La città venne istituita daAlfonso XI di Castiglia nel 1346 col nome diVillanueva de Sant Andrés, al quale venne in seguito aggiunto il suffissode Heybar,[1] mentre in vari documenti del 1493 appare anche la grafiaEhibar. Lo storico Gregorio de Múgica sottolinea che all'epoca non esisteva una grafia standardizzata del toponimo, e sono attestate anche altre forme comeHeibar,Eybar eHeivar.
Il nome viene dal bascoibar ("fiume"), ma non si ha certezza sulla parola di origine del prefisso "e-". Un'interpretazione molto diffusa ma non confermata sotiene che derivi daEgo ibar, lett. "valle dell'Ego", un fiume presente nel territorio cittadino. Altre ipotesi sonohego ("cima") oeho ("macinare", in riferimento ai numerosi mulini che esistevano nella valle).
I ritrovamenti preistorici attestano la presenza umana nell'area già nelNeolitico, intorno al III millennio AC. Quando i romani arrivarono in queste terre riportarono la presenza dei Caristi, una delle popolazioni della Spagna preromana. I romani integrarono l'area della valle del fiumeDeba nella Giurisdizione diClunia. Successivamente essa venne a far parte delRegno di Navarra, sotto il quale si formò un primo centro, intorno alle attività della chiesa e monastero di San Andrés (San Andreskoelizate oanteiglesia de San Andrés).
Le prime notizie che riguardano Eibar risalgono al1193, in riferimento a una delle importanti famiglie locali. Nel1267 si riporta la cessione del patrimonio della parrocchia aiseñores di Olaso, della vicinaElgoibar, da parte del reAlfonso X di Castiglia.
Il 5 febbraio1346 il reAlfonso XI di Castiglia concede i privilegi di villa allaanteiglesia de San Andrés. La nuova città riceve il nome diVillanueva de San Andrés de Heybar. In essa, come in altri centri vicini, esistevano attività basate sulla lavorazione del ferro e sulla fabbricazione di armi.
Nel XIX secolo ebbe luogo l'industrializzazione dei processi produttivi, accompaganta da un mutamento sociale. Alla fine del secolo e nella prima metà del successivo, le idee del movimento operaio internazionale e le ideesocialiste irrompono nella società della città, che il 6 de agosto del 1897 vive il suo primo sciopero. In seguitò la città diventerà un punto di riferimento nel panorama del socialismo spagnolo. Ciò culminò, il 14 aprile 1931, con la proclamazione dellaSeconda repubblica spagnola, che la città di Eibar proclamò per prima.
La ferrovia arrivò ad Eibar nel1887, con l'inaugurazione della stazione di sosta di Málzaga, che fece della città un importante crocevia. Alcuni anni dopo, nel1909, si inaugurò lastazione ferroviaria di Eibar.[2]
Con laGuerra civile spagnola, Eibar fu dichiarata «región devastada», data la sua integrale distruzione. La ricostruzione portò a uno sviluppo industriale importante e ad un aumento della popolazione, che arrivò in pochi anni a superare i 40 000 abitanti.
Lo sviluppo industriale e urbano si realizzò nel contesto di una orografia complicata, all'interno di una valle, quella del fiumeEgo, molto stretta. Ciò provocò uno sviluppo verticale degli edifici residenziali, e la loro vicinanza con gli stabilimenti produttivi, tanto che perfino l'accesso ad alcuni di essi diventò complicato. La questione fu affrontata con l'installazione di mezzi di trasporto meccanici, come scale mobili e ascensori.
Le difficoltà insite nell'ampliamento delle installazioni industriali fece sì che alcune imprese si trasferissero in altri luoghi, principalmente i dintorni diDurango e la provincia diÁlava. A questo si aggiunse la crisi industriale che cominciò nel 1973 e colpì pesantemente l'infrastruttura industriale di Eibar.
All'inizio del XXI secolo, dopo aver perso quasi la metà della sua popolazione, la città comincia un lento recupero, incentrato sulle attività dell'industria e dei servizi.
«A veynte e nuebe días del mes de setienbre, anno del nasçimiento de nuestro salbador Ihesu Christo de mill e quinientos e uno, çerca de la casa de Ybarra de Suso que es en término e juridiçión de la villa del sennor Sant Andrés de Heybar, donde es usado e costunbrado de se juntar el conçejo de la dicha villa e su tierra [...]»