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Plinio il Vecchio

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Ritratto ottocentesco di Plinio il Vecchio

Gaio Plinio Secondo (in latinoGaius Plinius Secundus), dettoPlinio il Vecchio[1] (Como,23[1][2]Stabia,24 ottobre79), è stato unoscrittore,naturalista,filosofo dellanatura,comandante militare egovernatore provincialeromano.

Caratterizzato da un'insaziabile curiosità, Plinio scrisse molte opere, tra cui si ricordano: ilDe iaculatione equestri; ilDe vita Pomponii Secundi, biografia in due libri delpoeta tragicoPublio Pomponio Secondo, di cui era devoto amico; iBellorum Germaniae libri XX; gliStudiosi libri III, manuale sulla formazione dell'oratore; iDubii sermonis libri VIII, su questioni grammaticali; e gliA fine Aufidii Bassi libri XXXI, sulla storia dell'Impero dal periodo in cui si interrompeva la storia diAufidio Basso.[1] Tutte queste opere sono ad oggi perdute, tranne per pochi frammenti.[1]

L'unica opera pervenutaci integralmente è il suo capolavoro, laNaturalis historia;[1][2][3] una vastaenciclopedia, termine coniato dallo stesso Plinio, che tratta diastronomia,geografia,antropologia,zoologia,botanica,materiali,medicina,metallurgia,mineralogia earte.[1][2] L'opera enciclopedica è il risultato di un'enorme mole di lavoro di preparazione condotto su oltre 2 000 volumi di più di 500 autori.[1] Tale opera, letta e studiata nei secoli successivi, specialmente nelMedioevo e nelRinascimento, rappresenta oggi un documento fondamentale delle conoscenze scientifiche dell'antichità.[1]

La fama di Plinio è anche legata alla sua morte, di cui ci è testimone il nipote-figlio adottivoPlinio il Giovane. Plinio il Vecchio era a capo della flotta romana stanziata aCapo Miseno, quando si verifica una delle più grandi catastrofi della storia, l'eruzione del Vesuvio del 79.[1] Corso in aiuto di una sua amica,Rectina, e degli altri abitanti diStabia, Plinio non fu più in grado di lasciare il porto della città e morì per le esalazioni del vulcano.

Biografia

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Targa in onore di Plinio il Vecchio, posta sulla facciata della Cattedrale diComo.

Gaio Plinio Secondo nacque sotto il consolato diGaio Asinio Pollione e diGaio Antistio Vetere.[4] Dopo anni di discussione sul luogo della sua nascita tra Como o Verona, si è giunti ad identificare Como (Novocomum) come città natale. A sostegno della tesi veronese ci sono dei manoscritti in cui è possibile leggerePlinius Veronensis e il fatto che Plinio stesso, nella sua prefazione, citiGaio Valerio Catullo come proprioconterraneus (e Catullo era di Verona). Ad avvalorare, invece, l'idea di Como come luogo di nascita, èsan Girolamo che, nella suaCronaca, unisce il nome di Plinio all'epiteto diNovocomensis.

Prima del 35 d.C. suo padre lo portò aRoma e affidò la sua istruzione ad uno dei suoi amici, il poeta e generalePublio Pomponio Secondo, dal quale Plinio acquisì il gusto di apprendere, come prova il fatto che citasse di aver visionato alcuni manoscritti delle orazioni deiGracchi nella biblioteca del suo tutore, al quale dedicò più tardi una biografia. Plinio cita, inoltre, con deferenza i grammatici e retoriQuinto Remmio Palemone edArellio Fusco[5] e quindi fu certamente loro seguace. A Roma studiò anchebotanica, ossia l'ars topiaria di Antonio Castore ed esaminò le piante diloto un tempo appartenute aMarco Licinio Crasso. Poté anche contemplare la vasta struttura costruita daNerone, laDomus Aurea,[6] ed assistette probabilmente al trionfo diClaudio suiBritanni nel44.[7]

Prestò poi servizio in Germania nel 47 agli ordini diGneo Domizio Corbulone, partecipando alla sottomissione deiCauci ed alla costruzione del canale tra ilReno e laMosa e, dalla sua esperienza come giovane comandante di un corpo di cavalleria (praefectus alae), trasse, nel corso degli stazionamenti invernali all'estero, un opuscolo sull'arte del lancio del giavellotto a cavallo (De iaculatione equestri), mentre inGallia ed inSpagna annotò il significato di un certo numero di parole celtiche ed ebbe modo di vedere le località associate alle campagne militari diGermanico; anzi, sui luoghi delle vittorie diDruso, sognò che il vincitore lo pregava di trasmettere alla posterità le sue imprese.[8] Accompagnò poi probabilmente Pomponio, amico di suo padre, in spedizione contro iCatti nel 50. SottoNerone, visse soprattutto a Roma: infatti cita, probabilmente per averla vista di persona, la carta d'Armenia e gli accessi delmar Caspio che fu ceduto a Roma dal personale di Corbulone nel 59.[9] Nel frattempo, completava i venti libri della suaStoria delle guerre germaniche, solo lavoro di riferimento citato nei primi sei libri degli annali diTacito e si dedicò alla grammatica e la retorica.

Sotto il regno del suo amicoVespasiano, tornò, comunque, al servizio di Roma come procuratore nellaGallia Narbonense (70) e nellaSpagna romana (73), visitando anche laGallia Belgica (74). Durante il suo soggiorno in Spagna, si dedicò all'esame dell'agricoltura e alle miniere del paese, oltre a visitare l'Africa.[10] Al suo ritorno inItalia, accettò, poi, un incarico di Vespasiano, che lo consultava prima di partecipare alle sue occupazioni ufficiali e, alla fine del suo mandato, dedicò la maggior parte del suo tempo ai suoi studi.[11]Plinio il Giovane, suo nipote, ce lo rappresenta, infatti, come un uomo dedito allo studio e alla lettura, intento ad osservare i fenomeni naturali e a prendere continuamente appunti, dedicando poco tempo al sonno e alle distrazioni.

Il racconto della sua morte, contenuto in una lettera del nipote Plinio il Giovane, ha contribuito all'immagine di Plinio comeprotomartire della scienza sperimentale (definizione diItalo Calvino), anche se, sempre secondo il resoconto del nipote, si espose al pericolo anche per recare soccorso ad alcuni cittadini in fuga dall'eruzione, in quanto comandante della flotta di stanza acapo Miseno. Infatti, in occasione dell'eruzione del Vesuvio del 79 che seppellìPompei edErcolano, si trovava aMiseno comepraefectus classis Misenensis. Volendo osservare il fenomeno il più vicino possibile e volendo aiutare alcuni suoi amici in difficoltà sulle spiagge della baia diNapoli, fra le qualiRectina, parte con le suegalee, che attraversano la baia fino aStabiae (oggiCastellammare di Stabia) dove muore, probabilmente soffocato dalle esalazioni vulcaniche, a 56 anni.[12]

Opere

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L'elenco delle opere di Plinio ci è fornito dal suo stesso nipote, dal quale si apprende, in perfetto stile pinacografico, anche l'argomento di esse (Plin.,Epist., III, 5):

  • De iaculatione equestri ("Sull'arte di lanciare da cavallo"), in un solo libro, frutto della sua esperienza di ufficiale di cavalleria.
  • De vita Pomponii Secundi, due libri biografico-encomiastici sulla vita di Pomponio Secondo, poeta tragico a cui era legato da amicizia.
  • Bella Germaniae, venti libri sulleguerre romane in Germania, scritti per onorare la memoria diDruso Nerone, che servirono, come già detto, aTacito per i suoiAnnales.
  • Studiosus ("Il letterato"), tre libri in sei volumi sulla formazione dell'oratore tramite lo studio dell'eloquenza.
  • Dubius sermo ("I dubbi di lingua"), otto libri su problemi linguistici e grammaticali che presentavano oscillazioni e incertezze nell'uso, tenuti in gran conto dai grammatici posteriori. Furono scritti negli ultimi tempi del regno di Nerone, nel 67-68.
  • A fine Aufidi Bassi ("Continuazione della Storia di Aufidio Basso"), trentuno libri di storia che riprendevano la narrazione da dove l'aveva conclusaAufidio Basso, ovvero dalla morte dell'imperatoreClaudio; furono una storia contemporanea, sicuramente basata sui ricordi personali dell'autore. Quest'opera è citata daTacito[13] e influenzòGaio Svetonio Tranquillo ePlutarco.
  • Naturalis historia, in 37 libri; è l'unica opera pervenutaci, di carattere enciclopedico, nella quale Plinio raccoglieva una grande parte dello scibile della sua epoca, a partire da ben 160 rotoli di appunti compilati nell'anno 73, quandoLarcio Licino, il legato pretore diSpagna Tarraconense, provò invano a comperarli per quattrocentomila sesterzi.

LaNaturalis historia

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Frontespizio dellaNaturalis historia.
Lo stesso argomento in dettaglio:Naturalis historia.

LaNaturalis historia, come detto, fu pubblicata nell'anno77; già nel titolo l'opera si presenta come ricerca di carattere enciclopedico sui fenomeni naturali: il terminehistoria riprende il greco ἱστορία (indagine), e va notato che la formula ha dato la denominazione alle scienze biologiche, cioè allastoria naturale nel senso moderno della locuzione.

Il primo libro fu completato dal nipote Plinio il Giovane dopo la morte dello zio e contiene la dedica a Tito, il sommario dei libri successivi ed un elenco delle fonti per ciascun libro. L'enciclopedia tratta svariati temi, dal generale al particolare: dopo la descrizione dell'universo (II libro), si passa ageografia edetnografia delBacino del Mediterraneo (III-VI libro), per poi trattare diantropologia (VII libro) ezoologia (VIII-XI libro).

Plinio si occupa, poi, del regno vegetale e minerale, con labotanica e l'agricoltura (XII-XIX libro), lamedicina e le piante medicinali (XX-XXVII libro), oltre ai medicamenti ricavati dagli animali (XXVII-XXXII libro). Con lamineralogia (XXXIII-XXXVII libro), trattando della lavorazione dei metalli e delle pietre, contiene anche una lunghissima digressione sulla storia dell'arte dell'antichità, in particolare riguardo alla statuaria, alla pittura e all'architettura (ma non mancano notizie relative ai mosaici e ad opere di altro tipo). Infine, egli esprime la sua opinione riguardo al progresso, al quale si mostra assolutamente contrario, in quanto visto come forma di violenza sulla natura.

In sostanza, si tratta di un'opera che risente della fretta di un autore che legge e registra tutto quanto va apprendendo, con lo sforzo di mettere ordine nell'immensa materia. Sebbene non si possa chiedere all'autore originalità ed esattezza scientifica, si deve riconoscere l'altissimo valore antiquario e documentario dell'opera, e l'enciclopedismo pratico dell'autore, spesso attento a credenze superstiziose e gusto del fantastico. Non mancano, inoltre, informazioni errate o dati "gonfiati", ad esempio nella descrizione del teatro di Pompeo e di quelli di Curione e Scauro.[14]

I suoiindices auctorum sono, in alcuni casi, le autorità che lui stesso ha consultato (benché ciò non sia esauriente) e a volte questi nomi rappresentano gli autori principali sull'argomento, che sono conosciuti soltanto di seconda mano, anche se Plinio riconosce sinceramente i suoi obblighi a tutti i suoi predecessori in una frase che merita d'essere proverbiale.[15]

Fortuna di Plinio

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Verso la metà delIII secolo, un riassunto delle parti geografiche delle opere di Plinio è realizzata daSolino e, all'inizio delIV secolo, i passaggi medici sono riuniti nellaMedicina Plinii. All'inizio dell'VIII secolo,Beda il Venerabile possiede un manoscritto di tutte le opere. Nel IX secolo,Alcuino invia aCarlo Magno una copia dei primi libri (Epp. 103, Jaffé) e Dicuilo riunisce estratti delle pagine di Plinio per la suaMensura orbis terrae (C, 825). I lavori di Plinio acquisiscono grande stima nel Medioevo. Il numero di manoscritti restanti è di circa 200, ma il più interessante e tra i più vecchi è quello diBamberga, contenente soltanto i libri dal XXXII al XXXVII.Roberto di Cricklade, superiore del St Frideswide aOxford, indirizza al reEnrico II unDefloratio, contenente nove volumi di selezioni prese da uno dei manoscritti di questa. Fra i manoscritti più vecchi, ilcodex Vesontinus, precedentemente conservato aBesançon (XI secolo), è oggi sparso in tre città: a Roma, aParigi, e l'ultimo aLeida (dove esiste anche una trascrizione del manoscritto totale).

Note

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  1. ^abcdefghiPlìnio il Vecchio, inTreccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.URL consultato il 26 settembre 2018.
  2. ^abcGiorgio Brugnoli,Plinio il Vecchio, inEnciclopedia dantesca, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1970.URL consultato il 26 settembre 2018.
  3. ^Berra, p. 9.
  4. ^Nel 23 d.C.
  5. ^Naturalis Historia, XIV 4; XXXIII 152.
  6. ^Naturalis Historia, XXXVI, 111.
  7. ^Naturalis Historia, III, 119.
  8. ^Plin.,Ep., III 5,4.
  9. ^VI 40.
  10. ^VII, 37.
  11. ^Plin.,Ep., III 5, 9.
  12. ^Plinio il Giovane,Ep., VI, 16.
  13. ^Annales, XIII, 20; XV, 53;Historiae III, 29.
  14. ^ Dario Pepe,Plinio il Vecchio e l'opera d'arte: riflessioni sul metodo ecfrastico nella Naturalis Historia, inKronos, n. 29, 2010, p. 36 e ss..
  15. ^Pref. 21, «plenum ingenni pudoris fateri per quos profeceris».

Bibliografia

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Voci correlate

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