| Ergisto Bezzi | |
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| Nascita | Cusiano, 16 gennaio 1835 |
| Morte | Torino, 3 agosto 1920 |
| Luogo di sepoltura | Torino |
| Dati militari | |
| Paese servito | Regno d'Italia |
| Forza armata | Fanteria |
| Guerre | Spedizione dei Mille |
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Ergisto (o Egisto) Bezzi (Cusiano di Ossana,16 gennaio1835 –Torino,3 agosto1920) è stato unpatriotaitaliano, personaggio di primo piano delRisorgimento italiano, intermediario patriottico traMazzini eGaribaldi, volontario nell'impresa deiMille egaribaldino.



Figlio di Giovanni Battista,medico condotto, e Felicia Benvenuti, nacque aCusiano diOssana il16 gennaio1835.[1] Dopo aver frequentato illiceo nella città diRovereto si trasferì aMilano ove si impiegò in un'azienda commerciale. Alla vigilia dellaseconda guerra d'indipendenza del1859 dovette fuggire dalla polizia austriaca riparando inPiemonte e si arruolò volontario aTorino nelle Guide diFrancesco Simonetta.
Nel1860 partecipò allaspedizione dei Mille, ancora tra le file del corpo delle Guide, e attorno a lui si riunivano tutti i trentini dell'esercito. Fu dei primissimi conFrancesco Nullo a penetrare nelle difese diPalermo: primo fu a mettere il piede inCalabria conAlberto Mario.
Conquistò i galloni diufficiale sul campo:sottotenente aPalermo, luogotenente dopo la presa diMilazzo, capitano dopoReggio Calabria, aiutante di campo delgeneraleStefano Türr, del quale però non approvava la facile transigenza politica, ritornò aMilano inflessibile repubblicano rifiutando lacroce di cavaliere di Savoia seppure assegnatagli. Il 13 novembre del1864 tentò l'insurrezione delTrentino, difatti mosse con 150 uomini per laVal Trompia, ma arrestato dai carabinieri fu rinchiuso nel carcere diBrescia poi diAlessandria.
Nellaterza guerra di indipendenza del1866, di nuovo arruolato volontario comecapitano nelle Guide, partecipò da valoroso a tutti gli scontri di quella campagna: allabattaglia di Ponte Caffaro,Monte Suello e allabattaglia di Bezzecca ove fu ferito alla gamba. Fu il promotore, nel 1866, degliIndirizzi di fedeltà dei comuni trentini aVittorio Emanuele II, dichiarazioni di fedeltà che i comuni trentini liberati e il clero spedirono a Vittorio Emanuele II e a Garibaldi per essere uniti al Regno d'Italia.
A guerra finita rifiutò un'altra volta la croce diSavoia e anche questa gli fu assegnata d'autorità. Nel1867, nellabattaglia di Mentana, fu ferito ad ambo le cosce. I soldati francesi lo derubarono, ma poi resero il denaro al ferito, conducendolo aRoma, ove fu rilasciato. A causa delle ferite portò le stampelle per tre anni e non poté accorrere nel1870 inFrancia al seguito diGaribaldi. Nel1890 rifiutò il mandato diRavenna che lo aveva eletto deputato scomparendo dalla scena politica italiana.[1] Mantenne relazione con i patrioti trentini tra i qualiCesare Battisti. Dal settembre del 1909 si stabilì a Torino con il nipoteMario, entomologo di fama. Di lui si scrisse che fu: «Caro a Mazzini e Garibaldi, sospirò col primo, combatté col secondo». Morì a Torino il3 agosto 1920.[1]
Inizialmente sepolto nelCimitero monumentale di Milano, dove a tutt'oggi vi è custodito un piccolo monumento funebre, le sue ceneri vennero traslate nelCimitero monumentale di Trento accanto alla madre.
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