Erto è citata per la prima volta nel1324 (in Herto), mentre Casso compare nei documenti a partire dal1332 (in Casso).[7]
Il primo toponimo deriva sicuramente dall'aggettivo *erctus "erto, ripido". Più discussa l'origine del secondo: forse dacapsum "cassa, gabbia" ovvero "luogo chiuso", oppure daquassāre "scuotere", per le caratteristiche del territorio.[7]
Nonostante le due frazioni di Erto e Casso siano geograficamente vicine e compongano oggi un unico comune, esse hanno avuto origini differenti.[8]
Erto ha una storia più antica ed era abitata già in epoca preromana, come dimostrano le tombe rinvenute durante la realizzazione della Nuova Erto in località Stortàn. Alcune usanze del posto fanno pensare a un'influenzaceltica. Altri ritrovamenti riguardano l'epoca romana: si ricordano anfore e monete, nonché una tomba con corredo in località Scianpuz (IV secolo).[8]
Si ritiene che essa comparisse tra i possedimenti dell'abbazia di Sesto al Reghena sin dalla fondazione di quest'ultima, nelVIII secolo. Bisognerà tuttavia aspettare il1324 per avere la prima citazione scritta della località: in quell'anno avvenne la vendita «de uno manso iacente in Herto» da Daniele Fabbro ad Antonio di Castello, entrambibellunesi.[9][8]
Casso ha certamente origini più recenti. Una tradizione vorrebbe che un gruppo di boscaioli e carbonai del Bellunese avesse tentato di insediarsi a Erto ma gli ertani, sospettosi, li costrinsero a stabilirsi ai margini della zona, dove fu poi fondato il paese. Per quanto riguarda la documentazione storica, il toponimo compare il 19 settembre1332, quando tre bellunesi nominarono un procuratore per essere investiti dall'abate di Sesto della facoltà di sfruttare le risorse di Casso.[5][9] Questo scritto non prova però l'esistenza di un centro abitato stabile e bisognerà aspettare il1558 per avere notizie in merito: in quell'anno l'abate di Sesto condannò gli abitanti di Casso per il taglio abusivo del bosco di Tocco.[5] Nel1652 un laudo delSenato veneziano citò i comuni di Erto e Casso come "consorti", ovvero con gli stessi diritti, segno che Casso aveva ormai raggiunto un buon livello di sviluppo.[8]
Erto e il lago del Vajont (estate 1963)
Queste vicende storiche furono alla base delle profonde differenze tra le due comunità: Erto, dove si parla tuttora un dialetto particolare di transizione tra illadino e ilfriulano occidentale, era filiale della pieve diCimolais, a sua volta dipendente dalpatriarcato di Aquileia; Casso si rivolgeva verso lavalle del Piave, era abitata da una popolazione di origine bellunese e dipendeva dalla pieve diCastellavazzo, sotto ilvescovo di Belluno. I rapporti tra i vicini erano tutt'altro che amichevoli e nel1703 furono accolte le loro richieste per separarli anche dal punto di vista amministrativo.[8]
Nell'Ottocento l'aumento demografico, non compensato da un adeguato sviluppo economico, provocò una forte ondata migratoria verso ilBrasile (specialmente da Casso). Nel secolo successivo il comune soffrì gli eventi dellaprima guerra mondiale (con l'invasione del Friuli da parte degliImperi Centrali) e della successivaepidemia di spagnola.[8]
Durante laseconda guerra mondiale vi furono numerosi attriti tra abitanti fascisti e antifascisti. Nella zona operarono le divisioni partigiane "Osoppo" e "Garibaldi".[8]
Alla fine deglianni cinquanta la comunità era ancora profondamente legata all'economia agricola tradizionale, integrata con il piccolo commercio ambulante. A cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta, laSADE realizzò il progetto di utilizzo dellavalle del Vajont comebacino artificiale. Venne, quindi, innalzata nella forra del Colombèr unadiga a doppia curvatura di 261,6 metri di altezza.
Nel1960, in occasione dell'inizio del primo invaso di collaudo, si verificarono due frane: di conseguenza, venne disposto il monitoraggio del versante instabile, dell'estensione di 200 ettari. Il serbatoio venne nuovamente collaudato effettuando un secondo riempimento nel1962 e un terzo nell'anno successivo. Nonostante l'imminenza della frana non vennero adottate misure adeguate di protezione degli abitati.
La notte del 9 ottobre 1963, dal vicinomonte Toc, situato di fronte alle frazioni di Erto eCasso, si staccò una parte della montagna che finì nel sottostante bacino idrico delimitato dalladiga del Vajont. Le onde che ne scaturirono distrussero completamente le borgate di Fraseign, Spesse, Pineda, Prada, Marzana e San Martino e parte dei due capoluoghi. Questo tragico episodio, le cui vittime a Erto e Casso furono 347, è noto comedisastro del Vajont.
Il comune, per la sua architettura peculiare, è stato dichiarato nel 1976monumento nazionale e, pertanto, vincolato con la legge n. 1089/1939. Negli ultimi anni, da un accordo con l'Istituto Nazionale della Montagna, si sta anche sviluppando il progetto "EcoMuseo Vajont: continuità di vita", ideato per sostenere lo sviluppo del territorio e valorizzare il centro storico. A Erto viveMauro Corona (nato aBaselga di Piné),alpinista,scultore,scrittore, naturalista e personaggio televisivo.
Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 27 aprile 1967.[10]
«D'azzurro, al bacino idrico al naturale, circondato da alte montagne di verde, declinanti verso lo stesso; sulle pendici della montagna disinistra, un campanile, visto di spigolo, d'oro; sul versante di quella didestra una massa d'argento franante; sullo specchio d'acqua la legenda in caratteri maiuscoli di rosso"Vajont 9 ottobre 1963". Ornamenti esteriori da Comune.»
Sono raffigurati il monte Toc, il campanile dellachiesa di San Bartolomeo Apostolo e la frana del Vajont avvenuta il 9 ottobre 1963.
«In occasione dell'immane disastro abbattutosi sul suo territorio, nel quale numerose persone, perdevano la vita e molti fabbricati andavano distrutti, la forte popolazione di Erto-Casso, prodigandosi nell'opera di soccorso dei superstiti e di recupero delle salme, dava fulgida testimonianza, tra l'unanime ammirazione del Paese, di mirabile fermezza d'animo e di preclare virtù civiche.Disastro del Vajont, ottobre1963» — Roma, Decreto del Presidente della Repubblica, 18 maggio 1964[11]
Diga del Vajont: alta 261,6 metri, tra le dighe più alte del mondo e la più alta d'Italia, è simbolo della catastrofe dovuta a errori, imperizie, negligenze e imprudenze umane. Inoltre è divenuta, a seguito dei luoghi del cuore - luoghi italiani da non dimenticare, indetto dalFondo Ambiente Italiano nel 2014 il 3º luogo del cuore delFriuli Venezia Giulia e 133º classificato sul piano nazionale.[12]
Case a torre: tipiche dell'architettura montana di Erto e Casso, costituiscono una delle peculiarità dell'architettura spontanea del paese montano.[13]
Centro visite di Erto "Uno spazio alla memoria": racconta con immagini e dettagliate descrizioni la tragedia che colpì la valle il 9 ottobre del 1963.[14]
Dolomiticontemporanee - Centro sperimentale per la cultura della montagna - Nuovo spazio di Casso: "un motore territoriale che opera, attraverso le arti visive, alla produzione di immagini rinnovative, nel contesto, spesso declinato in modo acritico e stereotipo, delleDolomiti-UNESCO."[15]
Alla fine del 2006 si contavano 407 abitanti, di cui 9 stranieri (2,2%). Nello stesso anno i nati vivi sono stati 3 (7,3%), i morti 4 (9,8%), con un incremento naturale di -1 unità (-2,5%). Le famiglie contano in media 2,2 componenti.
La popolazione, già fortemente diminuita per l'emigrazione, decrebbe ulteriormente dopo la tragedia del Vajont, non tanto per i morti (158), ma soprattutto perché le nuove abitazioni destinate agli ertani e ai cassanesi furono costruite in altri comuni, spesso a notevole distanza dai luoghi di origine. Tra questi, si ricordano la Nuova Erto diPonte nelle Alpi, i nuovi quartieri diLongarone,Cimolais eClaut, il villaggioalla Roiatta diSan Quirino eVajont, cittadina costruita da zero all'indomani dell'avvenimento e che accolse subito 732 residenti del comune.
Il monte Toc dal quale il 9 ottobre 1963 si staccò la frana
Le due comunità di Erto e Casso differiscono notevolmente dal punto di vista dialettale, sebbene le parlate tradizionali siano oggi in forte declino.
A Erto, come nella vicinaCimolais, si parla un idioma di transizione tra illadino dolomitico e ilfriulano occidentale. L'isola linguistica si sarebbe formata quando il ladino parlato nella valle del Piave fu soppiantato dalveneto bellunese, fenomeno che invece non interessò lavalle del Vajont e l'altaval Cellina, in posizione più marginale. La classificazione di questa parlata è però molto disputata: alcuni studiosi la ritengono piuttostofriulanaoccidentale, altri veneta.[5][17]
Casso invece si caratterizza per un dialetto veneto, detto "bellunese antico" per i suoi tratti arcaici. Si ritiene infatti che l'abitato si sia formato in tempi relativamente recenti come insediamento di boscaioli provenienti dal Bellunese.[5][17] Per tali peculiarità, Erto e Casso non sono inclusi nell'elenco dei comuni di lingua friulana secondo lalegge regionale n. 29/2007.[18]
Sacra rappresentazione della Passione, la sera di ogni venerdì santo ("Veindre Seint"[19]) anima l'intero paese e costituisce una delle più importanti manifestazioni folcloristiche di Pasqua dell'Italia nord orientale.
Il settoreBig della falesia di Erto, dove si trovano le vie più difficili
Vicino al paese di Erto si trova unafalesia dove si può praticare arrampicata sportiva. La falesia dicalcare a piattoni e strapiombante richiede una arrampicata atletica; sono presenti diversi settori e ci sono diverse vie di ottavo grado e una via di 9a.
^ab Carla Marcato,Erto e Casso, inDizionario di toponomastica. Storia e significato dei nomi geografici italiani, Milano, Garzanti, 1996, p. 260,ISBN88-11-30500-4.
^ Progetto editoriale Oscar Buonamano, Roberto Di Vincenzo, Giovanni Tavano e Stefano Ardito,2. Borghi, tradizioni, memorie - Meraviglie del Friuli Venezia Giulia - Capitolo alla scoperta di "Erto, Casso e il Vajont". - Supplemento ai quotidiani IL PICCOLO e MessageroVeneto, Pescara, CARSA Edizioni spa, 2008, p. 11.