
L'economia della Germania nazista ebbe, fra il1933 ed il1939, un notevole fattore di sviluppo nellapolitica del regime diHitler tesa al riarmo oltre che nella serie diopere pubbliche attuate, con conseguenze positive per ilriassorbimento della disoccupazione. L'economianazionalsocialista si salda sulla base dei principi dell'economia keynesiana,autarchici,imperialistici ecollettivisti. I notevoli progressi economici costituirono una concausa importante dell'ampio consenso politico delpopolo tedesco a favore delnazionalsocialismo.
I grandicartelli industriali e il grandecapitalemonopolistico mantennero saldamente il controllo delmercato, dallaproduzione allavendita dellemerci grazie all'intervento del regime, asservendo il tutto ai propri scopi. In tale periodo venne particolarmente potenziata la grandeindustria. Un settore chiave fu quello siderurgico, dove vennero create grosse industrie pubbliche.[1]

Le spese per il riarmo fin dal 1933 avevano avuto un certo peso nei bilanci dello Stato, ma a partire dal 1936 esse divennero assolutamente fuori controllo. Bisognava preparare il Paese alla guerra. In principio Hitler incaricòGöring di coordinare i programmi per rendere l'economia tedesca autosufficiente rispetto alle importazioni dall'estero e di sovraintendere alla distribuzione di fondi, materie prime e mano d'opera al fine di raggiungere gli obiettivi di riarmo stabiliti dalle diverse forze armate. Tali obiettivi non erano stati ancora conseguiti quando, nel 1939, scoppiò la guerra. Le conquiste del periodo 1939-1941 non furono inizialmente sfruttate a pieno dalla macchina bellica delTerzo Reich: infatti i gerarchi nazisti esitavano a comprimere ulteriormente la produzione di beni di consumo a favore della produzione di armi, temendo che ciò avrebbe diffuso il malcontento tra i lavoratori fino a determinare il crollo delfronte interno (come era già accaduto negli ultimi mesi dellaprima guerra mondiale). Solo lo shock determinato dalle sconfitte in Russia e nel Mediterraneo indusse il regime, a partire dal 1943, a mobilitare l'intera economia del Reich alla guerra. Burocrati comeTodt eSpeer ottennero nell'ultimo periodo della guerra un aumento senza precedenti della produzione di armi, grazie alsaccheggio sistematico dellematerie prime dei Paesi occupati e all'impiego di milioni di lavoratori deportati da tutta l'Europa e schiavizzati. Tali risultati sono ancora più impressionanti se teniamo conto delbombardamento sistematico dei centri industriali tedeschi e delle infrastrutture stradali e ferroviarie attuate dall'aviazione anglo-americana. Nonostante i buoni risultati, gliAlleati - e gliStati Uniti in particolare - riuscirono a produrre molte più armi della Germania nazista e questo decise le sorti della guerra.
All'aumento deiprofitti e della produzione non corrispose un pari aumento deisalari deilavoratori, mentre gli orari ed i ritmi dilavoro ebbero un forte incremento.
La dinamica salariale non seguì quella del costo della vita, con la conseguenza che il tenore di vita deglioperai subì un progressivo peggioramento. A partire dal 1943 tale peggioramento divenne inarrestabile a causa del trasferimento di manodopera e materie prime dall'industria leggera legata ai beni di consumo all'industria bellica. Solo ilpieno successo occupazionale fu uno dei punti di forza del nazismo e ciò concorse alla costruzione dell'ampio consenso popolare verso il regime nei primi anni della dittatura.
Nelsettore agricolo, come in quello industriale, il nazismo non attuò le grandi riforme promesse inizialmente per attirare il consenso delle masse, venendo meno così alproprio programma politico originario.
Il nazismo, analogamente alfascismo italiano, esaltò propagandisticamente e in maniera strumentale il mondocontadino, esaltandone l'autenticità e l'attaccamento ai costumi tradizionali. La parola d'ordine nazista, in campo agricolo, fu: il massimo impegno per realizzare l'autonomia alimentare del paese, anche se l'autonomia in questo settore costituiva un obiettivo non raggiungibile a causa della rapporto negativo fra lapopolazione e le risorse agricole delterritorio.
Al contempo il regime mobilitò maggiori risorse verso l'industria piuttosto che verso l'agricoltura, mentre aumentavano continuamente le importazioni di derrate alimentari dall'Europa sud-orientale. Difficile dire se una vittoria sull'Unione Sovietica durante la seconda guerra mondiale avrebbe cambiato le cose. Il "Grande piano Oriente" sviluppato in segreto dalle SS prevedeva l'annientamento della maggior parte dei polacchi e degli ucraini, che entro il 1952 sarebbero stati sostituiti con 20 milioni di coloni (ovvero contadini-soldati) di razza ariana. Tuttavia gli sviluppi negativi del conflitto a partire dal 1943 resero questi progetti irrealizzabili.

Il nazismo, una volta conquistato il potere, si pose come obiettivo il riarmo della Germania in previsione di un nuovo conflitto mondiale. A tale scopo ogni spazio di libertà doveva essere compresso e regolato a partire dal vitale settore dei rapporti di lavoro.
Tutte leorganizzazioni dei lavoratori furono chiuse, tranne quelle naziste che però non avevano nessuna autonomia dovendo eseguire ordini che venivano dalle alte gerarchie del Partito. Anche il diritto disciopero fu vietato. Gli industriali tedeschi imposero,nell'ambito degli obiettivi del regime, un rapporto fra le parti sociali di tipopaternalistico-autoritario, nella misura in cui illicenziamento fosse vietato.
I lavoratori, a seguito dell'appositalegge del 15 marzo1934 e delle disposizioni successive, del1935, potevano essere destinati a posti diversi di lavoro secondo la volontà delle autorità. Fu eliminata la possibilità per ilavoratori della libera scelta del lavoro e fu istituito, il 26 giugno1935, il lavoro obbligatorio per tutti i giovani con un'età compresa fra i 18 ed i 25 anni.
Per combattere la disoccupazione venneroavviati grandi lavori pubblici - autostrade, linee metropolitane, palazzi governativi - con i quali lo Statoassorbì ben presto molta della manodopera disponibile. La reintroduzione dellaleva obbligatoria fece il resto.
L'intervento del regime nella vita privata dei giovani, lavoratori e non, fu pervasivo al fine di inserirli nelle strutture naziste e orientarli ideologicamente, secondo un principiototalitario. A tale scopo fu creata l'istituzioneKraft durch Freude, cheorganizzava e regolava il tempo libero e le ferie dei giovani, controllandone e indirizzandone lo svago e losport.
L'introduzione di politiche sociali e la proclamazione del 1º maggio comeFesta del lavoro dimostrano tuttavia come il regime nazista fosse attento allo stato d'animo degli operai tedeschi. Alcuni studi dimostrano come l'ambita iscrizione al NSDAP - che a partire dalla nomina di Hitler a cancelliere del Reich nel 1933 avveniva per cooptazione - fosse più semplice per gli operai che non per altre categorie, al punto da cambiare la composizione sociale degli iscritti al partito nazista nel periodo tra il 1933 e il 1939.

Il nazismo dipendeva in modo totale dalla grande industria (soprattutto metallurgica e chimica) per i propri progetti di riarmo. Nel1934 con la cosiddetta "notte dei lunghi coltelli" vi fu l'epurazione violenta dei fautori di un'ulterioresocializzazione dell'economia facenti capo adErnst Röhm, rassicurando il ceto industriale di non procedere con lanazionalizzazione delle loro industrie, a patto però di un loroasservimento ai progetti nazionalsocialisti. Il nazismo soppresse ildiritto di sciopero e ogni forma di organizzazione sindacale all'interno delle fabbriche, riportando l'orario di lavoro settimanale a 40 ore (divise in 5 giorni lavorativi uguali a 8 ore al giorno di lavoro).
Per evitare la concorrenza fra industrie dello stesso ramo produttivo, il governo nazista reseobbligatoria la concentrazione industriale, sciolse le piccole e medie società e vietò che se ne formassero delle altre, a meno che non lavorassero esclusivamente su commissione per le grandi industrie, così come per la realtà artigianale. Inoltre vennero prese misure per la parziale detassazione degli utilireinvestiti in settori "approvati" dallo Stato (ovvero nell'industria bellica). Ilprotezionismo prima e l'autarchia in seguito crearono un mercato chiuso in cui tutta la realtà produttiva era indirizzata efinalizzata alla produzione di beni per lo Stato e / o per il consumatore tedesco.
Il principio fondante di tutto l'hitlerismo è stata la costruzione dellaGrande Germania (Grossdeutsches Reich) e del suo "spazio vitale" (Lebensraum): a quest'ideatutto andava sottomesso, compresa l'economia. Tuttavia quando Hitler salì al potere nel gennaio 1933 le condizioni economiche della Germania erano disastrose: il 20% della forza lavoro (circa 7 milioni di persone) disoccupate ed al limite della soglia della malnutrizione, la cui causa era la deflazione seguita allacrisi del 1929 con il conseguente ritiro dei capitali americani dalla Germania nonostante ilpiano Dawes ed ilpiano Young. Il tutto era inoltre accentuato dal rigore depressivo dell'allora vigentegold standard. Le riserve auree dellaReichsbank erano ridotte ad appena 200 tonnellate. Hitler si affidò al Ministro delle Finanze,Hjalmar Schacht, per ottenere quello che non esitava a definire "un miracolo": il riassorbimento delladisoccupazione, l'eliminazione della deflazione (che fu combattuta con una cambiale di Stato, ilMefo, usata qualemoneta alternativa per le commesse industriali tra Stato ed industrie e tra industrie) e il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, evitando nel contempo l'iperinflazione. Ciò fu ottenuto grazie a unpiano di grandi opere pubbliche, aenormi investimenti nella produzione di armi e ad unosfruttamento criminale di manodopera ridotta sostanzialmente a schiavitù. Queste misure rimisero in moto le grandi industrie manifatturiere e consentirono la ripresa del mercato interno.
L'export tedesco fu affetto per tutti gli anni '30 da una cronica debolezza determinata soprattutto dalla sopravvalutazione del marco rispetto alle maggiori valute mondiali. A questa debolezza si cercò di rimediare con i mezzi più diversi, uno dei quali fu un complesso sistema di sovvenzionamento alle esportazioni, finanziato a partire dal 1935 tramite una tassa imposta all'economia secondaria (Exportumlage auf die gewerbliche Wirtschaft)[2]. A partire dal 1933 il Ministero degli Esteri tedesco sottoscrisse una serie diaccordi bilaterali con altri Paesi, soprattutto quelli dell'Europa sud-orientale, che regolavano il commercio estero sulla base delclearing. In pratica questi paesi fornivano derrate alimentari e materie prime al Reich, che a sua volta esportava manufatti finiti (soprattutto armi e macchine utensili). Per funzionare, il saldo doveva essere pari a zero, ma in pratica il Reich costrinse i deboli partner commerciali ad accettare che la Germania accumulasse forti debiti di clearing non pagati. Il sistema del clearing era pensato per evitare la fuoriuscita di valuta dai propri confini: si trattava, di fatto, di un'economia di baratto. I governi dei Paesi dell'Europa sudorientale (e anche l'Italia) non si resero mai pienamente conto che questo sistema subordinava sempre di più le economie nazionali agli interessi economici della Germania nazista: infatti più esse esportavano in Germania e più dovevano importare dalla Germania, anche se si trattava di prodotti di cui non avevano necessità; ma al tempo stesso la quantità di prodotti esportati verso i cosiddetti "paesi a valuta libera" diminuiva di anno in anno, rendendo impossibile l'acquisizione della valuta estera necessaria per importare da altri paesi. Questo schema economico negli anni 1940-45 sarebbe stato imposto a tutta l'Europa occupata, con la creazione del clearing multilaterale europeo[3].
Fu così che la Germania divenne la potenza egemone d'Europa ben prima che le armate di Hitler la occupassero in gran parte. Infatti già a metà degli anni trenta la Germania era responsabile di oltre la metà di tutto l'import-export dell'Europa sudorientale. L'annessione dell'Austria, nel 1938, aggiunse anche l'arma finanziaria all'ingegnoso sistema ideato da Schacht poiché le banche viennesi erano, fin dal tempo dell'impero asburgico, le principali intermediarie del credito nell'Europa sudorientale. Ma i produttori tedeschi guadagnarono larghe fette di mercato anche al di fuori dei confini europei: per esempio nelMedio Oriente e nell'America latina. Il miraggio degli accordi di clearing proposti dalla Germania fu essenziale nel causare le crisi internazionali che, alla fine degli anni trenta, portarono ilMessico e ilVenezuela anazionalizzare l'industria petrolifera. Si comprende quindi come l'economia nazista fosse essa stessa un potente fattore di destabilizzazione dell'ordine mondiale al pari della politica espansionista: di questo tutte le parti in causa erano pienamente convinte. Un episodio poco conosciuto lo dimostra. Nell'aprile 1939, quando ancora pareva possibile un accordo generale che evitasse la guerra, la diplomazia britannica fece arrivare alla Germania l'offerta ufficiosa - perché trasmessa per mezzo di uomini d'affari anziché di diplomatici - di un prestito a lunga scadenza e a tassi d'interesse straordinariamente bassi di 1 miliardo di dollari per la riconversione industriale dalla produzione di mezzi bellici alla produzione dibeni di consumo: in cambio si chiedeva alla Germania di rinunciare all'occupazione militare della Cecoslovacchia (avvenuta appena un mese prima) e ad ogni politicaespansionista ai danni dei propri vicini. Tale proposta, se accettata, avrebbe riportato il Terzo Reich nell'ambito dei paesi capitalistici. La proposta avanzata dall'Inghilterra infatti mirava a normalizzare la Germania, per farne un partner nell'orbita di una eventuale riaffermata egemonia britannica (quello inglese era all'epoca l'unico impero coloniale globale, più esteso anche diquello francese). Affinché una istituzione come ilclearing, che fosse basata sul baratto o invece sull'intermediazione finanziaria, funzionasse quale riequilibratore dei surplus e dei deficit tra i diversi Paesi, essa doveva concepirsi governata da un'Autorità terza rispetto ai diversi Stati per la regolazione del computo "dare/avere". Ad una tale istituzione pensòKeynes durante laconferenza di Bretton Woods nel 1944. Essa avrebbe dovuto avere come strumento di conto una moneta virtuale, il "bancor", diversa dalle monete dei vari Paesi aderenti agli accordi. L'idea fu invece deviata dagli Stati Uniti che imposero come moneta di scambio internazionale il dollaro, ergendosi così a creditori dell'economia mondiale, almeno di quella occidentale.
A dispetto di questi sorprendenti risultati, neppure il clearing era sufficiente a finanziare l'immane sforzo del riarmo voluto da Hitler, date le limitate scorte di valuta estera e di oro dellaReichsbank. Infatti, nonostante l'attenzione del ministroSchacht, nel 1936 tali riserve si erano ormai azzerate. Le opzioni, a questo punto, erano solo due: interrompere la corsa al riarmo e porre fine allapolitica estera espansionista; oppure saccheggiare i deboli vicini della Germania per mezzo di rapide guerre di conquista. I leader nazisti si gettarono avanti: l'Austria fu occupata nell'aprile del '38 e laCecoslovacchia nel marzo del '39 senza nemmeno sparare un colpo di fucile; laPolonia fu sconfitta con unaguerra lampo di quattro settimane nel settembre di questo stesso anno.
Negli anni '30 i prezzi mondiali delle materie prime (che costituivano la maggior parte delle importazioni tedesche) erano in aumento. Allo stesso tempo, i prezzi mondiali dei manufatti (le principali esportazioni della Germania) stavano diminuendo. Il risultato fu che la Germania trovò sempre più difficile mantenere labilancia dei pagamenti. Un grandedeficit commerciale sembrava quasi inevitabile. La Germania quindi iniziò ad allontanarsi dal commercio parzialmente libero in direzione dell'autosufficienza economica.[4] Hitler era consapevole del fatto che la Germania mancava di riserve di materie prime e la pienaautarchia era quindi impossibile. Così scelse un approccio diverso. Il governo nazista cercò di limitare il numero dei suoi partner commerciali e, quando possibile, commerciare solo con paesi all'interno della sfera di influenza tedesca. Durante gli anni '30 furono firmati numerosi accordi commerciali bilaterali tra la Germania e altri paesi europei (principalmente paesi situati nell'Europa meridionale e sud-orientale). Il governo tedesco ha fortemente incoraggiato il commercio con questi paesi, ma ha fortemente scoraggiato il commercio con tutti gli altri.[5]
Alla fine degli anni '30, gli obiettivi della politica commerciale tedesca erano di usare il potere economico e politico per rendere i paesi dell'Europa meridionale e dei Balcani dipendenti dalla Germania. L'economia tedesca avrebbe tratto le sue materie prime da quella regione e i paesi in questione avrebbero ricevuto manufatti tedeschi.[6] La Germania sfruttò anche rapporti commerciali produttivi conSpagna,Svizzera eSvezia in aree che vanno dalle importazioni di minerale di ferro e servizi di compensazione e pagamento.[7] Per tutti gli anni '30, le imprese tedesche furono anche incoraggiate a formare cartelli, monopoli e oligopoli, i cui interessi erano poi protetti dallo stato.[8]
Della sterminata bibliografia sul nazismo si segnalano solo alcune opere particolarmente significative, la cui elencazione tuttavia non vuole essere, né è, esaustiva.
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