Elisabetta Sirani in atto di ritrarre il padre. Incisione ottocentesca di Luigi Martelli ricavata da un autoritratto esistente nell'allora Galleria Hercolani di Bologna.
L'artista è ricordata non solo per le sue notevoli abilità artistiche, provate dalla presenza di numerose sue opere in varie collezioni europee, ma anche per essere stata una delle rare pittrici ad essersi occupata anche d'incisioni.[1] Le sue doti artistiche, che spaziavano dalla pittura al disegno e all'incisione, le permisero di accedere nel 1660 all'Accademia di San Luca in qualità di professore. Due anni dopo sostituì il padre nella gestione della sua bottega artistica e la trasformò in una scuola d'arte per le ragazze, diventando così la prima donna d'Europa a gestire una scuola femminile di pittura.[2][3]
Casa di via Urbana 7, in cui nacque Elisabetta Sirani. Una lapide la ricorda.
La tecnica
«Era tale la velocità e franchezza del suo pennello, ch'ella sembrava più leggiadramente scherzare che dipingere. "Io posso ben dire per verità," dice il Malvasia, "essermi trovato presente più volte che venutole qualche commissione di quadro, presa ben tosto la matita, e giù postone speditamente in due segni su carta bianca il pensiero, (era questo il solito suo modo di disegnare da gran maestro appunto e da pochi praticato, e nemeno dal padre istesso) intinto piccolo pennello in acquarella d'inchiostro ne faceva apparire ben tosto la spiritosa invenzione, che si poteva dire senza segni dissegnata, ombrata, ed insieme lumeggiata tutto in un tempo."»
Elisabetta fu la prima dei quattro figli di Margherita eGiovanni Andrea Sirani, affermato pittore bolognese, primo assistente diGuido Reni e mercante d'arte. Mentre Antonio, il più piccolo ed unico figlio maschio, si sarebbe dedicato allamedicina, Elisabetta studiò con le sorelleBarbara edAnna Maria alla scuola paterna dove dimostrò subito talento e maestria realizzando alcuni ritratti già all'età di diciassette anni.
Iniziò la sua attività producendo dipinti di piccole dimensioni commissionati per la devozione privata, i cosiddetti "quadretti da letto". Uno di questi suoi primi lavori è ilSant'Antonio da Padova e Gesù bambino in collezione privata, in cui però la mano del padre interviene a dipingere il Cristo infante ed il manto del santo.[4] Elisabetta divenne quindi nota per le sue rappresentazioni ispirate a temi sacri (in particolare come pittrice di Madonne) o di natura allegorica, nonché per i ritratti di donne eroine bibliche o letterarie (daGiuditta aDalila, daPorzia aCleopatra).
Nonostante la breve vita della pittrice bolognese, al catalogo delle sue opere si sono aggiunti ad oggi alcuni dipinti recentemente scoperti, prova dell'intensa attività in vita di Elisabetta Sirani; uno su tutti laMadonna orante della Pinacoteca Nazionale diBologna, tornata nella cittàfelsinea dopo 88 anni di assenza (era stata trafugata nel 1930), grazie al ricercatore cesenate Alex Cavallucci, già pubblicata da Adelina Modesti nel catalogo delle opere come dipinto perduto.
La sua tecnica era decisamente inconsueta per il tempo: tratteggiava infatti i soggetti con schizzi veloci e quindi li perfezionava con l'acquarello dimostrando gran disinvoltura o, per usare un termine dell'epoca, con "sprezzatura".[5]
In un ambiente come quello artistico, ritenuto una prerogativa maschile e che di conseguenza mal tollerava "l'intrusione" di protagoniste femminili, Elisabetta eseguì in pubblico ed alla presenza dei suoi committenti (tra cui figuravano nobili e artistocratici, ecclesiastici e personalità di spicco come alcuni membri della famigliaMedici, laduchessa di Parma equella di Baviera) una parte delle proprie opere non solo adeguandosi a una diffusa abitudine dell'epoca, ma anche per allontanare qualsiasi sospetto che non fosse una donna a dipingere con tanta bravura e «per sfatare le voci che vedevano il padre furbo "sfruttatore" di una inesistente capacità o abilità della figlia».[6]
Un lavoro "in pubblico"
La Giustizia, la Carità e la Prudenza, 1664,Vignola.
«Tant'era la prontezza nello immaginare la composizione de' quadri, tanta la sicurezza nell'eseguirla che l'aspetto delle illustri persone che andavano a vederla dipingere, anziché intimidirla l'incoraggiava. Alla presenza diCosimo III lavorava nel quadro ordinatole dalPrincipe Leopoldo suo zio. In quella tela per alludere alle tre particolari virtù della casaMedici aveva rappresentata laGiustizia assistita dallaCarità e dallaPrudenza; e mentre Cosimo stava a vederla ella presto abbozzovvi tutto il Bambino allattato dalla Carità.»
(Mazzoni Toselli,op. cit., p. 6, che riprende a sua volta il Malvasia,op. cit., p. 474)
Accanto alle tele, fin da giovane Sirani realizzò anche apprezzateincisioni all'acquaforte ricavate in genere dai suoi quadri.[7] Le sono attribuite all'incirca 200 opere: una quantità ritenuta esagerata nei soli dieci anni in cui lavorò, anche se in verità non se ne conosce il numero reale a parte una lista che lei stessa iniziò a stendere in una fase già piuttosto avanzata della sua pur breve attività.[8]
L'artista fa parte di quello straordinario movimento pittorico barocco comunemente noto comescuola bolognese. Bologna, in particolare, fu una più prolifica officina italiana di artiste donne, che poterono esprimersi così efficacemente anche grazie alla protezione loro accordata dai rispettivi padri, come fu appunto per Elisabetta ma anche perLavinia Fontana, figlia diProspero, o per la romanaArtemisia Gentileschi, figlia diOrazio, e la venezianaMarietta Robusti, figlia delTintoretto e perciò chiamata "la Tintoretta".[9]
Va comunque ricordato che in realtà nella casa e studio dei Sirani (di Giovanni Andrea prima e poi di Elisabetta, che gli subentrò intorno al 1662, quandola podagra e la chiragra gli impedirono di proseguire l'attività) operava una buona bottega di sole donne, tant'è che nelle opere della giovane pittrice è visibile una certa discontinuità, dovuta in alcuni dipinti proprio alla collaborazione delle allieve, mentre in quelli sicuramente autografi è chiara l'eredità ricevuta dall'insegnamento del padre e, attraverso lui, di Guido Reni e, ancor prima, diRaffaello.
Nel dipinto raffigurante San Giuseppe nell'atto di donare un fiore a Gesù bambino, del 1662, c'è un chiaro riferimento alSan Giuseppe di Guido Reni di medesimo soggetto e composizione. Successivamente, con l'attenuarsi delle influenze dei suoi maestri, Elisabetta andò sviluppando progressivamente uno stile proprio ed indipendente, più naturalistico e realistico, più vicino alla sensibilità delGuercino e dellascuola veneta, in cui pare stabilirsi una sorta di dialogo emotivo fra l'artista ed il soggetto delle sue opere.
Tra le sue discepole figurava ancheGinevra Cantofoli, divenuta poi famosa non solo per le opere realizzate, ma anche per essere stata sospettata di veneficio ai danni della maestra per un'esasperata gelosia d'amore. In verità anche il padre, forse per invidia nei confronti della figlia, fu visto come responsabile della morte di Elisabetta. Nessuno dei tre indagati, compresa la domestica Lucia Tolomelli, fu però accusato formalmente e la pittrice fu dichiarata morta a causa di un'ulcera perforante (peritonite). Mito e supposizioni arbitrarie che però negli anni non si sono mai spenti, anche per la sua prematura scomparsa a soli ventisette anni d'età.
Il conte e biografoCarlo Cesare Malvasia, che all'epoca stava scrivendo le vite dei pittori bolognesi poi riunite inFelsina pittrice, quando seppe della morte della sua favorita, compose un sentito e accoratonecrologio come se gli fosse venuta a mancare una figlia, più che un'analisi critica sulla vita e le opere dell'artista come per tutti gli altri pittori presenti nella sua raccolta.[10]
Il 29 agosto 1665 fu sepolta, accanto a Guido Reni, nel sepolcro della famiglia Guidotti nella cappella del Rosario dellaBasilica di San Domenico in Bologna e, alcuni giorni dopo, furono celebrate le esequie con gran pompa. Poeti e letterati le dedicarono varie composizioni in versi, che Giovanni Luigi Picinardi diede alle stampe insieme con la sua orazione funebre sotto il titoloIl pennello lacrimato,[11] mentre il trentatreenne Bartolomeo Zanicchelli, assiduo frequentatore della scuola dei Sirani da quindici anni, ne fece il ritratto da morta.
Dopo un primo, modesto ridestarsi d'interesse nell'Ottocento romantico, che ne privilegiò gli aspetti biografici più "eroici" e patetici, la Sirani ha conosciuto un recente successo di critica dovuto a nuovi studi d'approfondimento sulla sua opera, notevolmente aumentati negli ultimi anni, tanto da spingere gli studiosi a diverse pubblicazioni monografiche a poca distanza l'una dall'altra.
Un primo segnale di rivalutazione si può individuare nel 1947 quando, con la sostituzione dell'ordinamento repubblicano a quello monarchico, a Bologna l'antica "Scuola provinciale femminile di arti e mestieri", già denominata "Istituto femminile di arti e mestieri Regina Margherita" sotto il patronato reale, fu definitivamente intitolata a Elisabetta Sirani.[12] Nel 1994 le è stato dedicato uncratere di 28 km di diametro sulpianetaVenere[13] e, in quello stesso anno, è stato emesso un francobollo raffigurante il suo dipintoMadonna con Bambino diWashington all'interno della tradizionale serie natalizia delloUnited States Postal Service: la prima volta per l'opera d'arte di una donna.[14]
La prima mostra monografica è datata 1995, mentre la prima monografia moderna è quella curata da Adelina Modesti nel 2004 (op. cit.). Negli anni 2010-2020 le opere più significative sono state scoperte ed attribuite dal ricercatore cesenate Alex Cavallucci: la Cleopatra di Modena, la Madonna Orante già nella pinacoteca nazionale di Bologna. Più di recente (luglio 2011), la compagnia teatrale bolognese Il Chiostro ha ripreso, fra storia, mito e leggende popolari, il tema del processo a Lucia Tolomelli per l'avvelenamento di Elisabetta Sirani inL'enigma della tela (un giallo nell'arte), uno spettacolo che combina i toni tragici del giallo con quelli comici della commedia, scritto da Giovanni Gotti edEugenio Bortolini che ne è stato anche regista ed interprete.
^Come accadde ad esempio nel 1658 perIl battesimo di Cristo della chiesa dei certosini di Bologna, l'allora celebratissimaCertosa di San Girolamo di Casara (che fa oggi parte delCimitero Monumentale cittadino). L'episodio è riferito dal Malvasia (op. cit., p. 467), che vi assistette di persona.
^Alessandra Doratti, "Elisabetta Sirani (1638-1665)", sul sitoArte Ricerca.
^Adam von Bartsch,Catalogue raisonné des estampes gravées à l'eau forte par Guido Reni et de celles de ses disciplesSimon Cantarini, dit le pesarese, Jean-André et Elisabeth Sirani, et Laurent Loli, Vienna, Blumauer, 1795.
^Cfr. il catalogo delle opere riportato dal Malvasia,op. cit., con il titolo "Nota delle pitture fatte da me Elisabetta Sirani".
Carlo Cesare Malvasia,Felsina pittrice. Vite de' pittori bolognesi, Bologna, Erede di Domenico Barbieri, 1678, vol. 2º, pp. 467–479.
Gaetano Giordani, "Notizie sulle Pittrici bolognesi", inAlmanacco storico-statistico di Bologna, anno III 1832, Bologna, Nobili & C., 1832.
Ottavio Mazzoni Toselli,Di Elisabetta Sirani pittrice bolognese e del supposto veneficio onde credesi morta nell'anno XXVII di sua età. Racconto storico, Bologna, Tipografia del Genio, 1833. Il volume è consultabile anche suGoogle Libri.
Fiorella Frisoni, "La vera Sirani", inParagone, n. 29 (1978), pp. 3–18.
Valeria Moretti,Il pennello lacrimato - Sulle tracce di Elisabetta Sirani, Il lavoro editoriale, 1990.ISBN 9788876631559.
Fiorella Frisoni, "Elisabetta Sirani", in Emilio Negro e Massimo Pirondini (a cura di),La Scuola di Guido Reni, Modena, Artioli, 1992, pp. 343–364.ISBN 88-7792-028-9.
(EN) Jane Turner (a cura di),The Dictionary of Art, Nuova York, Grove, 1996, vol. 28º, pp. 787–788.ISBN 1-884446-00-0.
Jadranka Bentini e Vera Fortunati Pietrantonio (a cura di),Elisabetta Sirani. Pittrice eroina, 1638-1665 (catalogo della mostra tenutasi a Bologna nel 2004-2005), Bologna, Compositori, 2004.ISBN 88-7794-466-8.
Beatrice Buscaroli Fabbri eDavide Rondoni,Il veleno, l'arte. Storia vera e teatrale di Elisabetta Sirani pittrice, Genova, Marietti, 2004.ISBN 978-88-211-7745-3.
Adelina Modesti,Elisabetta Sirani. Una virtuosa del Seicento bolognese (prefazione di Vera Fortunati Pietrantonio), Bologna, Compositori, 2004.ISBN 88-7794-445-5.
(EN) Scheda della mostraItalian Women Artists from Renaissance to Baroque (al National Museum of Women in the Arts diWashington, luglio 2007), sul sitoArtCyclopedia.URL consultato in data 29 settembre 2012.