| Federico Borromeo cardinale di Santa Romana Chiesa | |
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| Humilitas | |
| Incarichi ricoperti |
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| Nascita | 18 agosto1564 aMilano |
| Ordinazione sacerdotale | 7 dicembre1593 dalcardinaleAlessandro di Ottaviano de' Medici (poiPapa) |
| Nomina ad arcivescovo | 24 aprile1595 dapapa Clemente VIII |
| Consacrazione ad arcivescovo | 11 giugno1595 dapapa Clemente VIII |
| Creazione a cardinale | 18 dicembre1587 dapapa Sisto V |
| Morte | 21 settembre1631 (67 anni) aMilano |
| Manuale | |
Federico Borromeo (Milano,18 agosto1564 –Milano,21 settembre1631) è stato uncardinaleitaliano,arcivescovo di Milano dal1595 e figura di spicco dellaControriforma inItalia[1].Cugino diCarlo Borromeo (1538–1584) che fu suaguida spirituale, i suoi atti dicarità, in particolare durante la carestia del 1627–1628, e il suo devoto eroismo nellaPeste del 1630 sono ben noti dal racconto che ne feceAlessandro Manzoni nelromanzoI Promessi Sposi. Fu un grandemecenate delle arti e fondò laBiblioteca Ambrosiana, una delle prime biblioteche pubbliche gratuite in Europa. Nel 1618, vi aggiunse unapinacoteca, cui donò la sua considerevole collezione di dipinti. Le sue opere pubblicate, principalmente inlatino, sono oltre 100 e mostrano il suo interesse per l'archeologia ecclesiastica, la pittura sacra e ilcollezionismo.

Federico Borromeo (talvolta indicato come Francesco Federico o Federigo), nacque il 18 agosto1564, figlio diGiulio Cesare, dellapotente casata nobiliare meneghina deiBorromeo, e di Margherita Trivulzio. Suo padre morì quando egli aveva appena otto anni ed a lungo risentì l'influenza del cugino cardinaleCarlo Borromeo (1538–1584) il quale fu sua guida spirituale e lo instradò alla carriera ecclesiastica. Federico era inoltre cugino del cardinaleGuido Luca Ferrero (1565) ed era imparentato conpapa Sisto V (r. 1585–1590) e con i cardinaliAlessandro Farnese il Giovane (1534) eMark Sittich von Hohenems (1561).
Fu anche prozio del cardinaleFederico Borromeo (1617-1673). Altri cardinali appartenenti a questa famiglia furonoGiberto III Borromeo eGiberto Borromeo, oltre aVitaliano Borromeo (1766) e aEdoardo Borromeo (1868).

Federico Borromeo iniziò gli studi aMilano sotto la direzione del cugino Carlo Borromeo, all'epocaarcivescovo della città. Nella primavera del 1579, Carlo lo inviò a proseguire gli studi umanistici all'Università di Bologna. Ivi, Federico coltivò le materie umanistiche con Galeazzo Capra e Bruto Guarini da Fano e frequentò le pubbliche lezioni difilosofia logica edialettica di Federico Pendasio e Flaminio Papazzoni. Durante il periodo bolognese considerò l'ipotesi di aderire allaCompagnia di Gesù ma il cugino Carlo lo dissuase da tale intento e lo indirizzò invece verso ilclero diocesano, tant'è che subito dopo il suo ritorno da Bologna lo vestì dell'abito clericale.[2]
Federico fu quindi inviato all'Università degli Studi di Pavia presso l'Almo Collegio che il cugino vi aveva fondato nel 1561 per compiervi gli studi teologici. Vi soggiornò per circa cinque anni, dall'ottobre 1580 sino al conseguimento della laurea inteologia nel maggio 1585. A Pavia fondò nel 1582 l'Accademia degli Accurati, della quale fu fatto principe.[3]
Nel settembre del 1586, Federico lasciò Pavia e si trasferì aRoma, dove entrò in contatto conFilippo Neri e con il cardinaleCesare Baronio. Nell'Urbe proseguì glistudi classici, interessandosi molto alleantichità romane ed entrando in contatto con numerosi eruditi, comeAlfonso Chacón,Cesare Baronio eFulvio Orsini.[2]
Creato cardinale da Sisto V il 18 dicembre1587, a soli 23 anni, ottenne la porpora cardinalizia con il titolo diaconale diSanta Maria in Domnica (15 gennaio1588), optando in seguito per la sede deiSanti Cosma e Damiano (9 gennaio 1589) e poi per quella diSant'Agata in Suburra (20 marzo 1589). Partecipò al primo conclave nel1590, dove fu eletto ponteficeUrbano VII (r. 1590). Quindi prese parte al secondo conclave del1590 che elesseGregorio XIV (r. 1590–1591). Optò quindi per la sede diaconale diSan Nicola in Carcere dal 14 gennaio1591, partecipando quell'anno al conclave che elesseInnocenzo IX (r. 1591) e l'anno successivo a quello che elesseClemente VIII (r. 1592–1605).
Divenuto membro della commissione per la revisione dellaVulgata e per la preparazione della «Editio Romana» degli atti deiconcili ecumenici, decise solo nel1593 di prendere gli ordini sacri, venendo consacrato il 17 settembre di quello stesso anno. Poco dopo, in corrispondenza con la sua carriera cardinalizia, gli venne affidato iltitolo di Santa Maria degli Angeli (25 ottobre1593). La sua ordinazione ufficiale avvenne però il 7 dicembre1593 ad opera del cardinale Alessandro de' Medici, il futuropapa Leone XI (r. 1605), nella sua cappella privata.
Dopo la morte dell'arcivescovo di MilanoGaspare Visconti (c. 1584–1595), egli accettò la nomina alla sede meneghina, suggeritagli da Clemente VIII per intercessione di Filippo Neri. Nominato quindi arcivescovo di Milano il 24 aprile1595 a 31 anni, seguì l'esempio del predecessore e cugino Carlo nel disciplinare il clero, fondando chiese e collegi a proprie spese, applicando i canoni delconcilio di Trento. Divenne anchecommendatario dell'Abbazia di Santa Maria di Casanova, una delle più importanti delcentro Italia.

Fin dal suo rientro nella città lombarda, Borromeo inviò emissari a raccogliere manoscritti e stampati in ogni parte d'Europa. «Dal febbraio al giugno 1607 fu Grazio Maria Grazi a recarsi inPuglia e inCalabria, e quindi aNapoli, aRoma, aSiena (e forse anche aVenezia); dal marzo all'estate fu invece il prefetto Antonio Olgiati a compiere una lunga peregrinazione, puntando anzitutto a est, sino aTrieste, risalendo poi aInnsbruck e da lì passando inGermania, inBelgio e inFrancia: lungo il viaggio, certamente durante il passaggio in Francia, era stato coadiuvato dal libraio ed editore milanese Pietro Martire Locarnilo; nel novembre dello stesso 1607, infine, fu il dottore Antonio Salmazia a raggiungereCorfù e a fermarsi nell'isola undici mesi, raccogliendovi molti manoscritti greci fatti venire anche dalla terraferma: nelle prime settimane in Corfù aveva condiviso la missione con Domenico Gerosolimitano, un ebreo convertito che nei mesi precedenti aveva per altro fatto acquisti di volumi aMantova e a Venezia, poi ancora a Mantova, aFerrara e aBologna. Lo stesso Olgiati, del resto, si sarebbe di nuovo messo in viaggio nell'autunno del 1609, prendendo anch'egli la via per Venezia.»[4]
L'8 dicembre 1609, infine, laBiblioteca Ambrosiana fu inaugurata e nel1618 Borromeo la corredò di una raccolta di statue e di quadri, la cosiddettaQuadreria Ambrosiana che in seguito diventerà laPinacoteca Ambrosiana. L'intento della Quadreria era quello di creare una struttura di supporto alla nascenteAccademia Ambrosiana, aperta dal Borromeo nel1621 conGiovanni Battista Crespi detto il Cerano come primo presidente.

Tra le molte, Federico Borromeo si fece in Milanotedoforo di un'altra tradizione molto cara al cugino Carlo, lacaccia alle streghe. Si cominciò nel 1599 con il rogo di Marta de Lomazzi e, cosa ancor più importante, con la raccolta di fondi per la creazione di una prigione meneghina per streghe e stregoni.[5] Nel 1603, si bruciarono inPiazza Vetra le streghe Isabella Arienti e Gabbana la Montina.[6] Nel 1617 si celebrò invece il processo per stregoneria controCaterina Medici da Broni, «abbruggiata»[7] per aver servito al suo padrone, il senatoreLuigi Melzi (1554–1629), dei decotti.[8] Nel 1620 toccò a Maria de' Restelli ed Angela Dell'Acqua.[9] Il devastante impatto socio-culturale, in Milano, dellaPeste del 1630, esacerbò, da questo punto di vista, il rigore della locale caccia alle streghe che prese ad includere anche gli "untori", cioè quelle persone che, nelle parole stesse del Borromeo, secondo «il volgo [...] mescolassero agli unguenti anche accordi pattuiti col demonio e che gli stessi unguenti risultassero composti di veleni, oltre al veleno vero e proprio della peste».[10] La caccia agli untori, ormai assimilati dai meneghini con streghe e stregoni, fu supportata sia fattivamente[11] sia intellettualmente dall'inquisitoreFrancesco Maria Guaccio (ca 1570–1640), il cuiCompendium maleficarum alimentò la psicosi del contagio e fu «strumento non secondario» nell'offensiva processuale contro i presunti untori.[12][13][14]
Cosa eccezionale per l'Italia, Federico Borromeo si fece anche promotore, tra il 1598 e il 1600, di una raccolta fondi presso ilBanco di Sant'Ambrogio per trasformare la vecchiaTorre dell'Imperatore in Milano in una vera e propriaTorre delle streghe di tipo mitteleuropeo,[5] una tipologia di struttura detentiva riservata specificatamente ad eretici e streghe che, pur nel generale isterismo della caccia alle streghe europea, non prese mai piede nellaPenisola.

Fece erigere ilColosso di San Carlo Borromeo adArona ed abbellì inoltre ilDuomo di Milano con dipinti e sculture. AGropello Cairoli, ampliò l'ospedale e iniziò la splendida villa degli arcivescovi. Spinse alla vita ecclesiastica il cugino e successoreCesare Monti. Diede esempio di grandecarità durante lacarestia del1628 e la summenzionata, devastante Peste del 1630, cui comunque sopravvisse.
Morì aMilano il 21 settembre1631 e la sua salma venneesposta in Duomo e qui sepolta di fronte all'altare della Madonna dell'Albero[15].

La produzione letteraria di Federigo Borromeo fu in effetti abbondante, con più di un centinaio di libri, sia a stampa che manoscritti, oltre a svariate centinaia di lettere; gran parte di tale produzione è conservata allaBiblioteca Ambrosiana.Federigo stesso censì i propri scritti nei suoiMeditamenta litteraria i quali - assieme alDe suis studiis dove ripercorre la sua formazione culturale - costituiscono una sorta di autobiografia dell'uomo di lettere.
NelPhilagios sive de amore virtutis libri duodecim raccoglie numerose biografie di religiose. Tra le figure menzionate manca quella di Marianna De Leyva, suor Virginia Maria, ovvero lamonaca di Monza. Il cardinale ordinò un processo canonico nei confronti di Suor Virginia, condannandola a essere "murata viva" al Ritiro di Santa Valeria, dove trascorse 21 anni imprigionata in una stanzetta. Alla sua morte Federigo lasciò tuttavia alcune annotazioni sulla vicenda, attestanti la sua volontà di inserirla in una futura edizione delPhilagios.
Altre sue opere notevoli furono ilDe fugienda ostentatione, ilDe delectu ingeniorum, ilDe non vulgari existimatione et fama, ilDe gratia principum, ilCypria sacra sive de honestate et decoro ecclesiasticis moris ed ilDe sacris nostrorum temporum orationibus. Il suo scritto più noto è forse ilDe pestilentia quæ Mediolani anno 1630 magnam stragem edidit, dove narra della gravissima pestilenza che colpì Milano nel1630, alternando l'analisi delle cause a numerosi aneddoti dei più diversi tenori che rendono il testo tra i più coinvolgenti documenti di storia Milanese dell'epoca.
Federigo non ebbe modo di portare a termine un'edizione definitiva dell'opera, morendo l'anno seguente. Nonostante l'abbondanza della produzione, gli scritti di Federigo non hanno mai avuto grande fortuna se non per l'interesse storico che rivestono. Osserva ilManzoni:
(A. Manzoni, I promessi sposi,cap. XXII)

(Alessandro Manzoni neI promessi sposi)
Federico Borromeo ricopre nelromanzoI promessi sposi diAlessandro Manzoni il doppio ruolo di personaggio e di fonte. Nel romanzo, Manzoni esalta la nobile figura del prelato, contraddistinguendolo per la grande conoscenza teologica, l'indole di profondo scrutatore dell'animo umano e di pastore zelante e comprensivo che aveva quale scopo di vita l'insegnamento della dottrina ai poveri e la cura dei sofferenti. Questo vivido ritratto biografico occupa quasi interamente ilcapitolo XXII.
Nel romanzo, Borromeo svolge il ruolo di auditore dei protagonisti, simboleggiando un Cristianesimo puro e ispirato. Egli è dipinto come un vero santo, pio, umile, caritatevole, altruista, disponibile e pacato. IlManzoni poi, nei capitoli dedicati alla Peste del 1630, utilizzò quale fonte anche lo stessoDe pestilentia di Federigo, oltre ad altri scritti ed all'opera delRipamonti che fornirono spunti certamente più copiosi.
Tra i numerosi aneddoti delDe pestilentia, spicca un episodio dal quale l'autore deI promessi sposi trasse ispirazione per il commovente passo di Cecilia, nelcapitolo XXXIV:
(De pestilentia, cap. VIII)

Nel ritratto manzoniano del cardinale è presente una temperata e solenne purità evangelica. Egli ha una singolare capacità di comprendere ogni passione ed ogni condizione degli uomini. Tutta la grandezza artistica di questo personaggio sta nella penetrazione psicologica e nella potenza di dominio e di conforto che gli sono state conferite dalla trascuranza del fasto, dalla «gioia continua di una speranza ineffabile», dalla «abitudine dei pensieri solenni e benevoli». In lui l'altezza della mente è pari alla nobiltà del cuore. Federigo è il personaggio deI promessi sposi in cui meglio si vede la serenità imperturbabile a cui conduce l'attuazione costante della concezione evangelica della vita. La sua eloquenza è fatta sapiente da una grande pazienza meditativa e la potenza della parola evangelica del cardinale, nel colloquio condon Abbondio, fa dell'anima del curato uno spettacolo religioso.[17]
La lunga digressione sulla vita ed il carattere del cardinale (capitoli XXII- XXIII) hanno i tratti dell'agiografia. L'autore scrive (cap. XXII): «Ci siamo abbattuti in un personaggio, il nome e la memoria del quale, affacciandosi, in qualunque tempo, alla mente, la ricreano con una placida commozione di riverenza.» Lo stile si fa raffinato ed alto, il lessico tende alsublime, allo scopo di evidenziare il carattere eccezionale del protagonista (inizi del capitolo XXIII): «il portamento era naturalmente composto, e quasi involontariamente maestoso [...]; l'abitudine de' pensieri solenni e benevoli, la pace interna di una lunga vita, l'amore degli uomini, la gioia continua di una speranza ineffabile [...]». È anche da notare che proprio nelSeicento, secolo in cui è ambientato il romanzo, il genere agiografico conobbe una particolare fortuna ad opera di alcuni gesuiti che pubblicarono gliActa Sanctorum, collezione di vite di santi.[18]
L'attività caritatevole e catechistica del cardinale dimostra che ilcattolicesimo di Manzoni si presenta innanzitutto come messaggio e presenza sociali di unaChiesa impegnata a testimoniare la propria missione e a predicare lafede con l'intervento diretto in difesa degli oppressi. Lo si vede anche durante la carestia, nella quotidiana attività dei fraticappuccini nellazzaretto durante la peste. Il personaggio cardinale ci ricorda che la concezione cristiana del potere è da intendere solo come servizio verso il prossimo.
| Genitori | Nonni | Bisnonni | Trisnonni | ||||||||||
| Giberto Borromeo | Giovanni Borromeo | ||||||||||||
| Maria Cleofe Pio | |||||||||||||
| Federico Borromeo | |||||||||||||
| Margherita di Brandeburgo-Ansbach | Fritz di Brandeburgo-Ansbach | ||||||||||||
| … | |||||||||||||
| Giulio Cesare Borromeo | |||||||||||||
| Galeazzo Visconti di Somma | Guido Visconti | ||||||||||||
| Leta Manfredi | |||||||||||||
| Veronica Visconti di Somma | |||||||||||||
| Antonia Mauruzzi | Niccolò Mauruzzi | ||||||||||||
| Lucia Castiglioni | |||||||||||||
| Federico Borromeo | |||||||||||||
| Francesco Trivulzio | Ranieri Renato Trivulzio | ||||||||||||
| Luchina Visconti | |||||||||||||
| Renato Trivulzio | |||||||||||||
| Margherita Grassi | Tommaso Grassi | ||||||||||||
| Elena de Rixis | |||||||||||||
| Margherita Trivulzio | |||||||||||||
| Lancillotto Borromeo | Giovanni Borromeo | ||||||||||||
| Maria Cleofe Pio | |||||||||||||
| Isabella Borromeo | |||||||||||||
| Lucia Adorno | Agostino Adorno | ||||||||||||
| Francesca Maddalena Lascaris | |||||||||||||
Altri progetti
| Predecessore | Cardinale diacono di Santa Maria in Domnica | Successore | |
|---|---|---|---|
| Carlo II di Lorena-Vaudémont | 15 gennaio1588 - 9 gennaio1589 | Francesco Maria Bourbon del Monte Santa Maria |
| Predecessore | Cardinale diacono dei Santi Cosma e Damiano | Successore | |
|---|---|---|---|
| Girolamo Simoncelli | 9 gennaio - 20 marzo1589 | Guido Pepoli |
| Predecessore | Cardinale diacono di Sant'Agata alla Suburra | Successore | |
|---|---|---|---|
| Benedetto Giustiniani | 20 marzo1589 - 14 gennaio1591 | Carlo III di Lorena-Vaudémont |
| Predecessore | Cardinale diacono di San Nicola in Carcere | Successore | |
|---|---|---|---|
| Ascanio Colonna | 14 gennaio1591 - 17 settembre1593 | Pietro Aldobrandini |
| Predecessore | Cardinale presbitero di Santa Maria degli Angeli | Successore | |
|---|---|---|---|
| Simeone Tagliavia d'Aragona | 17 settembre1593 - 21 settembre1631 | Ernest Adalbert von Harrach |
| Predecessore | Arcivescovo metropolita di Milano | Successore | |
|---|---|---|---|
| Gaspare Visconti | 24 aprile1595 - 21 settembre1631 | Cesare Monti |
| Predecessore | Marchese sovrano di Angera | Successore |
|---|---|---|
| (nuovo ttiolo) | 1623-1631 | Giulio Cesare II Borromeo |