Il processo dicatalisiindotto da un enzima (come da un qualsiasi altro catalizzatore positivo) consiste in un aumento dellavelocità di reazione[1] e quindi in un più rapido raggiungimento dello stato diequilibrio termodinamico. Un enzima incrementa unicamente le velocità delle reazioni chimiche, diretta e inversa (dal composto A al composto B e viceversa), intervenendo sui processi che ne regolano la spontaneità, mediante riduzione dell'energia di attivazione. In altre parole, agiscono dal punto di vistacinetico, senza modificare latermodinamica del processo, favorendo così reazioni che, a causa di un'elevata energia d'attivazione, avverrebbero troppo lentamente o non avverrebbero affatto (pur essendo termodinamicamente favorite), se non in condizioni non compatibili con la vita stessa, ad esempio a temperature troppo elevate (vedi l'ossidazione degli zuccheri).
La spontaneità di una reazione è infatti legata strettamente all'energia d'attivazione, cioè alla cinetica, prima ancora che alla stabilità termodinamica dei prodotti. A titolo d'esempio si pensi al legno, la cui reazione con l'ossigeno (combustione) è termodinamicamente molto favorita, ma non può avvenire spontaneamente a causa dell'elevata energia d'attivazione richiesta dalla stessa (necessita infatti elevata temperatura per innescarla).
Il ruolo di un enzima consiste nel facilitare le reazioni attraverso l'interazione tra ilsubstrato (la molecola o le molecole che partecipano alla reazione) e il propriosito attivo (la parte di enzima in cui avvengono le reazioni), formando uncomplesso. Avvenuta la reazione, il prodotto viene allontanato dall'enzima, che rimane disponibile per iniziarne una nuova. L'enzima infatti non viene consumato durante la reazione.
Come tutti i catalizzatori positivi, anche gli enzimi permettono una riduzione dell'energia di attivazione (Ea) di una reazione, accelerando in modo consistente la sua velocità. La maggior parte delle reazioni biologiche catalizzate da enzimi ha una velocità superiore di milioni di volte alla velocità che avrebbero senza alcuncatalizzatore. Come per tutti i catalizzatori, gli enzimi non sono solitamenteconsumati dalla reazione che catalizzano, né alterano l'equilibrio chimico della reazione.
In ogni caso, la differenza principale degli enzimi dagli altri catalizzatori chimici è la loro estrema specificità disubstrato. Essi infatti sono in grado di catalizzare solo una reazione o pochissime reazioni simili, poiché il sito attivo interagisce con i reagenti in modostereospecifico (è sensibile anche a piccolissime differenze della struttura tridimensionale).
Secondo labanca datiExplorEnz dellaIUBMB, sono state individuate finora 4 038 reazioni biochimiche catalizzate da enzimi.[2] Tutti gli enzimi sonoproteine, ma non tutti i catalizzatori biologici sono enzimi, dal momento che esistono anche catalizzatori costituiti diRNA, chiamatiribozimi.[3]
L'attività enzimatica può essere influenzata da altre molecole. Esistono infatti molecole in grado diinibire tale attività (moltifarmaci eveleni sono inibitori enzimatici). Sono note anche molecoleattivatrici dell'enzima, in grado di aumentarne l'attività. L'attività è anche influenzata dallatemperatura, dalpH e dalla concentrazione di substrato.
Alcuni enzimi sono utilizzati per fini industriali. Lasintesi chimica di numerosi farmaci, ad esempio, è portata a termine attraverso l'utilizzo di enzimi. Anche diversi prodotti di uso domestico fanno ampio uso di enzimi. Diversidetersivi contengono enzimi per velocizzare la degradazione delle proteine e deilipidi che compongono le macchie. Lapapaina, enzima estratto dallapapaia, è invece utilizzato in numerosi prodotti per le sue caratteristicheproteolitiche: dall'intenerimento della carne, processo noto già agliindigeni americani, all'utilizzo in applicazioni topiche sulle ferite e sulle cicatrici.
Gli uomini primitivi trovandosi nella necessità di conservare il più a lungo possibile illatte cominciarono a produrre ilformaggio: per caso o per osservazione dei visceri di animali macellati scoprirono che lostomaco deivitelli e delle giovanicapre cagliava il latte. Solo molte centinaia di anni dopo si comprese che il caglio non era altro che il prodotto di un enzima.[4] Sebbene fin dalla fine delXVII secolo processi come la digestione dellacarne a opera deisecretigastrici[5] o la conversione diamido aglucosio attraverso lasaliva erano ampiamente noti, gli esatti meccanismi attraverso cui questi eventi avessero luogo, invece, erano del tutto sconosciuti.[6]
NelXIX secolo,Louis Pasteur suggerì che fosse la presenza di entità da lui chiamatefermenti, contenute all'interno dellecellule dilievito, e prive di ogni funzione all'esterno delle cellule, a far avvenire questi processi. Scrisse chela fermentazione alcolica è un processo correlato con la vita e l'organizzazione delle cellule di lievito, e non con la morte e la putrefazione delle cellule stesse.[7]
La parolaenzima fu utilizzata per la prima volta nel1878 dalfisiologoWilhelm Kühne. Egli scelse tale parola (ingrecoἐν ζύμῳ -en zýmō - significaall'interno del lievito)[8] proprio perché si riteneva che entità del genere potessero trovarsi solo all'interno di cellule di lievito.
Nel1897Eduard Buchner iniziò a studiare la capacità degli estratti di lievito di portare a termine le fermentazioni di zuccheri, anche in assenza di cellule di lievito integre. Gli esperimenti che portò a termine presso l'Università di Berlino gli permisero di determinare che tali fermentazioni avvengono anche in assenza di cellule vive di lievito.[9] Egli chiamòzimasi l'enzima che aveva portato a termine la fermentazione delsaccarosio.[10] Nel1907 Buchner ricevette ilPremio Nobel per la Chimica perle ricerche biochimiche e la scoperta della fermentazione indipendente dalla cellula.
In seguito alla dimostrazione del funzionamento degli enzimi indipendentemente da una cellula vivente, la ricerca si focalizzò sulla natura chimica degli enzimi stessi. Numerose evidenze mostravano la stretta associazione tra proteine e attività enzimatica, ma una parte influente della comunità scientifica del primoNovecento (tra cui il Premio NobelRichard Willstätter) sosteneva che le proteine non fossero altro che semplicitrasportatori degli enzimi. Lo scienziato affermava che gli enzimi fossero formati da una parte colloidale proteica, chiamataapoenzima (o apofermento) e da un gruppo attivo chiamatocoenzima (o cofermento). I cofermenti determinerebbero la specificità dell'azione degli enzimi.
La scoperta che gli enzimi fossero cristallizzabili diede il via a una corsa tesa alla definizione delle strutture tridimensionali degli enzimi attraverso tecniche come lacristallografia a raggi X. La primamacromolecola a essere definita con questa tecnica fu illisozima, enzima deputato alla digestione dellaparete batterica e contenuto nellelacrime, nellasaliva, nell'albume. La cristallizzazione del lisozima fu portata a termine dal gruppo coordinato daDavid Chilton Phillips nel1965[12] e segnò di fatto l'inizio dellabiologia strutturale.
Oggi la ricerca sugli enzimi focalizza l'attenzione ai componenti derivati, ovvero i cosiddettisubstrati (anche detti componenti enzimatici), che vengono lavorati dagli enzimi esternamente al corpo umano.
Tramite processi industriali e reattori sequenziali vengono elaborate e combinate sostanze primarie, come ilmais, con delle cascate enzimatiche, ottenendo dei prodotti che vengono immediatamente riconosciuti dalla cellula e quindi utilizzabili senza ulteriori processi a carico della cellula stessa.
I componenti generati dagli enzimi hanno la primaria funzione di alimentare energeticamente le cellule umane. Il lavoro di trasformazione dei componenti è già stato effettuato a monte da processi enzimatici indotti, o comunque artificiali, ottenendo in questo modo un prodotto utilizzabile immediatamente dalla cellula spesso riconducibile all'ATP.Con questa procedura di lavorazione le molecole ottenute non rischiano di avere un deficit deformazionale che, nel caso fosse presente, come ad esempio la modifica di un aminoacido, la proteina ottenuta avrebbe una struttura tridimensionale alterata che spesso sono causa di malattie.
Si configura in questo modo la capacità di utilizzo dell'energia cellulare anche da parte di cellule malate (o comunque in stato di deficit) che riescono in questo modo ad approvvigionarsi energeticamente e quindi continuare a svolgere le loro funzioni. Questo nuovo approccio all'utilizzo degli enzimi viene identificato con il termineenzimologia.
Gli enzimi portano a termine una gran quantità di funzioni all'interno degli organismi viventi.
Una delle caratteristiche più importanti degli enzimi è la possibilità di lavorare in successione, creando unpathway metabolico. Neipathway, ogni enzima utilizza il prodotto della reazione precedente come substrato. È la presenza degli enzimi a determinare i passaggi delpathway: senza enzimi, il metabolismo non passerebbe attraverso gli stessi passaggi e non sarebbe in grado di generare prodotti a una velocità sufficiente per le esigenze della cellula. Ad esempio, unpathway come laglicolisi non potrebbe esistere in assenza degli enzimi che la compongono. Ilglucosio, ad esempio, è in grado di reagire direttamente con l'adenosintrifosfato (ATP) per esserefosforilato su uno o piùcarboni, ma in assenza di enzimi questo avverrebbe a velocità tanto ridotte da essere insignificante. La rete del metabolismo cellulare dipende dunque dal set di enzimi funzionali presenti.
Un'altra importante funzione degli enzimi è correlata alladigestione neglianimali. Enzimi come leamilasi e leproteasi sono in grado di ridurre le macromolecole (nella fattispecieamido eproteine) in unità semplici (maltosio eamminoacidi), assorbibili dall'intestino. In alcuni casi gli enzimi necessari alla digestione possono essere prodotti da organismi ospiti del tubo digerente: neiruminanti, ad esempio, lacellulasi necessaria alla degradazione dellacellulosa è prodotta da alcunespeciebatteriche.
Essi sono anche fondamentali per latrasduzione del segnale e la regolazione dei processi cellulari. In particolare, questi processi sono coordinati solitamente dachinasi efosfatasi.[13]
Gli enzimi sono anche in grado di generare movimento, come avviene ad esempio con lamiosina, cheidrolizza l'ATP generando lacontrazione muscolare o con il trasporto di molecole nei vari dipartimenti cellulari attraverso ilcitoscheletro.[14]
L'attività degli enzimi è determinata dallastruttura terziaria (ovvero la conformazione tridimensionale) degli enzimi stessi.La maggior parte degli enzimi presenta dimensioni decisamente maggiori dei substrati su cui agiscono. Solitamente la regione dell'enzima coinvolta nell'attività catalitica è molto ridotta (conta spesso solo 3-4amminoacidi).[16] La regione contenente questi residui catalitici, nota comesito attivo, si occupa di prendere contatto con il substrato e di portare a termine la reazione. Gli enzimi possono anche contenere regioni che leganocofattori necessari per la catalisi. Alcuni enzimi presentano anche siti di legame per piccole molecole, spesso prodotti diretti o indiretti della reazione catalizzata. Tale legame può incrementare o ridurre l'attività dell'enzima, attraverso una regolazione afeedback negativo.
La maggior parte degli enzimi presenta una notevolissima specificità per la reazione catalizzata e per i substrati coinvolti. Tale specificità è legata a diversi fattori che caratterizzano l'associazione tra il substrato e il sito attivo, come la complementarità dal punto di vista strutturale, lecariche elettriche, la naturaidrofila oidrofoba. Gli enzimi mostrano spesso livelli elevatissimi distereospecificità,regioselettività echemoselettività.[17]
Alcuni degli enzimi che mostrano la maggiore specificità sono coinvolti nellareplicazione e nell'espressione delgenoma. Tali enzimi presentano meccanismi diproof-reading (correzione di bozze). Ad esempio enzimi come leDNA polimerasi sono in grado di catalizzare inizialmente la reazione di elongazione del filamento di DNA, quindi di valutare in un secondo momento l'efficienza e la correttezza dell'operazione stessa.[18] Questo processo in due passaggi permette di ridurre enormemente gli errori compiuti (si stima che le DNA polimerasi dimammifero abbiano un tasso di errore di 1 su 100 milioni di reazioni catalizzate.[19]) Simili meccanismi diproof-reading sono presenti anche nelleRNA polimerasi,[20] nelleamminoacil-tRNA sintetasi[21] e neiribosomi.[22]
Esistono in ogni caso anche diversi enzimi caratterizzati da una specificità relativamente più bassa. Diversi enzimi sono infatti in grado di agire su un numero ampio di substrati. Una possibile spiegazione di questa evidenza è legata al fatto che, dal punto di vistaevolutivo, essa permetterebbe la costituzione di nuovipathway metabolici.[23]
Il primo modello a essere stato messo a punto per spiegare la specificità degli enzimi è quello suggerito daHermann Emil Fischer nel1894, secondo il quale l'enzima e il substrato possiedono una forma esattamente complementare che ne permette unincastro perfetto.[24] Tale modello è spesso definito comechiave-serratura. In ogni caso tale modello esplica bene la specificità degli enzimi, ma è decisamente meno affidabile nello spiegare la stabilizzazione dellostato di transizione che l'enzima raggiunge durante il legame con il substrato.
Nel1958Daniel Koshland propose una modifica del modellochiave-serratura: dal momento che gli enzimi sono strutture relativamente flessibili, egli suggerì che il sito attivo potesse continuamente modellarsi in base alla presenza o meno del substrato.[25] Come risultato, il substrato non si lega semplicemente a un sito attivorigido, ma genera un rimodellamento del sito stesso, che lo porta a un legame più stabile in modo da portare correttamente a termine la sua attività catalitica,[26] come succede ad esempio per laesochinasi[27] e per altri enzimiglicolitici. In alcuni casi, come avviene per leglicosidasi, anche il substrato può cambiare leggermente la propria forma all'ingresso nel sito attivo.[28]
Il legame iniziale tra enzima e substrato è necessario anche da un punto di vista energetico. L'energia del legame deriva non solo da eventuali legamicovalenti, ma anche da una fitta rete di interazioni deboli,ioniche oelettrostatiche. Solo il corretto substrato è in grado di partecipare a tutte le interazioni previste. Ciò, oltre a spiegare la sorprendente stabilità del legame tra enzima e substrato, permette di comprendere i meccanismi che conferiscono elevata specificità all'enzima stesso.
La riduzione dell'energia di attivazione può essere invece spiegata dal fatto che tutte le interazioni tra enzima e substrato sono possibili solo quando il substrato si trova nello stato di transizione. Tale stato è dunque stabilizzato (in un certo senso esso vieneforzato) dal legame tra enzima e substrato. Il substrato nello stato di transizione può essere considerato un vero e proprionuovo substrato di unanuova reazione, avente un'energia di attivazione inferiore a quellaoriginale. La riduzione della ΔG‡ può dunque essere intesa come conseguenza della creazione di una sorta dinuova reazione, impossibile senza la presenza dell'enzima corretto.
L'affinità dell'enzima per il substrato è quindi la condizione necessaria per il suo funzionamento; ma questo non significa che nelcomplesso le forze di interazione debbano essere molto elevate: se il complesso enzima-substrato fosse eccessivamente stabile, per esempio, l'enzima non tenderebbe a formare i prodotti. Se fosse invece troppo alta l'affinità tra enzima e stato di transizione (o tra enzima e prodotto) la reazione si bloccherebbe, non permettendo al complesso di dissociarsi e liberare i prodotti.
Alcune delle strategie comunemente messe in atto dagli enzimi per catalizzare reazioni sono le seguenti.[29]
Catalisi covalente. Il sito attivo contiene un gruppo reattivo (solitamentenucleofilo), che viene legato covalentemente in modo temporaneo nel corso della reazione. Questo è il meccanismo sfruttato da enzimi come lachimotripsina.
Catalisi acido-base. Nel sito attivo è presente un residuoamminoacidico che funge da donatore o accettore dielettroni. Nella stessa chimotripsina, ad esempio, è presente un'istidina in grado di incrementare il potere nucleofilo dellaserina, responsabile del legame con il substrato.
Catalisi mediata da ioni metallici. Gli ioni metallici possono svolgere funzioni catalitiche in diversi modi. Ad esempio, possono funzionare da catalizzatorielettrofili, che stabilizzano la carica negativa di unintermedio di reazione. In modo analogo, uno ione metallico può generare un nucleofilo incrementando l'acidità di una molecola posta nelle vicinanze, come avviene per la molecola diacqua durante l'idratazione dell'anidride carbonica catalizzata dall'anidrasi carbonica. In alcuni casi, lo ione metallico può anche legare direttamente il substrato, incrementando così l'energia di legame. Questa è la strategia seguita ad esempio dallenucleoside monofosfato chinasi (dette anche NMP chinasi).
Catalisi da avvicinamento. In numerose reazioni che coinvolgono più substrati, il fattore limitante è la scarsa possibilità che i substrati si dispongano vicini e nel corretto orientamento. Enzimi come le stesse NMP chinasi sono ad esempio in grado di disporre due nucleotidi vicini tra loro, facilitando il trasferimento di ungruppo fosfato da un nucleotide all'altro.
Analisi recenti hanno svelato ulteriori correlazioni tra le dinamiche interne dell'enzima e l'efficienza di catalisi risultante.[30][31][32]Le regioni interne di un enzima (dai singoli amminoacidi fino alleeliche alfa) possono cambiare posizione e conformazione in tempi che vanno daifemtosecondi ai secondi: sono tali spostamenti a cambiare la rete di interazioni possibili con il substrato, con conseguenze importanti a livello di aumento o un calo dell'efficienza catalitica.[33][34][35][36] Questo ha conseguenze fondamentali a livello dello studio della modulazione allosterica, dell'inibizione e dell'attivazione enzimatica.
Alcuni enzimi sono provvisti, oltre che del sito attivo, anche di cosiddetti sitiallosterici, che funzionano come degli interruttori, potendo bloccare o attivare l'enzima. Quando una molecola particolare fa infatti da substrato per questi siti, la struttura dell'enzima viene completamente modificata, al punto che esso può non funzionare più. Al contrario, può avvenire che la deformazione metta in funzione l'enzima. Molto spesso la deformazione consiste in un riorientamento dei domini che compongono l'enzima in modo da rendere il sito attivo più accessibile (attivatori) o meno accessibile (inibitori).Queste molecole che regolano l'attività enzimatica sono detteeffettori allosterici omodulatori allosterici.
Il sito allosterico può essere anche lo stesso sito attivo dell'enzima: in questo caso, in genere, gli attivatori sono gli stessi reagenti, mentre gli inibitori allosterici saranno i prodotti.
Molti effettori hanno effetti simili su più enzimi diversi: in questo modo l'allosteria può essere utilizzata per sincronizzare diverse reazioni che si trovano lungo la stessa via o su vie diverse. Ad esempio l'ATP è un inibitore allosterico di molti enzimi che operano su reazioni dicatabolismo (quali ad esempioglicolisi eciclo di Krebs), per cui quando la sua concentrazione è alta (ovvero la cellula ha molta energia a disposizione) lo stessoATP rallenta le vie che portano alla produzione di ulteriori molecole ad alto contenuto energetico.
Bi-Bi ordinato: si legano i substrati S1 e S2 e si staccano i prodotti P1 e P2 in ordine (come in molteossidoreduttasi NAD+(P) dipendenti).
Bi-Bi Random: si legano i due substrati e si staccano i due prodotti in vari ordini (come in moltechinasi e alcunedeidrogenasi).
Ping Pong (odoppio spostamento): si attacca il substrato S1 e si stacca il prodotto P1, poi si attacca S2 e si stacca P2 (come per leaminotransferasi eserina proteasi).
Molti enzimi contengono molecole non proteiche che partecipano alla funzione catalitica. Queste molecole, che si legano spesso all'enzima nelle vicinanze del sito attivo, vengono definitecofattori. Combinandosi con la forma non attiva dell'enzima (apoenzima), esse danno origine a un enzima cataliticamente attivo (oloenzima).
Queste molecole spesso vengono divise in due categorie sulla base della natura chimica: i metalli e i coenzimi (piccole molecole organiche).
Sulla base del legame con l'enzima, invece, si distinguono i gruppi prostetici e i cosubstrati. I gruppi prostetici sono di solito strettamente legati agli enzimi, generalmente in modo permanente. I cosubstrati sono invece legati più debolmente agli enzimi (una singola molecola di cosubstrato a volte può associarsi successivamente con enzimi diversi) e servono come portatori di piccole molecole da un enzima a un altro. La maggior parte dellevitamine, composti che gli esseri umani e altri animali non sono in grado di sintetizzare autonomamente, sono cofattori (o precursori di cofattori).
Diagramma di una reazione catalitica che mostra l'energia richiesta a vari stadi lungo l'asse del tempo (coordinate di reazione). I substrati normalmente necessitano di una notevole quantità di energia (picco rosso) per giungere allo stato di transizione, onde reagire per formare il prodotto. L'enzima crea un microambiente nel quale i substrati possono raggiungere lo stato di transizione (picco blu) più facilmente, riducendo così la quantità d'energia richiesta. Essendo più facile arrivare a uno stato energetico minore la reazione può avere luogo più frequentemente e di conseguenza la velocità di reazione sarà maggiore.
Come per tutti icatalizzatori, gli enzimi non modificano l'equilibrio chimico della reazione. Solitamente, in presenza di un enzima, la reazione si svolge nella stessa direzione in cui si svolgerebbe senza. L'unica differenza è la velocità della reazione. Di conseguenza, gli enzimi possono catalizzare in modo equivalente sia la reazione diretta che quella inversa. Ad esempio, l'anidrasi carbonica catalizza la reazione in entrambe le direzioni a seconda della concentrazione dei reagenti.
In ogni caso, se l'equilibrio è decisamente spostato in una direzione (in caso ad esempio di unareazione esoergonica), la reazione diventa irreversibile, e l'enzima si trovade facto a poter catalizzare la reazione solo in quella direzione.
Sebbene l'unica differenza tra la presenza e l'assenza di un enzima sia la velocità di reazione, a volte l'assenza dell'enzima può dare il via allo sviluppo di altre reazioni non catalizzate, che conducono alla formazione di diversi substrati. In assenza di catalizzatori, infatti, possono subentrare reazioni differenti, caratterizzate da una minoreenergia di attivazione.
La presenza degli enzimi, inoltre, può permettere l'accoppiamento di due o più reazioni, in modo che una reazione favorita dal punto di vistatermodinamico possa essere sfruttata per portarne a termine una sfavorita. Questo è quello che avviene con l'idrolisi dell'ATP, utilizzata comunemente per avviare numerose reazioni biologiche.
Meccanismo di una reazione a substrato (S) singolo catalizzata da un enzima (E) a generare un prodotto (P)
Lacinetica enzimatica si occupa in modo particolare degli aspetti cinetici (cioè legati al fattore tempo) del legame enzima-substrato e della conseguente generazione di un prodotto. I dati di velocità utilizzati nelle analisi cinetiche sono ottenuti da saggi enzimatici. Nel1913Leonor Michaelis eMaud Menten proposero una teoria quantitativa della cinetica enzimatica, che è tuttora nota comecinetica di Michaelis-Menten.[37] Il loro lavoro è stato ulteriormente ampliato nel1925 daGeorge Edward Briggs eJohn Burdon Sanderson Haldane, che hanno messo a punto le equazioni cinetiche utilizzate comunemente ancora oggi.[38]
Il maggior contributo di Michaelis e Menten fu quello di suddividere idealmente l'azione degli enzimi in due fasi. Nella prima fase, il substrato si lega reversibilmente all'enzima, formando il complesso enzima-substrato (ES), a volte chiamato complesso di Michaelis-Menten in loro onore. La fase successiva è la vera e propria conversione del substrato a prodotto.
Curva di saturazione per una reazione enzimatica: evidenziata la relazione tra la concentrazione di substrato (S) e la velocità di reazione (v)
Gli enzimi sono in grado di catalizzare alcuni milioni di reazioni al secondo. Per esempio, la reazione catalizzata dallaorotidina-5-fosfato decarbossilasi impiega circa 25millisecondi per processare la stessa quantità di substrato che, in assenza dell'enzima, verrebbe convertita in 78 milioni di anni.[39]
La velocità enzimatica dipende dalle condizioni della soluzione e dalla concentrazione del substrato. Condizionidenaturanti, come le altetemperature,pH lontani dallaneutralità o alte concentrazionisaline riducono l'attività enzimatica. Alte concentrazioni di substrato, invece, tendono a incrementare l'attività.
La velocità massima di una reazione enzimatica è individuabile incrementando la concentrazione di substrato fino a raggiungere un livello a cui la velocità stessa rimane costante (nella curva di saturazione, è il livello indicato in alto a destra). La saturazione ha luogo perché, all'aumentare della concentrazione di substrato, una quantità sempre maggiore di enzima libero è convertita nella forma ES. Alla velocità massima (definitaVmax) dell'enzima, tutti i siti attivi dell'enzima sono saturi di substrato, e l'ammontare del complesso ES è pari a quello dell'enzima stesso.
LaVmax è solo una delle costanti cinetiche che caratterizzano gli enzimi. Un'altra molto usata fornisce informazioni sulla quantità di substrato necessaria per raggiungere una determinata velocità di reazione. Si tratta dellacostante di Michaelis-Menten (abbreviata comunemente comeKm), che è un indice di affinità tra l'enzima e il substrato e coincide con la concentrazione di substrato a cui si realizza metà dellaVmax. Ogni enzima presenta unaKm caratteristica relativamente a ogni diverso substrato.
Altra costante molto utilizzata è lakcat (onumero di turnover), definita come il numero di molecole di substrato convertite per secondo da una singola molecola di enzima quando è saturata con il substrato.
L'efficienza dell'enzima può essere espressa come rapporto trakcat eKm. Tale rapporto è anche definitocostante di specificità. Dal momento che tale costante incorpora sia l'affinità che l'abilità catalitica, spesso si utilizza per confrontare l'efficienza di diversi enzimi o quella di un unico enzima con differenti substrati. Il massimo teoretico per la costante di specificità è chiamatolimite di diffusione ed è compreso tra 108 e 109M-1s-1. In questo intervallo, ogni collisione tra enzima e substrato ha come effetto la produzione di un prodotto, e la velocità di formazione del prodotto è limitata solo dalla velocità di diffusione. Enzimi che presentano una tale proprietà sono dettienzimi cataliticamente perfetti ocineticamente perfetti. Esempi di enzimi di questo tipo sono latrioso fosfato isomerasi, l'anidrasi carbonica, l'acetilcolinesterasi, lacatalasi, lafumarasi, labeta lattamasi e lasuperossido dismutasi.
Alcuni enzimi possono operare con velocità maggiori dei limiti di diffusione. Sebbene ciò possa sembrare impossibile, esistono alcuni modelli in grado di spiegare il fenomeno.[40][41]
Gli inibitori competitivi legano l'enzima in modo reversibile, impedendo il legame con il substrato. Il legame con il substrato, viceversa, impedisce il legame dell'inibitore.Gli inibitori non competitivi legano siti alternativi a quello che lega il substrato. Il legame di tali inibitori, tuttavia, genera cambiamenti conformazionali tali da impedire l'ingresso del substrato o generarne la sua espulsione.
Gliinibitori enzimatici sono sostanze in grado di diminuire o annullare l'azione catalitica di un enzima. Possono agire legandosi al sito attivo competitivamente al substrato(inibizione competitiva) o legandosi a un sito allosterico. L'inibizione può esserereversibile, rendendo possibile il ripristino della funzione catalitica dell'enzima tramite aumento dellaconcentrazione del substrato rispetto all'inibitore; oirreversibile con l'impossibilità di potere ripristinare l'attività catalitica. Gliinduttori, invece, sono sostanze in grado di interagire con i siti enzimatici in modo da aumentare la funzionalità dell'enzima.
Gli inibitori competitivi occupano il sito di legame del substrato, impedendo al substrato di legarsi correttamente (formazione di un complesso EI al posto di uno ES). Se però si verifica prima il legame enzima-substrato, l'inibitore competitivo perde di efficacia. La consistenza dell'inibizione dipende dunque sia dalla concentrazione di inibitore che da quella di substrato. Spesso gli inibitori competitivi mimano in modo notevole la forma dei substrati di cui inibiscono il legame. Ad esempio ilmetotrexato è un inibitore competitivo delladiidrofolato reduttasi, che catalizza lariduzione deldiidrofolato atetraidrofolato.
All'aumentare della concentrazione di inibitore lakmapp aumenta la velocità della reazione. Asintoticamente però la velocità tende ancora aVmax per cui l'effetto dell'inibitore può essere annullato aumentando la concentrazione di substrato.
Gli inibitori non competitivi sono in grado di legare siti differenti dal sito attivo. Essi sono dunque in grado di legare sia l'enzima libero, sia in configurazione ES. Il loro legame all'enzima genera un cambiamento conformazionale dell'enzima stesso, che può avere come conseguenza l'inibizione del legame tra enzima e substrato. Non essendoci dunque competizione tra inibitore e substrato, l'importanza dell'inibizione dipende esclusivamente dalla concentrazione dell'inibitore stesso.L'inibitore causa una diminuzione dellaVmax ma non modifica lakm.In pratica l'inibizione acompetitiva e l'inibizione mista avvengono solo negli enzimi con due o più substrati.
Alcuni inibitori sono in grado di reagire con l'enzima e formare unlegame covalente. L'inattivazione così indotta è irreversibile. Esistono diversi composti di questo tipo: una classe importante è quella dei cosiddettiinibitori suicidi, che contano al loro interno laeflornitina, unfarmaco utilizzato per trattare lamalattia del sonno.[42] Anche lapenicillina e i suoi derivati agiscono in questo modo. Gliantibiotici di questa classe vengono legati dal sito attivo dell'enzima bersaglio (letranspeptidasi) e vengono convertiti in un intermedio che reagisce in modo irreversibile con alcuni residui presenti nel sito attivo.
Gli inibitori sono spesso utilizzati come farmaci, ma possono agire anche come veri e propri veleni. In realtà, la differenza tra farmaco e veleno è esclusivamente una questione di dose del composto: la maggior parte dei farmaci, infatti, se somministrati ad alte dosi può risultare tossica, come giàParacelso evidenziò nelXVI secolo: "In tutte le cose c'è un veleno, e senza un veleno non c'è nulla.[43] Il principio della dose è lo stesso per cui gli antibiotici e gli altri agenti anti-infezione sono veleni per ilpatogeno e non per l'organismoumano.
Un esempio di inibitore utilizzato come farmaco è l'aspirina, che inibisce l'attività delleciclossigenasi COX-1 e COX-2, che producono leprostaglandine, mediatori dell'infiammazione, riducendo dunque la sensazione di dolore.
In molti organismi anche i prodotti degli enzimi possono agire come una sorta di inibitori, attraverso un meccanismo difeedback negativo. Se un enzima produce troppo prodotto, esso può infatti agire come inibitore dell'enzima stesso, riducendo o bloccando la produzione di ulteriore prodotto. Tale meccanismo è molto frequente negli enzimi coinvolti inpathway metabolici: la esochinasi, ad esempio, è inibita da alte quantità diglucosio-6-fosfato.
La cellula è in grado di controllare l'attività degli enzimi in almeno cinque modalità principali.
Produzione degli enzimi. Latrascrizione e lasintesi proteica deigeni relativi agli enzimi sono controllati con i comuni meccanismi che regolano l'espressione genica. In particolare, tale regolazione spesso risponde a stimoli esterni alla cellula. Ad esempio, alcuni batteri possono diventareresistenti agli antibiotici attraverso l'induzione di enzimiad hoc (ad esempio la resistenza allapenicillina è dovuta all'enzimabeta-lattamasi, che genera l'idrolisi dell'anello beta-lattamico che caratterizza la molecola). Un altro esempio è l'induzione dellecitocromo P450 ossidasi nelfegato, coinvolte nelmetabolismo dei farmaci.
Compartimentalizzazione degli enzimi. L'utilizzo di vescicole e organelli da parte della cellula è essenziale per permettere lo svolgimento di diversipathway metabolici (anche partendo dagli stessi substrati di base). Ad esempio gliacidi grassi sono biosintetizzati da un set di enzimi presenti nelcitosol, nelreticolo endoplasmatico e nell'apparato del Golgi, mentre gli stessi acidi grassi sono utilizzati nelmitocondrio, come fonte dienergia attraverso labeta ossidazione.[45]
Feedback negativo. I prodotti finali di unpathway metabolico sono spesso inibitori dei primi enzimi della stessa via metabolica (solitamente quelli che caratterizzano le reazioniirreversibili), regolando così l'intero flusso della via metabolica. Un tale meccanismo di regolazione è definito afeedback negativo, perché la quantità di prodotto generato dipende dalla concentrazione del prodotto stesso. I meccanismi di feedback negativo sono in grado di regolare finemente l'attività degli enzimi in base alle necessità della cellula, permettendo una ottimizzazione della gestione dei metaboliti a disposizione e un corretto mantenimento dell'omeostasi.
Modificazioni post traduzionali. Lafosforilazione, lamiristilazione e laglicosilazione sono solo alcune delle possibili modificazioni che i singoli amminoacidi di un enzima possono subire in seguito alla suatraduzione. Tali modificazioni sono molto utilizzate per la regolazione dellatrasduzione del segnale. Ad esempio la cellulaepatica è in grado di rispondere al segnaleormonale dell'insulina attraverso la fosforilazione di numerosi enzimi, tra cui laglicogeno sintetasi, che così avvia laglicogenosintesi, riducendo laglicemia.[46] Un altro esempio di modificazione post traduzionale è il taglio di intere sezioni diproteina. Lachimotripsina, ad esempio, è biosintetizzata in forma inattiva (comechimotripsinogeno) nelpancreas e viene trasportata nell'intestino tenue, dove è attivata. Questo permette all'enzima di non avviare la sua attivitàproteolitica nel sito di produzione (nel pancreas anche perché, in questo caso, essendo un enzima proteolitico causerebbe l'autodigestione della cellula stessa), ma solo dove ce n'è davvero bisogno (nel tubo digerente). Questi tipi di precursori inattivi sono dettizimogeni.
Attivazione in ambienti differenti da quelli di produzione. Un'ultima via di regolazione molto usata è la biosintesi di enzimi attivi solo in condizioni molto differenti. L'emoagglutinina del virus dell'influenza, ad esempio, viene attivata solo in seguito a un notevole cambiamento conformazionale indotto dal contatto con l'ambienteacido dell'endosoma della cellula infettata.[47] Simile processo subiscono gli enzimilisosomiali, che vengono attivati solo in presenza del pH acido tipico dell'organello.
Lecascate enzimatiche sono sistemi costituiti da più enzimi i quali agiscono tra loro causando delle modificazioni covalenti. Le cascate possono essere monocicliche, bicicliche o multicicliche.
Gli enzimi, come le altreproteine, presentano attività massima a unpH ottimale. ApH diversi alcuni residui amminoacidici si protonano o deprotonano modificando la struttura delsito attivo e dell'enzima in generale. Questo ne diminuisce o inibisce l'attività catalitica.
Dal momento che il controllo dell'attività enzimatica è necessario per l'omeostasi cellulare, qualsiasi suo malfunzionamento può indurre risultati patologici.Mutazioni, sovrapproduzione o sottoproduzione del gene codificante per un enzima può indurre ad esempio unapatologia genetica. L'importanza degli enzimi nei processi cellulari può essere ulteriormente dimostrata dal fatto che il malfunzionamento di un solo enzima (su migliaia) è in grado di indurre una patologia seria. Per ogni enzima esiste una patologia da malfunzionamento presente solitamente in percentuali di popolazione tale da renderle le tipiche patologie rare (tipicamente caratterizzate da ritardo mentale, qualora non sia possibile evitare l'assunzione alimentare dei substrati di quell'enzima o ciò sia stato fatto troppo tardi); eccezione per gli enzimi il cui malfunzionamento è incompatibile con la vita stessa che perciò nel caso di mutazione o affioramento del gene recessivo il concepimento è abortito sul nascere.[48]
Ad esempio lafenilchetonuria è dovuta alla mutazione di un solo amminoacido nel gene per lafenilalanina idrossilasi, che catalizza il primo step nella conversione dellafenilalanina atirosina, essenziale per evitare all'organismo gli effetti tossici dovuti all'accumuloematico di fenilalanina. Tale mutazione genera la perdita di ogni attività enzimatica, con conseguenzeneurologiche gravi, tra cui un importanteritardo mentale.[49]
Gli enzimi sono enormemente utilizzati nell'industria chimica e in altre applicazioni industriali che richiedono catalizzatori estremamente specifici. Le principali limitazioni al loro impiego sono la scarsa stabilità in solventi differenti da quello biologico e - ovviamente - il numero limitato di reazioni per cui l'evoluzione ha messo a punto enzimi efficaci. Di conseguenza, sta assumendo un'importanza sempre crescente una nuova area di ricerca che punta alla messa a punto di enzimi con determinate proprietà, sia attraverso la modifica di enzimi esistenti, sia attraverso una sorta dievoluzionein vitro.[50][51] Sebbene le reazioni catalizzate da enzimi siano altamente efficienti, alcuni enzimi dipendono dai cofattori della nicotinamide (NADH/NAD+, NADPH/ NADP+). A causa del prezzo elevato di tali cofattori, questi processi non sarebbero economicamente competitivi. Nel recente passato alcuni composti sintetici sono stati identificati come controparti biomimetiche economicamente e funzionalmente molto promettenti dei cofattori naturali[52][53].
Catalizzano la conversione dell'amido presente nellafarina inzuccheri semplici. Utilizzate nella produzione di pane in genere, si inattivano intorno ai 50 °C e sono dunque distrutte durante il processo di cottura.
Converte il glucosio infruttosio, per la produzione di sciroppi ad alta concentrazione di fruttosio (che, rispetto alsaccarosio, presenta alte caratteristiche dolcificanti e basso contenuto calorico).
Le amilasi favoriscono la degradazione dell'amido, al fine di ottenere unaviscosità inferiore. Le xilanasi favoriscono losbiancamento della carta. Le cellulasi ammorbidiscolo le fibre. Le ligninasi rimuovono lalignina per rendere la carta più morbida.
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