Lafamiglia di Corleone, chiamata anchefamiglia Leggio,[1] è unafamiglia mafiosa originata nella città diCorleone, inSicilia.Fu leader dellafazione all'interno di Cosa nostra capeggiata daTotò Riina e, per oltre un decennio, fu la più potente famiglia mafiosa in Italia e nel mondo.
Nata come un gruppo digabellotti eladri di bestiame al servizio dei signorotti locali, la famiglia di Corleone divenne molto potente già negli anni '50, crescendo fino a soppiantare le famiglie palermitane negli anni '80, quando uscì vincitrice dallaseconda guerra di mafia (1981-1982).Lo status di supremazia dentroCosa nostra durò per 10 anni, quando il regime sanguinario e anti-statale diSalvatore "Totò u Curtu" Riina portò nei primi anni '90 ad una dura repressione che portò lacosca alla disfatta, con molti membri in prigione al41 bis.
Oggi la famiglia conta circa 70 "uomini d'onore"[2], di cui molti in prigione, ed è a capo delmandamento di Corleone, che comprende diversi comuni dell'area metropolitana di Palermo[3][4].

La famiglia ha origini all'inizio del '900, quando fu probabilmente fondata daAngelo Gagliano, parente diTommaso Gagliano (che diventerà il boss dell'odiernafamiglia Lucchese diNew York), il quale fu accusato per il tentatoomicidio nel 1910 e dell'uccisione avvenuta nel 1915, diBernardino Verro, sindacalista leader deiFasci Siciliani e sindaco di Corleone, dalla cui imputazione venneprosciolto nel 1928.[5] Lo stesso Verro, per dare forza agli scioperi e per proteggere se stesso, divenne un membro della cosca di Corleone, chiamata dai suoi stessi membri iFratuzzi (iPiccoli Fratelli). In un libro di memorie scritto molti anni più tardi, il sindacalista descrisse il rituale di iniziazione a cui fu sottoposto nella primavera del1893 (che somigliava molto alla "punciuta" descritta tanti anni dopo dai "pentiti" di mafia)[6]:
Gagliano rimase al potere fino al1930, quando fu assassinato.A succedergli fuCalogero Lo Bue, padrino vecchio stampo che si dedicò principalmente ad attività qualicontrabbando,estorsione ericettazione. La sua leadership dovette anche affrontare larepressione fascista, che stava indebolendo le cosche del palermitano, anche se la famiglia di Corleone non fu particolarmente colpita.Nel 1945, terminata la guerra,Angelo Di Carlo, nipote di Gagliano, ritornò dagliStati Uniti dopo aver prestato servizio neiMarines, depose pacificamente Lo Bue, ritenuto "non adatto ai tempi", che si ritirò a vita privata. Di Carlo avrebbe mantenuto una forte influenza nella famiglia anche negli anni successivi, venendo anche considerato come il "capo anteriore".
Di Carlo pose alla guida della famiglia il cuginoMichele Navarra, rispettato dottore locale e "uomo d'onore".[1] Navarra e Di Carlo ebbero anche una breve disputa conVincenzo Collura noto comeMr. Vincent, ritornato anche lui dagli States, su chi avrebbe dovuto comandare la famiglia, ma Collura rinunciò in cambio della posizione diviceboss.
Dopo aver ottenuto il comando dellacosca diCorleone, Navarra fece assassinare Liborio Ansalone, comandante deivigili urbani locali che nel1926 aveva collaborato con gli uomini del prefettoCesare Mori per fare arrestare numerosimafiosi aCorleone.[7]Navarra iniziò un regime di supremazia locale, prima prendendo il controllo dell'ospedale di Corleone, uccidendone il primario, probabilmente nel 1946, che all'epoca era Carmelo Nicolosi.[8] In seguito Navarra iniziò a supportare già nel 1946 ilMovimento Indipendentista Siciliano, per poi schierarsi con laDemocrazia Cristiana nel 1948 e i suoi leader localiCalogero Volpe,Salvatore Aldisio eBernardo Mattarella[9], facendovi confluire voti anche tramite il controllo delle imprese pubbliche, come l'Azienda Siciliana Trasporti[10], usata anche per altri fini illeciti.
Navarra iniziò anche un conflitto con gli esponenti delsindacalismo locale, comePlacido Rizzotto, segretario della Camera del Lavoro di Corleone e leadersocialista assassinato nel 1948. L'omicidio era dovuto anche al fatto che Rizzotto aveva osato appendere il suo pupilloLuciano Leggio all'inferriata della villa comunale.[11]
Col tempo sarà proprio Leggio a diventare un problema per Navarra, poiché mentre questi desiderava mantenere la mafia un fenomeno rurale, Leggio voleva espanderla a fenomeno metropolitano, con agganci con i grandi politici nazionali, imprenditori e funzionari. In particolare, Navarra non tollerava le idee politiche di Leggio (che supportava ilPLI locale), compromettendo i suoi rapporti con la DC, e il suo atteggiamento favorevole alla costruzione di una diga (per cui avrebbe preso l'appalto) che gli avrebbe fatto perdere il controllo dei pozzi.[12]Nel 1958 Navarra organizzò quindi l'eliminazione di Leggio, che però fu solo ferito da un commando. Saputo del fallimento, Navarra non fece in tempo a ritentare l'omicidio.[13]Il 2 agosto 1958, Navarra ed il suo giovane collega Giovanni Russo furono crivellati dai colpi di unmitra Thompson, mentre erano a bordo di unaFiat 1100.

Dopo la morte di Navarra, dentro la cosca di Corleone, Leggio iniziò ad avviare un'epurazione intestina. Il 6 settembre 1958 i killer di Leggio uccisero i 3capidecina della famiglia, ossia Marco e Giovanni Marino e Pietro Maiuri, rei di essere stati troppo vicini a Navarra.Nei mesi successivi ci furono diversi omicidi e casi dilupara bianca perpetrati da Leggio,[14] che voleva "ripulire" la famiglia dalla vecchia guardia: uno dei pochi superstiti fu Angelo Di Carlo, che mantenne probabilmente il ruolo diconsigliere della cosca.Contemporaneamente alle esecuzioni, la famiglia di Corleone mise i piedi anche aPalermo, poiché Leggio aveva acquistato un'officina meccanica e un garage, dove veniva macellata illegalmente la carne che veniva poi rivenduta evadendo ilfisco. Inoltre Leggio strinse alleanza con le famiglie dei mafiosiAngelo La Barbera,Rosario Mancino,Vincenzo Rimi eSalvatore "Ciaschiteddu" Greco, con cui i rapporti si sarebbero compromessi già nei primi anni '60.[15]
Sotto la guida di Leggio, la cosca visse i suoi anni d'oro, grazie anche ai lucrosiappalti truccati ed ai racket metropolitani su cui la cosca stava mettendo le mani.Tuttavia, laguerra di mafia del 1963, in cui morirono anche dei poliziotti, scatenò un giro di vite su Cosa nostra che portò all'arresto di Leggio il 14 maggio1964, che venne processato per gli omicidi avvenuti a Corleone 6 anni prima.[16] Durante l'arresto, le forze dell'ordine trovarono uncatetere, che portò all'ammissione da parte di Leggio di soffrire delmorbo di Pott.[17]Leggio fu però assolto durante il processo diBari nel 1968, che vide invece la condanna dell'alleatoAngelo La Barbera.
Nel 1970, la leadership di Leggio a Corleone divenne sempre più traballante, essendosi trasferito aMilano[18] e venendo spesso rappresentato allaCommissione provinciale daSalvatore Riina, suo braccio destro.A Milano, Leggio divenne coinvolto neisequestri di persona, oltre che in estorsioni e strozzinaggio. Qui si legò anche a figure della'Ndrangheta calabrese, comeDomenico "Mico" Tripodo ed al suo vicePaolo De Stefano.[19][20][21] Un altro socio "milanese" di Leggio eraLorenzo Nuvoletta,[22][23] che era a capo diuna famiglia mafiosa operante nel napoletano, come clancamorristico, ma che era anche una costola locale diCosa nostra, essendo Lorenzo ed i suoi fratelli "punciuti", ossia membri ufficiali della mafia siciliana.
Nel 1975, Leggio fu definitivamente condannato dal giudiceCesare Terranova all'ergastolo per l'omicidio di Michele Navarra, venendo incarcerato nel carcere diNuoro. Leggio fu rimpiazzato daTotò Riina, che iniziò un regime sanguinario assieme aBernardo Provenzano che terminò con le repressioni statali negli anni '90.

Già in precedenza feroce sicario di Leggio, Riina divenne il suo successore quando Leggio fu confinato all'ergastolo inSardegna. Anche se per un periodo Riina operò come reggente della cosca, questi era troppo ambizioso per restare sotto gli ordini di Leggio, da cui si staccò sempre di più.Sotto Riina, se da un lato la famiglia di Corleone crebbe il proprio potere, venendo coinvolta nelnarcotraffico internazionale e nell'estorsione ai grandi gruppi imprenditoriali, dall'altro iniziò la sua disfatta, poiché l'atteggiamento anti-statale e violento di Riina attirò le attenzioni dei media e delle autorità, che colpirono duramente la cosca e l'intera Cosa nostra.Spalleggiato dall'amico econsigliereBernardo Provenzano, feroce quanto lui nelle esecuzioni, iniziò a pianificare la lenta ma decisa distruzione della "vecchia guardia" di Cosa nostra:Giuseppe Di Cristina daRiesi,Giuseppe Calderone daCatania,Gaetano Badalamenti daCinisi,Stefano Bontate daVillagrazia eSalvatore Inzerillo daPasso di Rigano, insieme a tutti i loro alleati.
Riina ereditò i contatti con gli altri siciliani comeMichele Greco,Benedetto Santapaola,Francesco Messina Denaro eCarmelo Colletti (con cui complottò le eliminazioni dei Badalamenti-Bontate-Inzerillo, formando la fazione dei Corleonesi) e si avvicinò inoltre ad altre fazioni fuori dalla Sicilia: iTripodo diReggio Calabria ed iNuvoletta diMarano.[24]
Il primo a cadere sotto i sicari di Riina fuGiuseppe Di Cristina, capofamiglia diRiesi, che nel 1978 fu ucciso aPalermo per aver informato iCarabinieri dei movimenti, della composizione e dell'organizzazione dei Corleonesi. Nel settembre successivo fu ammazzato dai sicari di Santapaola, su volere di Riina, il capomafia cataneseGiuseppe Calderone, che era anche il segretario della Commissione.[20] Nel 1981 si giunge ad un susseguirsi di omicidi, noti come "Seconda guerra di mafia", tra i Corleonesi e gli uomini dei Bontate-Inzerillo.Stefano Bontate (ucciso il giorno del suo 42º compleanno) e l'amicoSalvatore Inzerillo vengono eliminati a 18 giorni di distanza l'uno dall'altro. Dopo i due omicidi (Bontate e Inzerillo), avvengono altri omicidi dei loro parenti stretti. GliInzerillo vengono eliminati uno ad uno ed i pochi sopravvissuti lasciano laSicilia per fuggire aNew York sotto la protezione dei parentiGambino. Riina decise inoltre di uccidere i parenti diTommaso Buscetta diPorta Nuova perché era legato ai Badalamenti-Inzerillo. Buscetta, che anni prima aveva già intuito le intenzioni di Riina e aveva provato a mettere in guardia gli altri boss, fuggì inBrasile dove venne arrestato nel 1984 e, come ritorsione verso Riina e i Corleonesi, divenne uncollaboratore di giustizia. Le sue dichiarazioni aGiovanni Falcone portarono all'istituzione del cosiddettomaxiprocesso, durato dal 1986 al 1987, che emise condanne a mafiosi di spicco alleati di Riina e Provenzano comeMichele Greco,[25]Giuseppe Calò,Benedetto Santapaola,Francesco Madonia,Bernardo Brusca e numerosi altri tra i qualiGaetano Badalamenti, così come i mafiosi americani coinvolti nellaPizza Connection, la rete di narcotraffico messa in piedi dalla mafia americana e quella siciliana tramite pizzerie in tutto ilNord America.[2]
Vedendo indebolita la sua posizione, Riina perseguì nella suastrategia stragista con l'intenzione di porre fine all'apparato statale italiano inSicilia, perpetrato con gli omicidi di uomini comePiersanti Mattarella,Carlo Alberto dalla Chiesa,Pio La Torre, i poliziotti giudiziariBeppe Montana eNinni Cassarà. L'operato dei giudici continuò però fermamente con ancora più dure repressioni che portarono alla legge sulla confisca dei beni dei mafiosi, al carcere duro (il noto41 bis) e all'invio di truppe militari in Sicilia. Riina dovette affrontare inoltre alcuni malumori interni alla famiglia di Corleone, in particolare quello di Bernardo Provenzano, il quale si contrariò con Riina per quegli omicidi eccellenti che attiravano l'attenzione contro Cosa nostra e che preferisce far ritornare Cosa nostra ad essere la società segreta di prima. Questa intenzione di Provenzano trovò d'accordo diversi capimafia.[26] L'apice della ferocia di Riina venne raggiunto con lebombe del 1992-1993, in cui morirono, tra gli altri, i magistratiGiovanni Falcone ePaolo Borsellino e venne danneggiato il patrimonio pubblico artistico.

Il 15 gennaio 1993 Riina fu arrestato e condannato a 23 ergastoli e contestualmente Provenzano assunse il comando della famiglia e si diede alla macchia rendendosi irreperibile anche per far tornare ad essere Cosa nostra meno alla ribalta. A reggere la cosca per un breve periodo vi fu anche il cognato di Riina,Leoluca Bagarella, che venne però arrestato due anni dopo, il 24 giugno 1995. Bernardo Provenzano guidò la famiglia fino all'11 aprile del 2006, giorno del suo arresto avvenuto dopo una latitanza record di ben 43 anni. Provenzano verrà ricordato come l'ultimo boss della famiglia poiché verso metà degli anni '90 il clan dei Corleonesi si era avviato via via ad un forte declino dato, in particolare, dall'arresto di Riina, che dopo essere subentrato aMichele Greco alla guida della Commissione lasciò vacante questa carica. La Commissione non ebbe più un segretario, ma solo dei capi informali, tra cuiMatteo Messina Denaro.[2]
Dopo l'azzeramento dei membri di spicco nel 1993, che aveva portato anche alla scomparsa dei "Corleonesi", e l'arresto di Provenzano nel 2006, la cosca di Corleone perse i suoi poteri e terminò quasi completamente le sue attività e i suoi traffici. Dopo l'arresto di Riina la famiglia di Corleone perse influenza a Palermo, mantenendo il controllo solo dell'area meridionale dellaProvincia. Ad oggi si stima abbia circa 70 "uomini d'onore"[2], molti dei quali in prigione e anziani. L'ultimo capofamiglia di cui si hanno informazioni sarebbe stato Rosario Lo Bue, almeno fino al suo arresto avvenuto nel 2015.
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