(ES) Fuerzas de paz de las Naciones Unidas (RU) Миротво́рческие си́лы ООН (FR) Forces de maintien de la paix des Nations unies (EN) United Nations Peacekeeping Forces (ZH) 联合国维持和平部队 (AR) قوات حفظ السلام
Le attività diForze di pace delleNazioni Unite era stato inizialmente sviluppato durante la guerra fredda come mezzo per risolvere conflitti tra Stati dispiegando personale militare disarmato o con armamento leggero proveniente da più Stati, sotto comando ONU, in aree dove i contendenti potevano aver bisogno di una terza parte neutrale in funzione di osservatore del processo di pace.
I caschi blu dell'ONU potevano entrare in azione quando le principali potenze (i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza) incaricavano leNazioni Unite di porre termine a conflitti che minacciassero la stabilità regionale e la pace e sicurezza internazionali.
Dal 1948 al febbraio 2009, si contano63 operazioni di pace dell'ONU, di cui sedici ancora in corso. Ogni anno ne vengono proposte di nuove.
La prima missione qualificabile come operazione di peacekeeping fu lal'UNEF I, tali tipo di operazioni si sono poi moltiplicate neglianni novanta, quando hanno iniziato a configurarsi anche come peace-building (UNOSOM I e II,ONUMOZ,UNAMIR, etc.) o altre forme[3].
L'ONU prese posizione sullacrisi di Suez (1956) — una guerra condotta contro l'Egitto (sostenuto da altre nazioni arabe) daRegno Unito,Francia ed Israele coalizzati. Quando nel1957 fu dichiarato un cessate il fuoco, il diplomaticocanadese (destinato a divenire poi Primo Ministro)Lester Bowles Pearson consigliò che le Nazioni Unite disponessero una forza internazionale sulcanale di Suez per garantire che entrambe le parti onorassero il cessate il fuoco. Secondo Pearson la forza ONU poteva essere composta principalmente da soldati canadesi, ma tale soluzione suscitava la diffidenza egiziana, poiché in effetti un membro delCommonwealth avrebbe dovuto far da guardiano al Regno Unito e relativi alleati. Di conseguenza, fu riunita una forza d'interposizione che raccoglieva militari delle più varie cittadinanze, in modo da assicurare la diversità nazionale (ritenuta presupposto d'imparzialità). Pearson avrebbe ottenuto ilpremio Nobel per la pace in relazione a tale impresa, ed oggi è considerato un padre delpeacekeeping moderno.
Con la fine dellaguerra fredda si determinò un cambiamento nelpeacekeeping, sia ONU sia multilaterale. In un nuovo spirito di collaborazione, il Consiglio di sicurezza deliberò più ampie e complesse missioni di pace, spesso nell'intento di cooperare nell'attuazione di accordi di pace intercorsi in conflitti interni ad un medesimo Stato eguerre civili. Inoltre, nelpeacekeeping si prese ad inserire un numero sempre maggiore di elementi non-militari per assicurare il buon funzionamento di funzioni civili, come leelezioni. IlDipartimento per le operazioni di pace fu creato nel 1992 per far fronte all'accresciuta richiesta di missioni di tal genere.
Tutto sommato, le operazioni di nuova concezione furono un successo. InEl Salvador ed inMozambico, ad esempio, ilpeacekeeping mostrò una via per raggiungere lapace auto-sostenuta. Tuttavia alcuni tentativi fallirono, forse in conseguenza di unarappresentazione troppo ottimistica delle reali potenzialità insite.
Mentre si stavano svolgendocomplesse missioni inCambogia, il Consiglio di sicurezza inviò caschi blu in zone di conflitto come laSomalia, in cui non si era raggiunto né un cessate il fuoco, né un qualche consenso fra le parti.
Queste operazioni si possono a buon diritto giudicare velleitarie, poiché non erano confortate né da quella potenza militare, né da quella (condivisa) volontà politica, che sarebbero state necessarie compagne aicaschi blu per centrare l'obiettivo affidato loro. Questi insuccessi—eminentemente ilmassacro di Srebrenica (1995) ed ilgenocidio del Ruanda (l'anno precedente)—causarono un periodo di ripiegamento e di autocritica nella recente storia delpeacekeeping ONU.
Nell'ambito dei poteri generali attribuiti dalloStatuto delle Nazioni Unite al fine di mantenere la pace internazionale, gli organi delleNazioni Unite mettono in atto tutte le azioni volte a contrastare le minacce alla pace, la violazione della pace e gli atti di aggressione secondo quanto previsto dal Capitolo VII dellaCarta. Queste possono essere misure di carattere coercitivo o meno, implicanti l'uso della forza o meno.
Il concetto dioperazioni di pace, opeacekeeping, va invece ad indicare una serie difattispecie alternative fondate sul consenso delloStato territoriale ed altresì caratterizzate dalla neutralità ed imparzialità delle operazioni e dall'uso della forza solo perlegittima difesa.[3]
Nei casi in cui un diretto coinvolgimento da parte dell'ONU sia giudicato inopportuno o non praticabile, ilConsiglio di sicurezza può delegare le missioni di pace ad organizzazioni regionali quali laNATO oppure coalizioni di Stati che manifestino tali intenzioni.
Il più importante documento di elaborazione dottrinale di DPO, intitolatoUnited Nations Peacekeeping Operations: Principles and Guidelines è stato pubblicato nel 2008.[4]
In ambito ONU, le operazioni di pace sono inoltre caratterizzate dalla delega delConsiglio di sicurezza alSegretario generale, sia in ordine al reperimento, sia al comando delle forze da impiegare[1]. Non tutte le operazioni finalizzate al mantenimento della pace sono qualificabili come operazioni di pace[5] e da queste vanno distinte le operazioni dipeacebuilding e dipeace-enforcement[5][6][7], anche se talune missioni possono avere carattere ibrido quale la tutela dei diritti umani (il c.d. "dilemma umanitario")[8]. Nella storia dell'attività dell'ONU si usa distinguere tre fasi caratterizzate da altrettanti tipi dipeacekeeping.[9][10] I fini statutari dell'ONU prevedono espressamente chel'organizzazione debbamantenere la pace e la sicurezza; per fare ciò uno degli strumenti usati, nel corso del tempo, per il mantenimento di queste, sono le operazioni di pace,[11] missioni che tuttavia non trovano esplicita previsione nello statuto e la cui legittimità giuridica è stata ravvisata da gran parte della dottrina nel consenso delle parti in causa oltre che in una progressiva consuetudine supplementare alla Carta ONU.[3][12]
Una volta che è stato raggiunto un accordo di pace, le parti coinvolte possono richiedere all'ONU una forza di peacekeeping per la supervisione sulla pratica attuazione dei punti concordati. Questo avviene perché un gruppo sotto egida ONU difficilmente sarà propenso a fare propri gli interessi di una fazione, dato che a sua volta dipende da molti gruppi, in particolare dal Consiglio di sicurezza (composto dai rappresentanti di quindici Paesi) e dalSegretariato delle Nazioni Unite (la cui composizione è deliberatamente diversa).[13]
Se il Consiglio di sicurezza approva l'avvio di una missione, ilDipartimento per le operazioni di pace inizia la programmazione degli elementi necessari. A questo punto, viene scelta la squadra di comando supremo (come verrà spiegato più avanti). Il dipartimento interpellerà le singole nazioni aderenti all'ONU per raccoglierne l'eventuale disponibilità al concorso operativo. Dato che—come già ricordato—le Nazioni Unite non dispongono di alcuna struttura organica permanente in proposito, per ogni esigenza dev'essere formata una coalizione ad-hoc.
Questo dato di fatto ha quanto meno due risvolti sfavorevoli: può portare alla pura impossibilità di mettere in campo una forza credibile, ed in ogni caso determina un fisiologico rallentamento nel reperimento di risorse (in ogni senso dell'espressione) una volta che l'operazione abbia pure preso il largo.
Roméo Dallaire,[14] comandante del contingente di pace in Ruanda ai tempi dellatragedia umanitaria che afflisse quel lembo d'Africa (1996), così descrisse, nel libroShake Hands With the Devil, tali problemi, a confronto con dispiegamenti "tradizionali" di forze militari:[15]
«Mi disse che l'ONU era un sistema "pull" [tirare] e non un sistema "push" [spingere] com'ero abituato nella NATO, nel senso che non vi era assolutamente un bacino di risorse da cui attingere. Dovevi fare domanda per qualunque cosa ti servisse, e poi aspettare che la domanda fosse analizzata… Per esempio, i soldati, ovunque si trovino, devono mangiare e bere. In un sistema "push", vivande e cibo sono fornite automaticamente nella quantità proporzionata al numero di persone. In un sistema "pull", devi chiedere che ti forniscano tali razioni, ed il buon senso non pare avere voce in capitolo.»
(Roméo Dallaire,Shake Hands With the Devil, pp. 99-100)
Mentre viene messa assieme la forza dipeacekeeping, la squadra diplomatica ONU pratica varie attività diplomatiche. Le esatte dimensioni e forza dello schieramento vanno concordate con il governo della nazione in cui è in corso il conflitto. Leregole di ingaggio devono essere sviluppate e concordate sia dalle parti in lizza sia dal Consiglio di Sicurezza. Esse attribuiscono lo specifico mandato e scopo della missione (cioè quando i peacekeeper, se armati, possano usare la forza, e dove possano muoversi, nell'ambito del territorio che li ospita). Spesso il mandato dispone che i peacekeeper siano scortati da "guide" del governo ospitante ogniqualvolta lascino la loro base. Questa complicazione ha causato problemi sul campo.
Quando hanno avuto luogo tutti gli accordi, il personale richiesto è stato reperito, e l'approvazione finale è stata deliberata dal Consiglio di Sicurezza, i peacekeeper sono dislocati nella regione prevista.
Le missioni di pace ONU sono state concepite in quanto operazioni "Born out of necessity, largely improvised, a practical response to a problem requiring action"[16] e sono quindi tutte concepite ad hoc, condividono tuttavia una struttura ed organizzazione comune.
Una missione di pace dell'ONU ha tre centri direttivi. Il primo è il Rappresentante speciale delSegretario generale, il capo ufficiale della missione. È responsabile di tutta l'attività politica e diplomatica, presiede alle relazioni tanto con le parti stipulanti del trattato di pace, quanto con gli stati membri ONU in generale. Il secondo è il comandante della forza, che è responsabile dell'apparato militare sul campo. È un alto ufficiale delle forze armate che intervengono, e spesso è scelto tra quelli della nazione che partecipa con il maggior numero di effettivi. In terzo luogo dobbiamo considerare ilChief Administrative Officer,[17] che ha la supervisione delle forniture, della logistica, e coordina l'approvvigionamento di ogni necessaria risorsa.
ElicotteriBell 212 in servizio di peacekeeping inGuatemala, 1998Campo San Martin aCipro. Il contingenteargentino comprende truppe di altri paesilatinoamericaniCarriT-72 dell'esercito indiano con insegne ONU nel contesto diUNITAFCaschi blu peruviani inviati adHaiti nel 2000
Lo statuto ONU impone a tutti gli stati membri l'obbligo di mettere a disposizione del Consiglio di sicurezza le forze e le infrastrutture necessarie al mantenimento di pace e sicurezza in ogni posto del mondo. Dal 1948, quasi 130 paesi hanno contribuito a missioni di pace con personale militare e di polizia civile.
Caschi blu (dal colore dell'elmetto) è la denominazione con cui vengono indicati i militari delle Forze internazionali di pace dell'ONU, con compiti di controllo finalizzati al ripristino della normalità politica e civile nel paese in cui operano. Hanno ricevuto ilpremio Nobel per la pace nel 1988.[18]
Benché non siano disponibili informazioni dettagliate su tutto il personale che partecipò a missioni di pace dal 1948, si stima che circa un milione di operatori (soldati, agenti di polizia, e "normali civili") abbia lavorato sotto bandiera ONU in mezzo secolo abbondante. Con dati riferiti a marzo 2008, 113 paesi stavano contribuendo con un totale di 88 862 persone tra osservatori militari, polizia, e truppe inquadrate in unità militari canoniche.[19]
Nonostante il lungo elenco di paesi partecipanti sulla carta, la parte del leone — sotto il profilo del numero di addetti sul campo — è chiaramente svolta da un nucleo dipaesi in via di sviluppo, che spesso traggono profitto economico da tale partecipazione. In questo senso, la classifica dei primi dieci (stima del marzo 2007) appare la seguente:Pakistan (10.173),Bangladesh (9.675),India (9.471),Nepal (3.626),Giordania (3.564),Uruguay (2.583),Italia (2.539),Ghana (2.907),Nigeria (2.465), eFrancia (1.975).[20]
Alla data di marzo2008, in aggiunta al personale militare e di polizia, risultano aver collaborato a missioni peacekeeping ONU: 5 187 "civili internazionali", 2.031 volontari delle Nazioni Unite e 12.036 civili locali.[21]
Fino ad aprile 2008, 2.468 persone, di oltre cento nazionalità, hanno perso la vita in missioni di pace.[22] Molti dei caduti provenivano dall'India (127), Canada (114) e Ghana (113). Il 30% delle perdite umane lamentate nei primi 55 anni dipeacekeeping ONU ricade negli anni dal 1993 al 1995.
Come già detto, i paesi in via di sviluppo tendono a partecipare alpeacekeeping più delle nazioni sviluppate. Questo, in parte, può spiegarsi con il fatto che le forze armate dei paesi emergenti non evocano il fantasma dell'imperialismo nelle località di guerra (spesso trattasi di ex-colonie). Ad esempio, nel dicembre 2005, l'Eritrea espulse dalla missione di pace sulla propria frontiera con l'Etiopia tutto il personale statunitense, russo, europeo e canadese. Alla motivazione storico-politica, si aggiunge però l'attrattiva economica per i paesi meno agiati. L'ONU riconosce mensilmente a ciascun operatore militare: $1.028 per paga e rimborsi spese; $303 extra per gli specialisti; $68 per vestiario personale, accessori ed equipaggiamento; $5 per armamento individuale.[23] Può essere un cespite finanziario di un certo rilievo per un paese emergente. Garantendo ai soldati addestramento, equipaggiamento e stipendi di elevato livello, le missioni di pace ONU consentono a tali paesi di mantenere forze armate più importanti di quello che si potrebbero permettere secondo i rispettivi bilanci. Circa il 4,5% del personale militare o di polizia impiegato nelpeacekeeping ONU proviene dall'Unione europea; la percentuale scende sotto l'uno per cento se consideriamo gli addetti statunitensi.
I costi delpeacekeeping, specie dopo la fine dellaguerra fredda, sono lievitati enormemente. Nel 1993, i costi annuali per le operazioni di pace delle Nazioni Unite sono arrivati a circa $3,6 miliardi, anche a causa delle operazioni nell'ex Jugoslavia (UNPROFOR) e in Somalia (UNOSOM II). Nel 1998, erano crollati ad una cifra addirittura inferiore al miliardo di dollari. Con la ripresa delle operazioni su vasta scala, i costi s'impennarono di nuovo verso i $3 miliardi nel 2001. Nel 2004, fu approvato un bilancio di previsione da $2,8 miliardi, ma il costo a consuntivo fu superiore. Nel 2006, l'ammontare si aggirava sui $5 miliardi.
Tutti gli Stati membri sono legalmente obbligati a pagare la loro quota di costi per il mantenimento della pace, in ragione di una complessa formula che loro stessi hanno stabilito. Malgrado questaobbligazione, gli Stati membri nel 2004 avevano accumulato un arretrato di circa $1,2 miliardi, con riferimento a missioni in atto e pregresse.
Non tutte le forze dipeacekeeping sono state direttamente controllate dalle Nazioni Unite.Nel 1981, un accordo tra Israele ed Egitto diede vita al già ricordatoMultinational Force and Observers che tuttora esercita una supervisione sulla penisola del Sinai.
Sei anni più tardi, laIndian Peace Keeping Force[25] entrò nelloSri Lanka per concorrervi al mantenimento della pace.La situazione divenne stagnante, e nel 1990 ilPrimo ministro dello Sri Lanka, che aveva concluso un patto con leTigri Tamil, chiese all'India di ritirarsi.
Il 20 dicembre 1995, su mandato ONU, una forza a guida NATO (IFOR)[27] fece il suo ingresso inBosnia per dare attuazione alGeneral Framework Agreement for Peace in Bosnia and Herzegovina.[28] Analogamente, un'operazione NATO (KFOR)[29] si svolge tuttora nelKosovo.
Laseconda guerra in Ossezia del Sud del 2008 si concluse con l'espulsione dalla regione di tutte le forze georgiane, compresi i caschi blu, ed ebbe un bilancio di 18 caduti tra i caschi blu russi.
Naturalmente, come ogni impresa militare (o bellica in senso ampio), anche il peacekeeping potrebbe provocare danni alla salute delle persone impiegate, soprattutto per l'elevato grado di stress che comporta. I peacekeeper sono esposti a danni causati ("collateralmente", in modo non deliberato) dalle parti in conflitto e spesso anche ad un clima cui non sono avvezzi. Ne scaturiscono problemi disalute mentale,suicidio ed abuso didroghe, come dimostrano specifiche statistiche.[33] Avere un parente in missione all'estero per un lungo periodo è fonte di stress anche per i familiari dei peacekeeper.[34] Oltre tutto, i peacekeeper, sebbene eventualmente agiscano su mandato ONU, possono divenire bersaglio (intenzionale) per gli attacchi di una parte belligerante.
Un differente approccio pone in risalto come il peacekeeping potrebbe "rammollire i guerrieri" ed intaccarne la combattività, posta l'ovvia differenza di profilo tra un contingente di peacekeeping ed un reparto operativo dispiegato in un contesto schiettamente e tradizionalmente conflittuale.[35][36]
Il peacekeeping può avere come risultato la mera conservazione di un precariostatus quo destinato a sicuro collasso nel lungo periodo. Bisogna, per obiettività, concedere anche il fatto che l'attuale figura di peacekeeper non postula la vocazione a costruire soluzioni politiche permanenti. La sua missione è, al contrario, stabilizzare una situazione in modo tale da offrire a statisti e diplomatici l'opportunità di sviluppare una pace(rebus sic stantibus) definitiva. NelPeace Department ONU costituiscono ancora una relativa novità le diramazionipeace-building epeacemaking.[37]Si tratta di attività e strutture concepite per muoversi in sinergia con le operazioni peacekeeping che esaminiamo qui. Mentre i peacekeeper creano un ambiente stabile, ipeace-builder e ipeacemaker sono indirizzati ad aspetti diplomatici di più lunga prospettiva temporale: sostanzialmente si adoperano per far sorgere le condizioni di una pace duratura e stabile, talvolta anche creando le premesse per unosviluppo sostenibile.
Peacekeeping, traffico di esseri umani e prostituzione coatta
Resoconti giornalistici attestano un rapido espandersi dellaprostituzione inCambogia,Bosnia eKosovo dopo che in tali luoghi sono iniziate le missioni di peacekeeping (negli ultimi due paesi si tratta di missioni NATO, tutte le altre sono ONU).[38] Nello studio del 1996The Impact of Armed Conflict on Children,Graça Machel[39]giàfirst lady del Mozambico ha documentato: "In sei su dodici studi nazionali preparati per questo rapporto sullo sfruttamento sessuale di bambini in situazioni di conflitto armato, l'arrivo di truppe peacekeeping è stato associato a rapido aumento della prostituzione infantile."[40]
In reazione a queste criticità, segnatamente per quanto attiene ai casi di abuso sessuale da parte dei peacekeeper, l'ONU ha mosso alcuni passi in un progetto di riforma delle sue operazioni, come sono state sinora conosciute. IlReport of the Panel on United Nations Peacekeeping Operations (colloquialmente indicato pure comeBrahimi Report)[41][42]è stato il primo di tali passi per ricapitolare le missioni pregresse, isolare i malfunzionamenti, ed intraprendere azioni positive in grado di correggere tali storture assicurando contestualmente l'efficienza delle missioni che saranno varate in avvenire. È stato dichiarato un solenne impegno dell'ONU per realizzare concretamente dette pratiche all'atto di compiere le missioni peacekeeping del futuro. Gli aspettitecnocratici del processo di riforma sono stati continuati e rivitalizzati dal DPKO nella sua "agenda di riforma" denominataPeace Operations 2010. Il basilare documento dottrinale intitolatoUnited Nations Peacekeeping Operations: Principles and Guidelines[4] incorpora l'analisi di Brahimi e ne fa un proprio elemento fondante.
Una proposta avanzata per tener conto dei deleteri ritardi come quello che ha favorito la tragedia del Ruanda punta sullaforza di reazione rapida: un gruppo permanente, amministrato dall'ONU e schierato su disposizione del Consiglio di Sicurezza, che riceva truppe e sostentamento dai membri in carica del Consiglio di Sicurezza e sia pronto per un rapido rischieramento in caso di futurigenocidi.
Il capitano dei peacekeeper ONUGurbachan Singh Salaria ottenne la più alta onorificenza militare indiana, ilParam Vir Chakra.[43]Nel novembre 1961 il Consiglio di Sicurezza era intervenuto per prevenire le ostilitàkatanghesi inCongo. Per reazione,Moise Tshombe, leader secessionista del Katanga, lanciò un'offensiva contro le forze ONU. Il 5 dicembre 1961, unacompagnia indiana-ONU rinforzata damortai da 3 pollici (81 mm) attaccò un posto di blocco tra il quartier generale katanghese ed il campo d'aviazione diLubumbashi (Elisabethville). Dopo che gli indiani avevano preso possesso della posizione, unplotonegurkha tentò di collegarsi alla compagnia per consolidare il rinnovato posto di blocco, ma incontrò elementi ostili in prossimità del vecchio aeroporto. L'attacco del plotone contro la postazione ribelle, forte di una novantina di miliziani katanghesi, fu guidato dal capitano indiano Salaria. Malgrado che disponesse solo di sedici soldati e con un armamento inferiore a quello degli avversari, il capitano Salaria — anche giovandosi della proverbiale ferocia[44][45]dei combattenti gurkha — ebbe la meglio sul nemico, che si volse in fuga. Durante l'azione, Salaria fu colpito al collo, ma continuò a combattere sinché morì per le ferite riportate. Grazie alla sua abnegazione ed al suo coraggio, il quartier generale ONU di Elisabethville si salvò dall'accerchiamento.[46][47]
IlConsiglio di Sicurezza è l'organo delle Nazioni Unite che ha maggiori poteri, avendo la competenza esclusiva a decidere contro gli stati colpevoli di aggressione o di minaccia alla pace. Si riunì per la prima volta il 17 gennaio 1946 a Londra. Lo scopo del Consiglio è stabilito dall'articolo 24 delloStatuto, al consiglio viene conferita “la responsabilità principale del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale”. È costituito da 15 Stati membri di cui 5 sono membri permanenti mentre i restanti 10 vengono eletti ogni due anni. I membri permanenti sono:Cina,Russia,Regno Unito,Stati Uniti d'America eFrancia. Questi ultimi hanno il diritto di veto, possono bloccare qualsiasi decisione loro sgradita e fare in modo che non venga discussa durante il riunirsi dell'assemblea generale presieduta da tutti gli Stati membri. La presidenza del Consiglio è detenuta a rotazione mensile secondo ordine alfabetico dagli altri Stati. Le decisioni prese dal Consiglio prendono il nome di Risoluzioni. L'articolo 42 dellaCarta stabilisce che il Consiglio può usare la forza contro uno Stato che è colpevole di aggressione o di violazione della Pace e l'eventuale azione militare nei confronti del Paese colpevole è riconosciuta come un'azione di polizia internazionale sotto la supervisione del Consiglio. Le forze armate anche conosciute come "caschi blu" provengono tutte dagli Stati membri.
IlSegretariato delle Nazioni Unite è uno degli organi principali dell'ONU. È guidato dalsegretario generale delle Nazioni Unite e costituito da un insieme di uffici e dipartimenti finalizzati alla gestione amministrativa dell'ONU. Il segretario generale dispone di un vasto apparato burocratico per lo svolgimento delle proprie funzioni: in base alloStatuto, lo status dei funzionari, il loro reclutamento e i vari aspetti del rapporto d'impiego sono stabiliti dall'Assemblea Generale con apposite norme. Inoltre il personale del Segretariato non può ricevere istruzioni da alcun governo in quanto indipendente. IlSegretario Generale è il leader dell'Organizzazione, viene nominato dall'Assemblea generale dopo esser stato raccomandato dal Consiglio di Sicurezza, lavora come un diplomatico tra gli Stati membri e come un amministratore all'interno dell'Organizzazione; può portare all'attenzione del Consiglio di Sicurezza qualsiasi disputa o situazione secondo lui critica al fine di mantenere la pace nel mondo. È in carica per 4 anni. Attualmente il ruolo di Segretario Generale è ricoperto dal portogheseAntónio Manuel de Oliveira Guterres, che è stato eletto nel 2017.
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