù di una sua decisione del tutto libera; se Dio dona la sua grazia, il suo amore trionfa, mentre senza la grazia l'uomo decaduto obbedisce solo all'amore per sé stesso.
Per Giansenio, l'ipotesi teologica della "grazia necessariagratis data" non comporta, però, un annullamento dellalibertà dell'essere umano. Dal punto di vista di Giansenio, infatti, la libertà non suppone assenza di necessità, ma soltanto assenza di costrizione: per meritare o non meritare non è necessario cioè essere liberi da necessità (cioè da una determinazione intrinseca), ma soltanto liberi da costrizione. L'effetto della grazia non dipende dunque dal libero arbitrio, ed ogni grazia ottiene necessariamente il suo effetto.
Dal momento che nessuno poteva mettere in dubbio l'autorità decisiva di sant'Agostino, l'opera si presentava come un capolavoro incomparabile, capace di risolvere definitivamente la questione del rapporto tra grazia e libertà umana, che da così lungo tempo aveva tenuto i teologi in sospeso. Frutto di più di vent'anni di studio delle fonti, seguiva un metodo che sembrava irrefutabile. Nel dibattito teologico, l'autore teneva una certa imparzialità, non apprezzando né i metodi né le conclusioni delle due scuole in opposizione: rigettandole entrambe, sembrava formulare la vera intenzione di Agostino, e di conseguenza della Chiesa stessa.[13]
Il primo intervento della Santa Sede: la bollaIn eminenti
La pubblicazione dell'Augustinus suscitò una ridda di reazioni, soprattutto per opera deiGesuiti, che già avevano cercato di impedire la pubblicazione del libro.[14] Essi, infatti, avevano elaborato una concezione della grazia divina antitetica alle conclusioni cui sembrava giungere Giansenio, e si erano impegnati in una difesa ad oltranza di colui che era stato il loro principale teologo su tale argomento,Luis de Molina.
Tra l'internunzioGeorgius Pauli-Stravius e il cardinalFrancesco Barberini a Roma si escogitò di tirare in ballo il decreto (ormai dimenticato) del 1607-1625, che imponeva ai teologi il silenzio sul tema dei rapporti tra grazia divina e libertà umana. La tattica, tuttavia, non ebbe l'effetto di bloccare la pubblicazione e la distribuzione del libro di Giansenio, perché gli editori professarono la propria ignoranza invincibile (il decreto del 1625 non era stato diffuso nellacristianità, ma esposto soltanto a Roma) e rivendicarono che - in caso di sequestro del materiale - il loro danno economico sarebbe stato sproporzionato, a fronte degli ingenti capitali già impiegati per la pubblicazione.
«Non avendo potuto salvare in altro modo l'onore dei loro teologi, i Gesuiti cambiarono tattica: non si posero più come campioni delmolinismo, ma come difensori della fede cattolica, e tentarono di presentare Giansenio come un eretico e un eresiarca, peggiore diLutero e diCalvino.»
I Gesuiti decisero di preparare delle liste di proposizioni tratte dal libro di Giansenio, che poi fecero sottoscrivere adanglicani ecalvinisti, per usarle poi contro Giansenio.[15] Si organizzò così una vera e propria "rete" antigiansenistica:
«I professori gesuiti del Collegio di Lovanio fornivano gli scritti polemici, in genere anonimi o pseudonimi. [...] Nei diversi Paesi, soprattutto nelle capitali, essi trovarono dei confratelli devoti per ricevere e diffondere gli scritti e per offrire memoriali alle teste coronate»
Iniziò quindi un "assedio" a Roma: diversi corrispondenti belgi si rivolsero ai loro riferimenti romani, sviluppando a turno alcuni temi scelti e concordati, con il fine della condanna dottrinale dell'Augustinus.[16]
In Francia alcuni dottori dellaSorbona si schierarono a favore delle tesi espresse nell'opera di Giansenio; allo stesso modo, l'Augustinus beneficiò delle approvazioni di molti Oratoriani, Domenicani e altri religiosi. Di contro, l'ostilità di Richelieu all'Augustinus era scontata: egli non aveva perdonato a Giansenio il suoMars Gallicus, e oltretutto nutriva una simpatia personale per ilmolinismo.
LaSanta Sede nel tentativo di impedire che la disputa si aggravasse, intervenne direttamente tramite ilnunzio aColonia,Fabio Chigi.Urbano VIII incaricò ilSant'Uffizio di preparare un altro decreto per condannare tutte le opere pubblicate nella disputa sul tema della grazia, in quanto violavano il decreto dipapa Paolo V del 1607.
Nel1641 un decreto dellaCongregazione dell'Indice dei libri proibiti, che condannava l'opera di Giansenio, ma imponeva anche il silenzio ai Gesuiti, fu inviato al nunzio Chigi, che lo fece affiggere nei luoghi pubblici. Gli amici di Giansenio a Lovanio tardarono a sottomettersi.
Inoltre, venne sottoposto a esame l'Augustinus, ma la mole del libro non permetteva un esame rapido. Solo il 13 giugno1643 labollaIn eminenti venne spedita a Chigi e agli altri nunzi: in essa veniva condannato l'Augustinus in quanto conteneva proposizioni già condannate in precedenti documenti diPio V eGregorio XIII.
A causa delle diverse resistenze che suscitò, solo alla fine del1651 la bolla era stata pubblicata in tutte le diocesi e i volumi dell'Augustinus erano ormai tutti ritirati dalla vendita. La questione sembrava chiusa; in realtà la lotta era appena iniziata, anche se già si profilava la costante: il giansenismo fu sempre un movimento di sconfitti.
La polemica si inasprì in Francia quando si seppe cheJean Duvergier de Hauranne,abate commendatario di Saint-Cyran, rinchiuso in prigione con l'accusa di eresia, proprio in prigione aveva letto l'Augustinus di Giansenio. Alla morte del suo persecutore, il cardinal Richelieu, Saint-Cyran poté uscire di prigione, e confermò di avere riconosciuto nell'opera di Giansenio l'autentica dottrina diAgostino d'Ippona. Saint-Cyran godette ben poco di quella libertà, perché morì anch'egli, nell'ottobre1643; le sue idee e la sua influenza, tuttavia, trovarono dei validi continuatori inAntoine eAngélique Arnauld.
Nel1643, dunque, morirono sia Richelieu, siaSaint-Cyran. Il ruolo di Richelieu sarebbe stato presto assunto dalcardinal Mazzarino, mentre l'eredità di Saint-Cyran venne raccolta daAntoine Arnauld, fratello minore dimadre Angélique, e discepolo e amico dello stesso Saint-Cyran.
Figlio di Antoine (il Vecchio), Arnauld aveva studiato diritto e teologia. Ordinatoprete e scelto come confessore del monastero diPort Royal (dove era abbadessa la sorella, Angélique), fu il più grande continuatore della prassi di riforma spirituale di Saint-Cyran e il propugnatore delle idee teologiche di Giansenio. Tra le sue molte opere, bisogna segnalare, infatti, un'Apologie pour Saint-Cyran (ancora del1639) e un'Apologie pour Jansénius (del 1643, quando ormai il gruppo giansenista, che aveva trovato in Arnauld il proprio punto di riferimento, cercava di opporsi all'applicazione della bollaIn eminenti).
L'opera di Arnauld che suscitò più scalpore, tuttavia, fuDe la fréquente communion (sempre del 1643). In essa affrontava il tema della partecipazione all'eucaristia:
le condizioni richieste per ricevere la comunione,
il rinvio della comunione anche dopo aver ricevuto l'assoluzione, quando si sia commesso unpeccato mortale,
il rinvio o la rarefazione della comunione anche come pratica per avere più fervore in caso di tiepidezza spirituale.
Arnauld affermava un principio che ebbe larga diffusione fino all'Ottocento: la comunione è un sacramento al quale sono invitati i santi, non un rimedio che non smuove i tiepidi dalla loro rilassatezza spirituale; per Arnauld, l'eccessiva frequenza alla comunione era causa di gravi danni spirituali, di cui i Gesuiti - con la loro pastoralelassista - erano responsabili.
La pubblicazione del libro fu un successo, ma sollevò una tempesta di reazioni. Il volume fu portato a Roma, ma inizialmente non ottenne nessuna condanna.
Il secondo intervento della Santa Sede: la bollaCum occasione e la sua ricezione in Francia
In Francia, negli anni quaranta delXVII secolo, infuriava la polemica intorno all'Augustinus di Giansenio e ai trattati diArnauld, con diverse pubblicazioni. Ilcardinal Mazzarino, ormai dominatore della scena politica, si orientò in senso antigiansenista. Nel1649 ilsyndic[17] della facoltà di Teologia dellaSorbona propose di far esaminare alla Facoltà alcune proposizioni o articoli che diceva di aver trovato esposti in alcune tesi dibaccellierato causavano i maggiori disordini e precisamente:[18]
alcuni comandamenti di Dio sono impossibili anche agli uomini giusti che vogliono e si sforzano di eseguirli secondo le proprie capacità, qualora ad essi manchi lagrazia che renda loro possibile l'osservarli;
nello stato di natura decaduta, non si resiste mai alla grazia interiore che viene da Dio;
per meritare nello stato di natura decaduta non è necessario che ci sia nell'uomo una libertà che sia esente da necessità; è abbastanza che ci sia una libertà esente da costrizione;
è eretica, perchésemipelagiana, l'affermazione dell'esistenza di una grazia sufficiente tale che la volontà dell'uomo possa o resistervi o obbedirvi;
è semipelagiano affermare che Cristo è morto per tutti gli uomini, senza eccettuarne neppure uno;
le azioni degli infedeli sono tutte quante peccati;
il sentimento della Chiesa in passato è stato che la penitenza sacramentale segreta non fosse sufficiente per i peccati nascosti.
Durante l'assemblea del clero francese del1650, quasi ottanta vescovi sottoscrissero una lettera che chiedeva l'intervento del papa sulle proposizioni dellaSorbona.Innocenzo X preparò così una speciale commissione per studiare le proposizioni. Il lavoro durò due anni: il 9 giugno1653 era pronta la bollaCum occasione, nella quale le prime cinque proposizioni erano condannate, le prime quattro come eretiche e la quinta come "falsa in senso eretico". La bolla, pur senza dirlo, affermava implicitamente che le proposizioni si trovavano nell'Augustinus; in realtà, però, soltanto la prima proposizione si trova integralmente e negli stessi termini nell'opera di Giansenio.
I Gesuiti, in particolare il padreFrançois Annat (confessore diLuigi XIV), cercarono di trarre il massimo dalla vittoria conseguita con laCum occasione: Annat, in un trattato, sostenne che le cinque proposizioni condannate erano contenute testualmente nell'Augustinus. Arnauld rispose prontamente:
solo la prima delle cinque proposizioni era riportata quasi testualmente dall'opera di Giansenio, ma lì si trovava in un contesto che la rendeva ortodossa;
le altre quattro erano delle sintesi generiche del pensiero di Giansenio (anzi, Arnauld trasse dall'Augustinus altre cinque proposizioni nettamente contrarie alle tesi condannate);
quindi il papa aveva condannato giustamente le cinque proposizioni, perché in sé erano eretiche ("di diritto"), ma esse non erano contenute "di fatto" nell'opera di Giansenio, oppure non lo erano in senso eretico.
Arnauld introduceva così la famosa distinzione tra laquaestio juris ('questione di diritto') e laquaestio facti ('questione di fatto'): un conto era dire che le cinque proposizioni fossero eretiche, e un conto era affermare che tale eresia si trovasse nell'Augustinus. In altri termini, la Chiesa può condannare infallibilmente soltanto delle dottrine in astratto, ma non può pretendere di interpretare la dottrina concreta di un individuo. Di fronte alla condanna di dottrine astratte, il fedele deve accettare la decisione della Chiesa, ma nel caso della condanna di un singolo individuo, il fedele è tenuto soltanto a mantenere un rispettoso silenzio (ossia, a non insegnare pubblicamente quelle dottrine).
Sul piano delle idee il dibattito teologico stava cominciando ad arenarsi e a segnare il passo. Anche i numerosi libelli antigiansenisti del momento si portavano soprattutto sul piano politico, e accusavano i giansenisti di complotto contro ilre di Francia: la tattica consisteva nell'eccitare Mazzarino e la corte contro i giansenisti.[19]
La controversia sembrava non avere termine. Lo stesso Luigi XIV intervenne per far pubblicare la bolla pontificia in tutto il suo regno; la dura opposizione dei giansenisti, tuttavia, obbligò il re ad indire un'assemblea di vescovi a Parigi, la quale giunse alla conclusione che laCum occasione aveva condannato le cinque proposizioni ritenendole di Giansenio e nel senso di Giansenio. Una lettera in questo senso fu scritta al papa e una circolare fu indirizzata ai vescovi del regno.Innocenzo X confermò con unbreve apostolico le decisioni del clero francese. La bollaCum occasione e il breve papale furono inviati a tutti i vescovi francesi perché li sottoscrivessero e li mettessero in esecuzione.
Intanto alcuni polemisti colsero l'occasione della bolla per pubblicare diversi libri epamphlet, spesso di tono ingiurioso contro i giansenisti. Nella disputa si sentì in dovere di intervenire anche il filosofoBlaise Pascal, la cui sorella era monaca aPort Royal.
Blaise Pascal, uomo di scienza, si era convertito a una pratica più autentica delcattolicesimo e si era avvicinato all'ambiente diPort-Royal (dove eramonaca sua sorellaJacqueline), pur senza diventare uno dei "solitari".
Su invito di Arnauld, Pascal scrisseLe provinciali; si tratta di diciotto lettere anonime, scritte tra grandi difficoltà e peripezie, su materiale fornitogli da Arnauld ePierre Nicole (teologo di Port-Royal), tra il 23 gennaio 1656 e il 24 marzo 1657. Pascal immagina di scrivere da Parigi ad un amico che abita in provincia, per tenerlo al corrente delle discussioni in corso allaSorbona:
I-V: il processo di censura contro Arnauld alla Sorbona;
VI-X: passaggio al contrattacco e discredito dei Gesuiti nel campo della morale;
XI-XVI: confutazione dei Gesuiti (che nel frattempo hanno iniziato la pubblicazione delle loro risposte alle accuse dell'autore);
XVII-XVIII: difesa positiva dell'ortodossia di Giansenio e della correttezza della distinzione tra "questione di diritto" e "questione di fatto".
Le provinciali sono note soprattutto per l'impressionante denuncia della moralelassista dominante in quel periodo. Non si trattava di esagerazioni: la documentazione di Pascal era precisa, e circa due terzi delle affermazioni che egli denuncia sarebbero state più tardi condannate daAlessandro VII e daInnocenzo XI.
Anche per il loro indubitabile valore letterario,Le provinciali conobbero un grande successo di pubblico:
«Arnauld e Nicole non erano a loro agio se non con i teologi, i quali parlavano il loro linguaggio: i loro scritti troppo tecnici non avevano presa sulla gente comune. Inevitabilmente, l'opinione pubblica che essi avevano voluto raggiungere diventava loro sfavorevole. È allora che un soccorso quasi insperato venne loro da un giovane mondano recentemente convertito, conosciuto fino ad allora per i suoi lavori scientifici: Blaise Pascal. [...] La controversia passava dalla Sorbona ai salotti. [...] Le Provinciali costituiscono un utilizzo della stampa clandestina sulla quale la tradizione ci ha conservato curiosi aneddoti: inchieste poliziesche, perquisizioni presso i tipografi, arresti, niente manca al quadro, ma niente d'altra parte impedisce la vasta diffusione delle piccole lettere. Le piccolebrochuresin quarto circolavano di mano in mano, e il pubblico si interrogava sulla loro provenienza.»
L'effetto, ai fini della lotta giansenista, fu quello di irritare ancora di più gli avversari, e soprattutto Mazzarino, il quale nel1656 sarebbe riuscito ad ottenere da Roma una nuova bolla,Ad sacram, in cui le cinque proposizioni erano condannate come appartenenti di fatto a Giansenio. Un'altra sconfitta per i giansenisti.
Nel1655 si era riunita la sessione ordinaria dell'assemblea del clero francese, che aveva ritenuto necessario prendere conoscenza della questione dell'Augustinus. Dopo vivaci discussioni, l'assemblea aveva votato una risoluzione nella quale riconosceva che nelle cinque proposizioni era enunciata la dottrina di Giansenio, contenuta nel suo libro, e non la dottrina disant'Agostino. Si scrisse al papa e a tutti i prelati del regno per far eseguire le decisioni di condanna; la lettera scritta ai prelati era accompagnata da un formulario che doveva essere sottoscritto, un formulario di sottomissione alla bolla e al breve papale, e di condanna personale delle proposizioni di Giansenio.
Papa Alessandro VII decise di pubblicare a sua volta lacostituzione apostolicaAd sacram Petri sedem (ottobre1656), per confermare la presenza delle cinque proposizioni nell'Augustinus. Il documento pontificio fu approvato dall'assemblea del clero francese e venne accompagnato da un altro formulario di sottomissione.
Papa, re e vescovi sembravano dunque uniti contro il giansenismo; i teologi, tuttavia, continuavano nella loro lotta. Ad ogni modo, la pubblicazione dell'Ad sacram fu seguita da un periodo di relativa tregua.
«Assai ostile al giansenismo, sul cuilealismo monarchico gli sembrava di dover perlomeno dubitare, e in cui vedeva parecchirepubblicani, Luigi XIV credeva che in esso vi fossero i germi di una nuovaFronda; senza volerlo, andava imponendo, conformemente alla sua attitudine, la propria visuale quasi unicamente politica del problema. [...] soloPort-Royal resisteva, come ultimo bastione all'assolutismo di Luigi XIV, e ormai, sotto l'impulso di Mazzarino che Luigi XIV aveva proseguito fedelmente, la lotta contro il giansenismo e Port-Royal diventerà una direzione fondamentale della politica monarchica, mentre - per un contraccolpo abbastanza prevedibile - i centri tradizionali di opposizione all'assolutismo, lanoblesse de robe e iParlamenti, scivoleranno verso il giansenismo.»
Luigi XIV impose la sottoscrizione del "formulario" antigiansenista a tutti i vescovi, le scuole e ireligiosi.Antoine Arnauld accettò di firmare, accettando la condanna delle cinque proposizioni ("di diritto"), ma ribadendo che esse non si trovavano nell'Augustinus ("di fatto").
Non tutti, però, furono d'accordo nel firmare il formulario imposto. Il dramma fu particolarmente acuto a Port-Royal, dove le monache, impossibilitate a fuggire dallaclausura, senza conoscenze teologiche sufficienti a reggere il dibattito, legate comunque aGiansenio per il tramite della venerata memoria diSaint-Cyran, continuarono a rifiutarsi di firmare.Fra le monache, si ricorda in particolareJacqueline Pascal, sorella diBlaise Pascal, che scrisse adAntoine Arnauld una lettera in cui si trova la famosa frase:«Puisque les évêques ont des courages de filles, les filles doivent avoir des courages d’évêques» («Poiché i vescovi hanno un coraggio da ragazza, le ragazze devono avere un coraggio da vescovo»)[20]
Il nuovoarcivescovo di Parigi,Hardouin de Péréfixe de Beaumont (già precettore di Luigi XIV), dimostrando notevole superficialità in campo teologico, escogitò un'artificiosa soluzione, chiedendo di firmare i formulari con un assenso di "fede divina" per la questione di diritto e un assenso di "fede umana" per la questione di fatto. Pesantementesatireggiato per questa trovata, Péréfixe reagì in modo violento: fece deportare da Port-Royal dodici religiose non firmatarie e fece imprigionarein loco le altre, affidando il monastero a seivisitandine e a ufficiali del re.
Anche quattro vescovi francesi si rifiutarono di sottoscrivere il formulario che proveniva da Parigi e prepararono dei formulari per le loro diocesi, nei quali prevedevano la distinzione tra "diritto" e "fatto". In particolare, ilvescovo di Alet,Nicolas Pavillon (sostenitore delgallicanesimo) rimproverò al re di lasciarsi ingannare combattendo un'eresia immaginaria. Da Parigi si chiese la deposizione dei quattro vescovi da parte di Roma, ma la Santa Sede evitò di farlo, per non urtare la sensibilità gallicana.
Il punto debole della tattica di Luigi XIV era il fatto di richiedere la sottoscrizione di un formulario proveniente dall'assemblea del clero, che perciò non aveva quella forza vincolante necessaria; si chiese perciò l'intervento del papa, con un suo formulario che sarebbe stato certamente più vincolante.Papa Alessandro VII redasse allora la bollaRegiminis apostolicis (febbraio1665), con un formulario identico nel senso a quello dell'assemblea, ma più breve. Nuove opposizioni francesi obbligarono il papa a convocare una nuova commissione di studio; questa volta ben diciannove vescovi francesi si dichiararono contrari a un nuovo intervento diretto del papa.
Il nuovo papa,Clemente IX, si mostrò più moderato nel voler la sottomissione dei vescovi ribelli: era disposto ad accontentarsi della sottoscrizione dei formulari, senza restrizioni o interpretazioni. Alla fine i vescovi ribelli e lo stesso Antoine Arnauld firmarono e sottoscrissero il formulario e la bolla di Alessandro VII, in cui il papa consentiva tacitamente che le firme venissero fatte con la riserva della distinzione tra questione di diritto e questione di fatto.
Clemente IX accettò con sollievo la sottoscrizione del formulario. Luigi XIV proibì le pubblicazioni sulle questioni controverse e l'uso dei termini "giansenisti" ed "eretici". Rimaneva però un pesante dubbio sulla sincerità delle sottoscrizioni. Nel febbraio1669 anche le ultime religiose di Port-Royal firmarono. Finalmente, dopo decenni di controversie , si arrivò a una pace, la cosiddetta "pace clementina", sebbene le divergenze perdurassero e Roma fosse ancora diffidente.
La "pace clementina" segnò, nella storia del giansenismo, un tornante decisivo, non solamente perché essa impose il silenzio alle controversie per circa trentacinque anni, fino all'aurora delXVIII secolo, ma soprattutto perché con essa si chiudeva il periodo del giansenismo propriamente religioso. Infatti, questo lungo movimento di idee trovava qui una soluzione provvisoria e puramente politica, che sul piano intellettuale non risolveva niente. Insomma, non era che una tregua artificiale, imposta in ultima analisi dall'autorità regale e mantenuta da essa: dal momento in cui questa autorità si sarebbe indebolita, la lotta sarebbe ricominciata, ma sul terreno principalmente politico: il conflitto assunse infatti tutto un altro aspetto, e il "secondo Giansenismo" fu politico, gallicano e parlamentare. Esso avrebbe finito per costituire un vero e proprio partito, che a poco a poco si levava contro l'assolutismo monarchico, e che ormai non aveva più granché da vedere con Giansenio.[21]
Nel1679, alla morte delladuchessa di Longueville, protettrice di Port-Royal a corte, Luigi XIV si accanì nuovamente contro il monastero cistercense: espulse da Port-Royal le collegiali e le novizie e impedì di accettarne di nuove, condannando così il monastero all'estinzione. Dopo dieci anni, la fragile "pace clementina" era già finita.
Quesnel scrisse un trattato,Tradition de l'église romaine sur la prédestination des saints et sur la grâce efficace (1687-1690). In realtà Quesnel non era strettamente giansenista, perché cercava piuttosto di conciliareAgostino d'Ippona conTommaso d'Aquino e, comunque, non aveva grande stima per Giansenio. È un fatto curioso, perché i pochi teologi che in epoca successiva avrebbero continuato ad occuparsi di questi problemi videro nelle idee di Quesnel la quintessenza della posizione giansenista.[22] Più che giansenista, Quesnel era ungallicano, seguace delle idee diEdmond Richer,[23] e soprattutto era un uomo politico.
Nel1692 Quesnel pubblicò ilNouveau Testament en français avec des réflexions morales sur chaque verset (1692), che riscosse grande successo e fu approvato anche dall'arcivescovo di ParigiLouis-Antoine de Noailles.
Nel1704 intervenne nella questione ancheFénelon, autorevole arcivescovo antigiansenista, molto legato ai Gesuiti. Fénelon portò il confronto su un piano apertamenteecclesiologico: egli affermò che la Chiesa aveva tutto il diritto di pronunciarsi sull'ortodossia oggettiva di un'opera come l'Augustinus, senza tenere conto delle intenzioni dell'autore; per giustificare questo suo punto di vista e dare un fondamento alla sua dottrina, Fénelon affermava fortemente l'infallibilità della Chiesa anche su fatti dogmatici non rivelati. Approfittando delle sue eccellenti relazioni con il nuovopapa Clemente XI, Fénelon avrebbe voluto far definire questo punto dalla Santa Sede, ma anche a Roma numerosi teologi e cardinali si mostrarono nettamente contrari.[24]
Anche per impulso di Fénelon, con ilbreve apostolicoUniversi dominici gregis (luglio1708) papa Clemente XI condannò il libro come rinnovatore della dottrina giansenistica, vietandone la stampa. In Francia, tuttavia, il breve non ebbe nessun effetto (sia il papa sia Luigi XIV erano impegnati nellaguerra di successione spagnola), tanto che nel1710 uscì una seconda edizione delleRéflexions morales. Lo stesso episcopato francese era diviso, e Quesnel poteva godere dell'appoggio dell'arcivescovo stesso di Parigi, Noailles.
All'inizio delSettecento la controversia teologica sul giansenismo si era riaccesa anche attorno all'opuscolo anonimoUn caso di coscienza, che sollevava il problema della liceità del "silenzio ossequioso": si poteva dare l'assoluzione sacramentale ad un ecclesiastico che accettava solo esternamente l'interpretazione che la Chiesa cattolico-romana dava delle proposizioni "tratte" dall'Augustinus di Giansenio, ma in coscienza non poteva andare - appunto - oltre il "silenzio ossequioso" di fronte all'effettiva condanna del giansenismo?
Un parroco sottopose l'opuscolo allaSorbona, che inizialmente rispose affermativamente al quesito contenuto. Dopo che esso venne però esaminato dalSant'Uffizio, con ilbreve apostolicoCum nuper (del febbraio1703)papa Clemente XI lo condannò, vietandone la lettura e la stampa. Lapolemica gallicana costrinse il reLuigi XIV a chiedere al papa di emanare una nuovabolla di condanna del giansenismo: il 16 luglio1705 Clemente XI emanò laVineam Domini, che respingeva la teoria del "silenzio ossequioso", considerata un cavillo formalista, e rivendicava alla Chiesa cattolico-romana il diritto di condannare le dottrine eretiche e anche gli uomini concrete che le difendevano.
In Francia la resistenza ai nuovi interventi papali fu viva, soprattutto aPort-Royal, che fu dapprima colpito dainterdetto, poi definitivamente chiuso, occupato militarmente, e raso al suolo nel1709.
La bollaUnigenitus (1713) e la repressione finale del giansenismo
Nel novembre del1711 il re Luigi XIV, bisognoso di unità politica nelregno di Francia, sollecitò dal papa una nuova bolla (rispettosa però dellelibertà gallicane), che egli stesso si impegnava a far pubblicare. L'8 settembre1713 uscì la bollaUnigenitus Dei Filius, che condannava 101 proposizioni estratte dalleRéflexions di Quesnel. La scelta e il raggruppamento di queste proposizioni tendevano visibilmente a farne una sorta disumma di tutto quello che si considerava come dottrina giansenista, anche se alcune proposizioni condannate manifestavano piuttosto ilgallicanesimo di Quesnel [...] e molte erano formule correntemente ammesse tra gli agostinisti, anche non giansenisti.[25]
In Francia, tuttavia, le cose non andarono come il re desiderava. L'episcopato rimase diviso; l'arcivescovo Noailles e altri quarantotto prelati si rifiutarono di accettare semplicemente e immediatamente la bolla diClemente XI, e nemmeno accettarono di partecipare a un sinodo nazionale per confermarla.
La bolla era stata previamente concordata tra laCuria romana e la corte francese, ed era chiaro che faceva comodo al reassolutista, desideroso di una maggiore compattezza dello Stato. Per reazione, l'opposizione anche (o soprattutto) politica alla monarchia si concentrò sul rifiuto della bolla papale.
«Gli accettanti la bolla avevano una larga maggioranza, ma non era per niente l'unanimità che Luigi XIV aveva promesso al papa. D'altra parte, l'opposizione non era meno violenta tra il clero di second'ordine e anche fra i laici. Essa provocò un vero diluvio di scritti di ogni dimensione: più di 180 titoli per il solo 1714, soprattutto i famosi "Hexapla o sei colonne sulla costituzioneUnigenitus", che mettevano le proposizioni condannate in parallelo con la Scrittura e la tradizione»
Incisione con alcune sedute disecours in gruppi tardo-giansenistiAltra scena disecours
L'opposizione, questa volta, si attestò sulla linea di principio: la bollaUnigenitus era erronea, e non in una questione "di fatto" (dal momento che condannava delle frasi che certamente erano quelle di Quesnel), ma in una questione "di diritto", perché incriminava delle formule che erano quelle della pura tradizione agostinista.[26]
L'opposizione, anche in conseguenza delle precedenti prese di posizione di Fénelon e sulla scorta di Quesnel, assunse una chiara coloritura richerista, pretendendo che non solo i vescovi, ma anche i preti e il popolo potessero giudicare una posizione dottrinale del papa.
Nel frattempo morì Luigi XIV e il debole periodo di reggenza che ne seguì fu tutto a vantaggio degli oppositori. Nel1717 quattro vescovi, tra i quali Noailles, deposero alla Sorbona un atto notarile nel quale si appellavano, contro la bollaUnigenitus, ad unconcilio generale. Le adesioni all'appello si moltiplicarono, fino a raggiungere circa 3.000 membri del clero (su un totale di 100.000).
Ormai la Francia era divisa in due: gli appellanti e coloro che avevano accettato la bollaUnigenitus. La confusione era giunta al parossismo.
Davanti alla possibilità di unoscisma, nel1718 Clemente XI, con la bollaPastoralis officii,scomunicava tutti gli appellanti e confermò tutti i documenti già promulgati contro il giansenismo, ma la scomunica non fu accettata dal parlamento francese. Con la morte di Quesnel nel1719 e di Noailles nel1729, il giansenismo francese perse definitivamente vigore. La fine del giansenismo avvenne dunque per via politica, con la repressione violenta dell'opposizione allaUnigenitus da parte della monarchia:
nel1730 il nuovo arcivescovo di ParigiVintimille fece riconoscere laUnigenitus come legge dello Stato, facendo escludere dai concorsi aibenefici ecclesiastici i ribelli: a questo punto il giansenismo era messo ai margini della Chiesa e della società francese,
nel1754Luigi XV impose il silenzio definitivo ai due partiti (lex de silentio).
Così, a poco a poco, si spegneva il giansenismo francese: di anno in anno il partito giansenista vedeva diminuire i propri militanti, il cui numero si assottigliava per le defezioni e i decessi. ConCharles de Caylus,vescovo di Auxerre, scompariva nel 1754 l'ultimo membro dell'episcopato francese apertamente giansenista.[27]
Gli ultimi anni del giansenismo francese furono invece contrassegnati dalla ricerca di segni divini a sostegno di una causa ormai umanamente disperata. In questo contesto di giansenismo decadente sorse il fenomeno delmouvement convulsionnaire, caratterizzato dall'applicazione reciproca di crudeli penitenze tra i membri di gruppi giansenisti: daipetits secours, come ricevere colpi di frusta, aigrands secours, come il farsi trafiggere con chiodi o spade, farsi sospendere alle pareti o addirittura farsi crocifiggere.
«Se si deve credere ai documenti pervenutici, queste sedute di sadismo erano spesso accompagnate da sorprendenti prodigi, come insensibilità o invulnerabilità»
La risposta cattolica a tale dottrina e spiritualità venne anche con ilculto delSacro Cuore di Gesù, il quale riportò l'attenzione dei cristiani sull'importanza dell'umanità diCristo e sulla misericordia del Signore. Tale culto giunse alla sua forma attuale grazie a santaMargherita Maria Alacoque,monaca diclausurafrancese del convento dellaVisitazione diParay-le-Monial, negli anni a partire dal1673 la quale supportò le proprie indicazioni su questa devozione testimoniando alcune apparizioni di Cristo. Tale culto fu inviso ai giansenisti, i quali si consideravano vicini allo spirito originario delcristianesimo, e in generale ai loro sostenitori, spesso colti ed eruditi, che la ritenevano una stravagante novità. IlgesuitaClaudio de La Colombière,direttore spirituale della Alacoque, profondamente convinto dell'autenticità delle apparizioni, difese la monaca anche di fronte alla suaChiesa locale, che giudicava le apparizioni come fantasie mistiche.
Il giansenismo, come si è visto, in Francia era connesso in modo particolare sia con ilgallicanesimo sia con le esigenze di riforma dellaChiesa. Questi stessi due aspetti - un profondo legame tra Chiesa e Stato e un programma "razionale" di riforma - caratterizzarono anche la diffusione del giansenismo stesso nella penisola italiana durante ilSettecento.
In realtà, non erano mancati alcuni contatti tra i giansenisti francesi e simpatizzanti italiani già nelsecolo precedente: tra Francia e Italia furono frequenti, in particolare, gli scambi di opinioni, di opere e di riviste (Les nouvelles ecclésiastiques,Il giornale antigesuita, etc.) riguardanti la questione giansenista.
«La fortuna di queste opere non derivò solamente dalle ideeportorealiste, ma soprattutto dal fatto che rispondevano alla richiesta di una produzionepastoralmente qualificata.»
Il giansenismo italiano conobbe almeno tre momenti:
nella prima metà del secolo, unmovimento riformatore "moderato", che partiva da un dibattito culturale e da ricerche erudite; di questo momento è altamente significativa l'esperienza diLudovico Antonio Muratori. I precedenti di questa svolta culturale possono essere rintracciati nel periodo compreso tra la fine del Seicento e i primi decenni del secolo seguente: i conflitti giurisdizionalisti promossi daVittorio Amedeo II di Savoia e dagli imperatori diCasa d'Austria ebbero infatti conseguenze importanti. Pur limitati negli effetti politici immediati, questi scontri tra sovrani e papato avevano infatti favorito e stimolato la nascente erudizione italiana, che proprio in quell'occasione aveva trovato un terreno adatto ad affinare tecniche e metodi d'indagine; anche dopo che si esaurì il momento della polemica giurisdizionalista, non venne meno l'interesse per la ricerca erudita tra i colti sostenitori del giansenismo italiano.[28]
nella seconda metà del secolo, unmovimento apertamente contestatore in campo ecclesiastico, che invocava l'intervento statale nel governo ecclesiastico. Esempi eclatanti di questa contestazione furonoPietro Tamburini e soprattutto ilsinodo di Pistoia del1786.
alla fine del secolo, l'iscrizione definitiva delle istanze gianseniste nellariorganizzazione operata daldispotismo illuminato, con il conseguente spegnimento e svuotamento del loro primitivo valore.[29]
«Nel campo religioso l'imperatoreGiuseppe II d'Austria trova chi è disposto a seguirlo: i giansenisti, attivi e intraprendenti in Italia ancor più che nella loro patria di origine, la Francia. Se il profondo spirito religioso che anima i giansenisti appare in contrasto con ilrazionalismo del secolo, numerosi punti di contatto li spingono ad allearsi all'Illuminismo nella sua battaglia contro laChiesa di Roma: vogliono un ritorno alla primitiva semplicità cristiana, combattono l'autorità del papa e l'onnipotenza del clero.»
Presbiteromodenese, è noto per la sua opera di erudizione storica, ma costituisce anche il "portabandiera" della prima generazione di riformatori ecclesiasticiXVIII secolo, esponenti di un giansenismo "moderato".
Dottore all'Ambrosiana diMilano, Muratori cominciò la propria carriera pubblicando alcuni lavori di erudizione. Richiamato a Modena come archivista delDuca, intervenne nella polemica traSacro Romano Impero eSanta Sede per i diritti sul feudo diComacchio (un tipico scontrogiurisdizionalista), pubblicando laPiena esposizione dei diritti imperiali edestensi e leAntichità estensi ed italiche. Questa ricerca segnò per Muratori un momento fondamentale, perché gli permise di affrontare il problema delle donazioni (vere o, più spesso, presunte) fatte alpapa soprattutto daiFranchi, della formazione delloStato della Chiesa e, ancora più a fondo, dello stessopotere temporale dellaChiesa cattolico-romana. Naturalmente, tutto questo portava Muratori in un campo quanto mai delicato, e difatti egli fu sospettato e accusato di essere il continuatore di antichi eretici:Lutero, iCenturiatori di Magdeburgo, i giansenisti. In realtà, Muratori era in perfetta buona fede, ma soprattutto era un ricercatore libero nelle conclusioni storiche cui giungeva.
Un'altra esperienza importante per Muratori, che segnò tutta la sua vita, fu l'incontro con ilgesuita (e questo dimostra che non ci stiamo muovendo in un contesto di giansenismo radicale, che non avrebbe mai mostrato simpatia per un gesuita)Paolo Ségneri: partecipando alle "missioni al popolo" predicate dal Ségneri, intrattenendo con lui corrispondenza e amicizia, Muratori si sentì spinto a dedicarsi allacura pastorale. Nel1716 ottenne laprepositura diSanta Maria della Pomposa a Modena e nel1723, per la fondazione di una "Confraternita della carità cristiana", compose il trattatoDella carità cristiana.
In questi testi, Muratori rivela un vago orientamento giansenista, esplicitato per esempio nella sua considerazione circa la «natura dell'uomo sì debole e corrotta e cotanto inclinata sin dalle fasce alla malizia e al male», presente nella lettera autobiografica a Giovanni Artico,conte di Porcía.[30]
Anche durante gli anni dedicati al ministero in parrocchia, Muratori continuò - con un incredibile accumulo di lavoro - la sua ricerca erudita, pubblicando 27 volumiin folio deiRerum Italicarum scriptores e i sei volumi delleAntiquitates Italicae Medii Aevi, ma occupandosi anche di riforma ecclesiastica, per esempio con il suo trattatoDella regolata devotione de' cristiani (1747). Verso la fine della sua vita proseguì la pubblicazione, iniziata dall'oratorianoGiuseppe Bianchini, degli antichisacramentariromani.
«I riformatori "moderati" come il Muratori [...] si trovavano di fronte ad un'alternativa: o limitare rigorosamente alla sferadevozionale i propri suggerimenti e le proprie critiche, oppure imboccare senza remore la strada dell'analisi politico-sociale. Era tuttavia evidente che, una volta scelta questa seconda via, le eventuali proposte "regolatrici" non avrebbero più potuto essere indirizzate soltanto alla gerarchia ecclesiastica, ma avrebbero dovuto chiamare in causa i governi "civili" degli Stati. Un erudito come il Muratori, prete e bibliotecario del Duca di Modena, fu cosciente di questo nodo, e seppure vecchio, non tentò di sottrarsi all'alternativa: la via da lui prescelta fu la seconda.»
nel1785 fece preparare un documento di riforma in 57 punti, che il Granduca poi inviò a tutti i vescovi della Toscana;
nel1786, finalmente, si celebrò un importantesinodo diocesano a Pistoia, sinodo che doveva costituire il modello e l'anticipazione (insieme a quelli che si sarebbero dovuti tenere nelle altre diocesi rette da vescovi giansenisti, ma che di fatto non si celebrarono mai) di un previstoConcilio nazionale per la riforma della Chiesa: il sinodo, composto di "padri sinodali" (preti impegnati nellacura d'anime) e di "consacerdoti" (preti senza cura d'anime) deliberava su materiali preparati daPietro Tamburini eVincenzo Palmieri;
il 28 agosto1794, infine, con labollaAuctorem Fidei giunse la condanna di molte proposizioni del sinodo di Pistoia da parte delpapa Pio VI.
Tra le proposte di riforma ecclesiastica che Scipione de' Ricci e il sinodo di Pistoia avevano avanzato, si possono ricordare la celebrazione di sinodi diocesani ogni due anni (sulla linea di quanto era stato disposto dalconcilio di Trento e di fatto non era mai stato messo in pratica), la revisione deilibri liturgici con l'eliminazione di tutti gli elementi leggendari o legati a superstizioni, l'abolizione di tutti i titoli ecclesiastici oltre a quelli divescovo,canonico delcapitolo della Cattedrale eparroco, l'individuazione di «un metodo uniforme di studi ecclesiastici, tanto neiseminari, accademie ecclesiastiche ed università che neiconventi deiregolari, secondo la dottrina disant'Agostino».
«XXVII - Sarebbe opportuno che [...] si proibissero nelle domeniche e feste solenni le feste in onore dei santi. Potrebbero proibirsi le parature, la quantità inutile dei lumi, la musica tanto vocale che istrumentale ad eccezione del canto corale e dell'organo, che in chiesa non si ammettessero le donne in abiti indecenti, che non vi si celebrasse che una solamessa per volta e che queste siano distribuite in ore fisse per il maggior comodo del popolo. XXVIII - Converrebbe che i vescovi si prendessero cura di rivedere tutte lereliquie delle chiese delle loro diocesi, togliendo tutte quelle la di cui autentica fosse per qualche titolo sospetta. [...] Nell'altar maggiore della chiesa, dove dee conservarsi ilSantissimo Sacramento, dovrebbe togliersi ogni quadro di santi, e non lasciarsi che una croce. XXXVIII - Eccettuate le processioni delCorpus Domini e dellerogazioni, stabilite da un rispettabile uso, fuori dalla chiesa, e di quelle delladomenica delle Palme, delsanto sepolcro e dellaPurificazione in chiesa, sembra che tutte le altre potrebbero abolirsi; ed assolutamente conviene abolire quelle che si fanno per visitare qualche madonna o altre immagini, e che ad altro non portano che a fare dei pranzi o delle adunate indecenti. LIV - Per porre i parroci anco meno dotti in stato di esercitar bene il loro ministero, potrebbe essere utile il far tradurre e stampar libri che più potessero venire ad essi di guida e d'istruzione, e distribuirgliene gratis: [...] un esemplare dellasacra scrittura tradotta involgare dall'arcivescovo di Firenze Martini, o quella tradotta dal francese daSacy, [...] il rituale d'Alet(del vescovo giansenistaClaude Pavillon), le riflessioni sul vecchio e nuovo testamento diQuesnel, un esemplare dell'opera "Della regolata divozione" diMuratori, il corso della teologia morale del professorTamburini, [...] i discorsi della storia ecclesiastica diFleury.»
(Puncta ecclesiastica ab archiduce concepta, atque ad omnes Hetruriae episcopos per enciclicam epistulam transmessa, 1785)
Altre influenze gianseniste nella penisola italiana
Influenze gianseniste, perseguitate dal cardinaleFabrizio Ruffo, emersero nel clero napoletano che aderiva allarepubblica partenopea,[31] le cui connessioni con ilregalismoborbonico non sono state ancora del tutto chiarite. Fra i giansenisti che operarono a Napoli si ricordaVincenzo Troisi.
InLombardia e in particolare nel bresciano il giansenismo ebbe i suoi esponenti nell'abateGiuseppe Zola e nel già citato Pietro Tamburini. ABrescia verso la metà del Settecento aveva insegnato il famoso prete giansenistasomascoGiuseppe Maria Pujati, che ebbe una fortissima influenza sul clero delladiocesi di Brescia. Del giansenismo bresciano furono principali esponenti, oltre a Zola e Tamburini,Giovanni Battista Guadagnini, arciprete diCividate Camuno eGianbattista Rodella, segretario del conteFilippo Mazzucchelli. Il giansenismo ebbe un ruolo importante anche nella formazione e nella religiosità diAlessandro Manzoni, che scrisse le sueOsservazioni sulla morale cattolica dietro richiesta del vescovo di Pavia, il giansenistaLuigi Tosi.
All'inizio delXVIII secolo alcuni giansenisti in fuga dalla Francia si rifugiarono neiPaesi Bassi. Lì furono accolti dalla Chiesa locale, all'epoca in controversia conRoma proprio per via delle simpatie gianseniste di alcuni suoi precedenti vescovi; uno di questi vescovi,Petrus Codde, sarà anche processato per giansenismo a Roma (contro i privilegi che la stessaSanta Sede aveva concesso all'Arcivescovo diUtrecht), risultando innocente ma venendo comunque deposto dalpapa. L'aiuto fornito ai giansenisti francesi fece sì che la chiesa nazionale dei Paesi Bassi venisse con essi identificata (pur essendo questa identità destituita di fondamento), e che questo equivoco si trascinasse per secoli.
Nel1724, tuttavia, non si poté evitare loscisma: ilcapitolo diUtrecht, dopo aver costretto il vicario apostolico de Cock ad andarsene, nominò di propria iniziativa, senza autorizzazione da Roma, un proprio arcivescovo (Cornelius van Steenoven), che ricevette la consacrazione episcopale dal vescovo missionario franceseDominique Marie Varlet,sospesoa divinis.
«Religione del rigore e dell'assoluto [...] il giansenismo contribuisce a preparare la via alla coscienza moderna [...] nel vasto movimento sociologico che doveva provocare l'abbattimento dell'ancien Régime.»
^Il dibattito sulla grazia non solo non si concluse con la censura di Baio, ma vide l'apertura di un'ulteriore questione, su come andasse interpretato il testo dellabollaEx omnibus afflictionibus di Pio V:
(latino) «Quas quidem sententias stricto coram nobis examine ponderatas, quamquam nonnullae aliquo pacto sustineri possent in rigore et proprio verborum sensu ab assertoribus intento hereticas, erroneas, suspectas, temerarias, scandalosas et in pias aures offensionem immittentes respective, ac quaecumque super iis verbo scriptoque emissa, praesentium auctoritate damnamus, circumscribimus et abolemus.»
(italiano) «Dopo che queste opinioni sono state ponderate davanti a Noi con un accurato esame, benché alcune in qualche modo possano essere sostenute, con rigore e nel senso proprio delle parole inteso dai loro assertori, con la nostra autorità noi le condanniamo, isoliamo e aboliamo, rispettivamente come eretiche, erronee, sospette, avventate, scandalose e capaci di far danno alle orecchie devote, insieme con qualsiasi cosa sia stata formulata, a parole o per iscritto, sopra di esse.»
La questione ermeneutica venne chiamata "del comma pïano", cioè 'dellavirgola di [papa] Pio': se si mette la virgola doposustineri possent ('possano essere sostenute'), il testo significa che le affermazioni di Baio, per quantoin sé potrebbero anche essere ortodosse, nel senso offerto da Baio sono eretiche; se invece si mette la virgola dopoab assertoribus intento ('inteso dai loro assertori'), significherebbe che alcune proposizioni di Baio, proprio nel senso da lui inteso, possono essere ortodosse.
^Gli venne attribuita la paternità di un'operetta in cui si attaccavano in modo radicale gli ordini religiosi, e in particolare laCompagnia di Gesù; il testo era invece opera dell'oratorianoClaude Séguenot.
«Il padre Knott(provinciale dei Gesuiti inglesi) ha in animo di fare in modo che le università e gli uomini dotti d'Inghilterra sottoscrivano come loro propri alcuni articoli di Giansenio.»
(Lettera di Ferdinando del PlanoSJ a Jean de Tollenaere SJ;Ceyssens 1957, doc. 45)
^Il "sindaco" nellaFrancia diancien Régime era una persona incaricata di curare gli interessi di una corporazione professionale; in questo caso, tutelava la comunità dei professori dell'Università parigina.
^Edmond Richer (1560-1631) fu l'autore di un famoso opuscolo,De ecclesiastica et politica potestate, in cui affermava che (cfr.Cognet in Jedin ed., p. 68)
la Chiesa ha soltanto un potere spirituale e deve assoggettarsi, per la sfera temporale, al governo civile;
il papa ha un potere esecutivo su tutta la Chiesa, ma l'autorità legislativa universale appartiene alConcilio ecumenico, mentre l'infallibilità appartiene al consenso di tutta la Chiesa;
la soglia dellacollegialità andrebbe "abbassata" a tutti i livelli ecclesiastici: la diocesi dovrebbe essere guidata da un consiglio dipreti, la parrocchia da un consiglio dilaici.
^Ad esempio, alcuni momenti-chiave della riorganizzazione ecclesiastica nellaLombardia austriaca furono nel1765 l'istituzione della Giunta Economale per i problemi ecclesiastici, nel1781 la soppressione di tutti gli Ordini contemplativi e nel1783 l'apertura deiSeminari Generali.
^Ludovico Antonio Muratori,Opere di Lodovico Antonio Muratori, inDal Muratori al Cesarotti, vol. 1, Milano, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1964, p. 36.
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