A proposito dellabattaglia navale di Salamina, di cui il poeta dà un ampio e noto resoconto neI Persiani, è interessante notare come la tradizione assegni lo stesso giorno, sulla stessa isola, alla nascita diEuripide. Nello stesso periodo, si dice, il giovaneSofocle intonava i primipeana.
Nel 472 a.C., dopo il debutto deiPersiani, Eschilo venne invitato aSiracusa presso la corte del tirannoIerone, già meta di altri illustri lirici greci (comePindaro eSimonide) a rappresentare nuovamente la sua ultima tragedia. Eschilo porterà per primo a Siracusa il nuovo linguaggio della tragedia.[4]
Durante il soggiorno siracusano, il poeta comporràLe etnee, una tragedia dedicata alla rifondazione diKatane comeAitna.
Per motivi ancora oggi sconosciuti e su cui la tradizione antica ha avanzato ipotesi molto fantasiose e infondate,[4] Eschilo si trasferì misteriosamente aGela.
Moriràivi nel456 a.C.; secondoValerio Massimo sarebbe morto per colpa di ungipeto, che avrebbe lasciato cadere, per spezzarla, unatartaruga sulla sua testa, scambiandola, data la calvizie, per una pietra.[6] Sul suoepitaffio, tradizionalmente dettato dal tragediografo e contenuto all'interno dell'opera anonimaVita di Eschilo, non furono ricordate le vittorie e i meriti in ambito teatrale, ma i meriti come combattente aMaratona.
d'Atene figlio, padre fu Euforione: vittima di Gela dalle ricche messi. Il suo valor potrebber ben ridirlo di Maratona il piano e il Medo chiomato.»
(Anthologiae Graecae Appendix, vol. 3, p. 17)
Dopo la sua morte ricevette dai suoi contemporanei molti riconoscimenti, il più grande dei quali fu la rappresentazione postuma delle sue tragedie, all'epoca segno di eccezionale onore.
La famiglia di Eschilo fu fortemente connessa con il teatro e la drammaturgia: la τέχνη (téchne), arte e professione insieme, vi si era tramandata di padre in figlio.
Eschilo fu padre diEuforione, anch'egli tragediografo, ma alla tradizione sono noti altresì i nomi dei fratelli e della sorella di Eschilo stesso, e di altri discendenti connessi con l'attività teatrale: da un lato, l'eroe e comandante di trireme 'Ἀμεινίας (Ameinìas, Aminias);[7] e quelCinègiro (Κυναίγειρος: Kynàigeiros), che si era distinto nellabattaglia di Maratona; dalla sorella Φιλοπαθώ (Philopathò) sarebbe nato il poeta tragico Φιλοκλῆς (Filocle)[8] contemporaneo diSofocle; da Filocle, Μόρσιμος (Morsimo), anch'egli drammaturgo, e da questiAstydamas e l'omonimo figlio, entrambi drammaturghi.
I 73 titoli attribuiti a Eschilo si trovano nel cosiddettoCatalogo, contenente la lista dei drammi del tragico greco, che fa parte del manoscritto Mediceo (siglato M).[10]
Comunque, tra citazioni ed elenchi, è possibile ricostruire un elenco di 88 opere: 73 trasmesse dal catalogo, 10 testimoniate dagli autori antichi e 5 dedotte dagli interpreti moderni.[12]
La scena è ambientata a Susa, capitale dell'impero persiano. Entra subito in scena il coro composto da anziani persiani (i giovani erano impegnati a combattere a Salamina); tuttavia però la narrazione delle vicende è frastornata da strani presagi che si abbattono sulla reggia imperiale di Persia.
Entra in scena la protagonistaAtossa, la quale invoca l'ombra del suo defuntomarito, il quale una volta apparso pronuncia una severissima condanna contro loro figlioSerse, accusandolo disuperbia. In seguito entra un messaggero che riferisce il terribile esito e annientamento della flotta Persiana, avvenuto nello stretto braccio di mare antistanteSalamina.
La tragedia si conclude con l'ingresso diSerse, accolto in maniera lamentosa dal coro, il quale si presenta vivo e umiliato.
Nel dramma avviene alla maledizione diEdipo scagliata sui suoi figliEteocle ePolinice.
La tragedia si apre con l'ingresso diEteocle, il quale si trova alle calcagne l'esercito guidato da suofratello in procinto a condurre l'assalto finale. A questo punto giungono alcune donne tebane, che manifestano il loro terrore per il pericolo incombente, al termine del quale arriva il messaggero. Questi informa che sei delle sette porte diTebe hanno tenuto, dunque l'attacco è stato respinto; tuttavia nella settima porta però i due fratelliEteocle ePolinice si sono massacrati reciprocamente. Di fronte a questa notizia, lafelicità per la battaglia vinta passa in secondo piano: vengono portati in scena icadaveri dei due fratelli, e il coro piange la loro triste sorte.
La tragedia tratta la crisi dinastica dei due fratelliDanao edEgitto, che condividevano la sovranità sul regno d'Egitto. Il primo aveva avuto cinquanta figlie, il secondo altrettanti figli.
La tragedia prende avvio quando le Danaidi, appena sbarcate in terra greca, vengono esortate da Danao a raggiungere ilrecinto sacro, dove i supplici hanno per antica consuetudine undiritto di asilo inviolabile. Esse raccontano la loro storia a Pelasgo, re diArgo, ma quest'ultimo è restio ad aiutarle, per il timore di una guerra contro l'Egitto. Le donne si affidano nelle loro invocazioni aZeus protettore dei supplici, la cui ira è temuta da Pelasgo; d'altra parte esse, non volendosi sposare, sembrano violare una legge di natura. Infine il re promette di portare la questione di fronte all'assemblea cittadina; dal canto loro, le Danaidi affermano che, se non verranno accolte, si impiccheranno nel recinto sacro.Pelasgo dunque si reca conDanao all'assemblea, e poco dopo torna con buone notizie: si è deciso di accogliere la supplica delle ragazze. Queste allora intonano un canto di gratitudine, ma ben presto arriva un'amara sorpresa: gli Egizi sono appena sbarcati presso Argo, e vogliono rapire le Danaidi. Arriva l'araldo egizio con i suoi armigeri per portarle via, ma l'intervento di Pelasgo glielo impedisce. L'araldo se ne va urlando minacce: la guerra traArgo e l'Egitto è ormai inevitabile. LeDanaidi vengono allora accompagnate daDanao e da alcune ancelle dentro le mura della città.
La scena si apre inScizia, fra aspri monti e lande desolate.Efesto, ilPotere (Κράτος) e la Forza (o Violenza, Βία) hanno catturato il titanoPrometeo e lo hanno incatenato ad una rupe.Zeus lo punisce perché ha donato il fuoco agli uomini, ribellandosi al suo volere; egli ha dato inoltre agli uomini lasperanza, ilpensiero e lacoscienza, lascrittura, lamemoria, lamedicina, ma anche la capacità di interpretare il volere degli dèi e il futuro.
Il titano viene quindi raggiunto da vari personaggi, che tentano di portargli conforto e consiglio: leOceanine,Oceano ed Io, amata daZeus e per questo odiata daEra, a cui Prometeo predice il suo destino, ma anche il tortuoso futuro cheZeus ha dinanzi a sé.
Egli annuncia che uno dei discendenti del nuovo re degli dei riuscirà a liberarlo dalla punizione divina. Prometeo ha però una via di fuga dall'angosciosa situazione in cui si trova, perché egli conosce un segreto che potrebbe causare la disfatta del potere olimpico retto da Zeus. La minaccia consiste nel frutto della relazione fra Zeus eTeti, che potrebbe generare un figlio in grado di sbaragliare il padre degli dèi. Zeus invia il dio Ermes per estorcere il segreto a Prometeo, ma egli non cede e per questo viene scagliato, insieme alla rupe a cui è incatenato, in un burrone senza fondo.
Le tragedie che la compongono rappresentano un'unica storia suddivisa in tre episodi, le cui radici affondano nella tradizione mitica dell'antica Grecia: l'assassinio diAgamennone da parte della moglieClitennestra, la vendetta del loro figlioOreste che uccide la madre, la persecuzione del matricida da parte delleErinni e la sua assoluzione finale ad opera del tribunale dell'Areopago.
Eschilo viene considerato il vero padre della tragedia antica: infatti, a lui viene attribuita l'introduzione dimaschera ecoturni ed è con lui che prende l'avvio latrilogia, o "trilogia legata".[13] Le tre opere tragiche presentate durante l'agone erano appunto "legate" dal punto di vista contenutistico: nell'Orestea (unica trilogia pervenutaci per intero), ad esempio, viene messa in scena lasaga degli Atridi, dall'uccisione diAgamennone alla liberazione finale del matricidaOreste.
Introducendo un secondo attore (precedentemente, infatti, sulla scena compariva un solo attore alla volta, come ci testimoniaAristotele[14]), rese possibile la drammatizzazione di un conflitto. Da questo momento fu infatti possibile esprimere la narrazione tramitedialoghi, oltre chemonologhi, aumentando il coinvolgimento emotivo del pubblico e la complessità espressiva.
Da notare anche la progressiva riduzione dell'importanza del coro, che prima rappresentava una continua controparte all'attore. Per esempio, in una delle tragedie più antiche che ci siano pervenute,Le supplici, il coro ha ancora una parte preponderante. Nonostante la presenza dei due attori (uno dei quali interpreta in successione due personaggi), l'impianto è ancora quello di un inno sacro, scarno di elementi teatrali.
Facendo un confronto con la più tardaOrestea, notiamo un'evoluzione e un arricchimento degli elementi propri del dramma tragico: dialoghi, contrasti, effetti teatrali. Questo si deve anche alla competizione che il vecchio Eschilo dovette sostenere nelle gare drammatiche: c'era un giovane rivale,Sofocle, che gli contendeva la popolarità, grazie anche a innovazioni come l'introduzione di un terzo attore, trame più complesse, personaggi più umani nei quali ilpubblico può identificarsi.
Tuttavia, anche accettando in parte, e con riluttanza, le nuove innovazioni (tre personaggi compaiono contemporaneamente solo nelleCoefore, e il terzo parla solo per tre versi), Eschilo rimane sempre fedele ad un estremo rigore, alla religiosità quasimonoteistica (Zeus, nelle opere di Eschilo, è rappresentato talvolta come un tiranno, talvolta come un dio onnipotente).[15]
In tutte le sue tragedie, lo stile[16] è potente, pieno di immagini suggestive, adatto alla declamazione. Nonostante i personaggi di Eschilo non siano sempre unicamenteeroi, quasi tutti hanno caratteristiche superiori all'umano e, se ci sono elementi reali, questi non sono mai rappresentati nella loro quotidianità, ma in una suprema sublimazione: il suo stile, infatti, risulta ricco di espressioni retoriche, neoformazioni linguistiche (fra cui anchehapax) e arcaismi molto ricercati.
Nella sua produzione tragica, Eschilo riflette la realtà circostante: neI Persiani e neI sette contro Tebe si ritrova il resoconto delle battaglie di Salamina, con una difesa della politica marittima diTemistocle, riferimenti dovuti molto alla sua esperienza nelleguerre persiane. Fu anche il solo testimone tra i grandi poeti greci classici dello sviluppo della democrazia ateniese: infatti,Le supplici contiene il primo riferimento ad una forma di governo definita come «potere del popolo». NelleEumenidi, inoltre, la rappresentazione della creazione dell'areopago, tribunale incaricato di giudicare gli omicidi, sembra un implicito sostegno alla riforma diEfialte, che nel462 a.C. trasferì i poteri politici dall'areopago alconsiglio dei Cinquecento. Inoltre le sue tragedie affrontano temi come il diritto d'asilo o la nascita dello Stato dalle lotte di famiglia.
Al centro del teatro di Eschilo è, comunque, il problema dell'azione e della colpa, della responsabilità e del castigo. Eschilo si chiede perché l'uomo soffra, da dove provenga agli uomini il dolore. Viene solo dalla loro condizione di mortali, come affermavano i poeti arcaici, o da un errore originario, scontato dall'intera umanità, come è l'errore di Prometeo inEsiodo?[17] Oppure all'interno della condizione umana esiste anche la responsabilità del singolo individuo? Tutta la sua tragedia è una tensione alla ricerca di una risposta che arriverà a dare, rivestendo la sua tragedia di forza etica per la polis ateniese del V secolo.
A proposito dell'origine della sofferenza, nella mentalità più arcaica e anche contemporanea di Eschilo si definivahýbris (ingreco antico:ὕβρις?) quell'accecamento mentale che impedisce all'uomo di riconoscere i propri limiti e di commisurare le proprie forze: chi ha ambizioni troppo elevate e osa oltrepassare il confine posto dagli dei pecca dihýbris e incorre in quella che viene chiamata “invidia degli dei” (ingreco antico:φθόνος θεῶν?,phthónos theôn), una divinità “invidiosa” del potere umano che, come tale, è determinata ad abbatterlo con prepotente capriccio. Da qui, secondo questa teoria, la causa della sofferenza umana.
Eschilo però rinuncia a questa teoria e mostra invece come le azioni delle divinità sugli uomini non sono prodotte da semplice invidia, ma sono conseguenze edificanti di una colpa umana, in quanto gli dei sono assoluti garanti di giustizia e di ripristino dell'ordine, e dunque allahýbris corrisponde sempre il saggio ammaestramento divino, attraverso la punizione. Giustizia (ingreco antico:δίκη?,díkē), insomma, è la legge che gli dèi impongono al mondo e che spiega la casualità degli avvenimenti, apparentemente inesplicabile, regolando con bilance esattissime la colpa e la punizione, rivelandosi allora come un immanente ingranaggio che non lascia scampo a chi si è macchiato di una colpa o a chi ne "eredita" una commessa dai propri antenati (Eschilo mantiene, infatti, l'antica idea che la condanna del delitto travalichi la colpa immediata dell'individuo che l'ha commessa, propagandosi sull'intera stirpe: così, anche la vittima incolpevole si lega al male ed è costretta a commettere a sua volta una colpa, di cui comunque si rivela cosciente e perciò consapevole e responsabile, seppure dietro lo schermo della “necessità”).
Alla luce della funzione edificante della punizione è chiaro che attraverso il dolore, che ogni uomo è destinato a soffrire, l'essere umano matura la propria conoscenza (πάθει μάθος,pàthei màthos): si rende cioè conto, scontando la propria pena, dell'esistenza di un ordine perfetto e immutabile che regge il suo mondo.
^Una parte della critica ritiene che la tragedia sia pseudo-eschilea: cfr. ad es. B. Marzullo,I sofismi di Prometeo, Firenze 1990,passim. Gran parte della critica crede, però, alla paternità eschilea di questa tragedia. Ne farebbero fede i punti di contatto coiCavalieri diAristofane, ma soprattutto una concezione dello spazio scenico e del suo uso particolarmente sofisticato. Cfr. ad es. V. Di Benedetto-E. Medda,La tragedia sulla scena. La tragedia come spettacolo teatrale, Torino 2002,passim.
^IlCatalogo delle opere eschilee si trova alf. 189r ed è riportato in A. Wartelle,Histoire du texte d'Eschyle dans l'antiquité, Paris 1971, p. 25.
^Cfr. A. Wartelle,Histoire du texte d'Eschyle dans l'antiquité, Paris 1971, pp. 28 ss.
^La lista completa delle opere di Eschilo è in A. Wartelle,Histoire du texte d'Eschyle dans l'antiquité, Paris 1971, pp. 32-34.
^I. Ramelli,Il pensiero teologico ed etico di Eschilo: nuove note per uno studio filosofico integrato delle tragedie eschilee, in "Sileno", n. 34 (2008), pp. 113 ss.
^Cfr. G. Matino,La sintassi di Eschilo, Napoli 1998,passim.
^Sulla questione, cfr. G. Cerri,Il linguaggio politico nel Prometeo di Eschilo: saggio di semantica, Roma 1976.
(si indica la bibliografia più accreditata e generale; nei vari testi è possibile ricostruire la bibliografia più antica)
Aeschylus,Aeschyli Tragoediae septem, Venetiis, Gualtierum Grecum Scottum, 1552.URL consultato il 19 ottobre 2016.
A. Wartelle,Histoire du texte d'Eschyle dans l'antiquité, Paris, Les Belles Lettres, 1971.
G. Cerri,Il linguaggio politico nel Prometeo di Eschilo: saggio di semantica, Roma 1976.
G. Matino,La sintassi di Eschilo, Napoli, D'Auria, 1998.
L. Grecchi,La filosofia politica di Eschilo: l'eterna attualità del pensiero filosofico-politico del più grande tragediografo greco, Milano 2006.
I. Ramelli,Il pensiero teologico ed etico di Eschilo: nuove note per uno studio filosofico integrato delle tragedie eschilee, in "Sileno", n. 34 (2008), pp. 113 ss.
Eschilo-Sofocle-Euripide,Tutte le tragedie, a cura di A. Tonelli, Milano, Bompiani. 2011.
Marta Frassoni (a cura di),Vita Aeschyli, Lecce, Pensa Multimedia, 2013.