| Sant'Eustochia Smeralda Calafato | |
|---|---|
Clarissa, Fondatrice delMonastero di Montevergine di Messina | |
| Nascita | Messina, 25 marzo1434 |
| Morte | Messina, 20 gennaio1485 (50 anni) |
| Venerata da | Chiesa cattolica |
| Beatificazione | 22 agosto1782 dapapa Pio VI |
| Canonizzazione | Messina, 11 giugno1988 dapapa Giovanni Paolo II |
| Santuario principale | Monastero di Montevergine,Messina |
| Ricorrenza | 20 gennaio |
| Manuale | |
Eustochia Smeralda Calafato (Messina,25 marzo1434 –Messina,20 gennaio1485) è stata unamonaca cristiana ebadessaitaliana dell'ordine delleclarisse, fondatrice del monastero messinese diMontevergine.
Fubeatificata dapapa Pio VI nel1782 e proclamatasanta nel1988 dapapa Giovanni Paolo II.
Della vita di Santa Eustochia Smeralda si apprende molto da uno scritto biografico redatto da una sua consorella, suor Iacopa Pollicino, che rimase a lei sempre legata durante la sua vita. L'opera fu realizzata due anni dopo la salita in cielo della santa e ripubblicata negli anni quaranta delXX secolo
Smeralda, al secolo Smeralda Calafato, fu la quarta di sei figli. Suo padre era Bernardo Calafato, un ricco mercante messinese[1]. Il vero nome del padre pare fosse Bernardo Cofino che era nominato Calafato perché eracalafatore cioè un catramatore di barche mentre la madre, Mascalda Romano Colonna, era una donna di fede che trasmise alla figlia già in tenera età.
Nell'anno in cui Smeralda venne alla luce, la città di Messina fu colpita da un'epidemia dipeste. I suoi genitori, per sfuggire alla pestilenza, decisero di recarsi fuori dalla città, presso il vicinoVillaggio della SS. Annunziata oggi rione della città, e lì, presso una mangiatoia, Mascalda la diede alla luce il 25 marzo 1434,giovedì santo e giorno dell'Annunciazione.
Si tramanda che sin da piccola la sua bellezza non passasse inosservata. Sua madre la indirizzò verso la pratica religiosa verso cui Smeralda si sentiva molto attratta ma il padre e i fratelli volevano che si sposasse. E così all'età di 11 anni la fecero fidanzare con Nicolò Perrone (o “de Perrono”), un mercante di 35 anni il quale, però, morì nel 1446 alla vigilia delle nozze. Due anni dopo, nel 1448, fu promessa sposa ad un altro giovane, ma anche lui morì e prima ancora di conoscerla. Vincendo così le resistenze della famiglia, il padre le promise di farle costruire un convento al proprio ritorno da un viaggio in Sardegna. Bernardo venne a mancare appena arrivato a destinazione e la fanciulla dovette superare nuovamente le resistenze dei fratelli sino all'entrata in monastero nel 1449.[1]
Questi avvenimenti pur traumatici per Smeralda erano preludio che la sua vita e il suo cuore fossero destinati a mete celesti: all'età di 14 anni ebbe la chiamata del Signore. Come si apprende dagli scritti di Suor Iacopa, un giorno si trovava a passeggiare presso il suo luogo natale ed entrò in una piccola chiesa che era l'eremo di San Nicola. Lì dentro ebbe una visione di un'atmosfera caliginosa e vide i santi improvvisamente muoversi luminosi rispetto a gli altri oggetti e a tutto il resto che rimaneva in una coltre di buio. Colpita da tale esperienza, sentì di abbandonarsi incondizionatamente al Signore e di rinunciare a qualsiasi forma di ricchezza, iniziando a manifestare un disprezzamento per le cose terrene.
A 15 anni decise di prendere i voti contro il parere dei familiari e pare che i suoi fratelli minacciassero pure di bruciare il monastero;[2] I conflitti familiari la portarono pure a tentare di fuggire, inutilmente, dalla casa paterna. Dopo la morte del padre, nulla distolse la giovane Smeralda dal proposito, che finalmente poté appagare, di entrare nelmonastero di Basicò ove rimase per oltre dieci anni, con il nome di suor Eustochia.Amante della povertà, come cella preferì un sottoscala; viveva in penitenza dormendo sulla nuda terra e portando ilcilicio.[2] Si adoperava con entusiasmo, dedizione e forte vocazione, facendo lavori umili, vivendo nella preghiera, con mortificazioni e assistendo le inferme ma al contempo colse e ritenne che non si osservasse alla lettera la regola delle clarisse e a questo proposito ebbe molte discussioni con le consorelle e con labadessa. Accadeva che, per venire incontro alle esigenze delle ragazze di buona famiglia che non intendevano rinunciare alle loro comodità, venissero date dispense e favoritismi, perdendo di vista lo spirito di povertà che avrebbe dovuto animarle.[2] Il monastero di Basicò all'epoca era uno dei più importanti della Sicilia, asilo delle nobili fanciulle e quindi oggetto dei privilegi del re.Eustochia iniziò quindi a ricercare altrove ciò che mancava a Basicò, progettò una riforma e chiese alPapa Callisto III il permesso di fondare un nuovo monastero adattando un edificio preesistente.[3] Così con un decreto, dopo altre difficoltà, con due bolle rispettivamente del 1457 e del 15 aprile 1458, ottenne l'autorizzazione.[1]Alla fine del 1460 Eustochia si trasferì, assieme alla madre, la sorella Mita, la nipote Paola, suor Lisa Rizzo e suor Iacopa Pollicino, che avevano anch'esse abbandonato S. Maria di Basicò, nell'ex ospedale dell'Accomandata,[4] precedentemente acquistato grazie agli aiuti finanziari della madre e delle due suore che con lei si erano lì trasferite. All'inizio Eustochia ebbe, comunque, l'ostilità della badessa e dell'intero clero e solo una bolla diPio II (1461) riuscì ad obbligare ifrati minori osservanti a seguire la vita spirituale delle religiose del monastero.[1]
Eustochia riuscì ad avere una copia del manoscritto redatto di pugno proprio daSanta Chiara d'Assisi dell'omonima regola, alla quale si riformò per la direzione della comunità. Lo scritto successivamente andò disperso per diversi decenni per poi essere miracolosamente ritrovato nel 1681 sulla spalla sinistra del suocorpo incorrotto, dopo quasi due secoli dalla sua morte. Del ritrovamento ne volle assistere una consorella inferma costretta all'immobilità e quando fu accompagnata, dopo aver pregato, ella guarì riuscendo a stare in piedi e a camminare.
Anche a seguito del crollo di alcune parti dell'edificio e al numero crescente delle consorelle, i locali dell'Accomandata divennero insufficienti, costringendo la comunità legata ad Eustochia ad un nuovo trasferimento, avvenuto tra il maggio e l’agosto 1464, in una casa offerta con generosità da Bartolomeo Ansalone, edificio il quale, assieme ad abitazioni adiacenti acquistate appositamente, formerà il nuovo complesso denominatoMonte delle Vergini e, propriamente in onore della Madonna,Monte della Vergine, dove presero dimora le Clarisse Riformate.[2][3] In questo nuovo complesso, Eustochia iniziò ad essere la guida spirituale delle sue consorelle che si erano ormai a lei affidate, educandole allo spirito del francescanesimo, spronandole alla passione di Cristo, alla preghiera, basandosi ad esempio sulle sue esperienze ascetiche. Il suo monastero ebbe scambi culturali e spirituali con altre case dell'Osservanza, in una vera e propria rete di monache-umaniste tra le quali spicca ad esempioCamilla da Varano, ossia suorBattista da Camerino. Come Santa Chiara, Eustochia viveva la consacrazione a Dio con estrema povertà, sull'aiuto del prossimo e nella fervente preghiera. Una sua supplica al Crocifisso mostra da quale desiderio di soffrire fosse animata:
Per rafforzare la fede delle religiose e la completa dedizione a Dio, Eustochia scrisse un libro sulla Passione, in seguito andato perduto e successivamente ritrovato. Annotava le grazie ricevute in una sua agenda[1] e leggeva continuamente le Laudi di Iacopone da Todi, cantandole assieme ad inni religiosi alla Madonna e a Cristo. Tra i suoi libri c'era ilMonte de la orazione, un trattato ascetico scritto in toscano e in siciliano, e quelli di teologia.[2]La sua costituzione permetteva di nascondere i disturbi che affliggevano il suo corpo: fu protagonista di diversi eventi prodigiosi durante la vita e dopo il suo trapasso.
Ammalatasi nel 1468, dall'anno dopo fu afflitta da un'altra e più grave infermità che l'afflisse fino al 1481 con violenti mal di testa,[1] al momento della sua morte, avvenuta il 20 gennaio 1485, nel monastero c'erano già 50 consorelle.[2] Queste furono le sue parole a loro rivolte prima di morire:
Dopo la morte, in odore di santità, fu riesumata più volte. Il corpo manifestava una perfetta conservazione e stato esteriore, come se dormisse, emanando un profumo soave. All'inizio si notarono due rivoli di sangue uscire dalle sue narici e avvenne anche che il corpo trasudasse. Le consorelle avvertirono anche dei segnali, come battiti e rumori, interpretandoli come se stesse comunicando la sua volontà da parte di Dio di non voler essere sepolta e da allora si prese la decisione di esporla alla venerazione, come avviene ancora oggi. Anche i rumori, come tocchi di campana, colpi alle porte e finestre e profumi soavi avvengono tutt'ora e sono interpretati come segnali di approvazione o disapprovazione delle decisioni che da allora si prendono nel convento.
Appena dopo il decesso, le consorelle le dedicarono la biografiaLeggenda della Beata Eustochia, utile per tracciare le notizie della sua vita e tramandata in due manoscritti[5] e pubblicata per la prima nel 1903 da G. Macrì, sulla scorta di una copia poi dispersa durante il terremoto del 1908, col titoloLa leggenda della beata Eustochia da Messina (Smeralda Calefati-Colonna) scritta da suor Iacopa Pollicino, sua prima compagna e riproposta nel '42 unendo i due codici.[1]
Già in vita ma soprattutto dopo la morte, ad Eustochia vengono attribuiti diversi miracoli.[1]Poco dopo la morte il corpo della santa si mosse piegando le dita della mano destra in atto di benedire una sua consorella. Da allora le dita sono rimaste in tale posizione.Si tramanda che la santa abbia ricevuto lestimmate, che sia guarita miracolosamente dalla peste del 1478-79 e che guarì dal morbo le sue consorelle.[6]Nel 1615 ci fu una crisi sismica e le consorelle rimisero, su forte richiesta delle Autorità, il corpo nell'oratorio nel suo stallo d'origine, pregando la santa. Ad un certo punto le sue labbra si schiusero intonando il primo verso del salmo dell'ufficio che le sorelle continuarono commosse: da quel momento in poi le scosse di terremoto terminarono.[3]
Nel 1690 l'allora arcivescovo di Messina annotò alla S. Congregazione un esame sul corpo di Eustochia, da lui diligentemente esaminato. Tra i particolari che annotò vi fu quello della mano destra cui due dita erano distese in segno di benedizione, le braccia che si sollevavano e si abbassavano, il naso definito bellissimo, il corpo integro e ricoperto di pelle, pur avendo la carne disseccata al tatto.Il suo corpo ha resistito ai terremotidel 1783,del 1908 ed allaseconda guerra mondiale quando, in particolare, un ordigno colpì il monastero cadendo vicino ai piedi della santa, senza esplodere.
Da un decreto delsenato di Messina del 1777 avviene ogni anno l'offerta di "38 libbre di cera lavorate" e la visita al suo tempio il 22 agosto e il 20 gennaio, tradizione ripresa nel 1957 dopo un'interruzione negli anni 1860-70.
Il suo corpo, ancora incorrotto dopo più di cinque secoli, è conservato in una teca di vetro, in posizione eretta, nel Monastero di Montevergine di Messina.[7]
Eustochia fu beatificata il 22 agosto 1782 da Pio VI che ne approvò il culto "ab immemorabili". Ripresa la causa di canonizzazione nel 1966, il 21 marzo 1985 sono state dichiarate "eroiche" le sue virtù; dopo poco più di due anni (22 giugno 1987) Giovanni Paolo II comunicò la propria decisione di canonizzarla, confermata il 3 dicembre dall'Arcivescovo S. E. Mons. Ignazio Cannavò[8] e ufficializzata da Giovanni Paolo II l'11 giugno 1988, durante una sua visita a Messina nella Chiesa di Montevergine. Il papa la definì laSanta in piedi.[9]
Ora viene ricordata il 20 gennaio:
(Martirologio Romano)
Riguardo laLeggenda sulla vita della Beata, l'opera originale fu scritta per le monache del monastero di S. Lucia in Foligno e composta in più riprese e da più autori tra il 1486 ed il 1491, comprende diverse sezioni suddivise per argomenti: la prima (168 paragrafi) narra in modo dettagliato la vita della beata; la seconda (paragrafi 169-180) contiene un'aggiunta biografica in forma epistolare; la terza (paragrafi 181-187), presente solo nel codice conservato a Perugia, è una lettera che consente alle monache di Foligno di apportare le modifiche necessarie a rendere intellegibile il testo in Umbria. La parte più omogenea fu scritta dalle suore di Montevergine Cecilia Ansalone e Girolama Vaccari mentre le due lettere furono aggiunte in un secondo momento da Iacopa Pollicino.[1][10]
Vi sono le biografie C. LanzaVita della beata Eustochia (Messina, 1505)[11] e l'ampia trattazione di Francesco Maurolico, che ne parlò in diverse opere alcune delle quali incluse in volumi dei secoli successivi,Vita beatae Eustochii abbatissae cenobii Montis Virginum (1543), commissionata nel 1513 dalla badessa del monastero di Montevergine, Antonella Marchese, opera rimasta manoscritta per oltre un secolo ed inserita da O. Gaetani in una sua pubblicazione del 1657.[12]Un riepilogo degli scritti principali su Eustochia fu redatto da Calogero Costanza nel 1983.[13] Partendo dal primo (copia dello scritto di suor Dorotea Broceardi, monaca di Line) pubblicato dal frate francescano Mariano da Firenze ed inserito nelLibro dell'ordine di sancta Chiara composto et finito per me frate Mariano da Firenze nel loco di sancto Jeronimo presso Volterra anno del Signore 1519 narrazione riportata poi, se «pur disadorna», nelSummarium super Positione Causae Beatificationis (Roma, 1779) mentre F. Gonzaga cita Eustochia parlando dei monasteri siciliani e in particolare di quelli messinesi (De origine Scraphicae Religionis Franciscande, Roma,1587).[14]
Nel Seicento lo storico messinese G. Buonfiglio Costanzo ne accenna nel suo libroMessina città nobilissima descritta in otto libri (Venezia, 1606), il predicatore polaccoAbramo Bzovio nel suoAnnalium Ecclesiasticorum[15] e lo storico e poeta C. Lanza nei tre libriVita della Beata dedicati alle religiose di Montevergine.[16] A metà e a fine secolo ne parlano in maniera piuttosto esauriente S. P. Samperi nellaIconologia della gloriosa Vergine Madre di Dio Maria Protettrice di Messina divisa in cinque libri (1644 e ristampata nel 1739) e il gesuita G. S. J. Perdicaro, definendola “Santa”, inVita dei Santi siciliani (1688), rimasta incompiuta a causa della propria morte.[17]
Nel Settecento, seppur con minore intensità rispetto al secolo precedente, continuano le ristampe delle biografie su Eustochia. Nel 1705 B. Chiarello scrisse della Beata nel suoMemorie sacre della città di Messina, nelle quali si descrivono le istorie dei Santi, Beati, Tutelari e Patroni della medesima città con l’aggiunta di alcune persone insigni in pietà, che sono fiorite circa l’età dell’autore mentre il 1729 vede l'opera in tre libri di G. PerrimezziDella Vita della Venerabile serva di Dio sor’ Eustochia Calafato e Romano, dove i primi due libri parlano della vita e dei miracoli ed il terzo ne mette in risalto le molteplici virtù, trattando la venerazione nell'ultimo capitolo. C. D. Gallo ne riassume la biografia e gli autori che le hanno dedicato testi dal '500 al '700, negliAnnali della città di Messina, nuova edizione con correzioni, note ed appendici del sac. Andrea Vayola (Messina, 1879). Un'altra biografia, stavolta in volgare per esser compresa da più persone, fu scritta nel 1812 dal cattedratico dellaReale Accademia Carolina di Messina A. Corrao,Breve compendio della vita della beata Eustochia Calafato Romano Colonna, su incarico della badessa suor Maria Deodata Lusitano.[18] R. Starrabba neiDocumenti per servire alla Storia di Sicilia (1875) rileva, da atti notarili riportati, che il cognome originario della famiglia è “Cofino”, talvolta fatto seguire da “Calafato” e spesso sostituito da “Calafato Calefato”.[19]
Dal punto di vista storico-bibliografico vennero redatti lavori importanti anche da inizio Novecento da parte di svariati autori. G. Macrì pubblicòLa leggenda della Beata Eustochia da Messina (Smeralda-Calefati-Colonna) scritta da suora Jacopa Pollicino, sua prima compagna, Testo a penna del secolo XV (1903), copia dell’apografo perugino poi collazionato nel 1778 con l’esemplare di Monte Luce da parte del cancelliere della Curia perugina notaio Giuseppe Silvestrini, per essere inviata dall’Arcivescovo di Messina allaSacra Congregazione dei Riti per il processo di beatificazione di Eustochia.[20]L. Perroni Grande nel 1906 dà alle stampe, dopo averne già intrecciati altri in studi precedenti, inediti documenti riguardanti il fidanzamento di Eustochia con Nicolò de Perrono e alcuni accordi tra le rispettive famiglie, nel volumeA proposito della Beata Eustochia (un documento inedito). NeI codici cartacei messinese e perugino sulla Leggenda della francescana suor Eustochia da Messina (1907) V. Casagrandi studia invece laLeggenda della Santa riportandone le varianti nel suo libroLa genealogia dei Calafato di Sicilia (Messina-Catania) spiegata con un documento svevo (seguito alla leggenda di suor Eustochia) (1908) dopo aver raccontato la storia della famiglia Calafato, proveniente da Catania e derivante dalla nobiltà bizantina, della persecuzione subìta (pare la famiglia potesse essere di origine ebraica,stando ad un documento del 1398 redatto in latino che cita il nonno di Eustochia come «Antonio Cofino, detto Calafato», dove “Cofino” era un cognome ebraico diffuso nel trapanese[21]) e della quasi estinzione neLa strage dei Calafato catanesi sotto Martino I secondo la leggenda eustochiana (1392-1394), (1907). Riguardo la data di nascita della Beata, G. Cara conlsmaralda Calafeto (la beata Eustochia): quando nacque? (1921-22) indica le minuziose ricerche fatte nei registri del notaio Nicolò Polizio da Messina, conservati nell'Archivio Provinciale di Stato di Messina, con il risultato che Smeralda vide la luce il 25 marzo 1434, data accettata anche da studiosi successivi (E. Cenni, G. Intersimone e F. M. Terrizzi).[22]Domenico Puzzolo Sigillo inAntonello da Messina, la beata Eustochia e l'Annunziata del Museo Nazionale di Palermo riaccostati da un documento inedito del 1461 (1935) accostò Eustochia all'Annunziata diAntonello da Messina sulla base di un documento inedito del 1461 ricavato dagli atti del notaio messinese Leonardo Camarda e riconobbe la legittimità delle dizioni “Eustochio” e “Eustochia”, nulla mutando nella dizione latina “Eustochium” e preferendo, in quella italiana, la già usata “Eustochia”.[23]
M. Catalano offrì un'edizione basata su entrambi i codici (Ms. 1108 nella Biblioteca comunale di Perugia, ms. II 199 nella Biblioteca Ariostea di Ferrara) conLa leggenda della beata Eustochia da Messina. Testo volgare del sec. XV restituito all'originaria lezione (Messina, 1942[24]) indicando che il manoscritto del 1493 conservato a Ferrara ha maggiore fedeltà rispetto al rimaneggiamento contenuto nel codice perugino e alla redazione settecentesca, individuando in esso un'opera importante, di carattere mistico, «di valore agiografico e storico» essendo «la prima opera originale di una certa estensione composta da siciliani in toscano», segnando «il momento nel quale l'isola non si serve più come idioma letterario di quello indigeno, ma della lingua diventata classica per le opere degli scrittori toscani del Trecento».[1][25]
Nel 1936 L. Bensaja curò l'edizione del 1543 di Maurolico,Vita beatae Eustochii abbatissae cenobii Montis Virginum' (Messina). Nettamente agiografico fu invece il libro di G. IntersimoneLa beata Eustochia Calafato clarissa messinese (Roma, 1956) e notevoli furono i successivi contributi di Cenni, Amore e Terrizzi. E. Cenni sopperì alla mancanza di biografie linguisticamente più alla portata del popolo con il suoLa beata Eustochia Calafato (Messina, 1976);[26] A. Amore produsse ilMessanen Canonizationis Beatae Eustochiae Calafato Virginis Clarissae Fundatricis Monasteri; Montis Virginis Messanensis, a cura Officium Historicum Sacra Congregatio pro Causis Sanctorum (Roma, 1976), articolato in quattro parti (profilo biografico della Beata Eustochia; accenno al lavoro compiuto dall’Officio Storico; presentazione dei documenti; quesiti ai quali i consultori dovranno rispondere) dopo che l’Officio Storico-Agiografico dellaSacra Congregatio pro Causis Sanctorum gli affidò l’incarico di Relatore generale riguardo laPositio super virtutibus della Beata (1972);[27] F. M. Terrizzi neiDocumenti relativi alla Vita della Beata Eustochia Calafato (1965) raccolse quanto trovato nell'Archivio di Stato di Messina e quanto ebbe trascritto direttamente dagli originali presenti nell'Archivio Segreto Vaticano: confrontò nel 1972 il manoscritto della Biblioteca Ariostea di Ferrara riguardante laPassione, con laLeggenda, traendo le somme su similitudini e differenze neIl libro della Passione, scritto dalla beata Eustochia Calafato Clarissa messinese (Messina, 1975).[28]
La Beata Eustochia è presente anche in dizionari ecclesiastici sia italiani (Dizionario Ecclesiastico, Torino, 1953, a cura di L. Berra) che stranieri, tra cui B. C. Dunpar,A dictionary of Saintles Women, Londra, 1904; D. Stockerl, “Eustochia Calafato”, inLexicon fuer Theologie und Kirche di M. Buchberger, Friburgo, 1931; G. Fussenegger, “Eustochia Calafato”, inLexicon fuer Theologie und Kirche, di M. Buchberger, Friburgo, 1959; C. Schmitt, “Eustochia Calafato”, inDictionnaire de spiritualité, Parigi, 1961.[29]Anche alcune riviste dedicano pagine ad Eustochia: il periodico settimanaleIl messaggio della Beata Eustochia eMontevergine, la Beata Eustochio ed il suo monastero in Messina (Messina, 1933-39).[30]

Secondo appunto alcuni storici e critici, Eustochia sarebbe stata ritratta da Antonello da Messina nel quadro l'Annunciata di Palermo in quanto, oltre che conterraneo e coetaneo, il pittore visse ed operò negli stessi luoghi chiave della futura Santa, con bottega poco distante sia dal monastero dell'Accomandata che da quello di Montevergine e probabilmente avendola conosciuta oltre ad essere, come lei, devoto francescano.Per quanto alcuni ritengano che Eustochia non possa essere stata, per ragioni legate all'età, la modella in base al confronto dei tratti somatici tra quanto è stato tramandato di lei e i connotati della donna nel dipinto[31] molti altri sono invece gli storici e teorici che accreditano tale attribuzione o almeno i rapporti tra la Santa e il pittore.
La somiglianza tra Eustochia e l'Annunziata fu sottolineata da Domenico Puzzolo Sigillo nel 1935, che scrisse «io credo invero che non si possa ammirare la bella Vergine leggente del sommo pittore messinese, senza rivedere con la fantasia la Beata Eustochia, nel silenzio arcano della sua cella [...] somigliantissima conformazione scheletrica ed ossea delle medesime», trovando analogie uniche e particolari tra le corporature e identica «sagoma zigomatica». Affinità «evidenti» rimarcate successivamente dal gesuita Francesco Terrizzi e dallo storico locale Intersimone (1956) indicante la Santa come «inconsapevole ispiratrice di Antonello».
Oltre alla somiglianza rilevata anche in altre quattro madonne «siciliane» - confermate di «tipo fisico reale, sempre lo stesso» (Alessandro Marabottini, 1981) con tratti eloquentemente mediterranei e meridionali, come sottolineato anche da storici medievisti come Pispisa e Tramontana - lo storico messinese Giuseppe Miligi dedica il capitolo “Il pittore e la clarissa” nel suo volumeFrancescanesimo al femminile. Chiara d'Assisi ed Eustochia da Messina (1994)[32] oltre a porre l'accento su osservazioni quali la nascita dei due a pochi anni di distanza e che siano stati tra i personaggi di maggior rilievo del XV secolo messinese, come indica anche la storica Caterina Zappia. Un altro collegamento rilevato è la lettera caporale P nel libro presente sul leggìo nel quadro, simile se non identica a quella presente nel codice di Montevergine.[33]Le ipotesi vengono riprese anche in altri testi quali101 storie sulla Sicilia che non ti hanno mai raccontato di Daniela Gambino (Newton Compton, 2015) e nella pubblicazione dello studioso di storia messinese Nino Principato sulla rivista culturale “Moleskine”, il quale aggiunge che il committente dell'Annunziata era il banchiere locale Giovanni Mirulla, parente di suor Giovanna Mirulla, seguace di Eustochia mentre in uno studio edito dal Monastero di Montevergine, Elena La Fauci Di Rosa afferma che il velo sul capo dell'Annunziata è molto somigliante a quello delle clarisse e si avvicina alle mantelle azzurre usate dalle ragazze siciliane che «Sanno di chiostro» (titolo del monologo teatrale di Sebastiano Savarese, con protagonista Eustochia, 1984) propendendo verso la realtà dell'identificazione più che alla sola leggenda.[34][35]
Sulle basi delle affermazioni riguardanti la coincidenza di Eustochia con la Vergine dipinta, si è tenuto il 12 gennaio 2012 a Roma nellachiesa di Santa Maria Odigitria dei Siciliani, l'incontroL’ordine delle somiglianze: Antonello e santa Eustochia con la presentazione di un quaderno dell’associazione culturale «Antonello da Messina» di Roma ed è stato prodotto il lungometraggioIl Pittore e la Santa (Antonello da Messina e Santa Eustochia (2018) scritto da Nino Giordano e diretto da Biagio Cardia con la collaborazione di Giuseppe Majolino.[36]
Per celebrare la visita di Giovanni Paolo II, prima uscita per il Papa da Roma in Italia per una santificazione, il Comune e la Provincia di Messina decisero di dedicare unmonumento alla Santa. Venne scelto per l'esecuzione il venetoGuido Sgaravatti, decisione presa in base alla sua conoscenza delle tecniche, la provenienza geografica e la formazione culturale oltre all'esperienza comprovata e all'essere stato allievo dello scultore sicilianoEmilio Greco. Realizzato nel tempo record di 88 giorni dal momento del conferimento dell'incarico alla visita papale, come richiesto dai committenti, il monumento del 1988 è stato realizzato in bronzo, alto 3,95 m. e situato in piazza Domenico Crisafulli/XXIV Maggio. L'opera, accostata ad una figura a tutto tondo del Papa che prega a braccia aperte verso Eustochia, è concepita come una stele lavorata a rilievo con leStorie della Santa e posta su un basamento a gradoni triangolari posto al centro dell'esedra inferiore presente nella piazza, quest'ultima poco distante dalla Chiesa di Montevergine e dal suo Monastero, fondati proprio per volere di Eustochia.[37][38]
Altri progetti
| Controllo di autorità | VIAF(EN) 22948312 ·ISNI(EN) 0000 0001 1821 4590 ·SBNCFIV091624 ·BAV495/5947 ·CERLcnp00405343 ·LCCN(EN) n87146079 ·GND(DE) 119307448 |
|---|