Gaio Muzio Scevola, in origineGaio Muzio Cordo[1] (in latinoGaius Mucius Scaevola;fl.VI secolo a.C.), appartenente alla Gens Mucia è il protagonista di una notaleggenda romana dalla quale deriva il predicato "Mettere la mano sul fuoco", per indicare d'essere sicuri su un determinato fatto o espressione[2]: il suo gesto estremo.
Si narra che nel508 a.C., durante l'assedio di Roma da parte degliEtruschi comandati daPorsenna, proprio mentre nella città cominciavano a scarseggiare i viveri, un giovane aristocratico romano, Gaio Muzio Cordo, propose alSenato di uccidere il comandante etrusco.[3]
Non appena ottenne l'autorizzazione, si infiltrò nelle linee nemiche, grazie anche al fatto che egli era di origine elingua etrusca,[1] e armato di un pugnale, raggiunse l'accampamento di Porsenna, che stava distribuendo la paga ai soldati. Muzio attese che il suo bersaglio rimanesse solo e quindi lo pugnalò, ma sbagliò persona: aveva infatti assassinato loscriba dellucumone etrusco.
Subito venne catturato dalle guardie del comandante, e portato al cospetto di Porsenna, il giovane romano non esitò a dire: «Civis Romanus sum. Volevo uccidere te ... Questo è il valore che dà al corpo chi aspira a ucciderti!». Così mise la sua mano destra in un braciere dove ardeva ilFuoco dei sacrifici e non la tolse fino a che non fu completamente consumata.
Porsenna rimase tanto impressionato da questo gesto che decise di liberare il giovane. Muzio, allora, sfuggì con la sua astuzia e disse: «Per ringraziarti della tua clemenza, voglio rivelarti che trecento giovani nobili romani hanno solennemente giurato di ucciderti. Il fato ha stabilito che io fossi il primo e ora sono qui davanti a te perché ho fallito. Ma prima o poi qualcuno degli altri duecentonovantanove riuscirà nell'intento».
Questa falsa rivelazione spaventò a tal punto Porsenna e tutta l'aristocrazia etrusca da far loro considerare molto più importante salvaguardare il futuro del re diChiusi piuttosto che preoccuparsi del destino deiTarquini. Sempre secondo la leggenda, così Porsenna prese la decisione di intavolare trattative di pace con i Romani, colpito positivamente dal loro valore.[4] Da quel giorno il coraggioso nobile romano avrebbe assunto ilcognomen di "Scevola" (il mancino).[5]
Invia Sallustiana a Roma, sul muro di cinta del palazzo dell'I.N.A. ora in uso all'ambasciata statunitense in Italia, a sinistra del cancello principale, sopra la porta di ferro di unacabina elettrica, è incastonato un frammento dibassorilievo (di fattura comunque recente) che rappresenta una mano nel fuoco. Secondo la tradizione romana orale,quello è il punto preciso dove era accampato Porsenna e dove avvenne l'episodio, appena fuori lemura serviane, di cui si possono vedere i resti tra via Sallustiana e via Carducci.
Trae vanto e origine dalla Gens Mucia e dalla sua leggenda la nobile famiglia romana Muzj (o Muzii) presente inAbruzzo (Fontecchio,Popoli) che mantiene nello stemma il braccio impugnante la spada sul braciere ardente a ricordo dell'impresa.
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