Erna Lendvai-Dircksen (Wetterburg,31 maggio1883 –Coburgo,8 maggio1962) è stata unafotografatedesca, nota per la sua serie di ritratti di contadini tedeschi realizzati nel progettoDas deutsche Volksgesicht, pubblicati a partire dal 1932 e utilizzati durante ilnazismo per promuovere l'ideologia razziale.[1]
Durante ilTerzo Reich pubblicò alcune sue fotografie per rivisteeugenetiche e nel 1937 ricevette l'incarico da parte del regime nazista di fotografare la nuova rete di autostrade e gli operai impegnati nella sua costruzione.[2]
Erna Katherina Wilhelmine Dircksen nacque a Wetterburg, nell'Assia, oggi parte diBad Arolsen, Dal 1903 al 1905 studiò pittura alla Kunsthochschule Kassel e dal 1910 al 1911 fotografia alla Lette-Verein.[3] Potrebbe aver aperto uno studio fotografico aHellerau, vicino aDresda, nel 1913. Dal 1916 al 1943 tenne uno studio a Berlino, dove realizzò, tra gli altri, i ritratti diRicarda Huch,Käthe Kollwitz eMary Wigman, poi pubblicati sulla rivistaDie Frau.[4]
Alla fine dellaprima guerra mondiale godeva in tutto il paese di una notevole reputazione come fotografa, sia per i suoi ritratti che per la sua specializzazione innudi femminili, espressi con uno stile altamente realistico.[3] Oltre a ritratti di persone celebri, fin dal 1911, dopo aver casualmente fotografato un fabbro e un contadino mentre erano in vacanza, si appassionò a fotografare volti di contadini provenienti da varie zone della Germania, conservati in un sempre più ampio archivio, nei quali colse un forte legame di identificazione e dipendenza con il "ländliche Heimat", la patria rurale.[5]
A partire dal 1917 realizzò una serie di fotoritratti di tedeschi di diverse regioni, una selezione dei quali vinse il primo premio in una mostra aFrancoforte nel 1926.[3] Alcuni di questi vennero pubblicati sullaBerliner Illustrirte Zeitung nel 1930.[6]
Nel 1924 pubblicò il libroIm Angesicht des Gebirges, con immagini di paesaggi montani e nudi di bambini immersi nella natura, corredati da testi di poeti tedeschi.[7] Nello stesso anno divenne membro della Gesellschaft Deutscher Lichtbildner, GDL (Società dei Fotografi Tedeschi, poi Deutsche Fotografische Akademie, DFA). Nel 1925 viaggiò attraverso la Germania orientale e meridionale e partecipò nel 1926 all'Esposizione fotografica tedesca (Deutschen Photographischen Ausstellung) di Francoforte, aggiudicandosi il Premio di Stato, ricevuto dal Presidente del Reich Paul Hindenburg.[3]
Nel 1931 pubblicò il saggioZur Psychologie des Sehens (Sulla psicologia del vedere) nell'annuarioDas Deutsche Lichtbild,[8] in cui espresse le sue idee nazionaliste e conservatrici e la sua avversione per gli "stili stranieri", per laNuova Oggettività, definita un "lupo travestito da agnello" e per l'estetica della fotografia moderna, concentrata - a suo parere - su "struttura, forma, design della luce, nuove prospettive, studi sul movimento", anziché sul soggetto.[9] Queste premesse l'avrebbero portata ad escludere dal suo lavoro tematiche legate alla modernità e a manifestare il suo disprezzo per le nuove tecnologie, ritenute un pericolo per l'individuo e per il "popolo".[10] Secondo alcuni studi, nonostante questa critiche, nelle sue opere sarebbero tuttavia presenti modalità espressive proprie della sperimentazione modernista degli anni '20, da lei ripetutamente condannata.[11]
Nel 1933, con l'avvento di Hitler al potere, venne ammessa allaCamera della cultura del Reich, voluta daJoseph Goebbels come organizzazione professionale di tutti gli artisti tedeschi; nel 1936 divenne membro della Camera della letteratura del Reich, come fotoreporter, e nel 1944 come scrittrice.[12]
Nella riunione della Gesellschaft Deutscher Lichtbildner svoltasi all'inizio del 1933, Lendvai-Dircksen tenne un discorso programmatico, intitolatoÜber Deutsche Porträtphotographie (Sulla fotografia di ritratto tedesca), nel quale evidenziò come il genere della ritrattistica, quello da lei stessa prescelto, potesse rivelarsi "uno strumento particolarmente utile per lo studio delle caratteristiche e della fisionomia razziale".[13][14]

I libri fotografici costituiti da ritratti di particolari categorie di persone, come sequenze mirate, parti di un disegno più vasto, non rappresentavano una novità in quel periodo.[15][16] Fra i principali esempi del forte interesse per lafisiognomica e per la mappatura di tipologie umane che artisti e intellettuali avevano riscoperto durante laRepubblica di Weimar,[17] vi furonoKöpfe des Alltags (1931) diHelmar Lerski eDas Antlitz Des Alters (1930) del fotografo tedescoErich Retzlaff, il quale avrebbe poi pubblicato nel 1931 i due volumiDie von der Scholle (Coloro che coltivano la terra, 1931) eMenschen am Werk (Persone al lavoro, 1931), apprezzati dai nazionalsocialisti quando giunsero al potere.[18]
Ancora più emblematica fu l'opera sociologica di ritratti, una tipologia della popolazione tedesca, progettata daAugust Sander,Antlitz der Zeit (Volti del nostro tempo, 1929), da cui Lendvai-Dircksen trasse ispirazione, in cui i soggetti fotografati vennero classificati per professione, classe e condizione economica.[19]
Mentre Sander intendeva ritrarre la società(Gesellschatf), in forte trasformazione, nella sua dimensione plurale e differenziata, il libro fotografico pubblicato nel 1932 da Lendvai-Dircksen,Das deutsche Volksgesicht (Il volto della razza tedesca), anch'esso basato sull'aspetto esteriore dei soggetti ritratti, una sorta di "organicismo fisiognomico",[13] restrinse l'osservazione sulla popolazione rurale, classificandola geograficamente.[20][21] La sua interpretazione della fisionomia era caratterizzata da "un'interpretazionevölkisch della razza"[22]: Lendvai-Dircksen si proponeva di catturare e fissare, attraverso i contadini, il "vero" volto della nazione tedesca (Volksgemeinschaft).[13]
Le opere di Sander e Lendvai-Dircksen conobbero una fortuna diversa:Antlitz der Zeit nel 1936 venne sequestrato e i negativi distrutti, perché il "volk" proposto non corrispondeva al modello promosso dal regime nazista, mentreDas deutsche Volksgesicht divenne l'emblema del cosiddettovölkischen Heimat.[1][19]
Il libro, di 240 pagine, contiene circa 140 ritratti di residenti di diverse regioni della Germania, inseriti in un contesto rurale senza tempo, con incluse immagini dei paesaggi naturali e dei relativi borghi, dall'isola di Föhr della Frisia settentrionale fino all'Alta Baviera, alMittenwald e allo Schwalm dell'Assia. Le foto sono accompagnate da una breve descrizione; i testi, eterogenei per contenuto e forma, scritti in caratteri gotici (Fraktur), si aprono e si chiudono con citazioni dall'Iperione diHölderlin inneggianti alla tradizione e all'unione con la natura come fonte di massima felicità.[23] Nell'introduzione di circa dieci pagine, l'autrice espone l'idea di base del suo libro, secondo la quale i contadini "nordici", specie gli anziani - 55 ritratti sul totale - rappresenterebbero la "vera" nazione tedesca, l'Heimat rurale del paese, simbolo di un'autenticità non contaminata da nocive influenze esterne, che corrompono invece gli abitanti delle città: "l'uomo di città ha abbandonato la madre terra e una vita naturale", mentre i vecchi contadini rappresentano "il tipo più distintivo", paragonati ad un vecchio albero che "mostra più chiaramente le peculiarità individuali della sua specie".[5][24]

Diversamente dai contenuti dell'opera, attestati sulla difesa del passato e della tradizione, lo stile fotografico presenta elementi tecnici ed estetici innovativi, associabili allafotografia modernista, come l'enfatizzazione delle diagonali, l'inquadratura ravvicinata, gli sfondi scuri o sfocati; i ritratti sono connotati da un aspetto statico, monumentale, che rimuove il contesto ed enfatizza i dettagli, producendo un "assalto visivo implacabile".[25][26][27]
Tra il 1939 e il 1944 ilMinistero della propaganda del governo nazionalsocialista pubblicò sei volumi di Lendvai-Dircksen, sempre con il titolo principaleDas deutsche Volksgesicht (Il volto del popolo tedesco), contenenti ritratti di soggetti provenienti da diverse regioni:Schleswig-Holstein (1939);Meclemburgo ePomerania (1940);Tirolo eVorarlberg (1941);Bassa Sassonia (1942);Kurhessen (1943);Böhmerwald (1944).[28]
Secondo alcuni autori, se negli anni venti e i primi anni trenta i ritratti di Lendvai-Dircksen e le didascalie che li accompagnano risultavano ancora poco connotati ideologicamente, tali da poterla annoverare tra le pioniere della fotografia del folclore documentaristico, dopo essersi messa al servizio del nazionalsocialismo tedesco la sua ricerca nostalgica e idealistica del carattere del popolo si sarebbe colorata politicamente, deviando decisamente verso la razza "come ultimo denominatore dello spirito collettivo".[29][30]
Il volume Schleswig-Holstein terminò con la formula "sangue e suolo" (Blut und Boden), simbolo di un legame interiore tra il paesaggio e le caratteristiche fisiche dei suoi abitanti, e allo stesso tempo diventò il "sottotesto aggressivo dell'igiene razziale, teorizzata da ideologi nazionalsocialisti comeRichard Walther Darré".[31]
A partire dal 1942, in seguito alle campagne di conquista dellaWehrmacht, Lendvai-Dircksen realizzò una serie dal titoloDas germanische Volksgesicht (Il volto del popolo germanico), che allargava geograficamente la sua indagine ai territori occupati e alle popolazioni delGrande Reich germanico, comeFiandre,Norvegia,Danimarca.[32]
Franz Riedweg, uno dei principali reclutatori di volontari per leSS germaniche paneuropee e antibolsceviche, scrisse nella nota conclusiva al volume di fotografie dedicate alle Fiandre,Das deutsche Volksgesicht. Flandern: "In questa serie guardiamo il volto delle persone, cioè ci rivolgiamo a quelle persone in cui le antiche correnti di razza, sangue e tradizioni nazionali sono ininterrotte e visibilmente vive".[33][34]
Das deutsche Volksgesicht, fin dalla sua prima uscita nel 1932, riscosse un notevole successo, favorito dalla buona accoglienza dei libri fotografici da parte del pubblico del tempo, e dal consenso che nel paese stava ricevendo la propaganda conservatrice e di destra che indicava nei contadini i rappresentanti più puri del carattere nazionale.[35] Le fotografie di Lendvai-Dircksen, per lo più ritraenti persone bionde, "ariane", vestite tradizionalmente, declinavano l' "inventario umano" nel criterio di classificazione "razza", incontrando, assecondando e promovendo i principi dell'ideologia nazionalsocialista.[36][37]

Erna Lendvai-Dircksen durante il Terzo Reich ricevette diverse commissioni statali, fra cui la più importante fu quella assegnatale daFritz Todt, ispettore generale del sistema stradale tedesco (Generalinspektor für das deutsche Strassenwesen) e artefice dellaReichsautobahn, spesso indicata comeDie Straßenwesen Adolf Hitlers, la rete di autostrade che doveva unire la nazione, il più grande progetto infrastrutturale del nazionalsocialismo e uno dei più pubblicizzati simboli del nuovo regime tedesco.[38]
Todt le chiese espressamente di realizzare ritratti dei lavoratori edili impegnati nella costruzione della nuova autostrada.[2] IntitolatoReichsautobahn. Mensch und Werk (Autostrada: uomo e lavoro), il libro venne pubblicato nel 1937 e in un'edizione rivista nel 1942; Fritz Todt ne scrisse la prefazione, e lo scrittore e politico Emil Maier-Dorn, della Federazione nazionalsocialista della tecnologia tedesca (NSBDT), si occupò delle didascalie delle foto e aggiunse diverse poesie.[39]
A partire dal piano che le venne assegnato, la fotografa seguì le attività di costruzione in corso dal nord della Germania a sud nelle Alpi, illustrando per ogni regione il paesaggio e l'autostrada, in particolare i viadotti, e riprendendo immagini delle maestranze locali che lavoravano al progetto.[40]

Le fotografie prodotte si posero in una certa continuità con l'estetica monumentale della Nuova Oggettività - "approccio ravvicinato estremo, dettagli dell'immagine completi e chiarezza ottica, l'uso di una composizione dell'immagine assialmente simmetrica"[41] - sebbene nei suoi saggi fotografici degli anni trenta ne avesse preso criticamente le distanze.[42] Diversi risultarono invece i fini: i ritratti degli operai, ripresi in stretto primo piano e dal basso, vennero "eroicizzati [...], i ponti sacralizzati e le ferrovie naturalizzate".[43] La lavorazione della pietra, l'estetica degli archi vennero presentate con un'enfasi particolare; situando le gigantesche costruzioni all'interno della natura e della tradizione, la fotografa intendeva suggerire l'aspetto di continuità di questa nuova opera e della sua durata nel tempo; emblematica l'immagine di un contadino intento ad arare la terra con una squadra di buoi, ripreso sotto un viadotto autostradale.[44]
Le foto di Lendvai-Dircksen presentavano lo stesso culto del corpo che dominava nell'Olympia diLeni Riefenstahl.[45][46] Solo occasionalmente i lavoratori vennero messi in posa mentre guardavano la fotocamera, e raramente mostravano i loro strumenti; nelle foto assumevano soprattutto il simbolo della forza fisica, sottolineando la prevalenza e l'importanza del lavoro manuale su quello delle macchine nella costruzione dell'autostrada.[46][47]
Alcune delle didascalie delle immagini sottolineavano i messaggi sostenuti dalla propaganda di regime, ad esempio quello che identificava l'autostrada come fonte di lavoro in grado di porre fine al problema della disoccupazione: "Dopo anni di disoccupazione, guadagno ancora una volta pane onesto per sette figli e una figlia"; del tutto ignorata fu invece la realtà del lavoro forzato e delle cattive condizioni dei lavoratori denunciati da testimoni oculari.[48]
Lendvai-Dircksen lavorò come fotografa di bambini per il periodicoeugeneticoVolk und Rasse, riprendendoli in abiti tradizionali e con un uso delle luci volto ad evidenziare le loro caratteristiche razziali.[49][50] Nel giugno 1942 la rivista pubblicò quattro ritratti di giovani ragazze tedesche, con la didascalia: "Finché il popolo tedesco avrà figli preziosi, il suo futuro è assicurato."[51]
Nel 1943, per sfuggire ai bombardamenti di Berlino, Lendvai-Dircksen si trasferì inAlta Slesia; negli ultimi giorni dellaseconda guerra mondiale, cercando di trovare riparo altrove, abbandonò e perse i suoi archivi. Stabilitasi aCoburg, continuò a dedicarsi alla produzione di ritratti popolari e iniziò a interessarsi allafotografia di paesaggi e di piante, anche a colori, nella tradizione della Nuova Oggettività. Tra gli anni '50 e '60 le sue opere furono oggetto di un nuovo interesse e riconoscimento; espose a Coburg e Stoccarda nel 1953, a Colonia nel 1958.[52]
Un anno prima della sua morte venne pubblicato il libroEin deutsches Menschenbild; Antlitz des Volkes, con immagini scattate dopo il 1953, integrate con le scarse fotografie sopravvissute. Nel commento scritto dal recensore sul risvolto della sovraccoperta si può rilevare lo sforzo di neutralizzare i precedenti contenuti del lavoro di Lendvai-Dircksen, astraendoli dal contesto politico in cui esso era maturato e dalle convinzioni di fondo che la fotografa aveva attivamente sostenuto: "Monumento senza tempo della vita nazionale tedesca, questo libro raccoglie circa 150 ritratti. Erna Lendvai-Dircksen ha dedicato il lavoro della sua vita alla conservazione fotografica della storia popolare incontaminata e sviluppatasi naturalmente - un'immagine dell'uomo che ai nostri giorni è abbandonata a una trasformazione irrevocabile".[52]
Nel 1958 venne insignita della Medaglia David Octavius Hill dalla Società tedesca di fotografi.[53]
Morì nel 1962 a Coburgo, all'età di 78 anni.[54] Le opere realizzate nel dopoguerra sono ospitate nell'Agfa Foto-Historama diColonia.[55]
Lendvai-Dircksen nel 1906 sposò Adolf Göschel, con il quale ebbe una figlia; dal 1913 al 1924 contrasse un nuovo matrimonio con il compositore unghereseErwin Lendvai.[56]
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