Duride di Samo (ingreco antico:Δοῦρις?,Douris;Eraclea Minoa,340 a.C. –Samo,270 a.C.) è stato unostoricogreco antico.
Duride, fratello del commediografoLinceo di Samo,[1] nacque ad Eraclea Minoa in Sicilia[2]. Sosteneva di essere discendente diAlcibiade[3] ed ebbe un figlio, Sceo, ricordato daPausania come vincitore di una gara olimpica di pugilato[4].
Allievo diTeofrasto[5], divennetiranno dell'isola di Samo,[6] nel300 a.C., che governò fino alla morte, intorno agli anni Settanta delIII secolo a.C.
Dall'elenco delle sue opere, delle quali sono pervenutiframmenti[7], traspare una figura erudita, dedita a vari campi.
Di tipo grammaticale ed erudito dovevano essere iProblemi omerici, in almeno 2 libri, di cui restano 6 frammenti, con una serie di osservazioni sull'Iliade, come, probabilmente,Su Sofocle ed Euripide. Di tipo anche tecnico era probabilmente il trattatoSulla tragedia, del quale resta un breve frammento sulle origini dellamagadis, un'arpa di origine tracia.
Interesse erudito mostrano, ancora, trattati di tipo artistico, comeSugli agoni[8],Sulla toreutica[9] e, soprattutto,Sulla pittura, forse una storia della pittura con una rassegna dei pittori contemporanei di Duride[10].
Duride, dunque, fu fecondo autore di opere erudite e soprattuttostoriografiche, a partire dagliAnnali di Samo, di cui restano 21 frammentiː l'opera era, forse, in 2 libri, di cui il primo con la cronaca delle origini e della storia samia fino alla fine del VI secolo, mentre il secondo doveva arrivare alla fine della guerra del Peloponneso[11].
LaStoria di Agatocle[12] comprendeva almeno 4 libri, dedicati essenzialmente a mostrare la lotta di Agatocle, appunto, contro i Cartaginesi, le sue imprese in Magna Grecia e le congiure oligarchiche contro di lui[13].
La più lunga opera storiografica duridea era, comunque, laStoria macedonica (in almeno 23 libri)[14], dedicata alla storia delregno di Macedonia dal371 a.C. al281 a.C., cioè dallabattaglia di Leuttra aquella di Corupedio[15].
La sua storiografia si caratterizza soprattutto per l'intensa drammaticità e spettacolarizzazione degli avvenimenti narrati.[15] Per questo criticò aspramente gli storiciTeopompo edEforo, per aver posto maggior attenzione al "γράφειν" (scrivere) piuttosto che al "φράσειν" (mimesi, intesa come mimesi della realtà) e all'"ἡδονή" (piacere):
(F 1 Jacoby - trad. A. D'Andria)
Più volte citato daPlutarco nelleVite, le sue affermazioni vennero generalmente confutate dallo storico diCheronea, che di Duride disse: «D'abitudine non riesce a dominarsi e a mantenere il racconto entro i limiti della verità»[16]; negativa fu anche l'opinione diDidimo Calcentero[17], mentre di parere opposto fuCicerone, che lo definìhomo in historia diligens ("storiografo scrupoloso")[18].