Dopo essere stato attivo militante comunista, ha aderito al movimento della nuova sinistra, ma dagli anni settanta ha lasciato sostanzialmente l'attività politica assumendo posizioni molto personali con forte accentuazione di una religiosità anarchico-libertaria. La sua prima produzione poetica nacque tutta in una breve stagione, tra il settembre1965 e l'estate1974 quasi "sotto dettatura", così il poeta rievoca quegli anni fondamentali: "scrivevo versi per quattordici ore filate al giorno, mi sono sempre considerato amanuense di Qualcuno".
Esordisce solo nel1973 come poeta in dialetto e ha subito un buon successo con l'operaI cart pubblicata dall'Edizione Trentadue di Milano con i disegni dell’amicoEugenio Tomiolo[2] e l'anno dopo,1974, conPoesie d'amore edite daIl Ponte. Nel1975 il poeta dimostra di aver raggiunto la completa maturità di espressione con ilpoemaStròlegh, pubblicato daEinaudi con prefazione diFranco Fortini, di cui una parte aveva già visto lapubblicazione nel secondo "Almanacco Dello Specchio" ricevendo unacritica positiva daDante Isella.
Nel1978 Einaudi pubblica la raccoltaTeater e nel1981 l'operaL'Angel viene edita a Genova dalle EdizioniSan Marco dei Giustiniani. Sempre nel 1981, grazie alla raccoltaL'aria (Einaudi), vince il Premio nazionale "Lanciano" di Poesia dialettale, di cui diventa giurato a partire dalla XVI edizione (1986) fino alla sua conclusione nel2008[3].
Nel 1994, grazie all'operaL'angel (Mondadori), vince il Premio di Poesia "Paolo Prestigiacomo" (II edizione).[4]
Nel2005 pubblica per EinaudiL'aria de la memoria, in cui raccoglie tutte le poesie scritte tra il1973 e il2002, alcune delle quali apparse già nelle raccolteI cart ePoesie d'amore. Molte altre sono le sue opere, tutte in dialetto milanese, tra le qualiLünn,Liber,Umber,El vent,Isman,Aquabella,Pomo del pomo.
Oltre alle poesia, Franco Loi si dedica alla narrativa (si ricorda il libro di raccontiL'ampiezza del cielo, Milano, Gallino Editore, 2001) e alla saggistica. È stato vincitore delPremio Bonfiglio per la raccoltaStròlegh e delpremio Nonino perLiber; in seguito ha ricevuto ilPremio Librex Montale e ilPremio Brancati 2008 (sezione poesia) con il libroVoci d'osteria.[5] È stato insignito dallaProvincia di Milano dellamedaglia d'oro e ha inoltre ricevuto dal Comune di Milano l'Ambrogino d'oro e il "Sigillo Longobardo dellaRegione Lombardia"[6].
Contributore di numeroseriviste e redattore delIl Sole 24 ore, a dicembre del 2018 rilascia alla rivistaAffari Italiani un'intervista dal titoloMussolini ha fatto più di tutti per gli operai, nella quale riprende la retorica del cosiddetto paradosso democratico, sostenendo che la sua azione in termini mutualistici, assistenziali e previdenziali restò ineguagliata dai politici successivi.[7]
È morto il 4 gennaio2021 all’età di 90 anni nella sua casa diMilano. Le sue ceneri sono tumulate in una celletta delCimitero Monumentale, nell'Ossario centrale.[1]
Temi ricorrenti nelle opere di Loi sono la guerra, la scoperta della presenza del male nella storia, la sensazione di un tradimento perpetrato e di ferite non rimarginabili, l'energia dell'invettiva, il rimpianto di un paradiso perduto, ma anche la costanza dell'invocazione della preghiera. Il titolo della sua raccolta più famosa "Stròlegh" (astrologo), composta in due tempi nell'estate1970 e nella primavera1971, rimanda a un sogno a occhi aperti, a una profezia rassicurante.
Il nono passaggio della poesia è dedicato aPiazzale Loreto, luogo fondamentale nell'esperienza di Loi, situata a poche centinaia di metri da dove allora abitava, in ViaCasoretto: fu lì che, ancora ragazzino, il 10 agosto1944, vide quei partigiani uccisi "gettati sul marciapiede come spazzatura"[8], e nel1945 i cadaveri diMussolini e degli altri gerarchi fascisti lì trucidati. I due momenti sembrano confondersi in un'unica scena, che suscita nel poeta rabbia e pietà, elegiaca reminiscenza e angosciosa invettiva. Le ultime raccolte sono caratterizzate da un linguaggio meno incisivo. Alcuni esempi: "Teàter" del1978, l'"Aria" e l'"Angel" del1981, l'"Amur del Temp" del1999.
La poetica di Loi, ricca di arcaismi (in particolare dantismi) e neologismi, è spesso fondata su costruzioni sintattiche anormali, essa è finalizzata a una libertà espressiva assoluta, ma nasce anche in base a una precisa scelta di campo ideologico-politica per dare voce a un proletariato oppresso e sfruttato. Lo stile violentemente espressionistico, scaturisce da una costante mescolanza di registri, dal grottesco al sarcastico al satirico.
"Un milanese parlato a Milano negli anni cinquanta, quando per le immigrazioni, per i precisi cambiamenti di ordine sociale, la lingua non aveva più un suo tessuto fermo, chiuso, ma era completamente aperta, il milanese, in quel momento era una vera e propria lingua, culturalmente aperta a tutte le esperienze": così Franco Loi definisce il suo dialetto.