Lo storico e geografo grecoStrabone narra della città diElea nella suaGeografia (VI, 252), specificando però che i fondatoriFocei la chiamarono inizialmente con la grafia greca diὙέλη (Huélē).
A tal riguardo bisogna ricordare che la lingua parlata dai Focesi era ildialetto dorico che differisce per suoni e per grafia sia dalGreco usato dagli storiografi del tempo che dalle lingue parlate daipopoli latini, che successivamente influenzarono la cultura dei coloni greci stanziatisi sul territorio campano.
Gli eleatici - come testimoniano anche le monete più antiche - usavano un alfabeto greco arcaico che includeva e utilizzava ancora la lettera deldigamma,Ϝ, corrispondente al grafema latinov e al fonema semiconsonantico /w/. È per questo che i parlanti latini hanno successivamente traslitterato il toponimo aggiungendo unaV iniziale.
Così deve assumersi che il nome di questo luogo passò da un non attestato*Ϝελᾱ (Welā) alla grafia atticaὙέλη (Huélē; latinizzata inHyele) così come riportata da Strabone e daAntioco di Siracusa, la fonte a cui si rifaceva il primo. La comparsa della vocaleypsilon a inizio parola indica una successiva grecizzazione del latino*Vela (poiVele), non più trascritta utilizzando la obsoleta consonante deldigamma.
Quanto alla formaἘλέᾱ (Eléā) sembra trattarsi di una successiva variante attica che non si riscontra prima diPlatone, nelIV secolo a.C., cioè due secoli dopo la fondazione della città. Da quest'ultima forma viene quindi la grafia latina diVelia (pronunciato classicamente /ˈu̯e.li.a/).
Da queste ultime due forme derivano direttamente le italiane Elea e Velia, che ricalcano fedelmente i rispettivi accenti (Eléa e Vélia).
Lo storico e geografo grecoStrabone, nella suaGeografia, parla della città di Elea-Velia[1], specificando che iFocei, suoi fondatori, la chiamarono inizialmente῾Υέλη (Huélē), nome che però dopo alcune variazioni divenne per i grecofoniElea.
IRomani adottarono la formaVelia per il nome della città, attestata a partire daCicerone.
Gli scavi, vicini alla ferrovia e non lontani da Ascea Marina, sono visitabili tutti i giorni. Dell'antica città restano l'Area Portuale, Porta Marina,Porta Rosa, leTermeEllenistiche e leTerme romane, l'Agorà, l'Acropoli, ilQuartiere Meridionale e il Quartiere Arcaico.In prossimità dell'ingresso si trova un ampio parcheggio gratuito non custodito né ombreggiato, e un gruppo di moderni edifici in cemento armato, legno e vetro, destinati a biglietteria, esposizione, ristoro, servizi igienici e vendita di souvenirs costruito con i finanziamenti POR Campania 2000-2006 per la valorizzazione del Parco archeologico di Elea-Velia nell'ambito di un progetto cofinanziato dall'Unione europea. Di questi solo la biglietteria era utilizzata, mentre gli altri risultavano in stato di abbandono sin dal loro completamento: gli scaffali era accatastati e non erano nemmeno stati montati[2]. Al 2024, invece, le strutture adiacenti la biglietteria sono pienamente funzionanti, con possibilità di acquisto di souvenir, libre, guide, oltre ai servizi igienici.[3]
Nel 2016 l'area archeologica ha fatto registrare 33 380 visitatori.[4].
Dati sulle affluenze del Parco archeologico di Elea-Velia (fonte: www.statistica.beniculturali.it).
Elea fu fondata nella seconda metà del VI secolo a.C., da esuliFocei in fuga dallaIonia (sulle coste dell'attualeTurchia, nei pressi del golfo diSmirne) per sfuggire alla pressione militarepersiana. La fondazione avvenne a seguito dellaBattaglia di Alalia, combattuta dai Focei diAlalia contro una coalizione diEtruschi eCartaginesi, evento databile a un arco temporale che va dal541 al535 a.C.
La città fu edificata sulla sommità e sui fianchi di un promontorio, comprato dai Focei agliEnotri, situato traPunta Licosa ePalinuro. Fu inizialmente chiamataHyele, dal nome della sorgente posta alle spalle del promontorio.
Intorno al V secolo a.C., la città era felicemente nota per i floridi rapporti commerciali e la politica governativa. Assunse anche notevole importanza culturale per la sua scuola filosoficapresocratica, conosciuta comeScuola eleatica, fondata daParmenide, con probabili influenze diSenofane, e portata avanti dall'allievoZenone. Nel IV secolo entrò nella lega delle città impegnate ad arrestare l'avanzata deiLucani, che avevano già occupato la vicinaPoseidonia (Paestum) e minacciavano Elea.
Con Roma, invece, Elea intrattenne ottimi rapporti: fornì navi per leguerre puniche (III-II secolo) e inviò giovani sacerdotesse per il culto aDemetra (Cerere), provenienti dalle famiglie aristocratiche del posto. Divenne infine luogo di villeggiatura e di cura per aristocratici romani, forse grazie anche alla presenza della scuola medico-filosofica.
Nell'88 a.C. Elea fu ascritta alla tribùRomilia, divenendo municipio romano con il nome di Velia (cfr. la scheda a lato,Le diverse forme del nome greco), ma con il diritto di mantenere lalingua greca e di battere moneta propria. Nella seconda metà del I secolo servì come base navale, prima perBruto (44 a.C.) e poi perOttaviano (38 a.C.). La prosperità della città continuò fino a tutto il I secolo d.C., quando si costruirono numerose ville e piccoli insediamenti, unitamente a nuovi edifici pubblici e allethermae, ma il progressivo insabbiamento dei porti e la costruzione, avviata nel 132 a.C., dellaVia Popilia che collegava Roma con il sud della penisola tagliando fuori Velia, condussero la città a un progressivo isolamento e impoverimento.
Dalla fine dell'età imperiale, gli ultimi abitanti furono costretti a rifugiarsi nella parte alta dell'Acropoli per sfuggire all'avanzamento di terreno paludoso, e l'insediamento è riportato nei codici con vari nomi, corrispondenti a differenti periodi, tra cuiCastellammare della Bruca. Alla fine del Medioevo, nel 1420, diventò feudo dei Sanseverino che però sarà presto donato allaReal Casa dell'Annunziata di Napoli. Dal 1669 non è più censito alcun abitante sul posto, e le tracce della città si perdono nelle paludi. Solo nell'Ottocento l'archeologoFrançois Lenormant comprese che l'importanza storica e culturale del luogo si prestava a interessanti studi e approfondimenti, tuttora in corso, ma va anche rilevato che purtroppo, a causa degli scavi iniziati nel secolo scorso, l'abitato superstite dall'epoca medievale fino al Seicento fu quasi completamente distrutto.
La pianura a nord della città antica è solcata dal fiumeAlento e dal suo affluente di sinistra, ilPalistro, in passato dotato di autonomo sbocco in mare.
A sud dell'acropoli, a breve distanza da questa, sfocia la Fiumarella di Santa Barbara.
Il materiale sedimentato dai tre fiumi ha determinato col tempo l'interramento dello specchio antistante la città, causando la scomparsa delle due isole Enotridi, fornite di approdi, di cui ci parla Strabone.[5] Dell'esistenza delle due isole ci viene conferma daPlinio il Vecchio che ce ne fornisce sia l'ubicazione (contra Veliam) che i nomi (Isacia ePontia).[6]
Gli stessi fenomeni hanno causato l'avanzamento della linea di costa che oggi fa apparire la zona collinare su cui sorge l'acropoli, un tempo un promontorio, come un'altura non più lambita dal vicino mare.Quest'altura, a seguito della perdita della memoria dell'esistenza della colonia focea, ha assunto il toponimo diCastellammare della Bruca.
Tra i motivi che fanno di Velia unpatrimonio dell'umanità va sicuramente menzionata lascuola eleatica, una scuolafilosofica che ha potuto vantare, fra i suoi esponenti,Parmenide,Zenone di Elea eMelisso di Samo.Senofane di Colofone è stato a lungo considerato un filosofo della tradizione eleatica per la scelta stilistica di scrivere in versi: la critica dell'antropomorfismo religioso e dei valori della classe aristocratica sono invece chiari esempi della sua impostazione ionica (la stessaColofone è, infatti, nellaIonia).
Secondo Erodoto i focei erano stati i primi, tra iGreci, a navigare su lunghe distanze, solcando i mari non con arrotondate imbarcazioni mercantili ma su navi a cinquanta remi (lepentecontere), esplorando per primi l'Adriatico, laTirrenia e l'Iberia e spingendosi fino aTartesso.Qui si stabilirono intrattenendo relazioni fraterne con il re localeArgantonio.Questi, di fronte alle pressioni di Arpago,[7] tentò di convincerli ad abbandonare la Ionia e ad insediarsi nei paraggi, in qualunque luogo scegliessero, ma, vista l'inutilità dei suoi sforzi, li rifornì di abbondante denaro per rinforzare le mura di Focea e far fronte alle minacce deiMedi. Fu così che le mura di Focea, costituite di grossi blocchi ben connessi, si svilupparono su un perimetro di moltistadi.
Quando la città fu cinta d'assedio da Arpago, ai Focei fu avanzata la proposta di una resa onorevole. In cambio veniva pretesa la simbolica distruzione di un solo bastione e la consacrazione di un edificio aCiro.I Focei chiesero un giorno di tempo per decidere, durante il quale l'assedio doveva esser momentaneamente allentato.
Arpago concesse loro la tregua pur non facendo mistero di averne intuito i propositi.Fu così che i Focei misero in mare le loro navi e, caricatele di tutta la popolazione, di tutti i beni che potevano, incluse statue votive ed offerte tratte dai templi, ad eccezione delle statue in bronzo e in pietra e dei dipinti, si allontanarono dalla città abbandonandola al suo destino.
Il giorno dopo i Persiani entrarono in una città deserta.
Lasciata Focea fecero rotta suChio. Lì giunti, vollero convincerne gli abitanti a vender loro le isole chiamateEnusse, ma i Chìesi, intimoriti dalla temibile concorrenza commerciale, non vi acconsentirono. A quell'epoca Argantonio era già morto: decisero perciò di dirigersi verso l'isola diCirno dove, vent'anni prima, assecondando un responso oracolare, avevano eretto la città diAlalia (chiamata in seguitoAleria).
Prima di partire fecero però rotta su Focea dove sbarcarono e massacrarono il presidio persiano.Poi, pronunciando maledizioni verso chi abbandonasse il viaggio, gettarono in mare un masso di ferro incandescente giurando che mai sarebbero tornati a Focea se non quando esso fosse ritornato a galla. Ma durante il viaggio più della metà di loro, vittime della nostalgia, ruppe il giuramento e prese la via del ritorno.
Giunti a Cirno vi eressero templi, coabitando per cinque anni con i precedenti coloni. Ma le loro scorreriepiratesche spinseroEtruschi eCartaginesi ad allearsi e ad armare contro di loro una flotta di 120 navi (60 per parte). I Focei, armate le loro sessanta pentecontere, mossero incontro ai nemici nel mare chiamato Sardonio. Dalla battaglia risultarono vincitori, ma a prezzo di gravi perdite:[8] quaranta delle loro navi rimasero infatti distrutte e le rimanenti venti, con i rostri spezzati, erano inservibili alla guerra. Sbarcarono adAlalia e, presi a bordo donne e bambini, salparono versoReggio.
Il 1 febbraio 2022 furono annunciati i risultati della campagna di scavi che hanno portato alla riemersione del tempio arcaico dedicato ad Atena, sull'acropoli di Velia. La struttura del tempio più antico avrebbe una datazione al 540-530 a.C., negli anni successivi alla battaglia di Alalia. Per l'occasione, il Direttore Generale dei Musei e Direttore Avocante del Parco Archeologico di Paestum e Velia, Massimo Osanna, dichiarò: “Con tutta probabilità in questo ambiente vennero conservate le reliquie offerte alla dea Athena dopo la battaglia di Alalia, lo scontro navale che vide affrontarsi i profughi greci di Focea e una coalizione di Cartaginesi ed Etruschi, tra il 541 e il 535 a.C. circa, al largo del mar Tirreno, tra la Corsica e la Sardegna. Liberati dalla terra solo qualche giorno fa, i due elmi devono ancora essere ripuliti in laboratorio e studiati. Al loro interno potrebbero esserci iscrizioni, cosa abbastanza frequente nelle armature antiche, e queste potrebbero aiutare a ricostruire con precisione la loro storia, chissà forse anche l’identità dei guerrieri che li hanno indossati. Certo si tratta di prime considerazioni che già così chiariscono molti particolari inediti di quella storia eleatica accaduta più di 2500 anni fa”[9].
Gli avversari si divisero gli equipaggi delle navi affondate e gli Etruschi di Agilla,[10] ottenutane la maggior parte li condussero fuori delle mura per lapidarli a morte. Ne seguirono eventi prodigiosi: chiunque passasse sul luogo dell'eccidio, uomo pecora o bestia da soma, ne rimaneva storpio e paralitico.
Fu così che gli agillei andarono aDelfi desiderosi di conoscere dallaPizia la via per porre riparo alla maledizione. E la Pizia suggerì loro lacatarsi: stabilire, in onore dei morti, l'usanza di compiere sacrifici e di consacrare ai Focei una competizione atletica ed equestre per gli anni a seguire, una tradizione ancor viva ai tempi di Erodoto.
Da Reggio a Hyele: tutte le colpe di un oracolo frainteso
Quelli che si erano rifugiati a Reggio risalirono la costa e raggiunsero, in terraEnotria, una città allora chiamata Hyele (Ὑέλη). Lì unposidionate rivelò ai focei come in passato avessero frainteso l'oracolo della Pizia: secondo il responso infatti, avrebbero dovuto attestare con santuari il culto dell'eroeCirno,[11] piuttosto che insediarsi essi stessi sull'isola di Cirno. Convinti del loro precedente errore dall'argomentazione del posidoniate, si risolsero a prendere possesso della città enotria.[12]
^Si tratta, secondo l'interpretazione prevalente, di un generale diCiro o, secondo altri, dello stesso Ciro.
^Unavittoria cadmea, secondo la dizione erodotea: l'espressione proverbiale probabilmente si riferisce alla lotta fratricida diEteocle ePolinice, figli diEdipo e discendenti diCadmo, che si uccisero l'un l'altro per il possesso diTebe (la rocca cadmea). SecondoJérôme Carcopino si riferirebbe invece ai rovesci subiti dallo stesso Cadmo durante la vicenda che lo portò alla fondazione dellarocca cadmea Tebe. Oggi diremmo anche:unavittoria di Pirro.
^La connessione tra il sito che sarà di Elea e una preesistente città enotria è suggerita dalla lettura del testo erodoteo e confermata daPlinio (Naturalis historia, III, 85). Si veda l'articolo diMarcello Gigante,Il logos erodoteo sulle origini di Velia, p. 301, citato in bibliografia.
a cura diFritz Krinzinger e Giuliana Tocco Sciarelli,Neue Forschungen in Velia. Akten des Kongresses "La Ricerca Archeologica a Velia", (Rom, 1.-2. Juli 1993), 2 voll., veranst. vom Historischen Institut beim Österreichischen Kulturinstitut in Rom und von der Soprintendenza Archeologica per le Province di Salerno, Avellino e Benevento, 1999
Peter Kingsley,Nei luoghi oscuri della saggezza, Marco Tropea, 2001 (traduzione diIn the dark places of wisdom, 1999)ISBN 9788843803187